E’ sempre più evidente che il Mezzogiorno sia uscito dai radar di questo
Esecutivo che, provvedimento dopo provvedimento, sta violando ogni dispositivo
legislativo posto a tutela dei meridionali. Sul banco degli imputati, ancora una
volta, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, artefice di una politica
governativa che ha messo nel mirino la cultura meridionale. Giusto per farvi
capire la portata dei suoi provvedimenti ammazza-Sud, analizzo qui di seguito
due atti adottati negli ultimi giorni.
Ebbene, il 7 novembre 2025 sul sito del Ministero è stato pubblicato il decreto
ministeriale n.356, volto a finanziare le fondazioni lirico sinfoniche per
l’anno 2025, una manicata di spiccioli per un settore importantissimo. Parliamo
di importi del tutto esegui rispetto alle esigenze di attrattori culturali che
coinvolgono centinaia di professionisti, e cioè di 399.498 euro per le
fondazioni Teatro alla Scala di Milano e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
e di 1.366.891,40 euro per tutte le altre eccellenze, come ad esempio l’Arena di
Verona.
Più di tutto, però, fa riflettere il riparto sperequato dell’esigua dotazione,
che vede ancora una volta il Mezzogiorno messo in un angolo. Infatti, solo il
San Carlo di Napoli, il teatro Massimo di Palermo e la Fondazione Petruzzelli e
Teatri di Bari riescono a portare qualcosa a casa, rispettivamente 128.383,
136.211 e 80.221 euro, per un totale complessivo di appena 344.815 euro.
Effettuando un rapido calcolo, il Sud è destinatario di appena il 19% dei
1.766.390 euro messi sul tavolo.
Sul punto, andrebbe ricordato a Giuli il criterio ispiratore della clausola del
40%, introdotta col decreto-legge n. 60/2024, secondo cui le Amministrazioni
centrali dello Stato devono destinare alle regioni meridionali il 40% delle
risorse ordinarie. Il paradosso è che proprio questo Esecutivo ha inteso
rafforzare la vecchia clausola del 34%, incrementando a 40 la percentuale delle
risorse allocabili. Una beffa ulteriore per i meridionali. In questo caso il Sud
ha percepito il 21% delle risorse in meno. Si dirà che è un caso. L’ennesimo.
Quindi, per tastare la buona fede del dicastero della cultura sono andato ad
approfondire l’ultima ripartizione territoriale attuata dal ministro, pubblicata
lo scorso 20 novembre nella sezione dedicata ai decreti direttoriali. E, più
specificamente, il Decreto DiAG n. 2091 che stanzia risorse per la sicurezza
sismica luoghi di culto e dei siti di ricovero per le opere d’arte. La domanda
sorge spontanea: possibile che persino questa misura conosce una ripartizione
sbilanciata? Vediamo.
Il Capo Dipartimento per l’Amministrazione generale ha assegnato 8.960.476 euro
per il finanziamento di interventi di adeguamento e messa in sicurezza sismica
di 27 luoghi di culto e per il restauro del patrimonio culturale del Fondo
Edifici di Culto e siti di ricovero per le opere d’arte. Ancora una volta, a
beneficiare di questi importi sono pochi siti meridionali, che percepisce appena
2.815.000 euro, a fronte degli 8.960.476 complessivi, cioè poco più del 30%.
A questo punto, giova puntualizzare che questi interventi sono finanziati con la
Missione 1 ‘Turismo e Cultura 4.0’ del Pnrr, il che demanderebbe all’obbligo di
rispettare un’altra Clausola, sempre denominata ‘40%’ ma adottata con decreto
legge n. 77/2021. Questo provvedimento dispone che le Amministrazioni centrali
coinvolte nell’attuazione del Pnrr debbano assicurare almeno il 40% delle
risorse allocabili territorialmente alle regioni meridionali. Dunque, ancora una
volta Giuli ha tagliato al Sud circa il 10% di risorse spettanti. Ma in questo
caso una fetta di responsabilità è attribuibile anche al ministro per gli Affari
europei, le politiche di coesione e per il Pnrr, Tommaso Foti, giacché spetta al
Dipartimento per le politiche di coesione verificare il rispetto di tale
clausola, dovendo relazionare periodicamente alla Cabina di regia appositamente
costituita per l’attuazione del Piano.
E qual è il risultato? Che la ‘Relazione sulla destinazione al Mezzogiorno delle
risorse del Pnrr’ è ferma al 31 dicembre 2023, come si evince dal sito del
Dipartimento delle Politiche di Coesione. A proposito, qualcuno dica a Luigi
Sbarra che riveste il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con
delega per il Sud e non più i panni del sindacalista. Ciò detto, è ormai
evidente che ci troviamo di fronte al Governo più anti-meridionale della storia,
e non è certo un caso: com’ebbe a dire Agatha Christie ‘un indizio è un indizio,
due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova’.
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ancora con il Sud proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Non c’è solo la centralizzazione delle nomine delle Fondazioni lirico-sinfoniche
nel nuovo codice unico dello spettacolo che il governo sta preparando (fin dal
2023, ma la prima bozza circolata è del 1 luglio 2025) per mano del
sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi. Oggi alla Camera si è tenuta la
conferenza stampa del gruppo Danza Error System, che dal 2022 si batte per un
maggiore riconoscimento della danza e dei ballerini, che ha denunciato, insieme
al Movimento 5 Stelle, l’ennesimo colpo al balletto contenuto nel codice:
“Ulteriore precarizzazione, in un momento già molto critico per la danza”.
BALLERINI PRECARI
La situazione dei corpi di ballo in Italia non è rosea. Dagli anni ’90, i teatri
lirici (dal 1996 fondazioni lirico-sinfoniche) hanno iniziato a tagliarli uno
dopo l’altro, in nome della sostenibilità economica. Ne rimangono quattro: alla
Scala di Milano (80 ballerini), all’Opera di Roma (65 ballerini), al San Carlo
di Napoli (40) e al Massimo di Palermo (27). A Napoli e Palermo sono così pochi
che gestire la programmazione del balletto con il personale interno è pressoché
impossibile. Poi c’è l’Arena di Verona (dove è cresciuto personalmente e
professionalmente il sottosegretario Mazzi) che nel 2017 ha tagliato il corpo di
ballo, ma in realtà continua ad averne uno de facto assumendo i ballerini con
contratti a tempo determinato di anno in anno. Per il resto ci sono ballerini a
partita Iva, compagnie private che di volta in volta forniscono spettacoli e
personale alle Fondazioni, in modo non dissimile da altri settori culturali ad
alto precariato. Ma il punto specifico è un altro: poco più di 200 posti a tempo
indeterminato per ballerini in tutta Italia.
IL NUOVO CORPO DI BALLO “D’ECCELLENZA”, MA A “TEMPO DETERMINATO”
In questo contesto il codice (nella bozza divenuta pubblica) punta da una parte
a sostenere i quattro corpi di ballo esistenti. Dall’altra propone di creare un
nuovo “corpo di ballo d’eccellenza nazionale”, di diretta emanazione
ministeriale, che trovi casa in una fondazione lirico-sinfonica, con cui
stipulerà una convenzione. Il corpo di ballo “d’eccellenza” però ha una
particolarità: può assumere tutto il personale a tempo determinato per periodi
fino a 36 mesi non continuativi, prorogabili anche per altri 24 in più. E nella
bozza di legge, letteralmente, si dice che “la violazione di norme inderogabili
riguardanti la costituzione, la durata, la proroga o i rinnovi di contratti di
lavoro a tempo determinato, non ne comporta la conversione in contratti a tempo
indeterminato. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno
derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative”.
L’articolo contiene anche un’altra deroga eccezionale, quella per quanto
riguarda il massimo percentuale di contratti a tempo determinato sul totale, che
non vale per il “corpo di ballo d’eccellenza nazionale”. Difficile che norme
simili reggano davanti a un giudice del lavoro, ma questo è uscito dagli uffici
del Ministero. Insomma, un corpo di ballo con nomine centralizzate, composto di
ballerini precari, che vengono dati in prestito di volta in volta alle 11
fondazioni liriche che ne sono privi.
L’ASSOCIAZIONE: “MILIONI ALLE FONDAZIONI INUTILI, SE SI CREA UNA NUOVA COMPAGNIA
ESTERNA PER DEROGARE ALLE LEGGI SUL LAVORO”
“Si tratterebbe di un’ennesima compagnia esternalizzata, ma a gestione statale e
con la possibilità di precarizzare – nota Andrea Morelli di Danza Error System,
che con Annachiara Amirante e Alessandro Staiano ha presenziato alla conferenza
romana – Ma le fondazioni lirico sinfoniche esistono per produrre arte. A che
serve che prendano milioni del fondo unico dello spettacolo se poi si crea una
nuova compagnia esterna, che può derogare alle leggi sul lavoro?”. Compagnia che
peraltro, nota Morelli, stando alla bozza è finanziata per soli 3 anni, poi
dovrà buttarsi come tutti gli altri nel fondo unico dello spettacolo, e sperare
di anno in anno.
La danza ha un problema di rappresentatività e mediaticità. Poche le figure che
con la loro voce sono in grado di scuotere i palazzi. Per questo Danza Error
System ha chiesto aiuto a Roberto Bolle, per l’ennesima volta oggi. “Purtroppo,
da quando è uscita questa bozza del codice, tutti quelli che sono in qualche
modo compromessi hanno smesso di risponderci ed esporsi contro il precariato nel
settore” spiega Morelli. I ballerini più famosi hanno loro compagnie, che
prendono fondi pubblici e lavorano, come tutti, con precari. “Da oltre due anni
Roberto Bolle è stato formalmente convocato dalla commissione cultura del Senato
per confrontarci sul disegno di legge dedicato alla stabilizzazione dei corpi di
ballo – spiega il senatore del Movimento 5 Stelle Luca Pirondini – Nonostante i
ripetuti tentativi, non è mai arrivata una risposta positiva. Oggi raccogliamo
l’appello che i danzatori italiani gli hanno rivolto. Nel nuovo codice dello
spettacolo, di cui circolano solo bozze, la danza deve avere il posto che
merita, tanto più in un Paese come l’Italia dove il balletto è nato”. Accadeva
nelle corti del Rinascimento.
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deroga alle leggi sul lavoro. “Chiediamo aiuto a Bolle, ma non risponde”
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