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Corruzione in Ue, Federica Mogherini si è dimessa da rettrice del Collegio d’Europa
Alla fine lo scandalo le è costato il posto. Dopo l’ambasciatore Stefano Sannino, anche Federica Mogherini ha annunciato le proprie dimissioni da rettrice del Collegio d’Europa, dopo l’avvio delle indagini a suo carico e di altri due soggetti, il diplomatico italiano e il manager dell’accademia Cesare Zegretti, con l’accusa di frode negli appalti, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale. Articolo in aggiornamento L'articolo Corruzione in Ue, Federica Mogherini si è dimessa da rettrice del Collegio d’Europa proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Ennesimo scandalo di corruzione in Ue: così ricordo che vent’anni fa mi fu giurata vendetta perenne
Mentre imperversano venti di guerra così spaventosi e inquietanti sul nostro vecchio continente, si riaffacciano impetuosi vecchi vizi, mai tramontati, della politica e delle istituzioni della nostra Europa. Il governo ucraino guidata da Zelensky, a cui non affiderei in consegna – come stanno facendo i governi occidentali – il destino delle vite dei nostri figli, è travolto da corruzioni gigantesche che evidenziano che fine stanno facendo i soldi che sottraiamo ai diritti e ai bisogni della nostra gente per alimentare guerre, traffici di armi, corruzioni e organizzazioni criminali. In queste ultime ore uno scandalo giudiziario sull’utilizzo indebito e per fini non pubblici di fondi europei travolge, con un provvedimento di fermo, un’esponente apicale della vita politica ed istituzionale italiana ed europea: Federica Mogherini, donna di punta del centrosinistra italiano. Presunzione di innocenza sempre, ma i fatti sono fatti a prescindere dal penalmente dimostrabile da qui a qualche anno. Già poco tempo fa esponenti di primo piano del centrosinistra italiano ed europeo erano stati travolti da scandali giudiziari nell’Unione europea, sempre per l’uso indebito e privatistico di fondi europei. Lobby e centri di interessi tutt’altro che trasparenti abbondano tra le stanze delle istituzioni europee. Ricordo, sommessamente, che la più poderosa attività d’indagine che stavamo svolgendo, circa venti anni or sono quando ero pubblico ministero in Calabria, riguardava la sottrazione illecita, per finalità illecite e privatistiche, di una somma che si aggirava intorno ai dieci miliardi di euro e furono coinvolti esponenti di primo piano del governo italiano, della Commissione europea e degli organismi addirittura di controllo. Arrivammo a ricostruire fatti illeciti che giungevano sino al cuore dello Stato, con il coinvolgimento a vari livelli di politici in maniera assolutamente trasversale, massoni di altissimo rango, magistrati, esponenti di primo piano delle forze di polizia e dei servizi segreti, banchieri, imprenditori, finanzieri, giornalisti, persone di spicco della criminalità organizzata. Una sorta di nuova P2. Mi fu giurata vendetta perenne. Disse una sorta di “Nostradamus istituzionale”: lo costringeremo per tutta la vita a difendersi. E così fu. Aggiorno mensilmente il pallottoliere dei proiettili istituzionali. Come indagammo, illo tempore, il presidente del Consiglio e il commissario europeo Romano Prodi, l’allora ministro della giustizia Clemente Mastella chiese – con un atto senza precedenti nella storia della Repubblica – l’immediato trasferimento dalla Calabria, per incompatibilità ambientale e funzionale in quanto socialmente pericoloso, del magistrato che indagava sul presidente del Consiglio del governo di cui era ministro. Non dovevo più fare il pm, mai, in Calabria e da nessuna altra parte. L’indagine mi fu sottratta con un’azione senza precedenti e fui trasferito con un processo disciplinare lampo, con un ruolo decisivo delle correnti in toga e del presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Avevamo ricostruito scrupolosamente la filiera illecita dell’uso del denaro pubblico, depredato per finalità affaristiche. Oggi, quindi, nulla di nuovo sotto al sole. Quando si toccano i fili dell’alta tensione il sistema reagisce e fa tanto male e si paga anche un prezzo enorme per aver osato indagare sino al cuore del sistema. Per capire il sistema criminale si deve seguire la spesa pubblica e ricostruire il collante dei poteri occulti che lo tengono insieme e unito. Ma attenzione, perché il sistema è anche negli apparati istituzionali e opera in maniera sotterranea per ostacolare e colpire quelli che non si piegano, gli irregolari rispetto al sistema, gli onesti per capirci. Il paese è malato, le mele marce sono divenute un frutteto contaminato, la questione morale è travolgente, la guerra si avvicina: tocca ribellarsi presto, prima che sia troppo tardi. L'articolo Ennesimo scandalo di corruzione in Ue: così ricordo che vent’anni fa mi fu giurata vendetta perenne proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Smettiamo di chiedere alle donne di salvare la moralità della politica! Il genere non è uno scudo etico
Per anni ci siamo raccontati una storia rassicurante: le donne, una volta arrivate al potere, sarebbero più refrattarie alla corruzione, più attente al bene comune, meno inclini ai giochi sporchi che da sempre segnano la politica e gli affari. Una narrazione comoda, utile a legittimare le – sacrosante – politiche di parità, ma che oggi, alla prova dei fatti, mostra tutte le sue crepe. Il caso di donne in posizioni apicali, coinvolte in vicende giudiziarie di estrema gravità, racconta un’altra verità: quando una donna entra davvero nel cerchio del potere, entra anche nel suo lato oscuro. Non è il genere a fare da diga al malaffare, ma la qualità – o l’assenza – delle istituzioni che dovrebbero contenerlo. Ed è qui che il “mirabile testo” dei colleghi Lucio Picci e Alberto Vannucci, Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzione, che invito a leggere, viene sistematicamente tradito da una lettura ideologica che gli è estranea. Nel celebre passaggio in cui, evocando Benigni, si chiedono “la donna, la donna, la donna… o l’omo?”, gli autori ricordano che molti studi empirici e sperimentali sembrano mostrare, in media, una minore propensione femminile alla disonestà: più attenzione ai beni comuni, minore tolleranza verso i comportamenti scorretti, maggiore disponibilità a sacrificare il vantaggio privato a favore dell’interesse collettivo. Ma nello stesso capitolo precisano, con onestà intellettuale, che a contare non sono i cromosomi, con buona pace del ministro della Giustizia, bensì la struttura dei valori culturali e l’assetto istituzionale. La “robustezza del presidio femminile” nei Paesi meno corrotti, spiegano gli autori, è soprattutto il sintomo di uno Stato inclusivo, meritocratico, trasparente, capace di valorizzare competenze e responsabilità, anche femminili. È l’ambiente che genera legalità, non il sesso di chi occupa le poltrone. Il problema nasce quando questa riflessione sofisticata viene ridotta, nel dibattito pubblico, a uno slogan: più donne ai vertici uguale meno corruzione. Da quel momento, la correlazione complessa si trasforma in dogma morale, e il dogma viene usato come surrogato di riforma istituzionale: invece di cambiare regole, controlli, trasparenza, ci si illude che basti cambiare il genere dell’élite. I casi recenti non confutano Picci e Vannucci, confutano questa lettura ingenua. Là dove la selezione della classe dirigente avviene dentro partiti chiusi, cordate affaristiche, filiere di potere cementate da scambi opachi, l’ingresso delle donne non purifica nulla: semplicemente rende misto ciò che prima era esclusivamente maschile. Se per fare carriera bisogna accettare un certo grado di complicità, di silenzio, di partecipazione alle pratiche borderline, questo varrà allo stesso modo per uomini e donne. E infatti vediamo progressivamente emergere figure femminili in tutte le zone grigie del sistema: nei consigli di amministrazione, nelle giunte, nelle interfacce tra politica, burocrazia “creativa” e imprenditoria relazionale. Chiamarle in causa come presunte “traditrici del genere” è un comodo esercizio misogino, ma nasconde il punto essenziale: non sono loro ad aver corrotto il sistema, è il sistema ad averle inglobate, selezionandole proprio perché compatibili con le sue regole non scritte. Da giurista, la prima cosa che va ribadita è ovvia ma decisiva: tutte le persone citate nelle cronache giudiziarie – donne o uomini che siano – sono presunte innocenti fino a sentenza definitiva. Ma questo non ci impedisce di interrogarci sul piano politico e criminologico. Se, man mano che la presenza femminile aumenta, nell’elenco degli indagati per corruzione, appalti truccati, finanziamenti distorti, significa che una parità l’abbiamo effettivamente raggiunta: la parità nell’accesso al rischio penale. È la conferma che il genere non è uno scudo etico, ma una variabile sociologica che incrocia potere e opportunità. In fondo, l’idea della donna “anticorpo naturale” contro la corruzione ha svolto due funzioni simmetriche. Da un lato, ha offerto a governi, partiti e burocrazie un alibi a basso costo: invece di aprire archivi, tracciare i flussi, rafforzare controlli indipendenti, bastava inserire qualche figura femminile nei gangli decisionali o nei vertici delle Istituzioni e rivendere l’operazione come svolta etica. Dall’altro, ha caricato le donne di un compito impossibile: redimere moralmente strutture che restavano perfettamente intatte. Oggi, quando un’inchiesta investe una leader donna, lo stesso sistema che l’aveva esibita come simbolo di integrità se ne serve per l’operazione opposta: dimostrare che “sono tutte uguali”, che la questione di genere era solo una moda, e riportare il discorso sul terreno rassicurante del cinismo generalizzato. È un gioco a somma negativa che fa due danni: indebolisce il femminismo politico serio, quello che chiede potere e responsabilità a pieno titolo, e rende ancora più difficile guardare alla corruzione per ciò che è davvero: un fenomeno sistemico, che nasce nei meccanismi di formazione delle decisioni pubbliche, nella privatizzazione degli spazi di controllo, nella cattura delle istituzioni da parte di reti organizzate. Il vero insegnamento del libro di Picci e Vannucci, oggi, dovrebbe essere questo: smettiamola di chiedere alle donne di salvare la moralità della Repubblica. Concentriamoci finalmente su ciò che davvero può ridurre il malaffare: procedure trasparenti, dati aperti, responsabilità personali tracciabili, organi di controllo indipendenti e in grado di indagare chiunque, senza distinzione di sesso, ruolo o appartenenza. La parità più urgente, in Italia, non è tra donne oneste e uomini disonesti, ma tra cittadini e cittadine ugualmente tutelati da istituzioni che funzionano. Il resto è retorica, spesso in malafede. L'articolo Smettiamo di chiedere alle donne di salvare la moralità della politica! Il genere non è uno scudo etico proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Inchiesta corruzione in Ue, rilasciati nella notte Mogherini e l’ambasciatore Sannino: “Non c’è rischio di fuga”
Federica Mogherini, Stefano Sannino e Cesare Zegretti sono stati rilasciati nella notte dopo gli interrogatori condotti dalla polizia federale delle Fiandre occidentali. Erano stati fermati martedì nell’ambito di un’inchiesta su un presunto uso improprio di fondi europei. La notizia è stata resa nota dalla Procura europea, alla guida delle indagini. Le accuse riguardano frode negli appalti e corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale ma i tre sono stati rilasciati perché “non ritenuti a rischio di fuga“. L'articolo Inchiesta corruzione in Ue, rilasciati nella notte Mogherini e l’ambasciatore Sannino: “Non c’è rischio di fuga” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Mogherini arrestata, Mosca: “L’Ue fa prediche ma ignora la sua corruzione”. Budapest: “Altro giorno, altro scandalo”
L’Unione europea “chiude un occhio sulla propria corruzione, ma continua a fare la predica agli altri“. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova infierisce sul fermo di Federica Mogherini, ex Alta rappresentante Ue per la politica estera e attualmente rettrice del Collegio d’Europa, un’università privata con sede in Belgio, accusata dalla Procura europea di frode e corruzione su una gara d’appalto indetta dal Servizio europeo per l’azione esterna. Insieme a Mogherini sono state fermate altre due persone, tra cui l’ambasciatore Stefano Sannino, già segretario generale del Servizio di azione esterna (il “ministero degli Esteri” di Bruxelles) ed ex rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue. Zakharova non perde l’occasione di collegare la vicenda al sostegno europeo all’Ucraina: “Ogni giorno, nella Ue, milioni di euro fluiscono attraverso canali della corruzione verso Kiev, e da lì finiscono nelle tasche dei privati. Questo accade da anni alla luce del sole. Qualsiasi problema internazionale è un’opportunità per Bruxelles di trarne profitto, dalla pandemia di Covid-19 all’Ucraina”, accusa. Altrettanto acida la presa di posizione del governo ungherese, il più stretto alleato di Mosca in Europa: “Un altro giorno, un altro scandalo “choc” Ue. La polizia belga fa irruzione all’alba nel Servizio d’azione esterna e al Collegio d’Europa. Documenti sequestrati, arresti effettuati, sul tavolo corruzione e frode negli appalti. La prestigiosa “scuola di perfezionamento” dell’Ue per gli eurocrati ora sotto inchiesta per presunto accesso privilegiato ai bandi. Divertente come Bruxelles faccia la predica a tutti sullo “Stato di diritto” omentre le sue stesse istituzioni sembrano più una serie crime che un’unione funzionante”, scrive su X Zoltan Kovacs, portavoce del premier Viktor Orbán. Dal Parlamento Ue interviene il gruppo del Movimento 5 stelle: “I dettagli dell’inchiesta della Procura europea sugli appalti pilotati presso il Collegio d’Europa e il Servizio europeo per l’azione esterna sono inquietanti”, scrivono i pentastellati in una nota. Il caso Qatargate di qualche anno fa, affermano, “non è stato un episodio isolato. Da anni diciamo che la corruzione si annida nei gangli vitali dell’amministrazione europea e che va intensificata la lotta contro quella che è ormai un’emergenza europea. La direttiva anticorruzione bloccata nel pantano dei negoziati dai vergognosi veti del governo italiano va approvata subito. Le istituzioni europee dimostrino con i fatti di avere a cuore la legalità altrimenti la loro credibilità, in primis agli occhi dei cittadini, sarà messa a dura prova”, concludono. L'articolo Mogherini arrestata, Mosca: “L’Ue fa prediche ma ignora la sua corruzione”. Budapest: “Altro giorno, altro scandalo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Inchiesta per corruzione nelle istituzioni Ue: irruzione della polizia nel servizio diplomatico e nel Collegio d’Europa”
Blitz della polizia belga nella sede del Servizio europeo per l’azione esterna a Bruxelles e nel Collegio d’Europa di Bruges nell’ambito di un’inchiesta su un presunto uso improprio di fondi europei. È quanto riporta il sito Euractiv, specializzato sulle politiche dell’Ue. Secondo quanto trapela, l’irruzione è avvenuta anche in alcune abitazioni private. Le operazioni sono scattate all’alba di martedì, e hanno portato al sequestro di documenti e al fermo di tre persone accusate di frode negli appalti, corruzione e conflitto di interessi. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) dipende dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (ruolo ricoperto oggi da Kaja Kallas). Il Collegio d’Europa è un istituto indipendente di studi europei post-universitari che è retto dal 2020 dall’italiana Federica Mogherini che è stata Alto rappresentate dell’Ue dal 2014 al 2019. L’indagine sarebbe iniziata dopo le accuse secondo cui il SEAE e il Collegio d’Europa avrebbero utilizzato in modo improprio i fondi pubblici dell’UE nel 2021 e nel 2022, riporta Euractiv che cita fonti informate. Al centro vi sarebbe anche l’appalto per finanziare la nuova Accademia diplomatica europea, un programma annuale di formazione per diplomatici finanziato dal Servizio diplomatico Ue e ospitato a Bruges. Gli investigatori stanno verificando se il Collegio d’Europa o suoi rappresentanti avessero avuto accesso anticipato a informazioni riservate sulla gara d’appalto. Si tratta dell’ultimo grande scandalo che colpisce le istituzioni europee. Il fascicolo si concentra anche sull’acquisto da 3,2 milioni di euro di un edificio a Bruges nel 2022 da parte del Collegio, una struttura destinata a ospitare i partecipanti dell’Accademia, poco prima che l’Eeas bandisse una gara successivamente aggiudicata al Collegio per 654.000 euro di finanziamento. All’operazione ha preso parte anche l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), sotto il coordinamento della Procura europea (Eppo). Una vicenda che accresce la pressione sul Collegio d’Europa e sulla sua rettrice Federica Mogherini, oggi anche direttrice della nuova Accademia diplomatica. L'articolo “Inchiesta per corruzione nelle istituzioni Ue: irruzione della polizia nel servizio diplomatico e nel Collegio d’Europa” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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