“Nell’ecosistema della costiera sorrentina l’imprenditore edile Salvatore
Langellotto era il predatore che con le sue intimidazioni marcava il territorio,
e l’ambientalista Claudio d’Esposito e il giornalista Vincenzo Iurillo le
scimmiette sull’albero che hanno avuto il coraggio, da sentinelle della
legalità, di avvisare la comunità che stava arrivando il predatore“. La metafora
scelta dal pm di Torre Annunziata Antonio Barba per motivare la richiesta di
condanna a 5 anni dell’imputato, Langellotto, paragona Sorrento e il territorio
costiero a una giungla. Dove vige la legge del più forte. Dove bisogna scappare
se non si vuole essere sbranati.
In questo processo l’imprenditore, già condannato per illecita concorrenza
aggravata dal metodo camorristico e concorso esterno nel clan Esposito,
attualmente in carcere a scontare sette anni di condanne definitive per reati
fallimentari, è accusato di aver mandato all’ospedale con 40 giorni di prognosi
d’Esposito come vendetta per le denunce su carta intestata Wwf che nel 2012 ne
bloccarono un progetto di 252 box interrati in un ex agrumeto di Sorrento. E di
avere poi intimidito e stalkerizzato il cronista del Fatto quotidiano, che aveva
raccontato in più articoli le “gesta” dell’imprenditore, il pestaggio di
d’Esposito (compiuto il 26 marzo 2023), e la benedizione religiosa a fine 2023
dei camion delle sue aziende sul sagrato della Chiesa di Sant’Agnello, a
duecento metri di distanza dal luogo dove avvenne l’aggressione. Fino a
inseguire Iurillo in una farmacia di Sant’Agnello, dove il cronista trovò riparo
da conseguenze peggiori.
“Reati uniti dal vincolo della continuazione”, sostiene il pm. Di qui la
richiesta di condanna espressa senza dividere il calcolo della pena tra i due
capi di imputazione, al termine di una requisitoria particolarmente accesa nei
toni e nel volume. “Che cosa è diventata la costiera sorrentina? Una terra di
saccheggio?” si è chiesto quasi urlando il pm descrivendo Langellotto (difeso
dall’avvocato Antonio Di Martino) come un “predatore” che voleva “zittire chi
gli va contro per ottenere il risultato del lucro”.
Secondo Barba “Langellotto era ossessionato da Iurillo”, e la prova risiederebbe
nelle continue allusioni dell’imputato ai vecchi affari del padre del
giornalista, morto nel 2010, che negli anni ’70-’80 fu a lungo socio di Ludovico
Imperiale, un chiacchierato costruttore di Castellammare di Stabia vicino ai
clan D’Alessandro e Cesarano, nonché padre di un ragazzo turbolento che fu
costretto a scappare in Olanda per evitare guai, e che da lì iniziò una carriera
criminale che lo portò a diventare uno dei più potenti narcotrafficanti del
mondo, Raffaele Imperiale.
Allusioni che il pm ha ricordato ed evidenziato in un’aula deserta, riferendosi
in particolare a due frasi di Langellotto. Una l’ha detta in videochiamata con
Giulio Golia durante l’intervista parzialmente andata in onda sul programma Le
Iene, nel servizio dedicato alla benedizione religiosa dei camion: “Io non sono
mai stato socio di un narcotrafficante, Iurillo pensasse ai suoi scheletri
nell’armadio”. Cose che non c’entravano nulla con le domande di Golia sul
pestaggio di d’Esposito. La seconda l’ha pronunciata durante una dichiarazione
spontanea nel corso del processo, al termine dell’escussione del cronista del
Fatto quotidiano: “Dite al buon Iurillo che i miei soldi sono buoni”. Per il pm,
queste parole, queste allusioni, un tentativo di screditare l’immagine del
cronista, erano più pericolose delle minacce e delle aggressioni esplicite.
Erano parte di un metodo intimidatorio fatto di “espressioni che ciclicamente
tornano (da parte di Langellotto, ndr) per prevaricare le vittime e le
sentinelle di legalità che vogliono impedire che la costiera sorrentina sia
terra di saccheggio”.
Nel corso dell’udienza è intervenuto anche l’avvocato di Iurillo, Salvatore
Pinto, associandosi alle richieste dell’accusa. La sentenza del giudice Adele
Marano potrebbe arrivare a fine gennaio.
L'articolo Stalking al cronista del Fatto, il pm chiede 5 anni di pena:
“L’imprenditore Langellotto era un predatore, costiera sorrentina terra di
saccheggio” proviene da Il Fatto Quotidiano.