Per generazioni, il suono secco del timbro ha accompagnato la vita
amministrativa degli italiani. Era il simbolo di un potere che certificava,
autorizzava, concedeva. L’atto fisico del recarsi allo sportello, attendere il
proprio turno e sperare di aver compilato il modulo corretto rappresentava un
rituale collettivo, quasi inevitabile.
Oggi quel rumore sta lasciando spazio al touch, un gesto leggero che promette
immediatezza, autonomia, velocità. Ma questa trasformazione non riguarda
soltanto la tecnologia: è il segnale di un rapporto nuovo e più maturo tra Stato
e individuo.
Il digitale ha imposto alla pubblica amministrazione un confronto con un
concetto che nel settore privato è diventato una regola: l’esperienza
dell’utente. Quando ordiniamo un pacco, gestiamo un pagamento o prenotiamo una
visita, ci aspettiamo processi snelli, tracciabili e intuitivi. Inevitabilmente,
il cittadino porta queste aspettative dentro i servizi pubblici. Non per moda,
ma perché vive ogni giorno un mondo in cui tutto è immediato, misurabile,
confrontabile. Così nasce l’idea, discussa ma ormai ineludibile, del “cittadino
cliente”. Non un consumatore nel senso commerciale del termine, ma un soggetto
che pretende qualità, tempi certi e risposte comprensibili.
Per troppo tempo, invece, la digitalizzazione della PA è stata interpretata come
una semplice trasposizione di moduli cartacei su schermo. Non è innovazione: è
arroccamento. Cambia il supporto, non la logica. Se un procedimento resta
incomprensibile, se una piattaforma costringe a una serie di passaggi che
scoraggiano anche l’utente più motivato, se per ottenere un servizio serve
ricorrere a un esperto, allora non abbiamo sostituito il timbro con il touch:
abbiamo solo digitalizzato la complessità.
La vera promessa del digitale pubblico non è la fascinazione per l’innovazione,
ma la possibilità di ridurre le distanze. Servizi come Spid, Cie, PagoPa e Anpr
hanno dimostrato che semplificare è possibile, ma hanno anche evidenziato una
verità spesso taciuta: la tecnologia funziona solo se dietro c’è una cultura
amministrativa pronta a rinnovarsi. Perché non basta introdurre una piattaforma;
occorre un’amministrazione che sappia leggere i dati, ascoltare i feedback,
correggere rapidamente i disservizi e mettere l’utente al centro, non come
slogan ma come principio operativo.
Questo cambio di prospettiva riguarda anche i lavoratori pubblici, troppo spesso
descritti solo in relazione a inefficienze o resistenze. La digitalizzazione non
deve essere percepita come una minaccia, ma come un’opportunità per liberare
competenze. Meno burocrazia ripetitiva, più capacità di analisi; meno
adempimenti formali, più attenzione alle persone; meno carta, più qualità. Una
PA moderna non è una PA “digitale” per definizione, ma una PA capace di essere
utile e concreta.
C’è, inoltre, un elemento democratico: quando un cittadino trova chiuso uno
sportello digitale o incontra un modulo incomprensibile, non perde solo tempo.
Perde fiducia. E la fiducia, una volta incrinata, non la ripara un aggiornamento
software. È un capitale sociale che va preservato e alimentato.
La transizione dal timbro al touch non è quindi soltanto una modernizzazione
tecnologica: è un impegno pubblico, una promessa che le istituzioni devono saper
mantenere. Perché un Paese competitivo e socialmente coeso si fonda su servizi
capaci di garantire diritti in modo semplice, uniforme e accessibile.
Oggi più che mai, alla pubblica amministrazione è richiesto di assumere un ruolo
guida: orientare il cambiamento, investire nelle competenze, promuovere standard
comuni e assicurare che l’innovazione sia realmente al servizio dei cittadini.
Il futuro della relazione tra Stato e individui dipenderà dalla capacità di
trasformare la digitalizzazione in un asset strutturale e non in un adempimento
formale. È una responsabilità condivisa, che coinvolge amministratori,
dirigenti, personale pubblico e decisori politici.
Solo così il passaggio al touch potrà diventare non un gesto moderno, ma un
segno concreto di fiducia, qualità e maturità istituzionale. Una scelta che
rende più forte la nostra democrazia e più vicino lo Stato a chi ogni giorno ne
esercita i diritti.
L'articolo Addio al timbro, è tempo del touch: con la digitalizzazione, la Pa si
rinnova davvero proviene da Il Fatto Quotidiano.