La precarietà abitativa in Italia ha raggiunto livelli insostenibili. I dati
sono conosciuti: sfratti povertà, affitti esosi, città votate alla
turistificazione sono elementi che rendono necessario non dilatare oltre i tempi
un intervento strutturale per rendere effettivo il diritto all’abitare.
Una necessità che è oggi sostenuta da un Protocollo di intesa che Federcasa,
associazione degli enti di edilizia residenziale pubblica, ha firmato con i
sindacati inquilini: Unione Inquilini, Sunia, Sicet e Uniat.
Il documento parte da una premessa: la necessità del rilancio di politiche
abitative pubbliche. In questo modo Federcasa e Sindacati inquilini attraverso
la condivisione di un percorso comune per la difesa e l’ampliamento del
patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, sostanziano la necessità di un
rilancio delle politiche inerenti il comparto abitativo.
Si tratta di un Protocollo che il Parlamento, le Regioni e i Comuni farebbero
bene a leggere e tenere nella dovuta considerazione, perché parte dal quotidiano
contatto che sindacati inquilini e gli enti gestori di edilizia residenziale
pubblica hanno con la precarietà abitativa. Esistono oggi vecchi e nuovi bisogni
e se l’Anci afferma che la questione abitativa è una priorità allora priorità
deve sostanziarsi in atti, programmi e finanziamenti adeguati.
Gli enti gestori di edilizia residenziale pubblica in Italia gestiscono 800mila
case popolari a cui se ne devono aggiungere circa 200mila dei comuni. Eppure
questo circa milione di alloggi è assolutamente insufficiente per affrontare una
questione che coinvolge almeno oltre un milione di famiglie povere in affitto o
le decine di migliaia di famiglie che ogni anno subiscono una sentenza di
sfratto. Tenuto conto che il Governo intende affrontare solo in termini di
ordine pubblico, per esempio, la questione sfratti, come se già non bastassero
gli oltre 20.000 sfratti eseguiti con la forza pubblica ogni anno.
Il Protocollo di intesa tra enti gestori Erp e i maggiori sindacati inquilini
rappresenta un punto di riferimento programmatico per affrontare efficacemente
la vasta precarietà abitativa segnata in particolare da un caro affitti
insostenibile e una larga insufficienza di case popolari e alloggi sociali.
Federcasa e sindacati inquilini concordano sul fatto che l’edilizia sociale
pubblica ha bisogno di congrue risorse stanziate con continuità per garantire
una efficace programmazione da parte di Regioni e Comuni. Risorse da concentrate
sull’Erp, non su progetti alternativi di finto social housing che fino ad oggi
si è rilevato fallimentare o di puro sostegno alla speculazione. Da qui la
proposta del riconoscimento dell’edilizia residenziale pubblica come Servizi di
Interesse Generale (Sig).
Sulla base di queste considerazioni Federcasa e sindacati inquilini avanzano una
serie di proposte; tra queste, oltre alla certezza di risorse per aumentare la
dotazione di case popolari i comuni, l’aumentare dell’offerta di alloggi in
locazione a canone sostenibile prevedendo un ruolo nella rigenerazione urbana
degli ex Iacp. Il Protocollo propone altresì il rifinanziamento adeguato del
Fondo di sostegno affitti e del fondo per la morosità e la soppressione dell’Imu
inconcepibile per alloggi a canone sociale, tenuto conto che l’edilizia
residenziale pubblica è una infrastruttura sociale strategica.
Infine, non di minore importanza, la necessità di garantire le manutenzioni
straordinarie e i programmi di efficientamento energetico e di abbattimento
delle barriere architettoniche. In tale ambito e considerate le centinaia di
migliaia di famiglie in attesa nelle graduatorie sarebbe già un segnale concreto
finanziare il recupero delle 70.000 case popolari oggi inutilizzate proprio per
mancanza di manutenzioni. Infine, da Federcasa, Unione Inquilini, Sunia, Sicet e
Uniat la richiesta dell’indizione di una Conferenza programmatica con
l’obiettivo di definire con chiarezza gli obiettivi di una nuova ed efficace
politica abitativa.
A fronte di tutto ciò per ora dal testo della legge di bilancio per il 2026 non
si rilevano le tematiche e le proposte del documento di Federcasa, Unione
Inquilini, Sunia, Sicet e Uniat, ma ora il confronto è aperto: governo e
parlamento tengano conto delle richieste di coloro che quotidianamente
affrontano la precarietà abitativa nei territori.
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protocollo d’intesa: aperto il confronto col governo proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Diritto alla Casa
Il Rapporto Svimez ha un capitolo, il 18, dedicato alle politiche abitative e
parte da una considerazione: gli affitti sono aumentati costantemente negli
ultimi quindici anni nell’Ue. La dinamica dell’aumento dei prezzi delle case è
stata segnata da una dinamica crescente soprattutto tra il 2015 e la fine del
2022, stabilizzandosi solo per un breve periodo per poi tornare ancora a
crescere dal 2024.
Così mentre nell’Ue-27, i prezzi delle case sono cresciuti del 57,9% contro il
27,8% degli affitti, In Italia gli affitti sono aumentati di circa il 17%,
mentre i prezzi delle case hanno subito un calo di circa il 4%. Se confrontiamo
i dati del mercato abitativo italiano rispetto a due importanti economie
europee, Francia e Germania, l’Italia si distingue da queste per una quota più
elevata di abitazioni di proprietà, il 55,4% secondo Svimez e per la quota più
bassa di alloggi in locazione solo il 13,1%.
Se andiamo a vedere i dati forniti da Svimez, relativi alla quota di abitazioni
non occupate, questa in Italia è del 27,3%, oltre tre volte quella francese che
ha uno sfitto al 7,8% e sei volte quella tedesca che ha un parco alloggi sfitto
del 4,4%.
Su gli alloggi sfitti va fatta una ulteriore considerazione. In Italia è diffusa
la narrazione che i proprietari non affittano per via di sfratti troppo lenti
nelle esecuzioni, e perché a fronte di necessità non hanno la disponibilità
dell’alloggio in tempi certi.
Segnalo sommessamente due dati. Il primo è che su 40.000 sentenze di sfratto nel
2024 solo poco più di 2200 sono per necessità del locatore. Di queste 2200 circa
1800 sono concentrate più o meno equamente nel Comune di Palermo e nei comuni
della Provincia di Roma. Il secondo dato è che in Francia dal 1954 gli sfratti
sono sospesi da ottobre a marzo per il freddo eppure le case sfitte sono solo il
7,8% appunto un quarto di quelle italiane.
E’ il segnale di un mercato immobiliare italiano non solo inefficiente e
inefficace, ma, anche percorso da squilibri territoriali. Con politiche
abitative attuate nel nostro Paese segnate da una cementificazione del suolo
avvenuta senza tenere in alcun conto di nessuno degli indicatori del fabbisogno
che ora ci consegna un vasto patrimonio edilizio inutilizzato, localizzato
indifferentemente sia in aree a bassa domanda o in piccoli comuni, sia nelle più
grandi aree urbane. Un mercato immobiliare che crea ulteriori disuguaglianze
invece di contribuire al loro superamento
Un ulteriore dato appare significativo quello riguardante la presenza delle case
popolari di edilizia residenziale pubblica. I dati che fornisce Svimez rendono
eloquente e chiaro come sia impossibile oggi in Italia affrontare la precarietà
abitativa. Per esempio afferma Svimez considerando solo le città metropolitane
in tutto sono 334.559 le case popolari nelle 14 aree metropolitane, queste
rappresentano il 2,8% dello stock abitativo. A Bari sono 11.823 le case
popolari, l’1,8%, a Firenze 13.032, il 2,5%, a Reggio Calabria 4.742, l’1,3%.
Non va meglio nelle aree più grandi a Roma le case popolari sono 74.889 pari al
3,3%, a Milano 59.363 il 3,4%, a Torino 46382, il 3,4% a Napoli 41.610 il 3%.
Differenze si notano rispetto a Francia e Germania sullo stock in affitto. In
Francia l’edilizia sociale rappresenta il 12% dello stock abitativo e il 35%
circa degli affitti. In Svezia l’edilizia residenziale pubblica è il 24% sul
totale; in Olanda il 29%. In Italia ora siamo arrivati al 2,6% di case popolari
sul totale delle abitazioni.
Questi dati confermano come da una parte i Paesi europei pur avendo un parco
alloggi sociale di molto superiore al nostro e una presenza di sfitto molto più
bassa sono a richiedere un Piano casa europeo che aumenti la dotazione di
alloggi sociali. In Italia pur annunciando spesso un fantomatico piano casa, in
realtà si reiterano politiche abitative fondate sì, sulla rigenerazione urbana,
ma affidata a privati per nuove speculazioni di finto social housing. Riuscirà
l’Europa a dettare all’Italia una profonda revisione delle sue politiche
abitative e a rispondere al fabbisogno reale fondato su milioni di famiglie in
precarietà abitativa?
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e solo 2,6% di edilizia popolare proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Le Olimpiadi non portano ricchezza alle periferie”. Lo dicono le attiviste e
gli attivisti per il diritto alla casa provenienti dalle periferie di Milano che
giovedì mattina si sono dati appuntamento sotto la sede dell’Aler. “A Milano c’è
un’emergenza abitativa. Negli ultimi anni su 60mila famiglie che hanno
presentato domanda per le case popolari, solo il 3 per cento ha avuto la casa”
racconta Mattia Gatti, segretario del Sicet Cisl Milano che lancia anche un
allarme in vista dei Giochi Olimpici invernali. “Abbiamo registrato nella zona
di Corvetto legata alle Olimpiad un aumento per sfratti di finita locazione –
racconta Gatti – ci sono interi stabili dove il proprietario dove prima
affittava a prezzi bassi in zona popolare decide che lì può fare tanti soldi e
dunque già da tempo ha svuotato questi stabili”. E dopo il presidio di questa
mattina, i movimenti per la casa hanno lanciato un corteo per il diritto alla
casa che partirà il 22 novembre alle 15 da piazzale Loreto.
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povertà”. L’allarme delle periferie milanesi in vista dei Giochi proviene da Il
Fatto Quotidiano.