Rischiano il posto in 29 su circa 115 dipendenti della divisione. E l’azienda
non sembra avere alcuna intenzione di ammorbidire gli esuberi ricorrendo a
soluzioni alternative, come agli ammortizzatori sociali. Per questo, i sindacati
hanno dichiarato lo stato di agitazione in Dsquared2, l’azienda di moda fondata
dai gemelli Caten. La possibilità dei licenziamenti tiene banco da diversi mesi.
Inizialmente ne erano previsti una trentina, poi il numero è stato fissato a 29.
Tutti a Milano. Si tratta solo ed esclusivamente di figure di ufficio, non sono
in ballo tagli nella rete retail per la quale – apprende Ilfattoquotidiano.it –
è prevista la fusione in un’unica società, mentre attualmente i negozi
appartengono a una controllata.
“Le misure che hanno proposto per riassorbire gli esuberi non sono state molte
né idonee. In alcuni casi hanno detto di voler concedere forme contrattuali
diverse, tipo partita iva. Parliamo di sforzi limitati”, dice Stefania Ricci
della Filcams Cgil Milano. Da parte di Dsquared2, aggiunge, “c’è stata chiusura
totale sugli ammortizzatori sociali, come sempre nel settore della moda di
lusso, probabilmente per ragioni di immagine”.
Zero possibilità anche di ricorrere a scivoli e prepensionamenti, poiché sono
coinvolti quasi esclusivamente under 50. Il tempo stringe. La procedura
sindacale dovrebbe chiudersi il 15 gennaio, ma verrà probabilmente prorogata e
dopo si aprirà la fase amministrativa con la convocazione da parte della Regione
Lombardia. Filcams, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno firmato una nota congiunta con
la quale dichiarato lo stato di agitazione e continuano a chiedere, oltre
all’azzeramento dei licenziamenti, il “sostegno concreto al reddito” dei
lavoratori, un “piano industriale rispettoso” e “vere soluzioni interne di
ricollocazione”. Avvisa Ricci: “I dipendenti sono compatti e arrabbiati. Si
stanno valutando in maniera determinata iniziative di lotta”.
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sul piede di guerra proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Autunno caldo anche per Ikea. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno
proclamato uno sciopero per il 5 dicembre nei grandi magazzini del colosso
svedese. Al centro della protesta il premio di partecipazione, che i sindacati
definiscono una “inutile presa in giro” visto che “oltre il 50% dei negozi non
percepirà alcun premio e la restante parte riceverà importi del tutto irrisori”.
Non è il primo sciopero di quest’anno, segno di una tensione crescente tra le
parti dell’azienda.
Il premio, correlato al raggiungimento di specifici obiettivi prefissati
precedentemente, coinvolgerà meno della metà dei dipendenti. I sindacati
ritengono offensive le giustificazioni aziendali – si parla del “mancato
conseguimento di obiettivi” – anche alla luce di “notizie di premi economici
erogati alle figure apicali”. Le motivazioni dell’azienda sono “la distanza dei
punti vendita dai centri urbani, il ridotto afflusso di clienti o la concorrenza
più agguerrita”.
Proprio due anni fa, infatti, la multinazionale aveva deciso di aprire i “Plan
and order point” per ridurre la distanza tra il territorio e le sedi. Scelta che
ora la Filcams chiede di giustificare, alla luce dei risultati ottenuti, per
capire se il il calo della clientela dipende dal marketing, dai prezzi o dai
rifornimenti. Durante l’incontro del 6 novembre la richiesta delle
organizzazioni sindacali di rivedere il premio è stata respinta: Ikea ha
risposto che ogni modifica potrà avvenire solo modificando il Contratto
integrativo aziendale. Il tavolo per questo rinnovo è però saltato ed i
sindacati hanno ricordato che “in passato il sistema è stato modificato anche al
di fuori del rinnovo contrattuale”.
Infine – concludono i sindacati di categoria – di fronte alla proposta di
riconoscere almeno un importo simbolico a tutte le lavoratrici e a tutti i
lavoratori, “l’azienda ha risposto con un secco ‘no: non abbiamo risorse
accantonate’. È un atteggiamento che offende chi ogni giorno contribuisce al
successo del marchio”. Per tutte queste ragioni, e in considerazione anche della
rottura del tavolo di rinnovo del Contratto integrativo, è confermato lo stato
di agitazione e proclamato uno sciopero nazionale. L’azienda dal canto suo
ribadisce che “la propria strategia di business rimane saldamente allineata
all’obiettivo di rendere il marchio accessibile alla maggioranza delle persone”.
Sempre secondo il colosso svedese un accordo sul contratto integrativo “avrebbe
consentito” di “fruire un premio di gran lunga migliorativo rispetto all’attuale
sistema premiante” e si dice “disponibile” a sottoscriverlo “in qualsiasi
momento sulla base della proposta aziendale”.
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“Un bluff” proviene da Il Fatto Quotidiano.