Prima di tutto c’è la vittoria preziosa della Roma contro il Como, l’ennesimo 1
a 0 della squadra di Gasperini che così aggancia il treno scudetto salendo a
quota 30 punti, tre in meno della capolista Inter. Ma nel big match del lunedì
sera all’Olimpico uno dei grandi protagonisti è stato Gianluca Mancini, al
centro delle polemiche per diversi episodi durante e dopo la partita. Il
difensore della Roma è stato protagonista di diversi scontri e battibecchi in
campo, tanto da rischiare seriamente l’espulsione per somma di ammonizioni. Dopo
il fischio finale, anche una lunga e tesa chiacchierata con Cesc Fabregas: i due
hanno discusso animatamente, salvo poi minimizzare il tutto davanti ai
microfoni.
Il primo episodio che ha visto protagonista Mancini si è verificato al 21esimo
del primo tempo: il difensore, in piena trance agonistica, ha dato una spallata
a Kempf che stava rincorrendo Wesley sulla fascia, facendolo cadere a terra. Poi
si è fermato e ha urlato in faccia al difensore del Como. L’arbitro Feliciani lo
ha ripreso, ma senza ammonirlo. Al 58esimo invece è arrivato il giallo per
proteste. Mancini però avrebbe dovuto ricevere un secondo cartellino e quindi
essere espulso nei minuti finali della sfida: a palla lontana, ha rifilato una
spallata in pieno petto a Jacobo Ramon, che in quel momento non lo stava
guardando.
Un colpo proibito, con la palla lontana 50 metri. Certamente non da rosso
diretto e quindi da intervento del Var, ma che se visto in campo dal direttore
di gara o da uno dei suoi assistenti avrebbe comportato il secondo giallo.
Questa la spiegazione dell’ex arbitro Luca Marelli a Dazn: “Comportamento
antisportivo chiaro di Mancini, con un pallone molto lontano è andato diretto
sull’uomo. Feliciani non lo stava guardando, il quarto ufficiale era rivolto
verso la panchina e solo l’assistente avrebbe potuto vedere l’episodio, ma era
distante una trentina di metri. Sarebbe stato cartellino giallo, il secondo per
Mancini, ma purtroppo nessuno in campo ha potuto osservarlo“.
A fine partita, proprio per via di questo episodio, si è scatenata la
discussione animata tra Fabregas e Mancini. Poi, sempre ai microfoni di Dazn, il
tecnico del Como ha minimizzato: “Con Mancini non è successo nulla, è stata una
chiacchierata: gli ho detto la mia su quello che è successo con Ramon, ho visto
tutto, ma con rispetto. Questi ragazzi vedono gli altri come giocatori
importanti. Va bene la furbizia, ma è stato un momento passionale”. Il difensore
della Roma ha invece commentato: “Io a 20 anni rispettavo di più quelli più
grandi, sennò prendevo qualche schiaffo. Gli ho detto di stare calmo, a fine
partita succede. Con il mister ci siamo chiariti”.
Nessuna polemica da parte di Fabregas sul gol della Roma, che invece ha
scatenato la rabbia dei tifosi del Como sui social. La rete di Wesley nasce
infatti dall’infortunio di Addai: il cross di Rensch è arrivato mentre l’esterno
offensivo del Como era a terra per un problema muscolare (poco dopo è stato
sostituito). In molti tra i fan lariani hanno accusato la Roma di
antisportività, perché a loro dire avrebbero dovuto mettere palla fuori. “In una
circostanza simile, bisognava essere molto onesti. E il 99,9% dei calciatori non
si sarebbe fermato”: il commento di Fabregas.
L'articolo Urla in faccia, colpi proibiti e lite con Fabregas: è polemica su
Mancini in Roma-Como, “graziato dal rosso” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La due giorni di Champions League era terminata con il classico bicchiere mezzo
vuoto, perché alle due vittorie di Atalanta e Juventus avevano fatto da
contraltare le sconfitte di Inter e Napoli. Il giovedì europeo invece ha portato
bottino pieno: vittorie di Roma e Bologna in Europa League, successo anche per
la Fiorentina in Conference. Punti fondamentali per i tre club, ma anche per
l’Italia nel ranking Uefa stagionale, la classifica che stabilirà a fine
stagione le due federazioni che potranno avere uno slot extra nella prossima
Champions. Nel caso della Serie A, quindi, mandare anche una quinta squadra.
L’Italia era rimasta un po’ indietro, ma ora è in grande recupero: grazie ai
risultati di questa settimana si è portata al terzo posto, superando anche la
Spagna, e molto vicina alla Germania, attualmente seconda.
LE VITTORIE DI ROMA, BOLOGNA E FIORENTINA
La Roma trova la vittoria più imponente nella sesta giornata di Europa League.
La formazione di Gasperini travolge in trasferta il Celtic 3-0 e vede
avvicinarsi la qualificazione diretta agli ottavi. A sbloccare il risultato
un’autorete di Scales (6′), poi si scatena Ferguson con una doppietta (36′ e
46′). Prima dell’intervallo Engels fallisce un rigore. Giallorossi a quota 12 in
classifica. Un punto dietro si trova invece il Bologna, che vince in rimonta in
trasferta a Celta Vigo (1-2). Padroni di casa avanti al 17′ con Zaragoza, nella
ripresa la risposta della squadra di Italiano con la doppietta di Bernardeschi
(rigore al 65′ e rete al 75′, su assist di Cambiaghi).
Boccata d’ossigeno per la Fiorentina, almeno in Conference League: i viola si
sono imposti per 2-1 in casa sulla Dinamo Kiev. Vantaggio con Kean al 18′ su
assist di Dodo. Il pari degli ucraini arriva al 55′ con Mykhaylenko. Al 74′ il
raddoppio della Fiorentina con Gudmundsson che decide la partita. Si tratta
della terza vittoria in cinque partite europee, la prima di Vanoli in panchina:
viola ora al settimo posto in classifica, in piena corsa per un posto agli
ottavi.
LA NUOVA CLASSIFICA AGGIORNATA DEL RANKING UEFA
1. Inghilterra – Club: 9/9 – 12.500
2. Germania – Club: 7/7 – 11.142
3. Italia – Club: 7/7 – 11.000
4. Portogallo – Club: 4/5 – 10.600
5. Spagna – Club: 8/8 – 10.375
6. Polonia – Club: 4/4 – 10.125
7. Cipro – Club: 3/4 – 10.000
8. Francia – Club: 7/7 – 9.500
9. Danimarca – Club: 2/4 – 9.125
10. Grecia – Club: 4/5 – 8.300
L'articolo L’Italia fa 3 su 3 nel giovedì europeo e si avvicina alla Germania:
caccia al quinto slot | La nuova classifica del ranking Uefa proviene da Il
Fatto Quotidiano.
“Palleggiavo, palleggiavo sempre, e il pallone non cadeva mai eh e allora i
grandi sai cosa facevano? Mi portavano fuori dal mio quartiere di Palermo a
sfidare gli altri a palleggiare: vincevo sempre io. Loro si giocavano le birre,
a me davano una coca cola o un gelato, ma più che per le birre era un vanto
avere nel quartiere il bambino più bravo e portarlo in giro”. Quel bambino era
Gaetano D’Agostino, palermitano doc, nato il 3 giugno del 1982: undici giorni
prima che iniziasse il mondiale in Spagna. “Se chiudo gli occhi il primo ricordo
calcistico è proprio quello: i palleggi in giro per Palermo, ancora rivedo il
bambino che ero”.
Poi quel ragazzino cresce, quei palleggi vengono notati dal Palermo e poi dalla
Roma: “In giallorosso un periodo meraviglioso, c’erano Tempestilli, Maldera e
poi Bruno Conti… gli devo tanto”. E quel tanto nasce da un “cazziatone” epico di
Bruno: “Ero andato in ritiro con Zeman, tornai devastato, poi c’era il torneo di
Osimo e feci molto male perché non mi reggevo in piedi. Bruno me ne disse di
ogni davanti a tutti: ‘Non ti mando mai più, ti sei montato la testa’ mi fece e
io provai a ribattere che il boemo mi aveva distrutto. ‘Non posso accettare
queste parole da un ragazzo di sedici anni’ rispose Conti e io là per là ci
rimasi male, oggi invece penso a quelle scene e lo ringrazio, aveva ragione”.
Tiene duro D’Agostino ed entra nel giro della prima squadra, diventa Campione
d’Italia con Capello: “Una decina di panchine, una sola presenza: ti giravi da
un lato e c’era Totti, dall’altro Batistuta e poi Samuel, Montella, Emerson,
Aldair…eppure non ti escludevano, anzi, venivo coinvolto, ridevo con loro.
Ovviamente parlavo pochissimo e con enorme rispetto, ma mi sentivo parte di quel
gruppo: lì ho capito che avrei fatto il calciatore”.
L’emozione si percepisce quando parla di Bari, dove andrà come contropartita
nell’affare Cassano: “Gli anni più belli della mia vita, la prima esperienza da
solo: ho ancora tanti amici e devo tornare almeno una volta ogni due anni a Bari
perché sono legatissimo a quella terra. E non fu facile eh: con Sciannimanico
feci undici panchine consecutive senza mai vedere il campo, poi ne giocai 63 su
64 con la dieci sulle spalle. Bari la porto nel cuore”.
Da lì il ritorno alla Roma: “Primo anno con Capello molto bene, poi l’anno
maledetto dei quattro allenatori, con Del Neri che anche per colpe non sue andò
in confusione, io nel suo gioco per caratteristiche non potevo proprio starci e
andai via per il mio bene, mio padre ha ancora un articolo conservato dal titolo
“Si sono accorti che era un centrocampista”. Se ne sono accorti a Messina, da un
giallorosso all’altro: “Che squadra: in casa nostra perdevano praticamente
tutti, io feci sette o otto volte miglior giocatore Sky, e ancora oggi ho un
ottimo rapporto con la tifoseria. Poi i Franza chiusero un po’ i rubinetti e si
andò a peggiorare”.
Per Gaetano invece arriva il momento migliore della carriera: “A Udine trovo
Malesani che in un momento di tristezza perché non giocavo mi dice di vedermi
davanti alla difesa, io gli dico che quel ruolo non l’ho mai fatto e lui mi
tiene 40 minuti extra dopo ogni allenamento a provare…e divento regista”. Non
solo regista però, uno dei migliori registi in Italia in quel periodo: “Senza
falsa modestia, credo che in quegli anni ero secondo soltanto a Pirlo”.
E questo porta l’interesse delle grandi: il Napoli, la Juventus con cui sembra
fatta, addirittura il Real Madrid. “Mi sono fermato a pensare a me al Bernabeu
con la maglia del Real…non vado oltre, ma mi sono detto che in fin dei conti se
non fosse andata bene sarei rimasto nel giro delle grandi, come per altri,
purtroppo non è andata così”. Perché non si conclude la trattativa con
l’Udinese: “Mi dico che io in campo ho fatto tutto ciò che potevo, oggi sono
maturo e non serbo rancore e non ho rabbia, però l’Udinese avrebbe potuto
lasciarmi andare, avrebbero monetizzato abbastanza in fin dei conti”.
Il rimpianto vero però è uno: “Non aver firmato col Napoli: non ci pensai un
minuto perché avevo l’offerta della Juventus ed era praticamente fatta, ma col
senno di poi l’errore che ho fatto fu quello”. E poi c’è quel bambino che
palleggia, a Palermo: “Se lo incontrassi ora? Gli direi vai amico mio, continua
a palleggiare, divertiti”.
L'articolo Ti ricordi… Gaetano D’Agostino, il bambino che palleggiando a Palermo
vinceva sempre una coca cola (o un gelato) proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Ho detto: ‘Scusa, tu non vedi la partita?'”. Anche Francesco Totti – abituato a
essere idolatrato a Roma – è rimasto stupito di fronte al racconto di un tifoso
giallorosso. Un incontro avvenuto in un luogo insolito: alla fermata di un
semaforo rosso. A svelarlo è stato proprio la bandiera giallorossa, nel corso
della trasmissione Legends Road di Dazn con Pierluigi Pardo.
Totti si è ritirato ormai da 8 anni – il 28 maggio 2017 in un Olimpico in
lacrime -, ma ancora oggi (e sempre sarà così) l’ex capitano è “venerato” nella
capitale di parte giallorossa. E l’ultimo episodio simile riguarda un tifoso che
lo ha incrociato al semaforo: “Mi è capitato un mesetto fa – ha cominciato Totti
-. Mi fermo al semaforo rosso e questo dallo specchietto guarda dietro e mi
riconosce. Allora io abbasso la testa per non farmi vedere un attimo. Mentre
scatta il verde lo supero. ‘Guarda che t’ho visto, capità’, lui mi fa. E io lo
saluto, gli faccio: ‘Ciao ciao'”.
Ma non finisce qui, perché dopo alcuni metri c’è un altro semaforo, ancora
rosso: “Lui si accosta – avrà avuto l’età mia, 45-50 anni – e piangeva a
dirotto. Gli ho detto: ‘Che è successo?’. E piangeva. Dice: ‘Tu non puoi capire
quello che mi hai fatto, che mi hai dato in 25 anni, non riesci a immaginarlo’.
E ho detto: ‘Beh, non so che t’ho dovuto fa’, ho fatto quello che dovevo fa”.
‘No, ma tu non riesci a capire… perché io ti amo più di mia madre, più di tutti
quanti'”.
A quel punto il racconto ha catturato anche Francesco Totti, che ha risposto:
“Gli ho detto: ‘Io ti ringrazio, però nun me sembra…’. E lui fa: ‘Ma tu lo sai
che faccio io? Io faccio l’abbonamento alla Roma tutti gli anni da quando hai
smesso, dal 2017. Fino ad oggi ho fatto l’abbonamento in Tevere. Perché spero
che tu tutte le domeniche esci dalle scalette, sali le scalette, esci o ti metti
in panchina’”.
Un racconto già curioso così, ma che poi è diventato ancora più incredibile:
“‘Magari potessi’, gli ho detto. E lui: ‘Appena vedo il calcio d’inizio prendo e
me ne vado’. Ho detto: ‘Scusa, tu non ti vedi la partita?’. Mi dice: ‘No, io
faccio l’abbonamento solo per te. Cioè io spero che tu sali quelle scalette
dell’Olimpico solo per vederti e appena vedo che tu non ci stai me ne vado'”.
Dal 2017 il tifoso in questione compra l’abbonamento in Tribuna Tevere, entra,
non vede Totti e torna a casa. Troppo anche per chi – come Totti – a Roma è
idolatrato in qualsiasi modo e in qualsiasi contesto.
L'articolo “Lui si accosta e piangeva a dirotto”: il racconto del tifoso che fa
l’abbonamento alla Roma ma poi se ne va dallo stadio perché non c’è Totti
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Miglior società, miglior presidente con Aurelio De Laurentiis, miglior
allenatore con Antonio Conte, oltre ad Amir Rrahmani e Scott McTominay tra i
migliori undici del torneo. Il Napoli grande protagonista del Gran Galà del
calcio 2025, che si è svolto ieri, 2 dicembre, a Milano nello Spazio
Antologico-East End Studios. Una cerimonia dedicata ai migliori momenti e ai
protagonisti della Serie A 2024/25, vinta appunto dal Napoli. Il miglior
giocatore è ancora azzurro: Scott McTominay, protagonista con 12 gol in
campionato.
Ben rappresentata anche l’Inter, che nella top XI annuale schiera ben cinque
giocatori: Denzel Dumfries, Alessandro Bastoni, Federico Dimarco, Nicolò Barella
e Lautaro Martinez. Tra gli altri premiati anche Alessandro Deiola per il gol in
Cagliari-Venezia, poi Mile Svilar, Tijjani Reijnders (ex Milan, ora al
Manchester City), Moise Kean e Mateo Retegui a completare la Top XI.
TUTTI I PREMI AL GRAN GALÀ DEL CALCIO
* Miglior gol: Alessandro Deiola in Cagliari-Venezia
* Miglior allenatore: Antonio Conte (Napoli)
* Miglior società: SSC Napoli
* Miglior presidente: Aurelio De Laurentiis (Napoli)
* Miglior portiere: Mile Svilar (Roma)
* Migliori difensori: Denzel Dumfries (Inter), Alessandro Bastoni (Inter), Amir
Rrahmani (Napoli), Federico Dimarco (Inter)
* Migliori centrocampisti: Tijjani Reijnders (Milan), Nicolò Barella (Inter),
Scott McTominay (Napoli)
* Migliori attaccanti: Matteo Retegui (Atalanta), Moise Kean (Fiorentina),
Lautaro Martinez (Inter)
* Miglior giocatore della stagione: Scott McTominay (Napoli)
L'articolo Gran Galà del calcio, da Conte miglior allenatore ad Alessandro
Deiola: tutti i premi assegnati proviene da Il Fatto Quotidiano.
Non è stata una domenica semplice per Jamie Vardy. Non solo per la sconfitta per
1-3 in casa con la sua Cremonese contro la Roma. Mentre infatti il calciatore
era impegnato nel match di Serie A (e la famiglia, moglie e figli, in tribuna)
nella sua villa di Salò si sono introdotti dei ladri, che probabilmente
controllavano già da tempo gli spostamenti dell’attaccante inglese e hanno
svaligiato la residenza dell’ex Leicester.
L’indagine è in mano ai Carabinieri della compagnia di Salò, ma secondo le prime
ricostruzioni i ladri sarebbero entrati in casa forzando una finestra (secondo
altre ricostruzioni era stata lasciata aperta per una distrazione). Tra gli
oggetti prelevati dalla banda di malviventi (almeno tre) ci sono gioielli
preziosi e costosissimi orologi – tra cui un Patek Philippe – per un bottino di
oltre 100mila euro.
Dal suo arrivo alla Cremonese, l’attaccante aveva scelto di abitare nella
località sul Lago di Garda con la moglie Becky e i figli proprio perché
considerata una zona sicura e tranquilla anche per la sua famiglia. Di positivo
c’è il fatto di non essersi trovati faccia a faccia con i malviventi, che
aspettavano solo il momento giusto per agire. Dopo il furto a casa di Alessandro
Bastoni – difensore dell’Inter – nel bergamasco, adesso è toccato a Vardy finire
nel mirino di una banda di malviventi: è il secondo caso in poche settimane che
coinvolge un calciatore.
L'articolo Svaligiata la villa di Vardy durante Cremonese-Roma, portati via
gioielli e orologi: il bottino proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nella disfatta dell’Italia contro la Norvegia per 1-4 c’è stata una sfida nella
sfida: quella tra Gianluca Mancini ed Erling Haaland, riconosciuto come uno
degli attaccanti migliori del mondo. Una sfida che il difensore della Roma stava
stravincendo nel primo tempo. Poi è arrivata la doppietta del norvegese. E a
dare motivazione all’attaccante del Manchester City sarebbe stato proprio
Mancini. A rivelarlo è stato lo stesso Erling Haaland.
“Mancini ha iniziato a toccarmi il sedere quando il punteggio era 1-1“, ha
rivelato Haaland in diretta ad Azzurro Tv nell’immediato post gara. Il
riferimento è all’accesa discussione che ha visto protagonisti i due sull’1-1,
con il norvegese molto nervoso dopo quanto accaduto e Donnarumma – compagno di
nazionale di Mancini e di club di Erling Haaland – che ha provato a calmare gli
animi. “Ho pensato: ‘Cosa sta facendo?’. Poi mi sono caricato e gli ho detto:
‘Grazie per la motivazione, andiamo’. Ho segnato due gol e abbiamo vinto la
partita 4-1. Quindi lo ringrazio”, ha concluso Haaland, raccontando un simpatico
aneddoto su quanto accaduto con Gianluca Mancini.
E in effetti dopo qualche minuto dalla discussione, Haaland ha segnato due gol
in due minuti quasi ai primi due palloni toccati e ai primi due tiri in porta.
Il norvegese è una macchina e in questo inizio di stagione ha già segnato 19 gol
in 15 partite con il Manchester City, di cui 14 in 11 partite in Premier League.
Numeri impressionanti, che mostrano la forza di un giocatore che ha portato la
sua nazionale a qualificarsi ai Mondiali dopo 28 anni dall’ultima volta a France
’98.
L'articolo “Mancini ha iniziato a toccarmi il sedere. Eravamo 1 a 1, da lì mi
sono caricato e ho segnato due gol. Lo ringrazio”: il racconto di Haaland
proviene da Il Fatto Quotidiano.