Salvatore Cuffaro è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari. Torna in
stato di detenzione vent’anni dopo l’inchiesta che lo ha portato alla condanna
per favoreggiamento alla mafia: nel 2015 era stato scarcerato dopo aver scontato
cinque anni. È quanto disposto dal gip di Palermo per l’ex presidente della
Regione siciliana, indagato con altre 17 persone, a vario titolo, per
associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Per la procura Totò
Vasa Vasa sarebbe al vertice di un’associazione criminale, un comitato d’affari
occulto che ruoterebbe intorno a un presunto sistema di appalti pilotati nella
sanità e assunzioni di soggetti segnalati dall’ex governatore e dai suoi sodali.
La misura cautelare era stata chiesta dai pm agli inizi di novembre. Il gip, che
come prescrive la legge ha interrogato gli indagati prima di decidere, ha invece
respinto la richiesta di arresto di Saverio Romano, deputato e coordinatore di
Noi Moderati, anche lui coinvolto nell’inchiesta.
Oltre che per Cuffaro i domiciliari sono stati disposti per Roberto Colletti, ex
manager dell’azienda ospedaliera Villa Sofia e Antonio Iacono. Per l’ex braccio
destro di Cuffaro Vito Raso, il gip ha invece deciso l’obbligo di presentazione
alla polizia giudiziaria, mentre per Mauro Marchese e Marco Dammone l’obbligo di
presentazione alla polizia giudiziaria e la misura cautelare interdittiva del
divieto, per un anno, di esercitare attività imprenditoriali e uffici direttivi
di persone giuridiche. Per tutti i 18 indagati la procura aveva chiesto i
domiciliari. Il gip, però, ha respinto la richiesta e non ha applicato alcun
provvedimento cautelare per il capogruppo all’Assemblea regionale Siciliana
della Democrazia Cristiana e fedelissimo di Cuffaro, Carmelo Pace, e per Antonio
Abbonato, Ferdinando Aiello, Paolo Bordonaro, Alessandro Caltagirone, Giuseppa
Di Mauro, Vito Fazzino, Sergio Mazzola, Paolo Emilio Russo, Giovanni Giuseppe
Tomasino e Alessandro Vetro.
Cuffaro (come Iacono e Colletti) non dovrà comunque indossare il braccialetto
elettronico. Per il giudice delle indagini preliminari la misura degli arresti
domiciliari è sufficiente a garantire le esigenze cautelari. Non viene applicato
il braccialetto elettronico “non emergendo particolari esigenze da imporre il
costante monitoraggio”, ma viene imposto un “assoluto divieto di comunicazione
così da escludere qualsiasi possibilità di mantenere contatti con altri
coindagati o con soggetti terzi, comunque appartenenti alla pubblica
amministrazione e all’imprenditoria”, si legge nella misura cautelare.
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gip nell’ambito dell’inchiesta su appalti e sanità in Sicilia proviene da Il
Fatto Quotidiano.
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Via dalla giunta i cuffariani, in attesa di capire il destino di Totò Vasa Vasa.
Il governatore Renato Schifani ha deciso di tagliere dalla sua giunta gli
assessori cuffariani Nuccia Albano e Andrea Messina, assumendo ad interim le
deleghe della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro e quelle delle
autonomie locali e della funzione pubblica, e nominando capo di gabinetto alla
famiglia, la dirigente Patrizia Valenti, e alla funzione pubblica Carmen
Madonia. Una mossa che ha scompaginato gli equibri politici siciliani, mentre
Totò Cuffaro si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip
nell’interrogatorio preventivo.
Al momento né Albano né Messina risultano indagati a Palermo nel Cuffarogate. Il
governatore, al quotidiano La Sicilia, ha spiegato che l’inchiesta contesta alla
“Dc reati di un ‘sistema partito’ nei confronti dei cui vertici è stato
richiesto l’arresto a causa della gravità degli elementi di accusa raccolti”.
L’ultima inchiesta giudiziaria che ha travolto la Dc, fa salire a otto il numero
degli indagati, tra componenti della giunta Schifani e i deputati regionali. La
new entry è proprio la Dc con Carmelo Pace, accusato di associazione per
delinquere e corruzione. In prima posizione, saldamente in testa con tre
indagati, c’è Grande Sicilia, il partito fondato dall’ex governatore Raffaele
Lombardo, dall’ex viceré forzista Gianfranco Miccichè e dal sindaco di Palermo,
Roberto Lagalla. Sotto accusa ci sono: l’ex assessore all’energia, Roberto Di
Mauro, indagato ad Agrigento per associazione per delinquere nelle pubbliche
forniture, il deputato Miccichè accusato di peculato per l’uso improprio della
sua auto blu e Giuseppe Castiglione, sospeso dall’assemblea regionale dopo
l’arrestato a Catania per voto di scambio politico mafioso .
In seconda posizione ex-equo con due indagati troviamo il carroccio
siculo-leghista e Fratelli d’Italia. Nella Lega c’è il ritorno dell’assessore
all’agricoltura, Luca Sammartino, che per oltre un anno è stato interdetto dai
pubblici uffici perché indagato per corruzione a Catania, e Salvo Geraci, eletto
con le liste di Cateno De Luca e poi passato alla Lega, rinviato a giudizio a
Termini Imerese per tentata concussione e abuso d’ufficio, perché in qualità di
sindaco di Cerda avrebbe deviato il percorso della processione religiosa per
farla passare sotto casa del boss.
Tra i meloniani invece, troviamo il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno,
accusato a Palermo per corruzione, peculato, falso e truffa, e nella stessa
indagine l’assessora allo sport Elvira Amata, che risponde di corruzione. I
deputati Pace, Castiglione e Geraci si sono autosospesi dalla commissione
regionale antimafia. Il lungo elenco però non finisce qui, perché oltre ai
deputati, a finire sotto indagine ci sono anche i componenti dello staff degli
onorevoli. Su tutti, la superconsulente del presidente Schifani, ovvero l’ex
sottosegretario e architetta Simona Vicari, imputata a Trapani per corruzione, a
cui il mese scorso il Tribunale ha confiscato un Rolex e un orologio Bulgari,
dal valore superiore a diecimila euro. Un passo indietro è stato formalmente
chiesto a Vito Raso, uomo di fiducia di Cuffaro e capo della segreteria
particolare dell’assessora Albano, indagato per associazione per delinquere e
corruzione nell’inchiesta sull’ex governatore. Si sono già dimessi invece, la
portavoce del presidente Galvagno, Sabrina De Capitani, indagata per corruzione
a Palermo nell’inchiesta sul “Sistema Galvagno”. E in precedenza ha lasciato
l’incarico di capo della segreteria del presidente dell’Ars, Giancarlo
Migliorisi, dopo essere stato pizzicato dalla polizia di Palermo mentre comprava
cocaina dal “pusher dei vip”. In seguito è stato scelto come consulente a
Palazzo Madama dalla senatrice Daniela Ternullo (Forza Italia), e ha rinunciato
(in meno di ventiquattro ore) all’incarico di coordinatore della segreteria
tecnica dell’assessore all’energia regionale Francesco Colianni (Grande
Sicilia).
Ma nell’isola la sfilza degli indagati non riguarda solo i politici, ma anche i
dirigenti regionali. È stato revocato l’incarico al presidente dell’organismo
indipendente di valutazione della performance regionale Antonino Maria
Sciacchitano, indagato a Palermo per corruzione sugli appalti nella sanità. È
durata appena ventiquattro ore invece la nomina di Carmelo Ricciardo a dirigente
generale, che ha poi deciso di far un passo indietro perché imputato a Palermo
per corruzione e turbativa d’asta. Ha lasciato l’incarico di dirigente generale
Asp Trapani, Ferdinando Croce, in quota FdI, travolto dallo scandalo sui ritardi
dei referti istologici mentre resta saldamente al suo posto Salvatore Cocina,
dirigente della protezione civile Sicilia e della cabina regia acqua e rifiuti,
imputato a Catania per l’inchiesta sulla gestione dei rifiuti della Rap di
Palermo e sulle discariche catanesi Valanghe d’Inverno e Tiritì dell’Oikos, e
citato più volte (ma non indagato) nelle trame dell’inchiesta del Cuffarogate.
Il governatore Schifani ha sospeso la dirigente regionale Letizia Di Liberti,
che lui stesso aveva riconfermato alcuni mesi fa, perché adesso è indagata a
Palermo per rivelazione di segreto d’ufficio nell’inchiesta sulla Dc, anche se
risulta già imputata nel capoluogo siciliano per falso ideologico sul caso dei
dati Covid. Si è dimesso dopo l’arresto a Messina, il commissario sul dissesto
idrogeologico Maurizio Croce, in quota Forza Italia, che ha poi patteggiato 3
anni e 7 mesi per corruzione. Misure cautelari anche per il funzionario della
regione in servizio alla sovrintendenza del mare, Antonio Librizzi, indagato a
Palermo per concussione (anche tentata) per aver incassato una mazzetta da un
imprenditore, e il dirigente Asp, Francesco Cerrito, accusato di corruzione per
aver tentato di accelerare i pagamenti ad una società. Ha lasciato l’incarico di
direttore sanitario dell’Asp di Catania, Giuseppe Reina, indagato dalla procura
etnea per violenza sessuale sul posto di lavoro con una collega, e si è
autosospeso il direttore generale dell’Asp Siracusa, Francesco Maria
Caltagirone, accusato a Palermo di corruzione nel “caso Cuffaro”.
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tutti i guai del centrodestra di Schifani in Sicilia proviene da Il Fatto
Quotidiano.
L’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro si è avvalso della facoltà di non
rispondere. È durato meno di un’ora l’interrogatorio preventivo davanti al gip
di Palermo, Carmen Salustro, per l’ex segretario nazionale della Democrazia
Cristiana Sicilia, accusato dalla procura di Palermo guidata da Maurizio de
Lucia, di associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti.
I pm ne hanno chiesto l’arresto ai domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta del
Ros che coinvolge altre 17 persone, tra cui il deputato nazionale Francesco
Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati.
“FIDUCIOSO NELLA GIUSTIZIA”
“Sono fiducioso nella giustizia” sono state le poche parole pronunciate dall’ex
presidente stamane all’arrivo (intorno alle 9:15) al Tribunale palermitano,
accompagnato dai suoi legali Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano. Dopo
circa un’ora, Cuffaro è uscito dal palazzo di Giustizia, senza fermarsi davanti
ai microfoni e sviando le ripetute domande dei numerosi giornalisti presenti.
“Mi hanno detto di non parlare”, l’unica frase pronunciata dall’ex governatore.
“Non abbiamo nessun commento, Cuffaro si è avvalso della facoltà di non
rispondere, ha reso le sue dichiarazioni davanti al gip. Ci limiteremo ad
inviarvi una nostra nota, non abbiamo altro da dire”, ha aggiunto l’avvocato Di
Benedetto.
IL COMUNICATO DEI LEGALI
“Si ritiene indispensabile, prima di sottoporsi a qualsivoglia interrogatorio,
un approfondimento sul compendio probatorio con il quale misurarsi, con
particolare riferimento al contenuto delle intercettazioni. Tale convincimento
nasce anche dal fatto che l’unica trascrizione di intercettazione ambientale
finora ascoltata, anche con l’ausilio di un consulente tecnico espressamente
nominato, è risultata errata su un punto di centrale rilevanza per la
configurabilità del reato contestato al capo 5 in concorso con Vetro, Pace e
Tomasino, nel senso che non si ravvisa la parola “soldi” e la frase in
questione, diversamente da quanto emerge nella trascrizione, non è stata
proferita da Cuffaro. Nel corso dell’udienza camerale la difesa ha eccepito
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per tutte le incolpazioni
provvisorie contestate, nonché l’inutilizzabilità della relazione di servizio
contenente asserite dichiarazioni spontanee rese da Cuffaro e da questo
disconosciute”, si legge nella nota dei legali Di Benedetto-Montalbano.
L’ATTO CONTESTATO
Il riferimento dei legali di Cuffaro alla richiesta di non ammettere l’atto, si
riferisce al deposito della relazione di servizio redatta dal Ros durante la
perquisizione negli appartamenti dell’ex presidente, e depositata stamane dai
magistrati Claudio Camilleri, Giulia Falchi e Andrea Zoppi della procura di
Palermo. Secondo i pm l’atto sarebbe ammissibile considerata la sentenza della
Cassazione del 2022 – della sezione all’epoca presieduta da Alfredo Mantovano
(attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio) – in cui si spiega che
“le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso,
in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi” siano “utilizzabili nella
fase procedimentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a
prova contratta”.
L’ACCELERAZIONE DELLA GARA D’APPALTO “VOLUTA DA ROMANO”
Nelle pagine firmate dai Ros, Cuffaro avrebbe chiamato in causa Saverio Romano,
spiegando che il direttore generale dell’Asp di Siracusa, Francesco Maria
Caltagirone “era uomo di Forza Italia” e dagli atti dell’inchiesta “era
chiaramente indicato che la vera accelerazione nella gara d’appalto verso la
società Dussman era avvenuto soltanto a seguito dell’intervento di Romano, tanto
che – aggiunge Cuffaro – la vera svolta c’era stata grazie a Roma”. Tra i
diversi passaggi, Cuffaro avrebbe detto ai carabinieri che il tenente colonnello
Stefano Palminteri “aveva chiesto un incontro con lui tramite l’amico comune,
l’avvocato Gallina”, e che gli “aveva detto, a suo dire millantando, della
presenza di indagini sul suo conto e che la stessa cosa aveva fatto anche con il
deputato Carmelo Pace” e che “l’ufficiale gli aveva chiesto di aiutarlo ad
ottenere l’incarico di direttore generale di Gesap, società di gestione
dell’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo”.
L'articolo Inchiesta Sicilia, Cuffaro non risponde al gip. E ai Ros disse:
“L’accelerazione della gara d’appalto voluta da Romano”. Video proviene da Il
Fatto Quotidiano.