Sola, lontana dal posto in cui doveva vivere e chiusa in una vasca con acqua
troppo bassa, sporca e troppo calda. È morta domenica 14 dicembre Kshamenk, orca
che aveva un’età compresa tra i 33 e i 35 anni passati tutti in cattività, come
attrazione per i turisti. Era maschio, Kshamenk, è la morte è arrivata per
arresto cardiorespiratorio mentre si muoveva nel suo piccolo spazio, nel parco
marino di San Clemente del Tuyú. Era (e possiamo dire menomale) l’ultima orca in
catticità del Sudamerica.
La storia di Kshamenk inizia in mare aperto, l’oceano. Aveva 4 anni o giù di lì
quando rimase intrappolato in acque basse insieme ad altre orche e fu salvato.
Si può dire salvato sapendo che lui, unico a sopravvivere, è stato poi chiuso in
una vasca per il resto della sua vita? Dal 1992 a oggi. Non è sempre stato solo,
almeno quello: con lui c’era l’orca Belen che però è morta nel 2020.
Perché, una volta rimesso in sesto, non è stato rimesso in mare? Non era in
grado di cavarsela, hanno spiegato i ricercatori. E il suo sperma è stato usato
per inseminare altre orche tanto che Kshamenk aveva due cuccioli dei quali però
non sapeva nulla né aveva mai visto. “Per decenni, gli attivisti hanno lottato
per portare Kshamenk fuori dal parco e magari farlo vivere con altri animali
della sua specie. Tuttavia, il governo argentino ha negato il provvedimento”, si
legge sui social a sottolineare quanto le associazioni animaliste si siano
battute per lui.
L'articolo Era solo, viveva in una vasca troppo piccola, con acqua bassa e
sporca: è morto per arresto cardiocircolatorio Kshamenk, orca maschio da 33 anni
in cattività proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Hanno conquistato i social con le loro piccole orecchie piegate o la pelle nuda
e vellutata, sono diventati simboli di stile e status, spesso esibiti anche da
celebrità internazionali. Ma dietro l’immagine tenera e fotogenica di alcuni
gatti di razza si nasconde una realtà fatta di dolore, fragilità fisica e
malattie croniche. È partendo da questa consapevolezza che l’Olanda ha deciso di
intervenire in modo drastico, mettendo al bando due delle razze feline più
popolari: Scottish Fold e Sphynx. Dal 1° gennaio, nei Paesi Bassi sarà vietato
non solo allevare – cosa già proibita da tempo – ma anche acquistare e quindi
possedere gatti appartenenti a queste razze. Il provvedimento, pubblicato a fine
ottobre sulla Gazzetta ufficiale olandese, nasce dall’esigenza di chiudere una
falla normativa che permetteva comunque di aggirare il divieto, acquistando
animali online o all’estero e importandoli nel Paese.
La legge non ha valore retroattivo: chi possiede già uno Scottish Fold o uno
Sphynx potrà continuare a tenerlo, ma sarà obbligato a microchippare l’animale e
a registrarlo ufficialmente. Un passaggio che equivale, di fatto, a dichiararne
il possesso. Chi viola le nuove regole rischia una multa. Le autorità olandesi
scoraggiano inoltre la partecipazione di questi gatti a concorsi e competizioni
basate sull’aspetto estetico. Nel testo del divieto si legge che “i gusti degli
esseri umani in fatto di razze non dovrebbero prevalere sulla sofferenza
permanente degli animali”. “Per me il benessere degli animali è una priorità”,
ha dichiarato il sottosegretario Jean Rummenie. “Non è giusto che gli animali
soffrano inutilmente a causa delle loro caratteristiche fisiche”. Una posizione
condivisa dall’associazione nazionale dei veterinari olandesi, la KNMvD, che ha
accolto la misura come “un passo importante per ridurre l’allevamento e la
detenzione di animali con caratteristiche fisiche dannose”. Nella nota si
sottolinea anche il ruolo dei veterinari “nel riconoscere, registrare e
discutere questi problemi con i proprietari”.
Le motivazioni sanitarie alla base del divieto sono dettagliate e documentate.
Gli Scottish Fold, riconoscibili per le orecchie piegate in avanti, sono
portatori di una mutazione genetica che colpisce cartilagini e ossa: questa
anomalia può causare ossa che crescono in modo eccessivo e si fondono,
provocando dolore anche al semplice contatto. Tra i problemi segnalati figurano
narici più strette del normale, talvolta ridotte a una fessura, unghie che
tendono a incarnirsi nei polpastrelli e una predisposizione a patologie come il
fegato policistico e malformazioni di cuore, fegato e diaframma.
Per gli Sphynx, selezionati per l’assenza di pelo, il decreto è altrettanto
esplicito: “L’alopecia nei gatti Sphynx è stata coltivata tramite selezione da
un gatto canadese senza pelo nato nel 1966″, si legge nel testo, che precisa
come questa caratteristica derivi da “una mutazione in un gene autosomico
recessivo”. L’assenza di pelo funzionale espone questi gatti a scottature solari
e a un rischio maggiore di tumori della pelle. La mancanza di pelo nei condotti
uditivi favorisce l’accumulo di sporco e aumenta la probabilità di infezioni
alle orecchie. I cuccioli, inoltre, hanno difficoltà significative nella
regolazione della temperatura corporea e sono più vulnerabili alle infezioni
respiratorie. Anche negli adulti la termoregolazione resta problematica, perché
disperdono più calore rispetto ai gatti con il pelo. A questo si aggiunge
l’assenza o la riduzione di baffi e vibrisse, elementi fondamentali per la
percezione sensoriale felina.
Il caso olandese si inserisce in un dibattito più ampio sul cosiddetto
“maltrattamento genetico”, che riguarda non solo i gatti ma anche molte razze
canine selezionate per tratti estremi. In Italia il tema era stato sollevato già
due anni fa da Save The Dogs, con un appello dedicato agli animali brachicefali,
allevati per avere musi schiacciati e crani tondeggianti a discapito della
salute. Oltre all’Olanda, anche la Norvegia ha introdotto norme simili, mentre
alcuni Stati australiani stanno seguendo la stessa direzione. “La scelta del
governo olandese di vietare la vendita di due razze brachicefale di gatti è una
decisione molto apprezzabile”, commenta Ermanno Giudici, scrittore e creatore
del blog “Il patto tradito”. “Vietare il commercio degli animali brachicefali
significa vietare la sofferenza imposta esclusivamente per ragioni estetiche,
riconoscendo a questi animali il diritto di vivere e respirare normalmente”.
Giudici ricorda come il mondo veterinario e le associazioni per la tutela degli
animali chiedano da tempo campagne informative per far comprendere “quanta
sofferenza nascondano quei musetti che tanto piacciono”. Li definisce, senza
mezzi termini, “belli da morire”.
L'articolo “Dal 1 gennaio è vietato avere un gatto Scottish Fold e Sphynx, non
sapete quanta sofferenza nascondano quei musetti”: l’annuncio del governo
olandese proviene da Il Fatto Quotidiano.
A volte basta poco per riuscire a divertirsi. Sicuramente è così per Ransisku e
Coya, due giovani orsi andini ospiti del Queens Zoo che sono stati ripresi
qualche settimana fa, intenti a giocare con un tronco di legno. I due hanno
trasformato una struttura per l’arrampicata, posizionata nel loro habitat, in un
dondolo, come quelli che si possono trovare in un parco giochi per bambini.
Per i due orsi, hanno spiegato dallo zoo, la struttura di legno rappresenta un
luogo dove poter masticare, graffiare, arrampicarsi ed esplorare.
Lo zoo del Queens ha introdotto questi orsi andini da riproduzione nell’ambito
di un Piano di sopravvivenza delle specie (SSP).
L'articolo La creatività degli orsi stupisce: trasformano un tronco di legno in
un dondolo per giocare insieme – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il proprietario di un labrador ha postato un video su Tiktok in cui il cane
abbaia alla telecamera quando lui è fuori. L’utente, il cui pseudonimo è “Beau
the Labracadabrador” ha raccontato che “Il cane ha capito che se abbaia alla
telecamera quando esco, mi viene inviata una notifica e io gli parlo”. Il
protagonista della storia ha esposto il suo dilemma: “Sono combattuto tra il
trovare questo comportamento super carino o straziante“. Il video ha totalizzato
oltre un milione di visualizzazioni e quasi 300 mila like.
LA REAZIONE DEGLI ISCRITTI
Su Tiktok il video che ritrae Beau davanti alla telecamera ha spopolato. Gli
utenti hanno commentato le immagini scrivendo: “Mi si spezza il cuore, il
cucciolo sente la tua mancanza“. Un altro iscritto alla piattaforma ha fatto un
parallelismo: “È come quando tuo figlio ti chiama a casa per le cose più
inutili”. “È così intelligente ad averlo capito. Vorrei che il mio cane sapesse
quanto spesso lo controllo, così capirebbe che in realtà non è mai solo perché
lo tengo d’occhio tutto il tempo” una terza persona ha lasciato questo commento
sotto il popolare video. Il proprietario di Beau vanta oltre 13 mila followers
su Tiktok. L’utente pubblica periodicamente video del cane in una serie di
situazioni adorabili.
> @beau.the.labracadabrador #labracadabrador #labrador #dog #funnydog ♬ original
> sound – Beau the Labracadabrador
L'articolo “Il mio cane ha capito che se abbaia alla telecamera mi arriva una
notifica e gli parlo. Sono combattuto: è carino o straziante?”: il dilemma su
Tiktok proviene da Il Fatto Quotidiano.
Perché i gatti miagolano più spesso ai proprietari uomini che alle donne? A
questo semplice quesito ha provato a dare una risposta una ricerca di un team
dell’Università di Ankara, in Turchia, pubblicata su Ethology. La ricerca si
basa su filmati registrati da 31 proprietari di gatti. Ogni partecipante ha
registrato le reazioni dei propri amici felini al ritorno a casa, con l’invito a
comportarsi il più normalmente possibile. La risposta è sorprendente: i gatti
stravedono per i proprietari maschi “probabilmente perché gli uomini tendono a
essere più distaccati quando si tratta di dare attenzione ai propri animali
domestici”. Insomma un atteggiamento che metterebbe d’accordo molte donne, ma
anche uomini.
Secondo quanto riportato dal New York Times, i proprietari maschi hanno ricevuto
in media 4,3 vocalizzazioni (miagolii o fusa) durante i primi 100 secondi
dall’ingresso, rispetto a una media di 1,8 vocalizzazioni per le proprietarie
femmine. Si tratta di una differenza sostanziale, che non è stata influenzata
dall’età, dal sesso o dalla razza del gatto.
“I nostri risultati hanno mostrato che i gatti vocalizzavano più frequentemente
verso i loro padroni maschi, mentre nessun altro fattore demografico ha avuto un
effetto evidente sulla frequenza o sulla durata dei saluti”, hanno scritto i
ricercatori.
I documenti hanno riassunto un totale di 22 diversi tipi di comportamento, tra
cui lo sbadiglio (spesso un segno di stress nei gatti) e i comportamenti legati
al cibo (come dirigersi verso la ciotola del cibo). Le vocalizzazioni erano gli
unici comportamenti che cambiavano in base al sesso dei proprietari.
Due gruppi di comportamenti si verificavano solitamente contemporaneamente:
comportamenti sociali (come i gatti che alzavano la coda e si strofinavano
contro i proprietari) e comportamenti di spostamento (i gatti che scuotevano il
corpo e si grattavano). I ricercatori affermano che “questa è la prova dei
molteplici segnali che i gatti possono inviare quando salutano qualcuno”.
Le vocalizzazioni non erano strettamente correlate a nessuno dei due gruppi di
comportamenti, il che “suggerisce che si tratta di qualcosa che i gatti
gestiscono in modo indipendente e non necessariamente correlato ad altri aspetti
di questo studio, come il desiderio di cibo o la mancanza del proprietario”.
I ricercatori hanno formulato alcune ipotesi: “Le donne tendevano a prestare
maggiore attenzione ai gatti, erano generalmente più abili nel valutare le
emozioni dei gatti ed erano anche più propense a imitarne le vocalizzazioni. È
quindi possibile che i proprietari maschi necessitino di vocalizzazioni più
esplicite per notare e rispondere ai bisogni dei loro gatti, il che a sua volta
rafforza la tendenza dei gatti a usare comportamenti vocali più diretti e
frequenti per attirare la loro attenzione”.
L'articolo Perché i gatti sono più attratti dai padroni maschi? Il motivo è
semplice e metterebbe d’accordo molte donne proviene da Il Fatto Quotidiano.
Prima delle frane mortali e delle inondazioni che hanno devastato l’Indonesia
circa due settimane fa, il ranger Amran Siagian incontrava quasi ogni giorno gli
oranghi di Tapanuli sulle colline attorno al villaggio di Sipirok, nella
provincia di Nord Sumatra. “Li vedevo spesso mentre mangiavano durian e altri
frutti coltivati nelle fattorie locali”, racconta il 39enne, da cinque anni in
prima linea con l’Orangutan Information Center (OIC) per proteggere la specie
Pongo tapanuliensis, considerata in via di estinzione. Da quando la zona è stata
colpita da frane e alluvioni, però, gli oranghi sono scomparsi. Nessun
avvistamento. Nessuna traccia.
A riportarlo è la Reuters, che descrive l’impatto di un’ondata di maltempo senza
precedenti nel Sud-est asiatico. Le alluvioni hanno causato 962 morti e
centinaia di dispersi tra Indonesia, Malesia e Thailandia. Ma oltre alla
violenza degli eventi meteorologici estremi, un ruolo determinante lo ha avuto —
spiegano gli esperti — la deforestazione. A Sipirok, una delle aree più colpite,
negli ultimi mesi sono stati abbattuti molti grandi alberi per ricavarne
legname, spiega Siagian. Operazioni che hanno ulteriormente indebolito i
versanti, aumentando la vulnerabilità alle frane e spingendo gli oranghi verso
aree sempre più marginali.
Secondo Panud Hadisiswoyo, fondatore dell’OIC, in tutta la regione di South
Tapanuli vivono oggi circa 760 oranghi di Tapanuli, la grande scimmia più rara
al mondo. La perdita di habitat è la loro principale minaccia: le colline più
basse sono state convertite in terreni agricoli, piantagioni, miniere d’oro o
aree destinate a centrali idroelettriche. “Gli oranghi sono già stati costretti
a spostarsi”, spiega Hadisiswoyo a Reuters. “Le frane hanno colpito zone che
erano già state frammentate dall’intervento umano”.
Secondo il World Wildlife Fund, tra Indonesia e Malesia vivono complessivamente
circa 119.000 oranghi, appartenenti a diverse sottospecie. Ma la situazione dei
Tapanuli è particolarmente critica: la loro popolazione è limitata, vulnerabile
e confinata in un’area sempre più piccola. “Se non arriva un sostegno concreto
dal governo, potrebbero scomparire del tutto”, avverte Siagian. Le operazioni di
monitoraggio proseguono, ma al momento gli oranghi che frequentavano le colline
di Sipirok restano invisibili. Gli operatori dell’OIC sperano che abbiano
trovato rifugio in zone più alte e più sicure della foresta. Tuttavia, spiegano
gli esperti, senza un intervento deciso contro la deforestazione e senza un
piano di conservazione più efficace, ogni nuovo evento estremo rischia di
cancellare un altro pezzo di ecosistema — e gli animali che lo abitano.
L'articolo “Non si vedono più oranghi, non sappiamo se sono scappati o se sono
morti a causa delle frane e delle alluvioni. Questa specie rischia di sparire
del tutto”: l’allarme dei ranger proviene da Il Fatto Quotidiano.
A Chernobyl, nel nord dell’Ucraina, a ottobre sono stati avvistati tre cani con
il pelo blu. Le immagini sono diventate virali sui social e molti utenti hanno
ricondotto il colore del pelo agli effetti delle radiazioni nucleari che ancora
pervadono la zona dopo il disastro del 1986. Gli scienziati del programma Dogs
of Chernobyl hanno fatto chiarezza in merito. Come riporta La Repubblica, gli
esperti del posto hanno accertato che i cani non sono blu a causa delle scorie
di uranio, bensì per una tintura proveniente da un bagno chimico rovesciato. I
tre cani, come sono soliti fare, si rotolavano tra gli escrementi e, di
conseguenza, nel liquido blu.
DOGS OF CHERNOBYL
La spiegazione, dunque, è meno scientifica e più disgustosa. Ad accertare i
fatti è stata l’associazione Dogs of Chernobyl che, dal 2017, assiste circa 700
cani provenienti dall’area circostante all’impianto nucleare. Negli scorsi mesi
la pagina aveva dichiarato sui social di aver scoperto i tre esemplari blu
durante la ricerca di cani da sterilizzare sul territorio. Dogs of Chernobyl ha
reso nota l’informazione senza fornire una risposta immediata. La pubblicazione
del post ha dunque suscitato scalpore e le teorie più differenti che, alla fine,
riconducevano tutte alla contaminazione da scorie radioattive.
A fare chiarezza ci ha pensato il biologo Timothy A. Mousseau, dell’Università
della South Carolina e consulente scientifico di Dogs of Chernobyl. Lo
scienziato ha dichiarato che: “La tintura blu proveniva da un bagno chimico
rovesciato, dove i cani si rotolavano negli escrementi, come sono soliti fare”.
E ancora: “La colorazione blu era semplicemente un segno del comportamento poco
igienico del cane“.
LE CONSEGUENZE DEL DISASTRO
Nell’area di Chernobyl, circa 46 chilometri quadrati, vivono circa 700 cani.
Questi sono “figli” della generazione di animali abbandonati in maniera
improvvisa il 26 aprile 1986, quando esplose il reattore 4 della centrale
atomica. Circa 120 mila persone abbandonarono in fretta le loro abitazioni per
scappare dalla nube tossica. Nel 2023 Science advances ha pubblicato uno studio
basato sull’analisi del Dna di 302 cani del sito. Gli scienziati hanno scoperto
differenze genetiche tra i cani che vagabondano attorno alla centrale e quelli
che vivono a 10 miglia di distanza. Quasi due anni dopo, su Plos one un gruppo
della North Carolina State University e della Columbia University ha pubblicato
su una ricerca che ha smentito i risultati di Science advances, escludendo
dunque mutazioni legate alla radioattività.
L'articolo Cani blu a Chernobyl colpa delle contaminazioni radioattive? Gli
scienziati fanno chiarezza sul colore del pelo (e la motivazione è disgustosa)
proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Quanti agenti ci vogliono per “sfrattare” un alligatore di 4 metri? A quanto
pare, 7 coraggiosi agenti e 1 abile cacciatore”. La polizia di Sarasota, in
Florida, ha pubblicato una breve clip, diventata virale, di un’operazione per
allontanare un alligatore da una zona abitata.
L’esemplare era stato avvistato per strada, tra le case, e così gli agenti della
contea sono intervenuti in gran numero. “Voleva rimanere per le vacanze –
scrivono ancora nel post – ma noi avevamo altre idee”. Come si vede dalla clip
per bloccare e spostare l’alligatore ci sono voluti sette agenti, oltre a un
“cacciatore” esperto. L’animale è stato posizionato sul retro di un pick-up e
trasportato in un luogo specializzato.
L'articolo Alligatore di quattro metri (e 450 chili) si aggira tra le case: ecco
quanti agenti servono per spostarlo. L’intervento della polizia proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Cliente inaspettato in un pub australiano. Un curioso cammello ha sorpreso tutti
gli affezionati del Bogan Gate Pub, nel Nuovo Galles del Sud entrando nel locale
e bevendo più cose al bancone. La particolare visita, avvenuta un paio di
settimane fa, è avvenuta in un classico weekend di barbecue, quindi nel pub
c’era un discreto numero di persone. “Solo in Australia possono succedere cose
del genere”, ha commentato Andrew Hogarth del pub. Il cammello ha preso non solo
una birra ma anche una bottiglia di un’altra bevanda, probabilmente dell’acqua
in bottiglia di vetro.
L'articolo Il cliente che non ti aspetti: cammello entra in un pub e “ordina”
una birra – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
La storia di Luciano è commovente. Come riportato da La Stampa,il cane è rimasto
intrappolato nel catrame di un cantiere privo di protezioni. L’animale si è
addentrato nella zona dei lavori restando bloccato nella melma. Il personale di
Protect Animals Worldwide si è precipitato sul posto dopo la chiamata urgente.
Come raccontato dall’associazione, le prime immagini erano strazianti.
Il cane era riverso a terra con il corpo e il muso incastrati dal catrame che,
ormai, si era solidificato inglobando l’animale. Luciano faticava a chiudere gli
occhi a causa della sostanza dura che ricopriva le palpebre. Protect Animals
Worldwide ha denunciato l’assenza di protezioni attorno al cantiere. Luana
Hauser, rappresentante della comunità locale, ha dichiarato a The Dodo che non
si trattava del primo caso di una zona di lavoro priva di adeguate protezioni.
IL SOCCORSO
Il team di soccorritori ha subito trasportato il cane presso una toilettatura
canina, dove un veterinario ha operato l’animale per liberarlo dal catrame, un
lavoro non semplice date le condizioni di Luciano. Durante l’operazione il cane
ha avuto delle complicazioni e i veterinari hanno dovuto interrompere
l’intervento. La pulizia è durata ben 72 ore e con la rimozione degli strati di
catrame aumentava la fiducia del team. Dopo tre giorni il corpo di Luciano era
completamente libero dalla melma nera solidificatasi sul suo pelo. I
soccorritori hanno raccontato che “guardando i suoi occhi si capiva quanto fosse
spaventato. Lo abbiamo visto iniziare a riprendersi e abbiamo visto la luce alla
fine”.
LA NUOVA VITA DI LUCIANO
Dopo quattro mesi dal miracoloso salvataggio, Protect Animals Worldwide ha
annunciato che Luciano ha trovato una famiglia pronta ad adottarlo. Il cane ha
vissuto momenti critici e le sue condizioni saranno da monitorare nel tempo.
Come riporta l’Istituto nazionale del cancro, il catrame contiene numerosi
composti chimici tra cui il benzene, una sostanza cancerogena. In casi come
quello di Luciano l’organizzazione consiglia di utilizzare olio vegetale o
minerale nelle zone colpite, massaggiare la parte interessata e poi pettinare il
pelo con un pettine a denti fini. Successivamente è consigliato un bagno con
sapone delicato e acqua tiepida. L’asciugatura deve essere attenta.
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L'articolo Cane rimane intrappolato nel catrame perché il cantiere non aveva
protezioni: Luciano è tornato a vivere dopo tre giorni di lotta proviene da Il
Fatto Quotidiano.