In India era senza dubbio l’evento più atteso di dicembre, ma il Goat Tour di
Leo Messi è stato fin qui un disastro. L’argentino ha cominciato il tour con la
prima tappa a Calcutta, con circa 80mila persone che hanno popolato lo stadio
Yuva Bharati Krirangan di Salt Lake per vederlo. Lì il primo grave incidente: un
gruppo di politici locali, vip, forze di sicurezza e persone in cerca di selfie
ha circondato Messi. A quel punto l’argentino ha deciso di annullare l’evento e
lasciare lo stadio in anticipo. Da lì il caos, con la protesta dei presenti,
maxi invasione di campo e centinaia di seggiolini distrutti e lanciati sul
terreno di gioco, insieme a migliaia di bottiglie d’acqua.
Motivo per cui adesso a – Nuova Delhi – è pronto un piano di sicurezza
importantissimo, che blinderà Messi. Sono state messe in atto misure molto
stringenti, ma non è tutto. L’entourage del campione argentino – dopo il
fallimento degli incontri con i tifosi nelle precedenti tappe – avrebbe
organizzato alcuni colloqui privati con l’argentino che costeranno 10 milioni di
rupie a testa. Circa 93mila euro. Messi, successivamente, incontrerà anche il
Presidente della Corte Suprema e il primo ministro Narenda Modi.
Intanto Satadru Dutta, l’organizzatore principale dell’evento, è stato arrestato
dopo quanto accaduto a Calcutta. “Stiamo prendendo provvedimenti affinché questa
cattiva gestione non resti impunita”, ha dichiarato Rajeev Kumar, direttore
generale della polizia del Bengala Occidentale. Domenica è invece intervenuta
anche la premier dello Stato del Bengala Occidentale, Mamata Banerjee, che si è
detta “turbata” e “scioccata” dalla cattiva gestione dell’evento. “Mi scuso
sinceramente con Lionel Messi, con tutti gli amanti dello sport”.
MESSI IN INDIA, I TIFOSI INVADONO IL CAMPO: COSA È SUCCESSO
Quanto organizzato a Nuova Delhi – tra piani di sicurezza stringenti e incontri
privati al costo di quasi 100mila euro – è una diretta conseguenza di quanto
successo a Calcutta qualche giorno fa. Lì Messi ha cominciato il Goat Tour,
inaugurando una statua in suo onore alta 21 metri. Poi l’arrivo in campo e da lì
il caos: lo show di Messi in campo è durato solo 20 minuti anziché i 45 previsti
(con spettacolo e interazioni con il pubblico).
L’argentino è stato infatti circondato da tantissime persone al punto da non
essere nemmeno individuabile dalle persone in tribuna. Gli 80mila che avevano
pagato anche “un intero stipendio” per vederlo hanno cominciato la protesta:
maxi invasione, seggiolini staccati dalle postazioni in tribuna e lanciati in
campo, tunnel, panchine e cartelloni pubblicitari distrutti. Ora la speranza per
l’India che a Nuova Delhi vada meglio.
L'articolo “Paga 93mila euro e puoi parlare in privato con Messi”: è polemica
per la nuova follia del “Goat Tour” dell’argentino proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - India
Doveva essere una giornata di festa, con l’arrivo di uno dei migliori calciatori
della storia (per tanti il migliore), ma la prima tappa del Goat Tour di Leo
Messi in India, durante il quale è prevista anche l’inaugurazione di una statua
alta 21 metri che lo raffigura, è stata un disastro.
Il calciatore argentino era stato accolto da star quale è sia in aeroporto che
tra le strade di Calcutta e circa 80mila persone hanno popolato lo stadio Yuva
Bharati Krirangan di Salt Lake per vederlo. Ma lo show non ha rispettato le
aspettative.
Messi è rimasto soltanto per circa 20 minuti, circondato da una serie di guardie
del corpo, ministri e altri politici che ne impedivano anche la visibilità dagli
spalti e non ha neanche calciato simbolicamente un rigore o qualcosa di simile.
Motivo per cui gli appassionati presenti – che si aspettavano uno spettacolo
diverso oltre che più lungo – hanno generato il caos. In tanti hanno iniziato a
lanciare seggiolini in campo, altri hanno fatto invasione distruggendo panchine,
tunnel e cartelloni pubblicitari.
> That’s India in a nutshell. Messi shows up for 10 minutes, and fans are left
> with wasted time, money, and crushed emotions. The anger is justified.
>
> We don’t value sports, we don’t value fans, and we definitely don’t value
> emotions. Celebrities are reserved for politicians and…
> pic.twitter.com/fRJxiplLAA
>
> — Rattan Dhillon (@ShivrattanDhil1) December 13, 2025
Alla base della protesta dei tifosi indiani c’è la “pochezza” dello show a
fronte di un costo altissimo (qualcuno ha pagato l’equivalente di oltre mille
euro), con Messi che dalla tribuna non era praticamente nemmeno individuabile in
mezzo a una cerchia di tantissime persone a circondarlo. Invasione che ha poi
costretto l’organizzazione a sospendere lo spettacolo, anche se Messi era già
uscito dal campo. Il primo ministro, Mamata Banerjee, si è detta “scioccata”
dalla cattiva gestione dell’evento.
> ???????????????? INDIA WAS EXCITED TO SEE MESSI!
>
> But he just showed up for 20 minutes and left gain … so the fans freaked out
> and started vandalizing and protesting
>
> Lionel Messi’s visit to Kolkata descended into chaos as fans got angry due to
> only a 22-minute appearance at the Salt Lake… pic.twitter.com/S8cNvgVvox
>
> — Lord Bebo (@MyLordBebo) December 13, 2025
L'articolo Seggiolini in campo, tunnel distrutti e invasione di massa: il tour
di Messi in India inizia malissimo – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
Almeno 25 persone sono morte e altre sei sono rimaste ferite nell’incendio della
discoteca Birch a Goa, nell’India occidentale. Tra le vittime ci sono anche
quattro turisti e 14 membri dello staff. Non si conoscono le nazionalità delle
vittime Dalle indagini preliminari emerge che la maggior parte delle vittime è
morta soffocata dopo l’incendio scoppiato nel seminterrato del club, privo di
un’adeguata ventilazione. “La causa del rogo deve ancora essere accertata;
stiamo anche verificando se il club abbia rispettato le norme di sicurezza
antincendio”, ha dichiarato il capo della polizia locale Alok Kumar.
L'articolo Strage in una discoteca a Goa, in India: incendio divora il locale,
25 morti. Il momento in cui il soffitto prende fuoco proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Un caloroso abbraccio ha accolto ai piedi dell’aereo presidenziale il leader
russo Vladimir Putin al suo arrivo all’aeroporto della capitale indiana Nuova
Delhi nella serata di giovedì. A riservargli questo benvenuto è stato il primo
ministro Narendra Modi, felice di ospitare l’inquilino del Cremlino per una
visita di due giorni a suo modo storica. Putin mancava infatti dal territorio
indiano dal 2021, prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
Il viaggio era stato annunciato mesi fa e nel corso di questo periodo non sono
mancate speculazioni circa il suo significato e la possibilità che sancisse un
riorientamento della politica estera indiana. Motivi non mancherebbero all’India
per innescare una dinamica di questo tipo, su tutti la pressione applicata da
parte degli Stati Uniti del presidente Donald Trump. Washington vede come fumo
negli occhi l’acquisto da parte di Nuova Delhi di petrolio russo a prezzi
scontati, un canale commerciale che viene ritenuto vitale per Mosca per
consentirle di portare avanti la guerra in Ucraina. Nel periodo tra il gennaio
2023 e l’ottobre di quest’anno, l’India è stata seconda solo alla Cina per
importazioni di idrocarburi dalla Federazione, per un controvalore complessivo
pari a oltre 130 miliardi di dollari. La ritorsione Usa? L’imposizione di dazi
nei confronti del gigante asiatico pari al 50%. Trattative sono in corso
sull’asse indo-statunitense per cercare di arrivare a un’intesa sul fronte
commerciale. Al momento, però, nulla di concreto.
Tornando alla visita di Putin, l’attesa era soprattutto per l’eventuale annuncio
di nuovi accordi economici. Durante la conferenza stampa congiunta organizzata a
margine del bilaterale tra i due leader, durato due ore e mezza, il presidente
russo ha ribadito la disponibilità a fornire un flusso ininterrotto di energia
alla controparte indiana. Una dichiarazione in qualche modo ovvia, considerando
la rilevanza per Mosca di un mercato da 1,4 miliardi di persone come quello del
gigante asiatico e il contraccolpo che potrebbero subire le casse statali dallo
stop deciso a livello europeo delle importazioni di gas russo a partire dal
2027.
Nessun annuncio ufficiale – se non un generico riferimento al settore – è
arrivato invece in merito alla collaborazione bilaterale sul fronte della
difesa. L’India attende ancora la consegna di altri due sistemi missilistici
terra-aria S-400, prevista nell’ambito dell’accordo del valore di 5,4 miliardi
di dollari per cinque di queste unità siglato nel 2018, armamenti che si sono
dimostrati efficaci durante i round di scontri con il Pakistan dei mesi scorsi.
Proprio quest’ultimo Paese è stato di recente protagonista di un inatteso
riavvicinamento con gli Stati Uniti, situazione che ha ulteriormente irritato
l’India che ha nel vicino pachistano uno dei maggiori rivali in termini storici
e geopolitici.
A corto di lavoratori considerando lo sforzo bellico, la Russia ha bisogno di
manodopera e sta iniziando a guardare anche all’Asia meridionale, oltre alla
tradizionale Asia Centrale, come potenziale bacino. In questo senso è stata
siglata un’intesa che dovrebbe favorire l’afflusso di personale qualificato
indiano verso le industrie e i grandi centri urbani russi. Uno dei momenti
maggiormente simbolici è stata la visita del presidente russo al memoriale
dedicato al Mahatma Gandhi: Putin non ha mancato di sfruttare in chiave
propagandistica l’occasione, sostenendo come il padre della nazione indiana
fosse portatore di principi attualmente difesi dalla Russia sulla scena
internazionale. Un’altra dimostrazione della volontà russa di blandire
l’opinione pubblica dell’India si è avuta con l’annuncio del lancio della
versione locale del canale televisivo russo RT, finanziato da Mosca.
Tutti i passi menzionati sono sicuramente significativi ma non segnano l’inizio
di una nuova era lungo l’asse indo-russo. Al di là degli abbracci, da entrambe
le parti sembra esserci grande opportunismo legato soprattutto alla sfera
economica, ma i fronti a cui l’India e la Russia prestano maggiore attenzione
sono altri. Nel primo caso, alla necessità di ricucire i rapporti con gli Stati
Uniti e trovare nuove forme di cooperazione con l’Europa, anche sul fronte della
difesa, contenendo al contempo la Cina; nel secondo caso, al consolidamento
della relazione con Pechino e alla definizione di un accordo con l’Ucraina che
sia funzionale alla narrativa del Cremlino.
L'articolo Putin in visita da Modi, ma tra Russia e India è un amore di
convenienza. Nuova Delhi guarda agli Usa, Mosca rimane legata a Pechino proviene
da Il Fatto Quotidiano.
Bambini che raccontano altri bambini. A quelli senza diritti e senza futuro,
costretti ad abbandonare la scuola, a lavorare nei campi o nelle discariche. A
migrare, a sposarsi, a dimenticare ambizioni e sogni. È diventato uno spettacolo
teatrale per ragazzi il lavoro contro gli abusi sui minori tra i villaggi
dell’India portato avanti dal Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia, e
raccontato a giugno con un lungo reportage dal Fattoquotidiano.it. Si chiama I
bambini invisibili“e lo ha ideato Tiziana Cozzi, ex-insegnante e ora educatrice
teatrale e formatrice. Andato in scena al Teatro Verdi di Maniago, in provincia
di Pordenone, ha coinvolto una cinquantina di alunni delle scuole elementari e
medie dell’Istituto Marconi.
“L’ispirazione è arrivata proprio leggendo il reportage sul campo del Fatto
Quotidiano, Il diritto di dire no” racconta Cozzi. “Prendendo spunto dal testo,
ho voluto raccontare quei ragazzi che non vengono riconosciuti, che sono
invisibili appunto. Un popolo che esiste, anche se noi troppo spesso lo
dimentichiamo”. Frutto di laboratori estivi, lo spettacolo è incentrato sul
viaggio di Valentina ed Emma (Valentina Pitton ed Emma Rossi del Ciai, ndr). Il
loro percorso è stato integrato con la fiaba di Pollicino, utilizzata per
rappresentare le paure dei bambini. “Gli orchi sono le persone responsabili
delle violenze sui bambini invisibili”. L’obiettivo, spiega, è soprattutto
quello di sensibilizzare, stimolare l’empatia verso l’altro. “Da ex insegnante
credo che anche nel teatro ci debba essere l’elemento formativo. L’idea era che
i nostri bambini così visibili prendessero coscienza della realtà in cui vivono
tanti loro coetanei nel resto del mondo. E ha funzionato. Ho avuto molto
entusiasmo da parte loro, le tematiche li hanno toccati nel profondo”.
Da due anni il Ciai è impegnato per garantire i diritti di bambine e bambini nel
distretto di Kandhamal, nello stato dell’Orissa, una delle aree più svantaggiate
dell’India. Una zona dove una persona su tre vive al di sotto della soglia di
povertà e dove le tradizioni tribali sono ancora molto presenti e radicate. Qui
la percentuale degli abusi sui minori è molto alta. Quelli più comuni sono il
matrimonio precoce, oltre il 50%, il traffico di minori e il lavoro infantile.
Finanziato dalla Commissione per le adozioni internazionali, al progetto è stato
dato il nome Rakshan (parola indiana che significa “proteggere”) e prevede, tra
le altre cose, un lavoro di sensibilizzazione sul campo, per ottenere passo dopo
passo un cambiamento dall’interno delle comunità. È un percorso complicato, in
cui lo staff locale cerca di coinvolgere gli stessi minori dei villaggi per
aiutarli a uscire dal silenzio prima che sia troppo tardi, spezzando così le
catene degli abusi. (QUI IL RACCONTO COMPLETO DALL’INDIA)
A questo link è possibile approfondire tutte le attività del progetto Rakshan.
L'articolo Il lavoro del Ciai contro gli abusi sui minori in India (raccontato
del Fatto.it) diventa uno spettacolo per ragazzi proviene da Il Fatto
Quotidiano.
L’uomo forte del Pakistan sta per diventarlo ancora di più. Anzi, la riforma
costituzionale che il parlamento del paese asiatico ha appena approvato lo sta
per rendere di fatto intoccabile. Con tutte le potenziali conseguenze del caso
sull’equilibrio di un paese tanto popoloso e forte militarmente quanto fragile.
Per non parlare delle possibili ricadute regionali. La figura in questione è
quella del generale Asim Munir, capo dell’esercito di Islamabad che, sulla base
della nuova normativa, salirà al vertice assoluto delle forze di difesa
pachistane, arrivando a guidare anche la marina e l’aviazione. Non solo: la
nuova posizione gli garantirà anche l’immunità perpetua da qualunque eventuale
procedimento giudiziario nei suoi confronti, rendendolo, appunto, intoccabile.
Il Pakistan, che dispone di un ingente arsenale nucleare, non è nuovo a
situazioni di questo tipo. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello che,
dopo un colpo di stato, vide dal 1999 al 2008 governare sul paese Pervez
Musharraf. L’attuale contesto però è ulteriormente complicato dal fatto che le
modifiche legislative approvate dai parlamentari pachistani porteranno anche
alla creazione di una corte giudiziaria federale al di sopra della Corte
Suprema. I membri del nuovo organismo saranno scelti dal governo, favorendo di
fatto il controllo del potere esecutivo, e quindi politico, su quello
giudiziario.
Ovviamente non sono mancate proteste, tensioni interne che potrebbero aumentare
di intensità, ma la strada sembra segnata. Un percorso che ha portato numerosi
analisti a parlare addirittura di un vero e proprio colpo di stato. Va detto che
in Pakistan le forze armate sono da sempre considerate le vere detentrici del
potere. Una presa che non riguarda solamente la sfera prettamente politica e
legislativa, ma che si allarga anche a quella economica e che non risparmia
nessun settore, da quello finanziario a quello commerciale. Questo controllo
assume di volta in volta la forma di conglomerati di varia natura o di
fondazioni, che servono comunque allo scopo di garantire ai militari una grande
influenza.
Sulla base dell’assunto che tra uomini forti ci si intende, Munir è uno dei
fautori del grande riavvicinamento tra il Pakistan e gli Stati Uniti guidati da
Donald Trump. Il generale pachistano ha incontrato il presidente Usa già tre
volte quest’anno, in un caso addirittura alla Casa Bianca (nella foto a sinistra
insieme al primo ministro pakistano Muhammad Shehbaz Sharif), e l’intesa tra i
due traspare dalle immagini che li ritraggono insieme. La fase di grande calore
tra Islamabad e Washington è legata anche alle operazioni di lobbying che il
Pakistan sta portando avanti, una campagna di posizionamento messa a terra a
suon di investimenti di milioni di dollari utilizzati per influenzare la visione
dell’amministrazione statunitense nei confronti del paese asiatico. E che ha
dato i suoi frutti, considerando anche che alcune aziende Usa stanno iniziando a
investire nell’economia pachistana e che Trump ha imposto al Pakistan dazi tra i
più bassi a livello asiatico. A differenza di quanto invece fatto nei confronti
dell’India.
Proprio Nuova Delhi è uno degli attori che con più attenzione guardano a quanto
succede all’interno dell’odiato vicino. Munir ha spesso usato toni molto duri
nei confronti dell’India ed è chiaro che gli attuali sviluppi non rassicurano
sul futuro il paese guidato dal primo ministro Narendra Modi. I due confinanti
sono oltretutto appena stati scossi da attentati che hanno colpito le rispettive
capitali, causando in entrambi i casi più di dieci vittime. È raro che Islamabad
e Nuova Delhi vengano interessate da attacchi terroristici e ovviamente non sono
mancate accuse reciproche anche se sembra che nel primo caso a essere coinvolta
sia la filiale pachistana dei Talebani. Una situazione che ha spinto il ministro
degli Esteri pachistano a parlare di “stato di guerra”.
Parlando di Talebani entra in gioco l’Afghanistan. I rapporti con il Pakistan
sono sempre più tesi – a metà ottobre lungo il confine si sono verificati gli
scontri più pesanti degli ultimi anni –, mentre l’India sta compiendo passi di
grande avvicinamento al movimento fondamentalista che guida Kabul. Questo
soprattutto in chiave anti-pachistana e per rompere il senso di isolamento
regionale di cui Nuova Delhi soffre a corrente alternata. Considerando che anche
le forze armate indiane dispongono di un arsenale nucleare, una militarizzazione
del subcontinente – anche con la definitiva presa del potere da parte dei
militari in Pakistan – non può che causare preoccupazione.
L'articolo Il Pakistan si affida al super-generale che piace a Trump e lo rende
intoccabile. Il ruolo Usa e le tensioni con l’India proviene da Il Fatto
Quotidiano.