La notizia del decesso negli Usa di un paziente – con patologie pregresse –
morto dopo essere stato colpito dal ceppo H5N5 dell’influenza aviaria – viene
accolta in modo diverso dagli scienziati. Secondo Fabrizio Pregliasco, direttore
della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’Università
Statale di Milano, il virus H5N5 “è la punta di un iceberg” che merita
attenzione: “È meno famoso del suo ‘socio’ H5N1, ma fa parte di una serie di
virus aviari che oggettivamente ci inquietano”, afferma all’Adnkronos Salute.
L’esperto sottolinea come questo primo caso umano rappresenti l’ennesima
dimostrazione della capacità dei virus aviari di oltrepassare i confini abituali
di trasmissione: “Queste varianti zoonotiche aviarie sono un problema.
Sicuramente esiste una quota di persone esposte ad animali potenzialmente
infetti che ha sviluppato forme meno rilevanti e non rilevate”.
Pregliasco richiama con forza la necessità di mantenere attiva la sorveglianza
internazionale e critica la recente tendenza americana ad “abbassare la
guardia”, nonostante l’opposizione della comunità scientifica: “Piano piano
questi virus aviari stanno avanzando sulla strada dell’adattamento all’uomo. La
loro presenza è più ampia rispetto al passato e la diffusione sempre più
generalizzata, estesa e continua”. Particolarmente preoccupante, osserva, è il
salto di specie nei mammiferi, già documentato nei bovini statunitensi e in
alcuni animali da compagnia. Le previsioni di una possibile pandemia, tuttavia,
restano difficili: “Con serenità, senza allarmismi, dobbiamo mantenere alta
l’attenzione sul rischio di spillover e sull’eventualità che l’influenza aviaria
diventi trasmissibile da uomo a uomo”.
A offrire un quadro diverso è Calogero Terregino, responsabile del Centro di
referenza nazionale per l’influenza aviaria presso l’Istituto zooprofilattico
delle Venezie. L’esperto precisa che il virus H5N5 “non presenta alcuna
caratteristica genetica che lo renda più aggressivo o più pericoloso per l’uomo
rispetto ad altri virus dell’influenza aviaria attualmente circolanti”. La
differenza principale, spiega, è semplicemente che appartiene a un sottotipo
diverso dall’H5N1, già responsabile di casi umani negli ultimi anni. Quelli
registrati soprattutto negli Stati Uniti negli allevamenti di bovini. Terregino
ricostruisce la dinamica del contagio statunitense: il paziente deceduto era un
adulto con patologie pregresse e la fonte più probabile di esposizione è stata
il pollame domestico, considerato che negli Stati Uniti sono ancora numerosi i
focolai attivi nel settore avicolo. “Non sono stati segnalati nuovi casi tra i
contatti della persona deceduta. Finora non è stata rilevata alcuna trasmissione
da uomo a uomo”, chiarisce.
L’H5N5 rimane quindi, afferma lo specialista, “un virus tipicamente aviario,
poco adatto ai mammiferi e all’uomo”. La gravità del caso statunitense sarebbe
dunque attribuibile principalmente alle fragili condizioni di salute del
paziente, una dinamica frequente nei casi mortali di influenza animale. Per
questo motivo, le organizzazioni sanitarie internazionali continuano a
considerare il rischio per la popolazione generale basso, pur riconoscendo una
maggiore esposizione per chi lavora a stretto contatto con animali infetti.
Il caso americano rappresenta comunque un ulteriore segnale della complessità
dell’attuale scenario influenzale, in cui i virus aviari mostrano crescente
capacità di espansione e adattamento. Una situazione che, ribadiscono gli
esperti, richiede osservazione costante, cooperazione internazionale e un
sistema di sorveglianza capace di individuare tempestivamente eventuali nuove
minacce.
L'articolo Aviaria H5N5? Pregliasco: Punta dell’iceberg, non abbassare la
guardia”. Terregino: “Non è più aggressivo di H5N1” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
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I virologi da anni spiegavano che l’influenza aviaria (con i suoi diversi ceppi)
correva il rischio di diventare un problema di salute globale. L’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) ha confermato il primo caso umano al mondo di
infezione da virus dell’influenza aviaria A(H5N5), identificato negli Stati
Uniti in un adulto con patologie pregresse residente nello Stato di Washington.
L’uomo, ricoverato all’inizio di novembre per una malattia severa, è morto il 21
dello stesso mese.
Il caso rappresenta una nuova evoluzione dell’ecosistema influenzale globale, in
un momento segnato da una circolazione estremamente intensa dei virus H5
altamente patogeni tra uccelli selvatici, pollame e, più recentemente,
mammiferi. Mentre l’anno scorso era stato il ceppo H5N1 a impensierire dopo i
numerosissimi contagi nelle fattorie di bovini, che poi avevano contagiato i
lavoratori. Ed era proprio negli Stati Uniti che i contagi dalle mucche agli
uomini si erano diffusi a macchia d’olio in diversi Stati.
IL CASO CLINICO E LA DIAGNOSI DI LABORATORIO
Secondo quanto riferito dall’Oms, il paziente “deteneva pollame da cortile e
uccelli domestici”, un elemento che ha guidato immediatamente le indagini
epidemiologiche verso l’esposizione animale diretta. Dopo l’esordio dei sintomi
— febbre e malessere sistemico — nella settimana del 25 ottobre, l’uomo ha
rapidamente sviluppato una forma grave di infezione respiratoria.
I primi campioni respiratori sono risultati positivi all’influenza;
successivamente, l’Università di Washington ha indicato una probabile influenza
A(H5). La conferma è arrivata dal Washington State Public Health Laboratory
tramite il test specifico dei Centers for Disease Control and Prevention. Il 20
novembre, il sequenziamento condotto sia dall’università sia dai Centri per il
controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) ha identificato un virus
appartenente al sottotipo A(H5N5). Si tratta del primo caso umano mai confermato
al mondo di infezione da A(H5N5), aggiunto ai 71 casi umani di influenza A(H5N1)
segnalati negli Stati Uniti dall’inizio del 2024.
RISCHIO PER LA SALUTE PUBBLICA: DA BASSO A MODERATO PER GLI ESPOSTI
Al momento, tutti i test condotti sui contatti stretti del paziente sono
risultati negativi e non vi sono evidenze di trasmissione da uomo a uomo. L’Oms
mantiene pertanto una valutazione di rischio basso per la popolazione generale,
ma da basso a moderato per le persone esposte professionalmente a volatili o
animali potenzialmente infetti. L’agenzia ribadisce “l’importanza della
sorveglianza globale per rilevare e monitorare i cambiamenti virologici (inclusa
la genomica), epidemiologici e clinici dei virus influenzali emergenti” e
sottolinea la necessità di condividere tempestivamente dati e campioni virali.
LE VOCI DEGLI ESPERTI: SCONGIURARE TRASMISSIONE INTERUMANA
Nei giorni scorsi diversi esperti avevano cercato di porre l’attenzione.
“L’ipotesi che ci sarà una prossima pandemia è nella storia dell’umanità, non
sappiamo di cosa e quando. L’influenza aviaria preoccupa – aveva osservato
Massimo Ciccozzi, epidemiologo -perché troviamo tanto virus negli uccelli
selvatici e nel pollame. In Usa abbiamo assistito poi al salto di specie nelle
mucche e non è una cosa buona. Noi dobbiamo evitare che il virus infetti così
tanti animali, perché ogni volta fa delle mutazioni e nessuno ci assicura che un
giorno non faccia un salto nell’uomo e poi si inneschi la trasmissione
interumana: con il tasso di letalità alto dell’influenza aviaria, è un’ipotesi
da scongiurare assolutamente. Serve quindi tanta sorveglianza veterinaria, e in
Italia siamo tra i migliori con la rete degli istituti zooprofilattici, e poi si
devono fare le analisi degli animali. Sarebbero anche da evitare gli allevamenti
intensivi dove il virus passa un animale all’altro. Al momento, grazie al cielo,
non è stata provata la trasmissione interumana, ma dobbiamo assolutamente
evitarla”.
Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive del Policlinico San Martino di
Genova, aveva commentato il comunicato del Centro europeo per la prevenzione e
il controllo delle malattie. “L’alert dell’Ecdc sull’aviaria non è nulla di
nuovo all’orizzonte, l’avevamo ampiamente previsto. Il mondo scientifico non ha
nessun dubbio che l’aviaria sarà la prossima pandemia, si tratta solo di
stabilire quando. Manca pochissimo e questo virus sarà trasmissibile da uomo a
uomo. Il fatto che gli uccelli siano così ‘carichi’ di H5N1 dimostra che il
virus si sta sempre di più avvicinando a noi. Per chi è capace di predire ci
sarà tempo di organizzarsi, per chi nega ci saranno problemi. Spero l’Italia si
adegui a questo alert dell’Ecdc e si organizzi di conseguenza”.
Edoardo Colzani, responsabile del Dipartimento Virus respiratori dell’Ecdc,
sottolineava: “Sebbene il rischio attuale per la popolazione europea sia basso,
l’influenza aviaria rappresenta ancora una grave minaccia per la salute pubblica
a causa delle diffuse epidemie tra gli animali in tutta Europa. Dobbiamo
assicurarci che i segnali di allarme precoce non passino inosservati e che le
azioni di sanità pubblica siano tempestive, coordinate ed efficaci. Questo
documento fornisce ai Paesi un quadro chiaro e adattabile per prepararsi e
rispondere alla trasmissione dell’influenza dall’animale all’uomo”.
EUROPA IN ALLERTA: EPIDEMIE “SENZA PRECEDENTI” NEI VOLATILI
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) parla
di epidemie di aviaria “senza precedenti” tra uccelli selvatici e pollame, e ha
pubblicato una guida per aiutare gli Stati membri a rispondere a potenziali
minacce zoonotiche. Le raccomandazioni includono: sorveglianza intensiva e test
di laboratorio mirati; potenziamento della capacità di sequenziamento genomico;
disponibilità di dispositivi di protezione individuale per gli operatori a
rischio; comunicazione trasparente e tempestiva al pubblico; approccio One
Health, basato sull’integrazione tra salute animale, umana e ambientale. Nel
periodo 6 settembre – 14 novembre 2025 l’Efsa (L’Autorità europea per la
sicurezza alimentare) ha registrato 1.443 casi di influenza aviaria ad alta
patogenicità A(H5) in uccelli selvatici in 26 Paesi europei, quattro volte più
del 2024 e il numero più elevato almeno dal 2016.
LA STRATEGIA ITALIANA: BIOSICUREZZA, GESTIONE DEGLI ALLEVAMENTI E VACCINI
L’Italia ha approvato ufficialmente nei giorni scorsi il nuovo piano nazionale
di contrasto all’aviaria, elaborato con ministeri, Regioni, associazioni di
filiera e istituti scientifici. Il programma introduce misure strutturali e
preventive come il rafforzamento della biosicurezza limitazione degli accessi
agli allevamenti; miglioramento dei sistemi di barriera fisica contro fauna
selvatica;
monitoraggio degli accasamenti in aree a rischio (zone umide attraversate da
fauna migratoria). Particolare attenzione sarà dedicata a Veneto, Lombardia ed
Emilia-Romagna, dove la densità avicola è più elevata. Ci sono poi la gestione
del territorio e sostegni agli allevatori
Per ridurre il rischio di ingresso del virus negli allevamenti: sarà possibile
diminuire il numero di animali nelle aree maggiormente esposte; sono previsti
fondi per compensare il mancato reddito degli allevatori coinvolti. Infine la
campagna vaccinale negli animali (tacchini e galline ovaiole): per la prima
volta in Italia, è stata programmata l’introduzione della vaccinazione
sistematica contro l’influenza aviaria ad alta patogenicità nelle specie più
sensibili e ad alto impatto economico. L’avvio è previsto entro la fine della
primavera 2026, dopo la conclusione degli studi tecnici su: scelta dei vaccini
più efficaci contro i cladi virali circolanti; definizione delle tempistiche di
somministrazione; protocolli di monitoraggio post-vaccinale per distinguere
animali infetti da animali immunizzati (test DIVA — Differentiating Infected
from Vaccinated Animals). L’obiettivo della vaccinazione è duplice: proteggere
gli animali riducendo mortalità e sintomi, limitare la carica virale ambientale,
diminuendo il rischio di spillover verso l’uomo.
L'articolo L’aviaria “raddoppia”: dopo il ceppo H5N1 ora anche l’H5N5 contagia
gli umani: primo decesso negli Usa. Epidemie “senza precedenti” nei volatili
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mentre aumentano i focolai al Nord con aziende sequestrate e abbattimenti
eseguiti, contro lo spettro dell’influenza aviaria (negli Usa si è registrato un
contagio umano), dalla ricerca italiana arriva un sistema sentinella per
riconoscere i virus più a rischio di spillover. Si chiama FluWarning ed è stato
messo a punto da un team del Politecnico di Milano e dell’università degli Studi
del capoluogo lombardo. Si tratta di un sistema digitale – spiegano da PoliMi e
Statale – che analizza il codice genetico dei virus influenzali cercando
cambiamenti sottili, ma significativi, che potrebbero indicare il passaggio da
una specie animale all’altra: per esempio dagli uccelli al bestiame o all’uomo.
FluWarning è al centro di uno studio pubblicato di recente su Science Advances,
sviluppato nel contesto del Prin Pnrr 2022 – progetto Sensible, coordinato da
Anna Bernasconi. Del gruppo di ricerca fanno parte tre scienziati del
Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (Deib) del Politecnico
di Milano, ossia Bernasconi, il docente Stefano Ceri e il ricercatore Tommaso
Alfonsi, e per UniMi Matteo Chiara, docente del Dipartimento di Bioscienze. Per
lo studio sono stati utilizzati i dati della piattaforma Gisaid su cui vengono
condivise sequenze virali e relativi metadati prodotti dai laboratori di tutto
il mondo. In particolare – si legge in una nota – FluWarning è stato messo a
punto usando i dati della pandemia di influenza ‘suina’ H1N1 del 2009, esempio
ampiamente documentato di virus passato dagli animali agli esseri umani, ed è
stato poi applicato anche all’influenza aviaria H5N1, un ceppo altamente
patogeno diffuso tra gli uccelli e che nell’ultimo anno negli Stati Uniti ha
cominciato a diffondersi anche nel bestiame.
Il sistema utilizza un metodo statistico per riconoscere nel genoma virale
eventuali spie del rischio spillover, e a seconda delle impostazioni può essere
usato per riconoscere sequenze anomale singole o in gruppi. FluWarning le stana
ed emette un alert, quindi per ciascuna allerta i virologi analizzano le
sequenze corrispondenti e confermano o smentiscono la presenza di un salto di
specie. “Grazie alla sua semplice installazione e alla creazione di analisi che
possono essere effettuate su specifiche località e periodi temporali – afferma
Bernasconi – il software FluWarning ha il potenziale per essere utilizzato da
molti laboratori o istituzioni di sorveglianza genomica a livello regionale,
permettendo scoperte significative sia su piccola che su grande scala. Il
sistema, infatti, è perfettamente operativo: può dare riscontro giorno per
giorno di questi cambiamenti”.
Nel biennio 2024-2025 – ricordano PoliMi e Statale – due genotipi di H5N1 sono
stati collegati a focolai indipendenti negli Usa, dove numerosi capi di bovini
da latte sono risultati contagiati dall’influenza aviaria. Ebbene, “FluWarning –
riferisce Chiara – ha individuato cluster di attività virale in diversi Stati
americani e in particolare in California, dove è stato dichiarato lo stato di
emergenza il 18 dicembre 2024 per il rischio di contaminazione da aviaria nel
bestiame. Sorprendentemente, alcune allerte FluWarning sono apparse prima della
pubblicazione dei rapporti ufficiali. Il sistema ha inoltre rilevato mutazioni
specifiche nel gene dell’emoagglutinina (Ha), una proteina chiave che influisce
sul modo in cui il virus infetta le cellule ospiti”. Lo strumento è riuscito a
monitorare l’evoluzione del virus e a identificare marcatori caratteristici dei
ceppi californiani. “FluWarning – conclude Ceri – rappresenta un importante
passo avanti verso una rilevazione più efficace dei cambiamenti virali che
potrebbero rappresentare rischi per animali o esseri umani. Rendendo questa
tecnologia ampiamente accessibile, auspichiamo di contribuire a rafforzare la
sorveglianza a livello globale su un tema sanitario di impatto collettivo”.
Lo studio
L'articolo FluWarning, il sistema sentinella per riconoscere i virus a rischio
spillover proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel Nord Italia i focolai di influenza aviaria, del tipo H5N1, continuano ad
aumentare. Dopo i casi nelle province di Forlì, Alessandria, Udine e Verona e
quelli in Lombardia dove, a fine ottobre, in pochi giorni sono stati individuati
tre focolai, nel Cremonese, nel Lodigiano (a Zelo Buon Persico) e nel Bresciano
e dove si erano dovuti abbattere tacchini e fagiani, c’è molta apprensione in
queste ore nelle province di Varese e Mantova. Sono risultati positivi al virus
i tamponi, analizzati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Brescia,
provenienti da un allevamento di galline ovaiole, non distante da Busto Arsizio
dove, come prevede la legge, è stato avviato lo smaltimento di uova, mangimi e
animali morti. A Olgiate Olona, sempre nel Varesotto, un’azienda agricola è
stata sequestrata su ordine del dipartimento veterinario di Ats Insubria e messa
in quarantena. Nel frattempo, nel Bergamasco, il virus è stato trovato in
uccelli selvatici abbattuti a Fontanella, tanto che l’Ats di Bergamo ha chiesto
a tutti gli allevamenti all’aperto di tenere pollame e volatili al chiuso, per
evitare contatti con l’avifauna selvatica. E dato che a Bologna, all’inizio
dell’anno, sono stati individuati due casi di influenza aviaria nei gatti,
proprio di recente, il servizio di Anatomia patologica del Dipartimento di
Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna ha avviato un un progetto
di monitoraggio.
BUSTO ARSIZIO, CONTROLLI COSTANTI IN 44 ALLEVAMENTI
Dopo il riscontro di una positività definita “ad alta patogenicità”
nell’allevamento di pollame nei pressi di Busto Arsizio, sono scattate misure
stringenti per le aziende avicole nel raggio di tre chilometri ed è stata
disposta una zona di sorveglianza che si allarga per dieci chilometri e arriva
fino al Comasco, ma coinvolge quasi 40 Comuni. L’Ats ha individuato 44
allevamenti di varie dimensioni da sottoporre a controlli costanti e,
nell’ordinanza firmata dalla direzione del settore Sanità animale, prevede 30
giorni di sorveglianza durante i quali, anche nei pollai privati, sarà
necessario segnalare ogni possibile anomalia o sintomo riconducibile
all’aviaria. L’origine del focolaio, al momento l’unico nell’area, non sarebbe
legata ad animali selvatici, ma al contatto con un’altra struttura nella quale è
stata riscontrata l’infezione, fuori dal Varesotto. Quindi legata a un altro
focolaio.
A OLGIATE OLONA (VARESE), SANIFICAZIONE E DISINFESTAZIONE
Sempre nei giorni scorsi, il dipartimento veterinario di ATS Insubria ha dovuto
mettere in quarantena, per un periodo di 21 giorni – anche un allevamento di
Olgiate Olona, dove sono state condotte misure di sanificazione e
disinfestazione previste dai protocolli. Il contagio è stato confermato
dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Brescia e non sarebbe stato
causato direttamente da animali selvatici. Anche in questo caso, sono scattate
le restrizioni previste dai protocolli: zona di osservazione per le attività nel
raggio di tre chilometri dall’allevamento in cui è stato rilevato il virus e
zona di sorveglianza nel raggio di dieci chilometri dall’allevamento in
questione.
FOCOLAIO DELL’ALTO MANTOVANO: ABBATTUTI 20MILA TACCHINI IN DUE DITTE
Si stanno invece concludendo le operazioni di abbattimento di 9mila tacchini,
dopo quelle che hanno riguardato altri 11mila capi in seguito all’individuazione
di un focolaio di influenza aviaria in un allevamento di pollame di Guidizzolo,
nel Mantovano di pollame, anche in questo caso ad alta patogenicità, del
sottotipo H5n1. In questo caso, infatti, non si è proceduto solo
all’abbattimento degli animali nell’allevamento interessato, ma anche al
de-popolamento di quello vicino.
GLI ALTRI CASI IN LOMBARDIA E NEL NORD ITALIA
Ma è da ottobre che i casi continuano ad aumentare. Il primo segnale era
arrivato da Casale Cremasco-Vidolasco il 27 ottobre. Nell’attesa dei risultati
delle analisi, poi, il virus è stato individuato nel Bresciano, in un
allevamento di tacchini di Seniga, al confine con la provincia di Cremona. Qui è
stato inevitabile l’abbattimento di 34mila tacchini. Nel frattempo, è arrivata a
sentenza di morte anche per tutti i 60mila capi presenti nel capannone di Casale
Cremasco. Il focolaio ha portato all’istituzione di una zona di protezione di 3
chilometri intorno all’allevamento e di una zona di sorveglianza che coinvolge
18 comuni della Bassa Bergamasca. Ma sono più di trenta, tra Bassa Bergamasca,
Val Calepio e Hinterland, le zone di protezione e sorveglianza rafforzate. Poi è
stata la volta di Lodi, con un altro focolaio individuati in un allevamento di
fagiani di Zelo Buon Persico. Negli stessi giorni, in un allevamento della
pianura forlivese, al confine con il territorio Ravenna, si procedeva
all’abbattimento di 150 polli da carne. Risale a circa un mese fa, invece, la
conferma della presenza di un focolaio in uno dei due capannoni di un
allevamento di galline di Occimiano, in provincia di Alessandria.
Trentacinquemila tra galli e galline per la riproduzione erano presenti
nell’allevamento e sono stati tutti abbattuti, anche – preventivamente – i
diciassettemila presenti nel capannone dove il virus non è stato riscontrato.
Gli altri casi, sempre un mese fa, nell’Udinese (in un allevamento di polli
boiler di Povoletto) e nel Veronese, a Oppeano, dove il virus ha colpito un
allevamento di tacchini.
L'articolo Aviaria, aumentano i focolai al Nord. Aziende agricole sequestrate e
smaltimento di uova nel Varesotto, abbattimenti nell’Alto Mantovano proviene da
Il Fatto Quotidiano.
Un residente dello stato di Washington è risultato positivo all’influenza
aviaria. È il primo caso di contagio tra gli umani negli Stati Uniti dal
febbraio scorso. Il paziente, un anziano con patologie pregresse, è ricoverato
in gravi condizioni. Le autorità sanitarie hanno confermato che si tratta del
ceppo H5N5: sebbene sia presente in animali e in alcune popolazioni di uccelli
in Nord America, questo sarebbe il primo caso di un contagio umano, secondo il
Washington State Department of Health. Il caso, riferiscono i media Usa,
riguarda un residente della contea di Grays Harbor. Al momento non sono indicati
rischi per la popolazione e la salute pubblica. Lo ha confermato in una nota
ufficiale il Cdc (Centers for Disease Control and Prevention). L’uomo è stato
ricoverato ai primi di novembre con febbre alta, confusione e distress
respiratorio. Secondo il Washington State Department of Health, le condizioni
sono gravi e il trattamento continua in un ospedale della contea di King. Il
paziente possiede un piccolo allevamento domestico di pollame, esposto a uccelli
selvatici. Il caso arriva dopo nove mesi senza infezioni umane negli Stati
Uniti. Il virus H5N1 è ampiamente diffuso negli Usa negli allevamenti di pollame
e bovini e ha infettato circa 70 persone nel 2024, causando un decesso e
inducendo gli esperti a temere una potenziale pandemia in caso di mutazione.
SPAGNA, DIVIETO DI ALLEVAMENTI ALL’APERTO PER FRENARE IL CONTAGIO
Per fermare l’avanzata della febbre aviaria in Spagna, dal 10 novembre per le
fattorie avicole vige il divieto di allevamento all’aperto di pollame. La misura
prevede il “confinamento” degli allevamenti in circa 1.200 comuni ad alto
rischio. La decisione arriva dopo che sono stati sacrificati oltre 2 milioni di
esemplari a causa dell’emergenza sanitaria. Il divieto è stato disposto dal
ministero dell’Agricoltura per evitare il contatto tra le specie selvatiche e
gli allevamenti. In particolare, misure di controllo più severe riguardano le
acque destinate agli animali, che devono essere trattate per prevenire il
rischio di contaminazione. “Sono decisioni di coordinamento necessarie in
risposta all’incremento dei rischi legati alla febbre avicola“, ha dichiarato ai
media il ministro spagnolo dell’Agricoltura, Luis Planas, ricordando che
“l’arrivo di uccelli migratori e la presenza di focolai in Europa sono fattori
che richiedono un controllo più rigoroso”. “Dobbiamo evitare qualsiasi contatto
tra gli uccelli selvatici e gli animali da allevamento”, ha concluso Planas.
IL VIRUS CORRE ANCHE IN GERMANIA
Interi allevamenti abbattuti, oltre mille esemplari di uccelli gru caduti dal
cielo: anche Berlino deve fare i conti con l’aviaria. Il sottotipo altamente
contagioso H5N1 sta colpendo uccelli migratori e pollame d’allevamento in
Germania. A fine ottobre il focolaio più grave è stato segnalato in Brandeburgo,
nei pressi di Linum, dove sostano le gru durante le migrazioni nei cieli
europei. Le immagini mostravano distese di uccelli morti, mentre il ministero
dell’Ambiente del Brandeburgo parlava di un’epidemia “di un’ampiezza finora mai
vista” per questa specie. Non solo uccelli selvatici. Da ottobre le autorità
hanno imposto abbattmenti di massa negli allevamenti di pollame e tacchini. Nel
solo Land del Baden-Württemberg sono stati eliminati 15 mila capi di pollame;
nel distretto di Potsdam-Mittelmark e nel Märkisch-Oderland sono stati abbattuti
oltre 9 mila animali tra tacchini e anatre. In Meclemburgo-Pomerania,
l’intervento più drastico: 148 mila galline abbattute. Secondo L’Autorità
Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), tra il 7 giugno e il 5 settembre
2025 sono state segnalate complessivamente 183 rilevazioni del virus HPAI A(H5)
in uccelli domestici e selvatici, distribuite in 15 paesi in Europa. Sebbene la
maggior parte dei casi siano stati rilevati in Europa occidentale e
sudoccidentale, si sono verificate segnalazioni anche sulla costa settentrionale
della Norvegia.
L'articolo Influenza aviaria, Usa: primo contagio umano negli ultimi 9 mesi.
Spagna, divieto di allevamenti all’aperto proviene da Il Fatto Quotidiano.