Un’aria di feroce malcontento soffia con veemenza sul calcio mondiale. Nulla a
che vedere con arbitraggi o sorteggi sfortunati. A scuotere la comunità dei
tifosi di tutto il globo sono i prezzi dei biglietti per il Mondiale 2026, resi
pubblici lo scorso giovedì e già al centro di una delle più dure contestazioni
degli ultimi anni. A guidare la protesta è Football Supporters Europe (FSE),
l’associazione riconosciuta dalla UEFA e dal Consiglio d’Europa che rappresenta
tifosi da tutto il continente: per loro, le nuove tariffe non sono solo
ingiuste. Sono un “tradimento monumentale”. Il motivo? L’aumento, definito
“fuori controllo”, dei costi per assistere alla Coppa del Mondo che si disputerà
tra Stati Uniti, Canada e Messico la prossima estate. Una sorpresa amarissima,
soprattutto perché la FIFA aveva garantito a settembre che il biglietto più
economico per la fase a gironi sarebbe costato circa 60 dollari.
Una promessa tradita in pieno: oggi, la realtà parla di prezzi a partire da 180
dollari, fino a 700 dollari per una semplice partita della prima fase. E non si
tratta di casi isolati. L’esempio più citato è quello di Germania–Curaçao, il
match meno costoso di tutta la fase a gironi: 180 dollari, tre volte l’importo
promesso qualche mese fa. Ma altri incontri hanno cifre da capogiro:
Inghilterra–Croazia oscillerà tra 264 e 700 dollari, mentre Scozia–Haiti tra 178
e 497 dollari. Una rivoluzione nel sistema tariffario che rompe con ogni
tradizione: per la prima volta nella storia del torneo, la FIFA ha scelto di non
applicare un prezzo fisso, ma di basare il costo del biglietto sulla “popolarità
percepita” delle squadre. Una formula nebulosa, priva di criteri pubblici e
contestata per la sua totale opacità.
Se i prezzi della fase a gironi fanno discutere, quelli delle partite decisive
hanno scatenato indignazione pura. Secondo la BBC, il biglietto più economico
per la finale del 2026, in programma al MetLife Stadium di New York, costerà
4.176 dollari (circa 3.560 euro). La categoria intermedia è fissata a 5.560
dollari (4.739 euro), mentre la categoria premium arriverà a 8.860 dollari
(7.552 euro). Per capirne la portata: nel Mondiale 2022 in Qatar, il tagliando
meno caro per la finale costava l’equivalente di 600 dollari, mentre oggi si
superano i 4000. Sette volte tanto. E non è tutto.
Analizzando l’intero percorso del torneo, dalla fase a gironi alla finale, il
pacchetto più economico per seguire la propria squadra potrà costare quasi 7.000
dollari, mentre quello più elevato arriverà a 16.400 dollari. In Qatar si andava
da 1.959 a 5.232 dollari: meno di un terzo. Come se non bastasse, non sono
previste riduzioni per bambini o famiglie, nonostante il Mondiale si svolga in
tre paesi in cui costi di viaggio e alloggio sono generalmente elevati. “A
peggiorare le cose”, denuncia FSE, “la categoria di prezzo più bassa non sarà
neppure accessibile alle associazioni dei tifosi più fedeli”, perché riservata
alla vendita generale che sarà soggetta a prezzi dinamici e dunque
potenzialmente ancora più alti.
Le reazioni dei tifosi non si sono fatte attendere. La Football Supporters’
Association inglese ha definito la strategia della FIFA “uno schiaffo in faccia
ai sostenitori”. Uno dei membri, Luke Buxton, ha parlato alla BBC di prezzi
“assolutamente scandalosi”, spiegando che la sua famiglia aveva programmato di
seguire la Nazionale inglese tra fase a gironi ed eliminazione diretta, ma ora
“non è sicuro di poter raggiungere nemmeno gli ottavi”. Lo scozzese John Wallan
teme che portare con sé i figli possa costare “tra le 15.000 e le 20.000
sterline”, una cifra che definisce “follemente spropositata”. Di fronte a questo
scenario, FSE ha deciso di fare un passo drastico: chiedere alla FIFA di
sospendere immediatamente la vendita dei biglietti e riconsiderare l’intero
impianto tariffario. Una richiesta che, al momento, non ha ricevuto risposta. E
chissà se la riceverà mai.
L'articolo Almeno 178 dollari per Scozia–Haiti, minimo 4mila per la finale: è
bufera per i prezzi folli dei biglietti per il Mondiale 2026 proviene da Il
Fatto Quotidiano.
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Il Comitato Etico della Fifa è stato incaricato di indagare sul presidente
Gianni Infantino, a seguito di una denuncia presentata da FairSquare,
organizzazione impegnata nella tutela dei diritti umani, che contesta al
presidente della Federcalcio mondiale almeno quattro presunte violazioni delle
norme sulla neutralità politica. Secondo quanto riportato da Bbc Sport, la
segnalazione riguarda il sostegno pubblico mostrato da Infantino al presidente
degli Stati Uniti, Donald Trump, in occasione del sorteggio della fase a gironi
dei Mondiali 2026 a Washington, uno show di due ore in mondovisione ed ennesimo
spot del presidente statunitense.
Durante l’evento, Trump ha ricevuto il primo Fifa Peace Award, premio Fifa per
la pace creato su misura per il tycoon da parte di Infantino dopo la mancata
nomination per il Nobel per la pace e consegnato direttamente dal presidente
Fifa durante la cerimonia dei sorteggi per i Mondiali 2026. “È uno dei più
grandi onori della mia vita. Ringrazio la mia famiglia e la mia fantastica First
Lady Melania. Oggi il mondo è un posto più sicuro”, aveva dichiarato Donald
Trump dopo aver ricevuto il premio da Infantino sul palco del Kennedy Center di
Washington Dc. Premio finito già precedentemente nel mirino di Human Rights
Watch: l’ong ha denunciato infatti opacità e mancanza di criteri verificabili.
FairSquare definisce l’assegnazione del premio “una chiara violazione del dovere
di neutralità della Fifa” e sostiene che il presidente della Federazione “non
abbia l’autorità di definire unilateralmente missione, politiche e valori
dell’organizzazione”. L’organizzazione ha inoltre ricostruito diverse
dichiarazioni rilasciate da Infantino nei mesi precedenti, sempre ritenute di
sostegno a Trump. Durante il sorteggio, il numero uno della Fifa ha affermato:
“Questo è ciò che vogliamo da un leader. Lei, signor presidente, potrà sempre
contare sul mio sostegno”.
Motivo per cui Fairsquare ha denunciato. “Ciò va oltre il semplice appoggio di
Infantino all’agenda politica del presidente Trump”, ha dichiarato Nicholas
McGeehan, direttore di FairSquare. “Riguarda il modo in cui la struttura di
governance della Fifa ha permesso al suo presidente di violare apertamente le
regole e di agire in modo contrario agli interessi del calcio mondiale”.
I LEGAMI TRA TRUMP E INFANTINO
L’ultima invenzione del presidente della Fifa ha svelato quello che ormai è già
evidente a tutti: Gianni Infantino e Donald Trump hanno un legame strettissimo,
anche e soprattutto per una questione d’affari. Infantino ha infatti un ruolo
sempre più influente nell’asse che lega Trump e i Paesi arabi del Golfo.
L’amicizia tra il numero 1 del calcio mondiale e il presidente americano è cosa
nota.
Un legame quasi smaccato, se si pensa che Infantino ha fatto traslocare il
quartier generale della Fifa dalla Svizzera alla Trump Tower. Senza dimenticare
il primo Mondiale per Club giocato quest’estate proprio negli Usa – con tanto di
trofeo originale regalato a Trump ed esposto alla Casa Bianca – e appunto il
Mondiale 2026 che si terrà sempre negli Stati Uniti, oltre a Canada e Messico.
Infantino e Trump condividono un certo approccio agli affari, in particolare le
manie di gigantismo, ma anche un particolare interesse verso i petroldollari dei
Paesi del Golfo. Come se non bastasse, recentemente Infantino ha inserito Ivanka
Trump – figlia di Donald – nel consiglio di amministrazione di un progetto
educativo da 100 milioni di dollari, in parte finanziato dalla vendita dei
biglietti per la Coppa del Mondo del 2026.
L'articolo Il comitato etico della Fifa indaga sul presidente Infantino per i
rapporti con Trump: “Violazione del dovere di neutralità” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Blatter, in confronto, era un dilettante. Anche l’ex presidente della Fifa, in
carica dall’8 giugno 1998 al 21 dicembre 2015, oggi 89 anni, costretto a farsi
da parte per lo scandalo corruzione che aveva travolto la federazione
internazionale, incensava i potenti, in particolare quelli degli stati asiatici
e africani, distribuendo denaro a pioggia con progetti calcistici in lungo e
largo, ma non arrivò a omaggiare gli autocrati della storia moderna in modo
sfacciato come il suo successore, Gianni Infantino. Il sorteggio della fase
finale del mondiale 2026, al Kennedy Centre di Washington, è stato un autospot
del presidente Donald Trump e una vergognosa manifestazione di servilismo da
parte di Infantino. Il dirigente numero uno del calcio ha inventato un
improbabile premio per la Pace per blandire Trump. Da qualche mese, si sa, il
Nobel è un chiodo fisso per Donaldone. Il presidente statunitense, lusingato e
contento come un bambino, ne ha approfittato per propagandare le eccellenze del
suo secondo mandato (“il mondo da un anno è più sicuro”, sottinteso da quando io
sono tornato alla Casa Bianca). Ha definito Infantino un “buon amico” (lo
sapevamo, da tempo i due si frequentano con una certa assiduità). Ha però
dimenticato di ricambiare la cortesia e di consegnare al prode Infantino un
premio meritatissimo: il Lecchino d’Oro.
Il dirigente svizzero, di chiara origine italiana – i genitori erano immigrati
provenienti da Lombardia e Calabria -, ha studiato giurisprudenza all’Università
di Friburgo, parla francese, tedesco, italiano, inglese, spagnolo, portoghese e
arabo, è stato Segretario Generale del Centro Internazionale di Studi Sportivi
(CIES) di Neuchatel e, dal 2000, fa parte della grande famiglia del calcio. Uno
scalatore agile e veloce: nel gennaio 2004 viene nominato Direttore della
Divisione Affari Legali e Licenze per Club della UEFA, nel 2007 diventa Vice
Segretario Generale della UEFA, nell’ottobre 2009 è promosso Segretario
Generale. Si fa le ossa a ritmo frenetico: introduce il Fair Play Finanziario,
migliora il supporto commerciale destinato alle associazioni nazionali più
piccole, cura l’allargamento del campionato europeo – un primo segnale di quella
che sarebbe stata la sua politica -, progetta la Nations League, collabora
all’idea platiniana dell’europeo 2020 itinerante. Nel 2015, il colpo di fortuna:
lo scandalo corruzione travolge il duo Blatter-Platini e lui si ritrova la
strada spianata per diventare presidente della Fifa. Viene eletto il 26 febbraio
2016. Nel 2019 viene confermato e nel 2023 approda al terzo mandato.
Quando sale sul trono per la prima volta, avvia una campagna “simpatia” per
distogliere l’attenzione dai processi in corso. Chiama a raccolta tutti i
campioni del passato, coinvolge nei progetti ex allenatori di livello come
Arséne Wenger, organizza partite di esibizione in cui, tra gli illustri ex, c’è
posto anche per lui: giusto così, porta le maglie, il pallone e persino il
campo. Nel 2016, la prima grana: i Panama Papers citano il suo nome nello
scandalo corruzione FIFA. Secondo queste carte, l’UEFA ha stipulato accordi con
personaggi incriminati con cui, in precedenza, Infantino aveva negato qualsiasi
relazione. Lui si dice “sgomento” e assicura di non aver mai trattato
personalmente con le parti coinvolte.
Con il mondiale di Russia 2018, assegnato prima del suo avvento, fa il salto
nella politica globale. Avvia un rapporto solido con Vladimir Putin, definisce
il torneo “il migliore di sempre” e nel 2019 riceve dal presidente russo la
medaglia dell’Ordine dell’Amicizia. Anche il Qatar ha ottenuto l’organizzazione
del mondiale prima del suo insediamento, ma Infantino cavalca l’onda e va a
vivere a Doha, dove diventa amico dello sceicco. Quando esplode la questione dei
diritti dei lavoratori immigrati non rispettati, dei salari sottopagati, del
reclutamento illegale di manodopera e delle prime vittime nella costruzione
degli impianti, Infantino respinge le accuse e contrattacca: “Per quello che noi
europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni, dovremmo scusarci per i prossimi
3.000 anni prima di dare lezioni morali. L’Occidente è ipocrita”. Il 19 novembre
2022, alla vigilia del mondiale, Infantino dichiara di “sentirsi qatariota,
arabo, africano, gay, disabile e lavoratore migrante”.
Il 31 ottobre 2023, Infantino annuncia l’assegnazione del mondiale 2034
all’Arabia Saudita. La monarchia di Riyad è nella lista nera dei paesi che non
rispettano i diritti umani ed è pesantemente coinvolta nell’omicidio del
giornalista dissidente Jamal Khashoggi, trucidato nel consolato saudita di
Istanbul il 2 ottobre 2018, ma Infantino non fa una piega. Viene spesso
fotografato con il principe Mohammed bin Salman, considerato il mandante
dell’omicidio-Khashoggi e, in diverse occasioni, sostiene sui social le
iniziative sportive saudite.
La rielezione di Trump ripropone il rapporto avviato con il presidente
statunitense quando, nell’agosto 2018, il mondiale 2026 viene affidato a Usa,
Canada e Messico. Infantino consegna a Trump una maglia personalizzata e un
pallone, ma la scintilla scocca quando, al termine della visita, Infantino dice
a Trump: “Nel calcio abbiamo i cartellini, gialli e rossi. Il giallo è un
avvertimento. Quando vuoi espellere qualcuno, ecco il rosso”. Estasiato, Trump
afferra il cartellino rosso e lo mostra alla stampa, in segno di avvertimento.
L’altro momento chiave si verifica a Davos, a inizio 2020. Trump è in
difficoltà. Ha appena affrontato il primo impeachment della sua presidenza per
abuso di potere. Infantino, di fronte a un gruppo di imprenditori, afferma:
“Trump dice esattamente quello che molti pensano, ma, cosa più importante, fa
quello che dice. Questo rende il sogno americano realtà, ma il sogno americano è
qualcosa che tutti noi dobbiamo avere”. Donaldone, commosso, lo ringrazia. Il
rapporto si stringe. I due si sentono spesso al telefono e giocano insieme a
golf. Infantino partecipa persino a missioni internazionali, come se fosse un
membro dello staff presidenziale. La rielezione di Trump galvanizza Infantino.
Il “soccer”, il calcio, si avvicina al mondo MAGA e all’American Business di
Miami, il presidente Fifa afferma: “Ho un ottimo rapporto con Trump, lo
considero un amico molto intimo. Dovremmo tutti sostenere ciò che sta facendo
perché penso che stia andando bene”. Infantino si è spinto troppo oltre: viene
accusato di aver violato lo statuto Fifa sulla neutralità politica, ma lui non
si scompone. S’intende bene con Trump perché condivide i principi di una
conduzione autoritaria. Chi si mette di traverso, viene emarginato: è il caso
del sindacato internazionale dei giocatori, escluso dal megavertice che si
svolge in occasione del mondiale per club 2025.
Lo show di Washington e il premio per la Pace consegnato a Trump sono l’apoteosi
di questa amicizia: uno governa la nazione più potente del mondo, l’altro
l’organizzazione sportiva più ricca. Nel congresso Fifa di Asunciòn, maggio
2025, vengono infatti annunciati introiti record nel periodo 2023-2026, con un
incremento di 13 miliardi di dollari rispetto al triennio precedente. Infantino
promette di reinvestirne 11,3: una pioggia di denaro, che blinderà il suo potere
e in cui il mondiale 2026 sarà un passaggio chiave, con una previsione di
incassi di 8,911 miliardi.
Le critiche più feroci allo show di Washington sono arrivate dall’Inghilterra,
mai tenera con Infantino. “L’assegnazione del premio Fifa per la Pace è sembrata
più legata al desiderio di Infantino di compiacere i politici potenti che
all’amore di Donald Trump per queste offerte di lealtà sfarzose e costose, che
ci rimandano alle corti medievali – scrive su X Henry Winter, grande firma
britannica –. Il premio assegnato a Trump ha indebolito lo statuto Fifa e ha
distratto l’attenzione dal vero trofeo in palio, la Coppa del Mondo. Infantino
non parlava a nome del mondo quando ha conferito il premio per la Pace. Che
presunzione! E’ spettacolarmente ingenuo, o semplicemente arrogante da parte
della Fifa, invadere aree che non le competono. Il momento del selfie è stato
particolarmente imbarazzante. Infantino ha dimenticato che la star non è un
avvocato di cinquantacinque anni come lui, ma il calcio. E’ allarmante ciò che
accade ai vertici del football quando prendono il potere. Persino Arséne Wenger
è cambiato da quando è stato nominato Responsabile dello Sviluppo Globale del
Calcio. Ora si batte per aumentare le partite, smentendo i tempi in cui, da
allenatore, criticava il gigantismo. Infantino dovrebbe ricordare che dirige una
federazione sportiva internazionale, non un’organizzazione politica. Deve
lavorare e servire il calcio, non se stesso”.
L'articolo Infantino oltre ogni limite: ora Trump e Bin Salman, prima Putin. Il
vero volto del presidente Fifa proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il nuovo Peace Prize – Football Unites the World, premio per la pace istituito
dalla Fifa per premiare “individui che hanno compiuto azioni eccezionali per la
pace, unendo le persone nel mondo” è finito nel mirino di Human Rights Watch,
organizzazione non governativa che denuncia opacità e mancanza di criteri
verificabili.
Le critiche arrivano a poco più di 24 ore dall’assegnazione del riconoscimento,
prevista per venerdì 5 dicembre – alle 18 italiane – durante i sorteggi dei
Mondiali 2026 al Kennedy Center di Washington DC. Riconoscimento che però sembra
già avere un netto favorito: Donald Trump, che sarà presente alla cerimonia.
“La procedura non è trasparente, non esiste una lista di candidati né una
giuria”, ha dichiarato la direttrice di Human Rights Watch, Minky Worden,
sottolineando che persino il Consiglio Fifa, organo di supervisione della
federazione, sarebbe all’oscuro dell’iniziativa.
Premio istituito da Gianni Infantino proprio poche settimane dopo l’esclusione
di Donald Trump dalla corsa al premio Nobel per la pace, nonostante le pressioni
esercitate da diversi leader mondiali e da lui stesso. La Fifa ha affermato che
il premio consegnato quest’anno dallo stesso Infantino, verrà conferito
annualmente “a nome dei tifosi di tutto il mondo”.
Nel corso dell’evento ci sarà anche Andrea Bocelli, che si esibirà e condividerà
il palco con star mondiali come Robbie Williams, Nicole Scherzinger e i Village
People, mentre la serata sarà condotta da volti internazionali dello spettacolo
quali Heidi Klum, Kevin Hart e l’attore e produttore Danny Ramirez.
Dubbi e timori sono stati espressi anche da Reporters Without Borders, che teme
ripercussioni sui media internazionali durante i Mondiali: secondo
l’organizzazione, i rigidi controlli alle frontiere statunitensi potrebbero
impedire ai giornalisti l’ingresso nel Paese durante il torneo, anche per motivi
banali come un post sui social non gradito all’amministrazione.
Worden ha infine ricordato come, dall’insediamento di Trump, “il mondo non
sembri più il benvenuto” negli Stati Uniti: secondo dati governativi analizzati
da Human Rights Watch, tra il 20 gennaio e il 15 ottobre almeno 92mila persone
sarebbero state arrestate nelle città americane che ospiteranno i Mondiali.
L'articolo “Non è trasparente, non c’è una lista di candidati, né una giuria”:
l’ong asfalta il premio Fifa per la pace fatto su misura per Trump proviene da
Il Fatto Quotidiano.
Andrea Bocelli sarà tra i protagonisti del grande show di intrattenimento che
accompagnerà il sorteggio dei gironi dei Mondiali, in programma venerdì 5
dicembre alle 18 italiane, al John F. Kennedy Center for the Performing Arts di
Washington. Bocelli si esibirà e condividerà il palco con star mondiali come
Robbie Williams, Nicole Scherzinger e i Village People, mentre la serata sarà
condotta da volti internazionali dello spettacolo quali Heidi Klum, Kevin Hart e
l’attore e produttore Danny Ramirez.
Bocelli torna così a un grande appuntamento legato al calcio: già in occasione
della cerimonia di apertura di Uefa Euro 2020, allo Stadio Olimpico di Roma, la
sua esibizione aveva regalato un momento molto apprezzato da tifosi e addetti ai
lavori. Il sorteggio e lo show andranno in diretta su Fifa.com e su tutti i
canali ufficiali social dell’organizzazione, con milioni di spettatori attesi in
tutto il mondo.
Sarà così una cerimonia con diverse star ad animare l’evento, a cui parteciperà
peraltro anche Donald Trump. Il presidente Usa potrebbe nell’occasione ricevere
il premio per la pace istituito dalla Fifa, che sembra infatti creato
intenzionalmente per cucirlo addosso a lui, come lasciano intendere le parole di
Infantino.
“In un mondo sempre più instabile e diviso, è fondamentale riconoscere
l’eccezionale contributo di coloro che lavorano duramente per porre fine ai
conflitti e unire le persone in uno spirito di pace”, aveva dichiarato
Infantino. La Fifa ha affermato che il premio consegnato quest’anno dallo stesso
Infantino, verrà conferito annualmente “a nome dei tifosi di tutto il mondo”.
L'articolo Mondiali 2026, Andrea Bocelli sarà tra i protagonisti della cerimonia
dei sorteggi proviene da Il Fatto Quotidiano.
Cristiano Ronaldo è di nuovo al centro della scena, stavolta non per un gol
impossibile o una rovesciata destinata a rimbalzare per anni sui social. La
notizia che potrà giocare la prima partita del Portogallo ai Mondiali 2026 ha
sollevato un polverone mediatico che va oltre il campo. Una decisione della FIFA
lo ha infatti graziato da una squalifica che sembrava inevitabile, trasformando
un caso disciplinare in una questione dai confini politici, economici e
simbolici. Comincia tutto da un gesto improvviso e scomposto: la gomitata a Dara
O’Shea durante la sconfitta del Portogallo contro l’Irlanda nella nona gara di
qualificazioni al Mondiale 2026. Un episodio che ha portato al cartellino rosso
per Ronaldo e una squalifica che, secondo il regolamento FIFA per condotta
violenta, avrebbe potuto essere di tre partite.
Una pena comprensibile per un gesto del genere, che però avrebbe rischiato di
privare inizialmente il Mondiale di uno dei suoi volti di punta. Ronaldo ha già
saltato la gara successiva, quella conclusiva delle qualificazioni contro
l’Armenia. Una partita che ha fatto da sfondo alla prima e unica giornata di
squalifica che il portoghese dovrà scontare, almeno per ora. La FIFA ha
stabilito che le restanti due giornate resteranno congelate per un anno, sospese
con la condizionale, nel caso in cui CR7 commetta nel prossimo anno “un’altra
infrazione di natura e gravità simili”. Una decisione annunciata attraverso una
nota severa nella forma, permissiva nella sostanza. Ed è proprio qui che nasce
la discussione.
Secondo indiscrezioni rilanciate dalla BBC e dal Daily Mail, la Federazione
portoghese avrebbe fatto appello per ottenere una riduzione della pena,
sottolineando che si trattava del primo rosso in 225 presenze di Ronaldo con la
Nazionale. Una linea difensiva che avrebbe trovato terreno fertile negli
articoli 25 e 27 del codice disciplinare FIFA, che consentono all’organo
giudiziario di attenuare o sospendere una sanzione anche in modo totale. Non si
tratta, in effetti, di un precedente isolato. Laurent Koscielny nel 2014 vide
ridotta una squalifica dopo uno schiaffo a Oleksandr Kucher dell’Ucraina, mentre
Mario Mandzukic, espulso durante gli spareggi contro l’Islanda, poté giocare già
dalla seconda partita dei Mondiali brasiliani. Niente però è comparabile alla
portata simbolica del caso che vede protagonista Ronaldo.
A rendere la questione più incandescente ci ha pensato il Daily Mail, rivelando
che le federazioni che si ritroveranno ad affrontare il Portogallo potrebbero
ricorrere al TAS per contestare la sospensione della squalifica. Un percorso
tortuoso, perché occorrerebbe dimostrare un danno diretto, un legame
causa–effetto tra la presenza di Ronaldo in campo e una minore possibilità di
qualificazione. Una prova quasi impossibile da portare davanti a un tribunale
internazionale dello sport, soprattutto considerando l’ampio margine di
discrezionalità che il regolamento concede proprio alla FIFA.
Eppure, la sfera disciplinare non è l’unica in cui questa storia si muove. C’è
un’altra trama parallela, fatta di alleanze, simboli e rapporti di forza.
Ronaldo è oggi un volto centrale del calcio saudita, ambasciatore della Saudi
Pro League, figura chiave nella strategia di modernizzazione degli Emirati. Il
suo rapporto con Gianni Infantino è noto, così come quello con Donald Trump.
Proprio a Washington il campione portoghese è apparso recentemente come invitato
d’onore a una cena esclusiva alla Casa Bianca, organizzata per accogliere il
principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Un evento dal peso politico
enorme, in cui CR7 sedeva a pochi metri dal podio da cui Trump svelava: “Mio
figlio Barron è un tuo grande fan”. Che tutto ciò abbia influito sulla decisione
della FIFA? Nessuna prova, ma dei sospetti si sono manifestati. E nello sport
moderno, dove i confini tra campo, geopolitica e affari si intrecciano, anche le
percezioni contano. Così, tra regolamenti flessibili, pressioni internazionali e
un gioco di alleanze che va oltre il calcio, Cristiano Ronaldo potrà scendere in
campo all’avvio della sua ultima Coppa del Mondo. Non senza polemiche.
L'articolo Squalifica sospesa per Cristiano Ronaldo: così potrà partecipare a
tutte le partite dei Mondiali 2026. È polemica proviene da Il Fatto Quotidiano.
“È una malattia che colpisce in maniera trasversale e crea una diversità”.
Pierluigi Collina torna a parlare dell’alopecia, causa della sua perdita dei
peli o dei capelli, che ormai lo accompagna nella sua vita da tantissimi anni.
Ex arbitro internazionale considerato tra i migliori della storia, oggi ricopre
la carica di Presidente del Comitato arbitri Fifa e si occupa di supervisionare
e formare i giovani arbitri a livello mondiale.
Ma la storia del Collina arbitro comincia, come per tutti i fischietti, dai
campi minori a metà degli anni ’80, quando già era stato colpito da alopecia.
“Ho dovuto superare i pregiudizi di quel tempo, perché nel 1985 chi soffriva di
calvizie tendeva a mascherarla. Oggi radersi è una cosa normale, oggi ci sono
tantissime persone che sono calve per scelta o rasate per scelta, allora no”, ha
spiegato Collina a Cronache di spogliatoio.
L’alopecia è una malattia che causa perdita dei peli o dei capelli, che può
manifestarsi in modo graduale o improvviso, con chiazze di calvizie o perdita
totale. Può però capitare che a un certo punto i capelli ricrescano: “Una volta
mi dissero: ‘Proviamo ad aspettare, vediamo se ricrescono’. Non ricrescevano e a
un certo punto mi fecero fare una sorta di test per vedere l’effetto che faceva
un arbitro senza capelli: arbitrare una partita davanti a un pubblico abbastanza
numeroso“.
In sintesi la preoccupazione dei vertici arbitrali era che un arbitro calvo come
Collina potesse portare a reazioni diverse e improvvise da parte del pubblico.
Ecco allora che arrivò il “test” di cui parlava Collina: “Io a quel tempo
arbitravo in campionato interregionale, nazionale dilettanti, e ricordo che mi
mandarono ad arbitrare Latina-Spes, semplicemente perché a Latina andavano
4-5mila spettatori, che era dieci volte la media degli altri stadi di quel
campionato. Io dico sempre che devo essere grato al pubblico di Latina che era
molto più interessato alla qualità dell’arbitro che alle sue caratteristiche
tricologiche”.
Un aspetto di cui Collina ha spesso potuto parlare anche in pubblico grazie alla
sua notorietà. L’ex arbitro ha infatti raggiunto vette altissime in carriera,
come per esempio la finale dei mondiali 2002 e il premio di miglior arbitro
internazionale per diversi anni: “È una malattia che colpisce in maniera
assolutamente trasversale, anche i bambini, e crea una diversità. E i bambini
sono crudelissimi nel sottolineare le differenze. Io avevo 24-25 anni, ero già
maturo, avevo già una mia formazione”.
Da qui l’invito di Collina a pesare le parole: “Ci sono tanti bambini o donne.
Ogni tanto mi è capitato di vedere fatta dell’ironia gratuita su quella che è
una vera e propria malattia. Mi è capitato di avere soprattutto genitori che
hanno provato a convincere – grazie al mio esempio o anche grazie al fatto che
parlassi con loro – i propri bambini che non c’è niente di male o di brutto, di
negativo, nel non avere i capelli“, ha concluso l’ex arbitro.
L'articolo “Non ricrescevano, a un certo punto mi fecero fare una sorta di test
per vedere l’effetto”: la rivelazione di Collina sull’alopecia proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Gianni Infantino diventa cittadino libanese. Il presidente del Libano, Joseph
Aoun, ha infatti comunicato al presidente della Fifa, Gianni Infantino,
l’approvazione del decreto per concedergli la cittadinanza libanese, come
riferito dal presidente della Federazione libanese di calcio (Lfa), Hashem
Haidar. “Il decreto che concede la cittadinanza a Infantino arriva perché è una
figura pubblica che presta servizi al Libano”, ha spiegato Haidar.
Infantino, 55enne italo-svizzero, è sposato con una donna libanese, Leena
al-Ashqar. “La cittadinanza non ce l’ho ancora, ma spero presto – aveva
dichiarato all’emittente Lbci – Mi sento molto bene e molto orgoglioso, felice.
Sono libanese da molti, molti anni, quindi è bello formalizzarlo”, aveva
spiegato l’attuale presidente della Fifa.
Nel frattempo, Infantino ha annunciato l’intenzione di finanziare la costruzione
di un nuovo stadio a Beirut da circa 20-30.000 spettatori. “Oggi uno stadio non
è solo un luogo di svago – ha detto – è un simbolo del Paese e il Libano ha
bisogno di un simbolo sportivo moderno, per i giovani”.
Il presidente della Federcalcio libanese ha aggiunto che Infantino si è
impegnato a coprire tutti i costi della struttura, mentre il governo si occuperà
di mettere a disposizione il terreno e costruire l’impianto. Il progetto punta a
rinnovare il “dimenticato” Camille Chamoun Sports City Stadium, costruito nel
1957.
L'articolo Gianni Infantino diventa cittadino del Libano e finanzia un nuovo
stadio: “È un simbolo del paese” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Anche Cristiano Ronaldo era presente alla cena esclusiva alla Casa Bianca, che
ha riunito alcuni dei nomi più influenti a livello mondiale in diversi campi,
dallo sport alla tecnologia. Una cena organizzata da Donald Trump per accogliere
il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, tornato negli Stati Uniti
per la prima volta dall’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal
Khashoggi, per il quale era stato accusato proprio Bin Salman.
Un evento esclusivo, a cui appunto era presente anche Cristiano Ronaldo, seduto
non distante dal punto in cui Donald Trump ha tenuto il suo discorso in cui ha
ringraziato anche il campione portoghese e si è detto “onorato” per la sua
presenza: “Mio figlio Baron è un tuo grande fan. Credo che ora rispetterà un po’
di più suo padre, solo per il fatto che gliel’ho presentato”, ha scherzato Trump
rivolgendosi al calciatore dell’Al Nassr.
La presenza di Cristiano Ronaldo non era infatti casuale. Il portoghese – da
quando nel 2022 si è trasferito a giocare in Arabia Saudita – è ambasciatore
della Saudi Pro League all’estero e si è trasformato nel simbolo della spinta
alla modernizzazione del paese. In più, nel 2026 il Mondiale si svolgerà proprio
tra Stati Uniti, Canada e Messico e sarà l’ultima volta di Cristiano Ronaldo
nella massima competizione per nazionali a livello internazionale. Ecco perché
CR7 ha partecipato alla cena esclusiva e faceva parte – insieme alla compagna
Georgina Rodriguez – dei cento invitati presenti all’evento organizzato da
Donald Trump.
Tra gli altri erano presenti anche Elon Musk, David Ellison (nuovo presidente
della Paramount), Gianni Infantino (presidente della Fifa) e Tim Cook,
amministratore delegato di Apple. L’incontro ha creato grande attenzione
internazionale grazie alla presenza simultanea di leader del settore
tecnologico, dello sport e dell’intrattenimento.
Dal canto suo, è ormai noto l’utilizzo dello sport e del calcio nello specifico
da parte di Donald Trump per i suoi scopi politici. La sua amicizia con il
presidente Gianni Infantino è cosa nota e negli scorsi mesi i due non hanno
fatto nulla per non finire insieme sotto i riflettori: dall’incontro con la Juve
durante il Mondiale per Club fino alla cerimonia di premiazione del Chelsea dopo
la vittoria della competizione, passando per la presenza di Infantino a Sharm
el-Sheikh durante l’incontro tra i più importanti leader mondiali per suggellare
l’accordo di tregua a Gaza e il premio per la pace della Fifa che sembra fatto
su misura per il tycoon.
Infantino ha infatti un ruolo sempre più influente nell’asse che lega Trump e i
Paesi arabi del Golfo. Un legame quasi smaccato, se si pensa che Infantino ha
fatto traslocare il quartier generale della Fifa dalla Svizzera alla Trump
Tower. Senza dimenticare appunto il primo Mondiale per Club giocato quest’estate
proprio negli Usa – con tanto di trofeo originale regalato a Trump ed esposto
alla Casa Bianca – e il Mondiale 2026 che si terrà come detto sempre negli Stati
Uniti, oltre a Canada e Messico.
L'articolo Cristiano Ronaldo a cena con Musk, Infantino e Bin Salman alla Casa
Bianca. Trump lo ringrazia: “Ora mio figlio mi rispetterà un po’ di più”
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