Ankara preme sui combattenti curdi siriani. E lo fa in modo sempre più vigoroso
quanto più ci si allontana dal 10 marzo scorso, giorno in cui il protetto del
presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ovvero l’ex leader delle milizie
jihadiste Ahmad al Shaara – insediatosi a Damasco l’8 dicembre 2024 dopo aver
messo in fuga il clan Assad – aveva firmato un accordo con Mazloum Abdi. Il
comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF) si era recato a Damasco con le
migliori intenzioni per acconsentire alla richiesta di far confluire l’alleanza
militare di milizie curde e arabe del nord e sud-est siriano da lui guidate
nell’esercito siriano. Che è ciò che vuole a ogni costo la Turchia. Ma Abdi
aveva firmato un documento in cui le SDF chiedono in cambio uno stato siriano
confederato. Cosa che Erdogan non vuole permettere, pena il crollo del suo
disegno neo-ottomano.
A complicare, dal punto di vista del “Sultano”, la situazione ci sono le
operazioni militari israeliane in Siria. Operazioni che stanno allargando la
cosiddetta zona cuscinetto sul versante siriano delle alture del Golan. E ora
Erdogan teme una collaborazione curdo-israeliana. Questa settimana infatti il
ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha avvertito che “le operazioni
israeliane in Siria stanno influenzando il comportamento delle Forze
Democratiche Siriane e complicando gli sforzi per attuare l’accordo del 10 marzo
volto a unificare i gruppi armati sotto lo Stato siriano”. Parlando ad Al
Jazeera Arabic, Fidan ha affermato che la riluttanza delle SDF procedere con
l’accordo è correlata all’aumento delle attività israeliane in Siria. Una scusa
per prendere i classici due piccioni con una fava: accusarli di collaborare per
poter mettere fuori gioco entrambi. Una pia illusione, soprattutto per quanto
riguarda le intenzioni dell’SDF. Che mai si piegheranno a Erdogan a seguito di
menzogne e ricatti.
“C’è una relazione, una proporzione, tra il movimento di Israele in Siria e la
riluttanza delle SDF. Questa non è una decisione presa dalle YPG di propria
iniziativa”, ha affermato Fidan, sollecitando il dialogo tra Damasco e YPG/PKK.
Ha inoltre espresso la speranza che un eventuale accordo possa portare sollievo
sia ai curdi che agli arabi in Siria. YPG è la milizia curda che guida l’SDF e
che la Turchia ritiene la versione siriana del PKK di Ocalan che si è auto
disarmato proprio quest’anno compiendo un passo storico.
Alla domanda se ci sia coordinamento tra Israele e SDF, Fidan ha risposto: “Il
giorno in cui Israele raggiungerà una certa intesa con la Siria, vedrete le YPG
seguirla”. Fidan ha affermato che un rinnovato conflitto tra Damasco e le SDF
danneggerebbe i civili e ha invitato le YPG/PKK ad assumersi le proprie
responsabilità nell’ambito del piano di riunire tutte le forze armate sotto
un’unica struttura militare nazionale. “Spero che non assisteremo a un’altra
guerra”, ha minacciato. Rispondendo alle accuse di rivalità tra Turchia e
Israele in Siria, Fidan ha sottolineato che la Turchia cerca stabilità, non
influenza. “Non ci vediamo allo stesso livello o posizione di Israele”, ha
affermato, sottolineando l’impegno della Turchia per l’unità e l’integrità
territoriale della Siria.
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marzo: teme una collaborazione curdo-israeliana proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il sesto Forum per la Pace e la Sicurezza in Medio Oriente (MEPS 2025) si è
riunito il 18 novembre a Duhok, cittá che fa parte del Governo Regionale semi
autonomo del Kurdistan (KRG) iracheno, situato nord del paese. L’incontro è
stato ad alto livello con la partecipazione del presidente del KRG, Nechirvan
Barzani, del primo ministro Masrour Barzani – la tribù curda dei Barzani è
alleata della Turchia a cui vende regolarmente da anni gas e petrolio – del
primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani, oltre a numerosi leader
politici, diplomatici e accademici.
Tra le presenze più significative figuravano il comandante generale delle Forze
Democratiche Siriane (SDF), il curdo Mazloum Abdi, e Ilham Ahmed, co-presidente
del Dipartimento per le Relazioni Estere dell’Amministrazione Autonoma della
Siria Settentrionale e Orientale (AANES), meglio conosciuta con il nome curdo di
Rojava. Nei loro discorsi, entrambi i leader hanno sottolineato che
l’amministrazione autonoma curda in Siria non rappresenta una minaccia per
Ankara e hanno espresso il proprio sostegno al processo di pace curdo in corso
in Turchia. Cengiz Çandar, parlamentare del Partito turco filo-curdo per
l’Uguaglianza e la Democrazia Popolare (DEM), che ha partecipato all’evento, ha
descritto la loro presenza come uno sviluppo diplomatico e politico di grande
importanza.
“Entrambi hanno sottolineato di essere al lavoro per attuare l’accordo del 10
marzo scorso firmato con Damasco entro la fine dell’anno e caldeggiato dall’
presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il mentore e più forte alleato della
nuova dirigenza siriana post Assad. L’accordo prevede che le Sdf (a guida curda)
confluiscano nell’esercito siriano zeppo di ex quedisti e uomini vicini
all’Isis, contro i quali le Sdf avevano combattuto a lungo. Una delle grandi
battaglie fu quella di Kobane. I due guerriglieri a capo delle Sdf e delle
relazioni esterne del Rojava hanno affermato di essere disposti a visitare la
Turchia a questo scopo, di non nutrire intenzioni ostili nei confronti di
nessuno e di aver portato armi solo per proteggere il proprio popolo”, ha
dichiarato Çandar. “La loro accoglienza di alto livello a Duhok è stata
interpretata come un segnale che il KRG potrebbe prepararsi ad avviare
iniziative diplomatiche sia con Damasco che con Ankara”.
Çandar ha osservato che sia Abdi che Ahmed, così come Masrour Barzani, hanno
espresso il loro forte sostegno al processo di pace interno in corso in Turchia
con il Pkk di Ocalan. Ha inoltre affermato di aver avuto la possibilità di
incontrare Abdi e Ahmed durante il forum, aggiungendo: “Si aspettano un invito
dalla Turchia. Non sarebbe sorprendente vederli in Turchia nel prossimo futuro”.
La questione chiave però è il modello di governance in Siria. I colloqui
sull’integrazione delle SDF nell’esercito del governo islamista di Damasco,
capeggiato dal presidente ad interim Ahmet al Sharaa ( ex membro di al Qaeda ed
ex Isis) sono visti come un aspetto indiretto del processo di pace in Turchia,
poiché Ankara considera le SDF un’estensione del Partito dei Lavoratori del
Kurdistan (PKK), che ha annunciato il proprio scioglimento nell’ambito degli
sforzi di pace in corso.
Tuttavia, secondo Çandar, la questione chiave non è l’integrazione delle SDF.
Commentando i messaggi trasmessi dai due leader curdi, ha spiegato: “Il
principale disaccordo con Damasco riguarda il modello di governo. I curdi
siriani sostengono che una Siria decentralizzata garantirebbe la futura
stabilità del Paese. Considerano il dialogo e il negoziato la via da seguire. La
questione non riguarda l’integrazione delle SDF nell’esercito siriano. Se ci
sarà un accordo su questioni costituzionali, questo seguirà naturalmente. Poiché
le SDF non rappresentano una minaccia per nessuno, l’integrazione nell’esercito
è una questione tecnica da risolvere attraverso i colloqui”.
Rispondendo alle domande sull’approccio del KRG al processo di pace in Turchia e
sulle sue dichiarazioni al forum, Çandar ha dichiarato: “La presenza militare
del PKK, seppur dissolto in Turchia, si trova sul territorio del KRG. Pertanto,
i funzionari del KRG sono ansiosi di vedere il processo avanzare rapidamente e
produrre risultati positivi e sono inclini a offrire il supporto necessario a
tal fine”. Çandar ha anche commentato il panel a cui ha preso parte, incentrato
sull’approccio dell’Europa all’Iraq. “Ho sostenuto che un rapporto simile a
quello tra Turchia e KRG potrebbe benissimo essere instaurato in futuro tra
Turchia e curdi siriani. Un esito positivo del processo turco avrebbe un impatto
positivo sull’intera regione”. Lanciato nel 2019, il Forum MEPS è diventato uno
degli eventi annuali più significativi per il Governo Regionale del Kurdistan
(KRG) e l’Iraq, offrendo una piattaforma per discussioni aperte e dirette sulle
urgenti sfide che il Medio Oriente e il Nord Africa devono affrontare.
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prospettive di ritrovarsi in un esercito pieno di ex jihadisti proviene da Il
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