“Il caso Bertolini dimostra con chiarezza perché al referendum sulla legge
Nordio bisogna votare No“. Enrico Grosso, presidente onorario del Comitato per
il No alla separazione delle carriere fondato dall’Associazione nazionale
magistrati, commenta così la notizia del Fatto sulla partecipazione della
consigliera del Csm al vertice sulla campagna referendaria nella sede di
Fratelli d’Italia, insieme ad Arianna Meloni e ai responsabili giustizia dei
partiti di maggioranza. Per Grosso, professore di Diritto costituzionale
all’Università di Torino, “che una componente del Consiglio superiore della
magistratura partecipi a un incontro di un partito di maggioranza è un fatto
oggettivamente inopportuno. Ma oggi, grazie alla Costituzione, questo non altera
l’equilibrio tra i poteri dello Stato perché i membri togati del Csm sono eletti
dai magistrati e rappresentano un contrappeso autorevole e forte al potere
politico”, sottolinea. Con la riforma, invece, “succederebbe l’esatto
contrario”: “I laici scelti dalla maggioranza parlamentare diventerebbero ancora
più influenti, mentre i magistrati, scelti per sorteggio, sarebbero più deboli e
privi di una legittimazione interna. Il risultato sarebbe un Csm inevitabilmente
più esposto alla maggioranza di governo. Il caso Bertolini è un campanello
d’allarme: ciò che oggi è solo una sgrammaticatura istituzionale e una caduta di
stile diventerebbe la normalità. L’indipendenza della magistratura è un valore e
un presidio essenziale dello Stato costituzionale. Per questo è necessario
votare No”, conclude.
Sulla stessa linea il giudice della Corte d’Appello di Roma Giovanni Zaccaro,
segretario della corrente progressista di Area. “Ho letto stamane che una
componente del Csm, la laica Isabella Bertolini, ha participato ad una riunione
in una sede di partito. Forse pensa che la riforma Nordio sia già in vigore e
che la politica debba entrare direttamente nel Csm, mi pare un’altra buona
ragione per votare No al referendum”, ironizza. Mentre il Movimento 5 stelle si
esprime con una nota dei suoi eletti nelle Commissioni Giustizia di Camera e
Senato: “Questo episodio è l’antipasto di quello che attende l’Italia se passa
la riforma, è l’ennesima dimostrazione di quale sia l’intento del governo
Meloni: aumentare in modo esponenziale l’influenza ed il controllo della
politica sulla magistratura e in particolare all’interno dei suoi organi di
autogoverno. Se vincesse il Sì al referendum verrebbe costituzionalizzato il
controllo dei partiti politici sul potere giudiziario, carriere e provvedimenti
disciplinari dei magistrati verranno decisi nelle sedi dei partiti di
maggioranza. L’episodio denunciato oggi non ha bisogno di ulteriori commenti,
con il governo Meloni stanno crollando tutti i capisaldi della separazione dei
poteri, della correttezza istituzionale e anche del bon ton che si richiede a
chiunque ricopra cariche pubbliche”, accusano Stefania Ascari, Anna Bilotti,
Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e
Roberto Scarpinato.
Dal mondo della politica interviene il leader di Europa Verde Angelo Bonelli,
deputato di Alleanza Verdi e Sinistra: “Fratelli d’Italia utilizza gli organismi
indipendenti e di garanzia dello Stato per i suoi fini politici. Dopo l’Autorità
per la privacy oggi è il turno del Csm”, afferma in riferimento al caso di
Agostino Ghiglia, membro del Garante per la protezione dei dati personali in
quota FdI, presente in via della Scrofa subito prima di votare per la maxi-multa
a Report. “Se Csm e Autorità di garanzia mostrano prossimità politica con chi
governa, la loro funzione di equilibrio viene meno. La democrazia italiana si
fonda sull’autonomia dei poteri e sul rispetto rigoroso dei ruoli istituzionali.
Il vicepresidente del Csm dovrebbe richiamare la consigliera Bertolini e questa
vicenda ci fa capire come la riforma della separazione delle carriere sia uno
strumento per la destra per mettere sotto controllo politico la magistratura”.
Per Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, la presenza di Bertolini alla
riunione della sede di FdI “è uno scandalo“: “Il Csm è un delicatissimo organo
di autogoverno della magistratura, non una emanazione del partito pigliatutto
della destra”. Anche per il presidente del gruppo Misto del Senato, Peppe De
Cristofaro, la vicenda raccontata dal Fatto è “gravissima”: “Quella era una
riunione politica, non istituzionale o un convegno. Se sei componente
dell’organo che dovrebbe tutelare l’autonomia e l’indipendenza della
magistratura non puoi partecipare a una riunione politica sulle strategie per il
prossimo referendum sulla giustizia. Ma per i rappresentanti della destra non è
così, loro svolgono un ruolo politico alla faccia dell’autonomia e
dell’indipendenza. Una sottomissione politica inaccettabile. Questa destra è
senza ritegno“.
L'articolo Bertolini (Csm) al vertice FdI, condanna di toghe e opposizioni:
“Separazione dei poteri a rischio, ecco perché votare No” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Consiglio Superiore della Magistratura
L’ennesima richiesta di pratica a tutela dei magistrati attaccati dalla
politica. Questa volta al Consiglio superiore della magistratura arriva il caso
dei giudici del Tribunale dei minorenni dell’Aquila, bersagliati dalla destra
per la loro decisione di trasferire in comunità i cosiddetti “bambini nel
bosco“, tre minori che vivevano insieme ai genitori in un rudere senza luce,
acqua e gas in Abruzzo: con un atto depositato lunedì mattina al Comitato di
presidenza, 19 membri togati del Csm (tutti tranne uno) chiedono all’organo di
assumere una posizione ufficiale a difesa dei colleghi. Nella richiesta si
citano le dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini, che ha parlato di “un
sequestro” e ha detto di voler parlare personalmente con i giudici, e quelle del
ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha annunciato “accertamenti profondi”
(cioè ispezioni) sul caso. “Tali affermazioni, provenienti da rappresentanti di
pubbliche istituzioni, trascendono la legittima critica a un atto giudiziario e
finiscono per colpire direttamente l’operato dei magistrati del Tribunale per i
minorenni, esponendoli a una indebita pressione anche mediatica“, si legge. A
firmare l’atto anche i membri laici Ernesto Carbone (in quota Italia viva),
Michele Papa (M5s) e Roberto Romboli (Pd), per un totale di 22 consiglieri.
Questa delegittimazione, si sottolinea, si riflette in “gravi e scomposti
attacchi attraverso i social, circostanza ormai quasi ricorrente”: a farne le
spese stavolta è stata la presidente del collegio che ha disposto
l’allontanamento, Cecilia Angrisano, bersaglio di pesanti minacce e della
diffusione del suoi indirizzo e dei suoi contatti. I consiglieri condannano
anche il collegamento fatto dai politici tra la vicenda e la riforma
costituzionale sulla separazione delle carriere, “che nulla ha a che fare con il
caso in esame”: “Dovrebbe essere interesse di tutti – istituzioni politiche e
istituzioni di garanzia – che il confronto sui referendum si sviluppi sul
terreno delle opzioni normative e delle ragioni di merito, senza piegare a fini
di propaganda casi concreti che riguardano minori e che sono ancora oggetto di
valutazione giudiziaria”, affermano.
La decisione di sospendere la potestà genitoriale, ricordano i consiglieri, è
arrivata “nell’ambito di un procedimento nato su impulso della Procura minorile,
dopo il ricovero dei minori, e all’esito di un’istruttoria durata 13 mesi
fondata su relazioni dei servizi sociali e delle forze dell’ordine, su
accertamenti tecnici relativi alle condizioni abitative, sulle informazioni
sanitarie e sulle complessive condizioni di vita e di relazione dei minori
interessati e solo dopo aver reiteratamente cercato di istaurare con i genitori
un percorso di socializzazione e sanitario”. Il provvedimento “rientra, dunque,
nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla giustizia minorile
tipiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria minorile e persegue
esclusivamente finalità di protezione dei bambini coinvolti”, si sottolinea.
In alcune dichiarazioni dei politici, accusano i membri del Csm, appare invece
“del tutto ignorata la natura delle decisioni di protezione dei minori, che
spesso incidono in modo doloroso sulla vita delle famiglie e sono gravose anche
per i magistrati chiamati ad assumerle. La giurisdizione, soprattutto in ambito
minorile, opera in un quadro di legge complesso, sulla base di atti e di
elementi tecnici, componendo interessi tutti meritevoli di rispetto: la libertà
delle scelte educative dei genitori, il diritto dei bambini alla sicurezza, alla
salute, alla socialità e alla riservatezza”, spiegano. Pertanto, “la
semplificazione di tale complessità in formule polemiche, che presentano
l’intervento giudiziario come un sequestro o una violenza di Stato, finisce per
minare la fiducia nella magistratura ed esonda in un’inaccettabile
delegittimazione personale dei giudici titolari del procedimento”.
L'articolo “Bambini nel bosco”, chiesta al Csm una pratica a tutela dei giudici:
“La politica fa propaganda sul caso per il referendum” proviene da Il Fatto
Quotidiano.