Non voglio in nessun modo, in questo post, fare l’elogio dei super colossi del
web e dei social network, che ormai governano le nostre vite, facendo utili
infiniti e senza, spesso, neanche pagare il giusto corrispettivo di tasse. Non è
dunque questo un elogio di Meta, Tik Tok, You Tube né tantomeno dei loro
“padroni”.
Mi interessa qui – nel criticare il provvedimento del governo laburista
australiano di vietare tutti i social network agli under sedici – fare piuttosto
un ragionamento fenomenologico, dall’interno. E cioè dal punto di vista di una
madre che vede bene come i social sono usati dai giovanissimi che ho in casa. E
non solo quelli: anche il web, anche Google, anche l’IA, anche le decine di app
che oggi permettono di fare cose in maniera molto rapida e comoda.
Anzitutto, farei una riflessione proprio sulla parola “social”. Se si chiamano
così, vuol dire che la loro caratteristica è la socialità. E infatti è
esattamente così. Per i giovanissimi, esattamente come per noi, Facebook, ma
soprattutto Instagram e TikTok, sono un modo per conoscersi, anche: oggi ad una
ragazzi incontrata in un locale si chiede il suo Instagram, non il suo telefono;
ma sono anche un modo per condividere contenuti, idee, spunti. Su TikTok i
giovani si informano, spesso male, certo, ma non che gli adulti facciano poi
tanto meglio. Youtube lo usano tantissimo, sempre per informarsi. In generale, i
social media sono un mezzo per connettersi, incontrarsi, appunto, far circolare
idee e contenuti.
Ora, davvero vogliamo interrompere queste connessioni? Soprattutto davvero
crediamo che interrompendole avremo risolto il loro problema? La loro tristezza,
la loro depressione, la loro fatica, la loro ansia e tutto il resto? E non
sarebbero, piuttosto questi sentimenti peggiorati da un divieto assurdo, che tra
l’altro sarà prontamente aggirato in altri modi magari meno controllabili?
Mi chiedo davvero chi possa aver partorito una simile legge, a cui la stragrande
maggioranza dei ragazzi, e pure dei genitori, infatti si oppone. Chi conosca un
po’ il mondo dell’adolescenza, ad esempio, sa che il telefonino è ormai un
centro in cui convergono mille social e mille app, il telefono serve per
spostarsi e prendere i mezzi, serve per informarsi, serve per scambiare una foto
o un contenuto, che sia Instagram oppure whatsapp (che pure resterebbe non
proibito), serve per sentire musica, scattare foto e video che poi appunto si
condividono. Ma soprattutto chi conosce il mondo dell’adolescenza e le sue
patologie più gravi sa che, ad esempio, nel caso dei cosiddetti “ritirati
sociali”, che non escono più dalla propria stanza, la prima indicazione che
viene data ai genitori è soprattutto una: “Non togliete al ragazzo o ragazza il
computer o il tablet: è l’unica connessione che gli resta con il mondo”.
Il divieto del governo australiano tra l’altro crea una divisione tra i ragazzi
stessi, con i quindicenni che non possono accedere a social dove si svolge ad
esempio qualcosa di importante (faccio l’esempio di nuovo del collettivo
scolastico di mio figlio, che utilizza Instagram per dare informazioni, mettere
comunicati, foto etc: ne sarebbe escluso). Ma poi, seguendo quello che dice lo
psicoterapeuta Matteo Lancini, perché continuiamo a trattare i ragazzi come dei
bambini piccoli? E perché facciamo a loro qualcosa che non faremmo mai a noi,
drogati di social ben più di loro?
Come al solito, il problema è a monte e non a valle, ma qui si fa un
provvedimento a valle che nulla risolve. Si tratta invece di formare i ragazzi,
perché li usino al meglio. Anzi, basterebbe non nominarli proprio i social media
e agire su una formazione che poi di conseguenze li aiuterà ad usarli meglio:
educandoli al rispetto, alla gentilezza, ad un uso corretto del linguaggio,
all’affettività.
I social media che per loro sono una formidabile autostrada di conoscenza,
condivisione, socialità, pur con tutti i limiti e pur con tutti i tentativi
delle big tech di renderli strumenti per vendere qualunque cosa, con un
marketing spinto e aggressivo (questo sì, mi sembra il problema, ma vale anche
per gli adulti).
Se proprio dunque dobbiamo porci il problema del digitale, forse sarebbe meglio
focalizzarsi sui bambini più piccoli, ragionare su come aiutare le famiglie a
gestire tablet zeppi di videogiochi che creano dipendenza. Ma anche qui,
cercando di aiutare i genitori a gestirli meglio, più che pensare a divieti, che
comunque avrebbero più senso per una fascia di età più piccola. Ma a 14, 15 anni
sei alto come un adulto e vivi anche un po’ come un adulto. Il divieto non
serve.
Ripeto: infantilizzare questi ragazzi, impedendo loro di utilizzare quei social
che li mettono in connessione, attutendo quindi anche la loro ansia, tristezza,
solitudine è un gesto stupido e inutile. E ipocrita, anche, perché noi
continueremo ad utilizzarli selvaggiamente e malamente, magari proprio davanti
ai loro occhi. Dando un esempio pessimo, proprio noi che li vorremmo “educare”.
L'articolo Social vietati ai minori: perché la legge australiana è ipocrita e
non funzionerà proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Minorenni
Dopo l’udienza presso il Tribunale per i minorenni dell’Aquila, dove si è
discusso della revoca del provvedimento di allontanamento da casa dei tre bimbi
che vivevano nel bosco di Palmoli (Chieti), si attende la visita del vice
console dell’ambasciata australiana nella casa famiglia di Vasto, dove si
trovano i fratellini. L’inviato incontrerà anche la madre,che negli ultimi
giorni ha iniziato a esprimere la volontà di tornare in Australia, il suo Paese
d’origine.
L’INCONTRO
Il rappresentante diplomatico dovrà valutare come gestire la situazione e quali
eventuali passaggi attivare. All’incontro parteciperanno la tutrice Maria Luisa
Palladino, la curatrice speciale Marika Bolognese, gli avvocati Marco Femminella
e Danila Solinas, oltre ai responsabili della struttura. Secondo il sindaco di
Palmoli, Giuseppe Masciulli, l’ambasciata potrebbe intervenire direttamente se
la donna scegliesse di rientrare in Australia: “Se la famiglia volesse tornare,
i bambini potrebbero essere affidati alla zia Rachael, insegnante e psicologa.
Si potrebbe fare una transazione di questo tipo”. Il caso della famiglia è
seguito dall’ambasciata sin dall’inizio. L’inviato aveva già chiesto chiarimenti
sulla cittadinanza dei bambini — registrati in Australia e quindi cittadini
australiani — e la donna ha di recente chiesto il rinnovo del proprio passaporto
e di quello della figlia maggiore.
IN ATTESA DEL TRIBUNALE MINORILE
Si attende la decisione del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, che non ha
sciolto la riserva dopo l’udienza del 6 dicembre, un’udienza descritta come
tesa, con momenti di frizione tra avvocati e magistrati. Le curatrici avevano
chiesto più tempo per valutare la situazione dei tre minori e la possibilità di
un ricongiungimento familiare. Nel frattempo è trapelato un audio che la mamma
dei piccoli avrebbe inviato dalla casa famiglia ad alcune persone di fiducia. La
donna racconta un clima sereno ma regolato: “Sono concentrata, sono calma. Qui
ci trattano tutti bene… Tutti vogliono che i bambini tornino da me”. Sostiene di
aver adempiuto a tutte le richieste del giudice riguardo alla casa, alla scuola
e alla socializzazione: “La verità verrà fuori alla fine”. Il prossimo
appuntamento è il 16 dicembre, quando la Corte d’appello dell’Aquila si
pronuncerà sul ricorso già depositato.
L'articolo Famiglia nel bosco, la madre vorrebbe tornare in Australia. Attesa
per la visita del vice console dell’ambasciata australiana proviene da Il Fatto
Quotidiano.
È stata ritrovata e sta bene la sedicenne scomparsa il 2 dicembre scorso dopo
essere uscita da scuola a Portici, in provincia di Napoli. La ragazza è stata
rintracciata dai Carabinieri a Napoli e verrà riportata nella casa famiglia dove
era ospitata da gennaio, dopo che alla madre le era stata sospesa la potestà
genitoriale. L’allarme era stato lanciato dalla madre tramite un post su
Facebook, in cui esprimeva paura e disperazione per la sorte della figlia: “Mia
figlia è fragile, ho paura che le sia accaduto qualcosa… Doveva essere al
sicuro, protetta, ed invece non so che fine abbia fatto mia figlia. Io e il
papà, dal quale sono separata, siamo disperati.”
La scomparsa aveva subito fatto scattare la denuncia della direttrice della
comunità, presentata lo stesso giorno, e da quel momento il telefono della
ragazza risultava irraggiungibile. Secondo quanto riportato nella denuncia, la
ragazzina era andata regolarmente a scuola il 2 dicembre, ma non era più
rientrata nella struttura. Il cellulare risultava spento dalle 14.30 di quel
giorno.
La madre raccontava inoltre che la ragazzina avrebbe contattato un’amica il
giorno successivo, dicendo di non voler essere cercata: “Non ha soldi, non ha
documenti, non ha nulla. Se voleva scappare, perché è andata normalmente a
scuola? Ho tante domande, ma poche risposte.” La direttrice della casa famiglia,
parlando con i Carabinieri, aveva sottolineato che è la prima volta che la
ragazza si comportava in questo modo e che non aveva mai dato segni di
squilibrio.
FOTO DI ARCHIVIO
L'articolo Ritrovata la sedicenne scomparsa a Portici (Napoli), sta bene. Era
sparita da cinque giorni proviene da Il Fatto Quotidiano.
Cresce la preoccupazione per la 16enne scomparsa il 2 dicembre dopo essere
uscita da scuola. La ragazza, affidata a una casa famiglia di Portici (Napoli)
da gennaio scorso, non è rientrata nella struttura e da quel momento il suo
telefono risulta irraggiungibile. La denuncia è stata presentata dalla
direttrice della comunità il giorno stesso, ma la notizia è emersa solo oggi,
dopo l’appello lanciato pubblicamente dalla madre a cui è stata sospesa la
potestà genitoriale. “Mia figlia è fragile, ho paura che le sia accaduto
qualcosa, aiutami a ritrovarla. Doveva essere al sicuro, protetta, ed invece non
so che fine abbia fatto mia figlia. Io e il papà, dal quale sono separata, siamo
disperati. L’avevo vista il giorno prima che sparisse: stavamo ricostruendo il
nostro rapporto, ma era agitata. Ho paura che le sia accaduto qualcosa.”
Secondo quanto riportato nella denuncia della direttrice, l’adolescente sarebbe
andata regolarmente a scuola il 2 dicembre, ma non sarebbe più tornata nella
casa famiglia. Il suo cellulare risulta spento dalle 14.30 dello stesso giorno.
“È la prima volta che si comporta in questa maniera – avrebbe detto ai
carabinieri la responsabile della struttura – non ha mai dato segni di
squilibrio”. La madre riferisce inoltre che la 16enne avrebbe contattato
un’amica il giorno successivo, dicendo che non voleva essere cercata. “Non ha
soldi, non ha documenti, non ha nulla. Se voleva scappare, perché è andata
normalmente a scuola? Ho tante domande, ma poche risposte”. Sempre secondo la
donna, al momento della scomparsa la ragazzina indossava una maglietta blu, un
jeans, un pellicciotto nero e aveva con sé lo zaino della scuola.
Il legale della madre, Giovanni Micera, sottolinea di aver più volte chiesto un
rafforzamento della sorveglianza sulla ragazza, che – a suo dire – avrebbe
alcune difficoltà cognitive e sarebbe quindi vulnerabile. “Nonostante le
problematiche – afferma l’avvocato – non è mai stato attivato un percorso
psicologico, che sarebbe stato necessario. Speriamo che si sia allontanata
volontariamente, ma siamo seriamente preoccupati”. Il tribunale per i minorenni
aveva disposto la sospensione della responsabilità genitoriale e nominato un
tutore, a causa di problematiche emerse in ambito familiare. La ragazza, secondo
quanto risulta, avrebbe denunciato episodi di violenza in famiglia, senza però
che tali dichiarazioni trovassero riscontri. L’allontanamento sarebbe stato
deciso infine per evasione scolastica. Sia il padre sia l’attuale compagno della
madre avrebbero inoltre precedenti penali.
L'articolo Sedicenne scomparsa a Portici (Napoli), era affidata a una casa
famiglia. L’appello della madre: “Aiutatemi, è fragile” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Almeno per il momento resteranno in casa famiglia i tre figli minorenni (una
bimba di otto anni e due gemelli di sei) di Catherine Birmingham e Nathan
Trevallion, la coppia anglo-australiana che vive in un rudere nel bosco di
Palmoli, in provincia di Chieti. Dopo aver ascoltato gli avvocati dei genitori,
convocati giovedì in udienza, il Tribunale dei minori dell’Aquila si è riservato
la decisione su un’eventuale modifica dell’ordinanza cautelare con cui ha
sospeso temporaneamente la loro potestà sui bambini, trasferendoli in una
struttura protetta dove vivono dal 20 novembre insieme alla madre. I difensori
hanno presentato istanza di ricongiungimento urgente, appellandosi a due nuove
relazioni favorevoli depositate dagli assistenti sociali e sottolineando tra
l’altro che la coppia ha accettato di vivere un immobile messo a disposizione da
un privato (un ristoratore di Ortona) in attesa dei lavori necessari a rendere
abitabile il casolare (soprattutto per quanto riguarda il bagno).
La legge prevede che la riserva venga sciolta entro cinque giorni, ma il termine
non è perentorio e nella prassi viene spesso superato. Resta in piedi, in ogni
caso, il ricorso contro l’ordinanza presentato di fronte alla Corte d’Appello
dell’Aquila, con l’udienza fissata per il 16 dicembre. “Non sappiamo la
tempistica ma siamo fiduciosi, è stata un’udienza caratterizzata da un proficuo
confronto“, dice una dei difensori, Danila Solinas, mentre il collega Marco
Femminella parla di “dialogo costruttivo tra le parti”. A cavalcare la vicenda
in chiave anti-magistrati, come al solito, il leader della Lega Matteo Salvini:
“Anche stanotte, per la quindicesima volta, tre bambini non dormiranno nel loro
letto, ma in una casa famiglia. Lontani dai genitori e dai luoghi a cui sono
abituati. Cos’altro aspettano i giudici per restituire quei bimbi all’abbraccio
di mamma e papà?”.
L'articolo Bimbi nel bosco, il Tribunale si riserva la decisione: i minori
restano in casa famiglia proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo il provvedimento, le polemiche, la ricerca di soluzioni, è arrivata il
momento dell’aula di giustizia. I genitori dei bimbi che hanno scelto di vivere
nel bosco a Palmoli, in Abruzzo, non saranno presenti all’udienza del Tribunale
per i minorenni dell’Aquila per l’udienza prevista oggi. Si discuterà se
modificare il provvedimento con cui, il 20 novembre, i tre figli della coppia
sono stati allontanati e trasferiti in una struttura protetta. Una decisione che
ha sollevato un acceso dibattito pubblico e che continua a mobilitare
associazioni, politica e magistratura.
L’udienza, prevista come comparizione delle parti, permetterà agli avvocati dei
genitori e ai rappresentanti dei minori di discutere eventuali correttivi, in
attesa dell’esito del ricorso già presentato in Corte d’Appello, fissato per il
16 dicembre. La giornata, dunque, potrebbe rappresentare un primo punto di
svolta nel percorso giudiziario della famiglia.
Intanto, a L’Aquila, l’Associazione nazionale magistrati si è riunita per
esprimere solidarietà ai giudici che hanno firmato il provvedimento di
allontanamento e sono stati bersaglio di insulti e minacce sui social. “Ci
sorprende – ha dichiarato il vicepresidente dell’Anm, Marcello De Chiara – che
il ministro Nordio abbia annunciato nell’immediatezza una possibile ispezione,
pur ammettendo di non conoscere il contenuto del provvedimento”. De Chiara ha
invocato “maggiore cautela” di fronte a una vicenda definita complessa e ha
denunciato l’avvio di una “campagna di delegittimazione” nei confronti della
magistratura, chiedendo alla politica di evitare polemiche “strumentali”.
Nel corso dell’assemblea è intervenuta anche la presidente del Tribunale per i
minorenni, Cecilia Angrisano, che ha difeso il lavoro dei giudici, parlando di
decisioni frutto di “un bilanciamento tra interessi e diritti” nell’ottica della
tutela dei minori. Angrisano ha inoltre criticato la violazione della privacy
dei bambini, “esposti in tutto ciò che la legge proibisce quando si tratta di un
minorenne”. Nel fascicolo dell’inchiesta, intanto, sono state depositate due
nuove relazioni che appaiono sostanzialmente favorevoli ai genitori: i documenti
offrono una lettura positiva della situazione familiare, senza evidenziare
criticità significative. Valutazioni che potrebbero pesare nell’esame del
Tribunale.
Il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha sospeso temporaneamente la potestà
genitoriale e collocato i bambini, di 6 e 8 anni, in una comunità, a loro
tutela. Si è trattato proprio di una misura estrema perché il provvedimento,
come si è sottolineato in una lunga nota dell’Associazione Italiana dei
Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, è stato disposto dopo un anno di
osservazione e perché appunto non erano state rispettate le prescrizioni da
parte dei genitori. Il caso dei bimbi era arrivato all’attenzione dei servizi
sociali dopo una intossicazione da funghi. nei giorni scorsi la coppi ha
accettato la casa offerta da un imprenditore. Potranno abitarci tutti tre mesi,
in attesa dei necessari lavori di ristrutturazione della capanna, senza luce e
senza acqua, dove vivevano i piccoli.
“Tutti sperano che sia un’udienza risolutiva per far sì che i bambini vengano
ricongiunti con i genitori ma io ho qualche dubbio” aveva spiegato ieri il
sindaco di Palmoli Giuseppe Masciulli. “Tutti quelli che stanno lavorando per
trovare una soluzione hanno fatto quello che potevano, cioè mettere a
disposizione un’abitazione idonea, però le problematiche erano anche altre –
chiarisce – Quindi dipenderà giovedì dal contenuto delle relazioni che
produrranno i servizi sociali e i responsabili della casa famiglia con tutte le
visite mediche e psichiatriche a cui i bambini sono stati sottoposti. Dipenderà
anche da quello, non è scontato o automatico che la casa sia sufficiente. È una
condizione necessaria ma non sufficiente”.
L'articolo Famiglia nel bosco, attesa per l’udienza in Tribunale. Depositate due
relazioni “favorevoli” proviene da Il Fatto Quotidiano.
In attesa dell’udienza, prevista giovedì, il Tribunale per i minorenni
dell’Aquila procede il percorso della famiglia del bosco per permettere ai tre
bambini allontanati dalla casa in cui vivevano senza acqua e senza luce. Dopo
l’accettazione di un alloggio in comodato, si lavoro sul fronte della
ristrutturazione. È tutto pronto, almeno sul fronte della disponibilità, per
rimettere a nuovo il casolare nel bosco dove la coppia spera di accogliere la
loro famiglia. “Nathan ci ha fatto entrare nella sua abitazione insieme
all’idraulico e ci ha descritto i lavori che aveva intenzione di fare: una
tettoia di legno da realizzare accanto al casolare dove organizzare due stanze,
la cucina e il bagno senza l’utilizzo di materiali di plastica”, racconta
all’Ansa il geometra Simone Agostino di Palmoli, commerciante e titolare di un
food-truck.
Il 24 novembre, Agostino era stato contattato dall’amico idraulico Nicola
Santini, che si era offerto di eseguire gratuitamente gli interventi necessari
nella masseria immersa nel bosco. Subito dopo, il geometra aveva informato il
sindaco, Giuseppe Masciulli, per rendersi utile nel recupero dell’edificio.
“L’idraulico ha parlato anche in rappresentanza di una ditta — precisa —. Io mi
sono attivato subito e, per accorciare i tempi, ho telefonato all’avvocato
Angelucci che stava preparando la Cia da consegnare al Comune”.
Il giorno successivo, il 25 novembre, Agostino e Santini hanno raggiunto Nathan
al casolare per un sopralluogo dettagliato. “Il bagno doveva restare a secco e,
per le tubazioni, bisognava creare una serpentina attorno ai tubi della stufa a
legna esistente per poter avere l’acqua calda. L’idraulico ha detto che era
possibile”. Per quanto riguarda l’acqua, bisognava installare un serbatoio sul
tetto per il recupero della pioggia. Questi erano i lavori da svolgere:
fattibili, e l’idraulico si è messo subito a disposizione insieme alla ditta”.
Agostino sottolinea che il suo impegno nasce solo da uno spirito di solidarietà,
lo stesso che ha portato la famiglia Carusi a concedere il casolare in comodato
gratuito. “Siamo disposti a fare questi lavori, e parlo anche a nome
dell’idraulico. Ho già una bozza degli interventi, ma i nuovi avvocati non hanno
mai chiamato né me né lui”.
La partenza dei lavori, però, è ancora ferma. “Nathan mi ha scritto che manca
qualche documento — aggiunge Agostino —. La pratica da presentare in Comune non
è ancora completa, ma appena sarà tutto in ordine potremo iniziare. Ripeto, ci
siamo offerti gratuitamente. Quello che stiamo facendo è solo per desiderio di
aiuto e per solidarietà”.
Giovedì invece è previsto momento potenzialmente decisivo. Gli avvocati Marco
Femminella e Danila Solinas chiedono la sospensione immediata dell’esecutività
del provvedimento e il rientro dei bambini in famiglia. Non si esclude che lo
stesso Tribunale per i minorenni, pur avendo formalmente convocato solo legali e
curatrice speciale — l’avvocata Marika Bolognese — possa valutare una modifica o
una revoca dell’ordinanza. Nel ricorso alla Corte d’appello — che ha 60 giorni
per esprimersi — la difesa chiede il ricongiungimento indicando sei punti
critici che, secondo i legali, farebbero venir meno i presupposti giuridici
della sospensione della responsabilità genitoriale: assistenza linguistica,
idoneità dell’abitazione, gestione degli esami medici, istruzione parentale,
relazioni sociali dei minori ed esposizione mediatica.
Sugli esami medici, la coppia avrebbe applicato un modello assicurativo tipico
dei Paesi anglosassoni, ritenendo alcuni accertamenti troppo invasivi. Quanto
alla casa nel bosco, la documentazione prodotta dimostrerebbe che era già in
corso un percorso per adeguare gli impianti e ampliare gli spazi. Inoltre,
l’offerta immediata di un’abitazione alternativa da parte della famiglia Carusi
di Ortona eliminerebbe qualsiasi dubbio sulla sicurezza abitativa. Respinta
anche l’ipotesi di abbandono scolastico: la difesa porta prove di un percorso di
istruzione parentale ritenuto legittimo. Sulle presunte carenze sociali e sulla
visibilità mediatica, i legali sostengono che i bambini abbiano contatti
regolari con coetanei e con adulti, vivendo sì una vita diversa da quella
urbana, ma non isolata. Le apparizioni pubbliche, inoltre, sarebbero state un
modo per mostrare la serenità familiare, non una dannosa esposizione dei minori.
“Tutti sperano che sia un’udienza risolutiva per far sì che i bambini vengano
ricongiunti con i genitori ma io ho qualche dubbio”, spiega all’Adnkronos il
sindaco di Palmoli Giuseppe Masciulli. “Tutti quelli che stanno lavorando per
trovare una soluzione hanno fatto quello che potevano, cioè mettere a
disposizione un’abitazione idonea, però le problematiche erano anche altre –
chiarisce – Quindi dipenderà giovedì dal contenuto delle relazioni che
produrranno i servizi sociali e i responsabili della casa famiglia con tutte le
visite mediche e psichiatriche a cui i bambini sono stati sottoposti. Dipenderà
anche da quello, non è scontato o automatico che la casa sia sufficiente. È una
condizione necessaria ma non insufficiente”.
L'articolo Bimbi nel bosco, geometra e idraulico “pronti” per ristrutturare.
Attesa per l’udienza, il sindaco: “Dipenderà anche dalle relazioni dei servizi
sociali” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Forse qualcosa è cambiato. A due giorni dalla notizia che i genitori dei bimbi
allontanati hanno accettato la casa offerta da un imprenditore il Tribunale per
i minorenni dell’Aquila ha fissato per il 4 dicembre l’udienza di comparizione
nell’ambito del procedimento che riguarda la famiglia che viveva nel bosco di
Palmoli in una capanna senza luce e acqua. All’udienza, secondo quanto riferisce
l’Ansa, con gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, ci saranno anche i
genitori dei tre bambini. Non si esclude che il Tribunale, che ufficialmente ha
solo chiesto la comparizione della parti, possa anche decidere di modificare o
revocare l’ordinanza di allontanamento del 20 novembre scorso.
L’alloggio accettato è un casolare appena ristrutturato nel bosco di Palmoli,
offerto in comodato gratuito da Armando Carusi, un ristoratore di Ortona. Il
padre, Nathan, ha visitato la residenza autonoma – dotata di almeno due ampie
stanze, cucina, un pozzo per l’acqua, bagno a secco e locali per gli animali –
ed è rimasto “affascinato” dalla struttura che rispecchia il loro stile di vita,
tanto da essere colpito anche da alcuni antichi attrezzi in legno presenti. I
coniugi hanno depositato nei giorni scorsi un reclamo avverso l’ordinanza di
allontanamento, il cui fine dichiarato era la salvaguardia e la tutela del
benessere psicofisico dei bambini.
Il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha sospeso temporaneamente la potestà
genitoriale e collocato i bambini, di 6 e 8 anni, in una comunità, a loro
tutela. Si è trattato proprio di una misura estrema perché il provvedimento,
come si è sottolineato in una lunga nota dell’Associazione Italiana dei
Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, è stato disposto dopo un anno di
osservazione e perché appunto non erano state rispettate le prescrizioni da
parte dei genitori. Il caso dei bimbi era arrivato all’attenzione dei servizi
sociali dopo una intossicazione da funghi.
L'articolo Famiglia nel bosco, i genitori dei bimbi allontanati convocati dal
Tribunale per i minorenni proviene da Il Fatto Quotidiano.
Prima gli insulti fuori dalla scuola, poi l’aggressione. Una 14enne, nel mese di
febbraio scorso a Torino, ha inciso con un accendino una “V” di vendetta sul
viso di una coetanea dopo averla bloccata per terra. Adesso la ragazzina è stata
condannata dal Tribunale per i minorenni a 3 anni, 7 mesi e 20 giorni di
reclusione. La procura minorile, come riporta Corriere Torino, aveva chiesto 3
anni e 2 mesi.
Pochi giorni dopo l’aggressione la 14enne era stata arrestata e portata in una
comunità. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti la ragazzina avrebbe
aggredito la coetanea – che conosceva solo di vista – perché aveva mostrato
interesse verso un ragazzo della sua cerchia di amici.
Entrambe frequentano lo stesso comprensorio scolastico e già in passato ci
sarebbero stati momenti di tensione. La ragazza ferita era stata soccorsa da una
donna e accompagnata in ospedale, l’altra era stata scortata a casa e
denunciata. Una settimana più tardi, la Procura dei minori ha chiesto l’arresto
della quattordicenne e il suo trasferimento in una comunità. Il legale della
14enne condannata aveva descritto la sua assistita come “una ragazza fragile,
che ora sta facendo i conti con le conseguenze delle proprie azioni”.
L'articolo Torino, sfregia una coetanea incidendole sul viso una V con
l’accendino: 14enne condannata a 3 anni e 7 mesi proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Dopo tre anni di negoziati falliti in senso al Consiglio europeo, Chat control è
vicinissimo alla meta, grazie al “sì” del Coreper giunto la mattina del 26
novembre. Gli ambasciatori a Bruxelles dei 27 Stati europei, senza discutere il
provvedimento, hanno approvato il testo firmato dalla Danimarca. Serve a
contrastare la pedofilia online, ufficialmente, con il nome tecnico di Csar:
Child sexual abuse regulation. Ma l’effetto collaterale sarebbe l’azzeramento
della privacy online: i messaggi in chat e via mail di 450 milioni di europei
sarebbero scansionati automaticamente da un algoritmo, se le piattaforme
digitali vorranno. Oggi la maggioranza qualificata è stata raggiunta, nella
riunione del Coreper, con il favore decisivo della Germania e l’astensione
dell’Italia. La prossima tappa è il voto decisivo del Consiglio Ue l’8 e 9
dicembre. Non ci saranno discussioni, i 27 dovranno prendere o lasciare: sembra
scontato il semaforo verde, per ratificare il consenso già espresso. Dopo
inizierà la fase finale, con i negoziati tra le massime istituzioni del Vecchio
Continente: il trilogo tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue.
COSA PREVEDE LA VERSIONE DANESE DI CHAT CONTROL
La proposta danese ha riscosso consensi grazie ad una modifica sostanziale. La
scansione dei messaggi non sarà imposta alle piattaforme digitali, ma solo
caldamente consigliato. Invece il regolamento proposto dalla Commissione europea
– l’11 maggio 2022 – prevede controlli automatici e indiscriminati, grazie ad un
varco nella “muraglia” della crittografia end to end. Traduzione: un software
spierebbe i messaggi di tutti i cittadini europei, eludendo i codici a tutela
della privacy, segnalando alle forze dell’ordine i casi sospetti di molestie sui
minori. Da circa un decennio, le agenzie di sicurezza come Europol ed Fbi
reclamano l’accesso alle comunicazioni online per contrastare la criminalità,
inclusi gli abusi sui minori. Ma nel nome della sicurezza, si rischia di
sacrificare la privacy.
Nel testo danese, il controllo dei messaggi è affidato alla libera scelta delle
piattaforme, proprio come avviene ora: una violazione della privacy in virtù di
una deroga, contenuta nel regolamento Ue n. 1232 del 2021, rinnovata ogni anno.
Ma ora l’eccezione diventerebbe la norma. Facebook già scansiona i nostri
messaggi a caccia di sospetti abusi e da Meta giunge il 95 per cento delle
segnalazioni per le forze dell’ordine. Tuttavia, la nuova formulazione non fuga
i dubbi dei difensori della privacy. Secondo l’ex europarlamentare Patrick
Breyer, l’obbligo della scansione è uscito dalla finestra per rientrare dalla
porta. L’articolo 4 del nuovo testo, infatti, impone alla piattaforme di
adottare “tutte le misure appropriate di mitigazione del rischio”. Senza stilare
“un elenco esaustivo delle misure”, i fornitori di servizi conserverebbero “un
certo grado di flessibilità per progettare e attuare” le difese digitali a
tutela dei minori. Una concreta possibilità è l’obbligo della verifica dell’età:
se passasse Chat control, con buona probabilità bisognerà inviare i documenti
alle piattaforme, prima di aprire un profilo in chat, un account di posta
elettronica o acquistare spazio di archiviazione sul cloud. Da febbraio, sarà
così per visitare i siti porno. In pratica, la morte dell’anonimato online. Di
sicuro, la scansione automatica e obbligatoria di tutti i messaggi non è
accantonata, ma solo rinviata. La possibilità di imporla sarà riesaminata in
futuro dalla Commissione Ue, stando al compromesso danese. Bisognerà attendere
stagioni migliori, i tempi non sono maturi.
LE PIATTAFORME CONTRO CHAT CONTROL, PROTON: “….”
Proton è tra le piattaforme ostili a Chat control. “In questo tipo di
legislazione, il diavolo si nasconde solitamente nei dettagli – dice al Fatto.it
il Ceo e fondatore Andy Yen – Restiamo estremamente vigili e contribuiremo
attivamente ai prossimi negoziati di trilogo per garantire i miglioramenti
necessari, affinché siano rispettate la protezione della privacy e la sicurezza
delle comunicazioni”. Anche Signal e Meta hanno espresso forti critiche verso
chat control, per i rischi sulla privacy ma anche per la sicurezza informatica.
Aprire un varco nella crittografia end to end sarebbe utile non solo alle forze
dell’ordine, ma anche ai delinquenti digitali.
L’ITALIA E LA DIFFICILE MINORANZA DI BLOCCO, M5S: “GOVERNO MELONI? ASTENSIONE
PILATESCA. FERMARE LA SORVEGLIANZA DI MASSA”
Al Coreper l’Italia si è astenuta su chat control: in passato ha sempre espresso
posizioni dubbiose, mai apertamente sfavorevoli. Non è chiaro quali Paesi
abbiano espresso voto contrario, nell’assise degli ambasciatori del 26 novembre.
Cechia, Polonia, Paesi Bassi e Slovacchia avrebbero espresso riserve su Chat
control. Ma non basta per formare una minoranza di blocco: l’unico modo per
fermare il provvedimento è il no di almeno 4 Paesi con il 35 per cento della
popolazione europea. Il poker di Paesi con riserva, sommando gli abitanti
dell’Italia, si ferma poco sotto l’asticella del 30 per cento. Dunque l’ago
della bilancia è nelle mani della Germania e il voto contrario dell’Italia non
cambierebbe il risultato. Il governo Meloni lascia trapelare alle agenzie le sue
perplessità: condivide la lotta agli abusi sessuali online, ma non accetta forme
di controllo massivo di chat e dati personali. Ma allora, perché astenersi al
voto su chat control? Una mossa “pilatesca” secondo l’europarlamentare del
Movimento 5 stelle Gaetano Pedullà. “Con la scusa della tutela dei minori, i
governi vogliono assicurarsi uno strumento potente di sorveglianza e controllo
dei cittadini”, rincara il pentastellato. Il 19 novembre a Montecitorio, il
deputato del Movimento Marco Pellegrini ha chiesto alla premier di esporre in
Parlamento la posizione del governo su Chat control. Per ora, palazzo Chigi
tace.
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massa. Italia astenuta, M5s: “Meloni come Pilato” proviene da Il Fatto
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