Gentilissimo ministro della Salute Orazio Schillaci,
come forse lei ricorderà bene, ho sollevato il problema dei costi delle batterie
delle carrozzine elettriche. Qualche giorno fa il giornalista del Fatto
Quotidiano Renato La Cara attraverso un suo articolo ha fatto ben presente che
le famiglie e le persone disabili sono ancora costrette a pagare totalmente o in
parte gli ausili di tasca propria.
La pregherei molto gentilmente di impegnarsi a risolvere questo enorme e grave
pasticcio perché né i disabili né le loro famiglie possono sostenere le spese
degli ausili di cui hanno totalmente bisogno e diritto.
Le ricordo che le persone disabili con invalidità 100% ricevono dallo Stato una
pensione pari € 336,00 mensili più l’indennità d’accompagnamento pari a € 542,02
che è destinata a chi assiste. Mi può spiegare con questo tipo di importi, come
fa chi ha bisogno di un ausilio a pagarselo anche in parte?
Le suggerisco di elaborare un testo dove invita tutte le regioni ha non far
pagare nessun costo se un utente tramite prescrizione medica richiede un
ausilio, così facendo si può evitare che ogni regione possa scegliere di fare
come vuole. Mi impegno come sempre a raccogliere tutte le testimonianze dei
cittadini sui costi che devono affrontare per avere gli ausili e sarà mia
premura inviargliele a lei, al ministro dell’Economia e Finanza Giancarlo
Giorgetti, alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella.
Rimango a sua disposizione a titolo gratuito.
In attesa di una sua risposta scritta, che verrà pubblicata su questo blog, la
ringrazio anticipatamente.
Dott. Luca Faccio
Per segnalarmi le vostre storie scrivete a: raccontalatuastoria@lucafaccio.it e
redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
L'articolo Ministro Schillaci, risolva il pasticcio sugli ausili: i disabili non
possono pagare di tasca propria proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Orazio Schillaci
Cosa aspetti, collega Schillaci? Aspetti che il Servizio Sanitario Nazionale
imploda? Aspetti che i cittadini italiani si ammalino irreversibilmente?
Favorisci, insieme ai tuoi colleghi, il continuo allontanamento dei cittadini
dalla politica perché non credono più ai vostri sproloqui? Tu che fai il medico
e che sicuramente dovesti avere prontezza di riflessi nel campo sanitario si
sono un po’ rallentati?
Oggi sono felice perché per chi mi legge, e per chi non lo ha fatto può andare a
leggere i miei articoli degli ultimi anni, posso dare una notizia entusiasmante.
Anche il prof Garattini ha detto in una intervista che “i medici di famiglia
devono diventare dipendenti del SSN”! Sante parole sembra abbia, lui sì, letto
le mie! Ma con tutto il rispetto, caro prof Garattini, per avere veramente una
svolta occorrerebbero che i medici di base si allocassero in strutture
ospedaliere, pubbliche o private accreditate, non nelle case di comunità,
costose isole nel deserto!
Ed ancora, caro prof Garattini, per allontanarci ancor più dai sindacati dei
medici di base che vogliono difendere il lavoro di privati accreditati, occorre
fondare una nuova facoltà di Medicina del Territorio che sforni ogni cinque anni
nuovi medici che facciano solo il primo contatto in strutture ospedaliere che
hanno tutto per giungere ad una diagnosi ed una terapia più utile al paziente.
Lasciando finalmente liberi i Pronto Soccorso per le vere urgenze.
Perché, altrimenti, le sue ultime parole saranno sicuro da prendere come un
presagio non troppo lontano: “Io ho vissuto il periodo in cui il Servizio
sanitario nazionale non esisteva – ha detto –. Mio padre dovette prendere un
secondo lavoro per curare i familiari, perché bisognava pagare tutto. Oggi si
rischia di tornare a quella situazione, e questo dobbiamo assolutamente
evitarlo”.
Schillaci, batti un colpo se ci sei. Partiamo da qui subito per una riforma
epocale prima che il paziente, inteso come SSN, muoia.
L'articolo “Medici di famiglia dipendenti del Servizio sanitario”: Garattini mi
dà ragione. Schillaci, batti un colpo! proviene da Il Fatto Quotidiano.
di Angelo Bianco
Caro ministro Schillaci,
A qualcuno, certo non a Lei, non deve essere chiaro capire che anche il medico
ha un badge da timbrare, perché anche noi abbiamo un contratto da rispettare e
prevede un orario di lavoro, sono sei ore e venti per sei giorni lavorativi. Io,
per esempio, faccio il chirurgo, mi divido tra corsia, sala operatoria e
ambulatorio e non sono mai solo sei ore e venti perché, come usava dire un mio
antico primario, “ricordatevi sempre che noi non siamo ragionieri, siamo
chirurghi, noi non abbiamo un orologio, si va via dall’ospedale solo quando è
tutto finito”.
A qualcuno altro poi, ma mai a Lei, deve essere più oscuro capire che anche un
medico ha una famiglia e una vita privata, che occupano la sua vita un secondo
dopo che il badge ha suonato la fine delle attività quotidiane ospedaliere. Io,
per esempio, ho tre bambine piccole, una moglie e mi piace giocare a tennis
anche se il ginocchio comincia a “scricchiolare”, l’età avanza.
A tutti invece, meno ancora che sempre a Lei che è stato un medico, è proprio
davvero impossibile capire che noi, uno o più giorni al mese, possiamo scegliere
di sottrarre un paio d’ore alla nostra famiglia, ai nostri hobby o anche solo a
raccogliere margherite dal prato e dedicarli alla nostra attività di libera
professione. Io, per esempio, ho un’ora di intramoenia, ogni martedì, e la mia
visita specialistica di chirurgo proctologo, frutto di 12 anni di studi e
aggiornamento costante, vale 120 € lorde, io ne intasco il 35%, mica tutti –
come a tutti non è chiaro.
Cari tutti, meno ancora che Lei, ovvio, sig. ministro, questa è la vita di un
medico, a noi è facile capirne ogni passaggio, l’abbiamo scelta noi.
Io, per esempio, vivo così da 25 anni, tra santi tirati giù quando squilla il
telefono in piena notte per un’emergenza chirurgica, e madonne quando c’è una
denuncia.
> Visualizza questo post su Instagram
>
>
>
>
> Un post condiviso da La Stampa (@la_stampa)
Mancano dieci anni alla mia pensione e di santi ne fanno uno al mese, c’è tanta
gente buona che muore e merita il paradiso, io ne avrei avuti ancora a
sufficienza per arrivare al fondo, magari passeggiando sempre più stancamente
tra le macerie di quel che resta della nostra dignità, oggetto di una campagna
di distruzione identitaria e di diffamazione professionale, tra Covid, no vax e
Google, per la quale siamo a turno “complottisti”, “assassini”, “ignoranti”. Mai
avrei pensato, però, di ritrovarmi un m giorno anche tra i “mercenari” ed è
proprio Lei, sig. ministro, a buttare scelleratamente questa nuova definizione
tra le fauci affamate del popolino, dichiarando di voler sospendere
l’intramoenia, adducendola a causa della lungaggine delle liste d’attesa, così
che, adesso, la nostra avidità è la principale di tutte le ragioni del disastro
del Ssn.
Lei ha chiuso il cerchio diffamatorio perché se la visita della qualunque ti è
prescritta a babbo morto, in fondo, è anche colpa dello specialista che invece,
privatamente, è prenotabile ieri: la gogna è servita, lo schema Covid si ripete.
Io non ci sto, adesso davvero basta. Sia chiaro a tutti, a Lei compreso signor
ministro, che la misura della pazienza è ormai colma. Da oggi anche io non
capisco più se, difronte a tanta reiterata ignoranza sui nostri diritti e
soprattutto a Lei che vuole cambiare i patti, ho ancora voglia di rispettare un
contratto, virgola oraria per virgola di diritto, di perseverare ad anteporre
l’ospedale alla mia famiglia e di rinunciare a praticare i miei hobby per non
averne il tempo, piuttosto che per la paura di una protesi.
Sia chiaro a tutto, in primis a me, che anche io sono tanto, tanto buono ma non
più mica tanto, tanto fesso. Io, per esempio, mi chiamo Angelo ma non ho
l’aureola, non ho ambizione di santità né tantomeno quella di “missionario”, che
è la sola definizione nella quale mi sono riconosciuto da sempre. Io da oggi,
per esempio, lavoro come un ragioniere, 6 ore e 20, tutti i giorni,
rigorosamente, come recita il contratto, poi dritto a casa e, una volta ogni
tanto, a giocare a padel. Ricordatevelo, tutti!
IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI
CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA
SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST
INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ
INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL
VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA
FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN
RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA”
POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ –
MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM
RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI!
L'articolo Ora per il ministro Schillaci l’avidità di noi medici è la principale
colpa del disastro del Ssn: ora basta! proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nei giorni scorsi il ministro della Sanità Orazio Schillaci ha espresso un
ragionamento molto denigratorio rispetto alla classe medica (di cui lui per
inciso fa parte). Mi domando come si sentiranno i pazienti che oggi si recano
dal medico, che dovrebbe essere un loro riferimento di fiducia, sapendo che il
ministro li considera dei debosciati che sono disposti a mettere a repentaglio
la salute dei loro assistiti per guadagnare di più? In sintesi il ministro ha
detto, seguendo i ragionamenti più populisti, che per diminuire le liste
d’attesa per le prestazioni specialistiche del servizio sanitario sta pensando
di impedire la libera professione dei medici all’interno dell’ospedale. In
questo modo ha implicitamente avvallato l’idea che i medici ospedalieri non
effettuino appositamente visite, che dovrebbero attuare per dovere
istituzionale, per favorire la loro stessa libera professione. Fannulloni
durante l’orario di lavoro, pagato dal servizio sanitario, in modo che il
paziente, esasperato dai tempi d’attesa, accetti l’idea di sborsare del denaro
per avere l’agognata visita.
Il ministro dovrebbe sapere che nella stragrande maggioranza i medici
ospedalieri durante le 38 ore di orario lavorativo svolgono per lo più attività
di reparto per cui accudiscono ai pazienti ricoverati, effettuano interventi, e
cercano di salvare la loro vita riportandoli a una condizione accettabile per la
dimissione. A parte qualche caso sporadico, la mela marcia che certo ci potrà
essere, la mia esperienza mi porta a ritenere che il lavoro in ospedale sia
molto gravoso e impegnativo. Se finito l’orario ospedaliero i medici, per poter
seguire più accuratamente alcuni pazienti che hanno con loro un rapporto di
fiducia, svolgono libera professione lo fanno in ore che sottraggono alla vita
privata e alle loro famiglie.
Spesso durante qualche cena conviviale di un circolo medico parlo con mogli o
mariti di colleghi che si lamentano perché il loro caro è sempre assente da
casa. La professione medica tende ad assorbire psicologicamente e umanamente per
cui non è raro trovare colleghi che vi si dedicano completamente.
Il ministro dovrebbe sapere che se deciderà di impedire la libera professione
succederanno due cose. La prima che non vi sarà alcuna variazione nelle liste
d’attesa per le visite visto che il medico ospedaliero continuerà a svolgere le
sue 38 ore. La seconda che i medici più in vista, presumibilmente i più bravi e
con esperienza, si licenzieranno visto che sarà loro impedita la libera
professione e il servizio sanitario si depaupererà di professionisti molto
preparati.
La libera professione intra-ospedaliera per alcuni medici è stata in questi anni
il modo per ovviare al deprezzamento molto rilevante del loro reddito
determinato dall’inflazione e non compensato in alcun modo dal servizio
sanitario. Si tratta, inoltre, di attività in cui ancora si può instaurare una
relazione medico paziente di fiducia che negli ingranaggi del servizio sanitario
tende a essere difficile per diverse ragioni: il fatto che quasi sempre il
paziente non possa scegliere il medico da cui andare per effettuare una visita e
i tempi contingentati per la prestazione. Se io paziente vado in una visita da
un oculista, dopo un anno da un suo collega e nel terzo anno da un terzo
oculista non mi sentirò preso in carico da nessuno e dubiterò delle prestazioni
in quanto ognuno di loro non mi conosce come persona e non può, in una visita di
15 minuti, capire tutta la complessità del mio caso.
Non voglio difendere a spada tratta una categoria perché all’interno, come in
ogni gruppo sociale ci sono i buoni e i cattivi. Denigrare però a prescindere,
senza proporre nulla di concreto in alternativa, la classe medica provoca
giustamente nei pazienti diffidenza, scetticismo sulle cure proposte, sfiducia
nei farmaci somministrati e quindi, conseguentemente, allarme sociale a
discapito della salute. Il ministro dovrebbe sapere che se si distrugge
l’immagine della classe medica succederà che gli interventi proposti non
verranno attuati e le terapie non eseguite. Il suo ragionamento populista
provoca, quindi, peggioramento nella condizione di salute della popolazione che
non avrà fiducia nei medici.
Il ministro dovrebbe assumersi delle responsabilità. Non può fare campagne per
favorire la prevenzione oncologica consigliando, per individuare precocemente i
melanomi, visite periodiche dai dermatologici per poi non aumentare il numero
delle visite ambulatoriali del servizio sanitario. Non può farsi bello
consigliando la prevenzione del tumore alla prostata senza aumentare le visite
urologiche. Io non lavoro nel servizio sanitario nazionale e quindi non sono
direttamente interessato a queste sparate del ministro. Se però vi operassi mi
sentirei molto offeso ad essere descritto come un medico che appositamente non
lavora al meglio durante l’orario di servizio per costringere i pazienti a
recarsi in libera professione.
Negli ultimi anni ho visitato come psicoterapeuta parecchi colleghi medici che
lavorano in ospedale. Al di là delle singole situazioni personali emerge in loro
molta amarezza per come la politica li sta trattando, per la rabbia che monta
nella popolazione che non si sente curata adeguatamente e per lo stress che si
determina a operare sempre in situazioni emergenziali. Soprattutto i più giovani
tendono a lavorare molte più ore di quelle per cui sono pagati per ovviare alle
carenze dei loro reparti o servizi. Parlavo recentemente con una giovane collega
che mediamente opera per 50 ore la settimana (12 in più di quelle che sarebbero
nel suo contratto) senza alcuna remunerazione aggiuntiva.
La domanda di salute è molto elevata e giustamente ora la popolazione attua
molti interventi preventivi che in passato non venivano neppure proposti. Il
ministro deve assumersi la responsabilità di dire cosa il servizio sanitario è
in grado di erogare aumentando il personale se necessario. A mio avviso dovrebbe
avere il senso di responsabilità per affermare anche che certe prestazioni il
servizio sanitario, per carenza di finanziamento, non è in grado di erogare.
Assumersi le responsabilità è un suo compito. Non glielo ha ordinato il dottore
di fare il ministro. Rifugiarsi dietro alle sparate populiste può attirare
qualche apprezzamento temporaneo ma denigra tutta la categoria dei medici
provocando peggioramento della salute pubblica.
L'articolo Da Schillaci una sparata populista: lo sa il ministro quante ore
dedicano i medici al loro lavoro? proviene da Il Fatto Quotidiano.