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Regionali Campania, boom di preferenze ai sindaci: eletti in tre nonostante la legge per ostacolare la loro candidatura
Dal voto campano emerge anche il dato della forza dei sindaci delle città popolose, che resiste a ogni ostacolo. Tre di loro entrano in Consiglio regionale con dei boom di preferenze. E nonostante una leggina regionale che li ha costretti a dimettersi con ampio anticipo. Studiata forse per mettere loro i bastoni tra le ruote. Infatti l’ex sindaco di San Giorgio a Cremano Giorgio Zinno (39mila preferenze nel Pd, nella foto), l’ex sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto (19 mila preferenze in Casa Riformista) e l’ex sindaco di Casalnuovo Massimo Pelliccia (16mila preferenze in Forza Italia) entrano in consiglio regionale divisi tra maggioranza e opposizione, ma accomunati dall’aver dovuto lasciare i loro comuni in anticipo. Con percorsi diversi. Zinno e Buonajuto si sono dimessi – di qui lo scioglimento immediato dell’amministrazione – mentre Pelliccia è stato dichiarato decaduto con voto del consiglio comunale per un contenzioso: la Sapna, la società dei rifiuti, lo ha citato in giudizio chiedendogli 800 euro di risarcimento per i mancati pagamenti del conferimento. La sua giunta quindi prosegue per un altro anno con un primo cittadino facente funzioni. In ogni caso, le tre città torneranno al voto nella primavera 2026. In Regione Campania la legge elettorale è cambiata il 29 maggio ed ha imposto ai sindaci l’obbligo di decadere dalla carica prima del 20 luglio 2025, ovvero prima che decorressero due mesi dalla data delle elezioni precedenti (svoltesi il 21 settembre 2020). Una norma più severa della legge nazionale di indirizzo, che stabilisce solo l’obbligo di risultare decaduti entro il giorno della presentazione delle liste. I sindaci si sono quindi dimessi al buio, in un momento in cui non c’erano certezze ne sulla data delle elezioni (si paventava uno slittamento alla primavera del 2026), né, almeno dal punto di vista formale, sulla loro candidatura al consiglio regionale. Le prime bozze della modifica normativa regionale furono severamente criticate dall’Anci Campania. L’allora presidente Carlo Marino picchiò duro, parlando “un brutale e immotivato schiaffo ai sindaci”. Il coordinatore Anci dei piccoli comuni, il sindaco di Pollica (Salerno) Stefano Pisani, parlò di “tentativo di autoconservazione della specie”. Si riferiva ai consiglieri regionali che avrebbero approvato la legge con l’intento, secondo la maliziosa interpretazione di Pisani, di impedire ai sindaci di farsi eleggere al loro posto. Se quello era l’obiettivo, le urne lo hanno bocciato. L'articolo Regionali Campania, boom di preferenze ai sindaci: eletti in tre nonostante la legge per ostacolare la loro candidatura proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Campania, top e flop delle Regionali: Sangiuliano eletto per una pugno di voti. Non ce la fa Boccia, il figlio di Mastella sì
In una carrellata dei top e dei flop delle elezioni regionali in Campania c’è uno che può ricoprire entrambe le caselle: l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Eletto sì, ma per il rotto della cuffia: solo 9.902 preferenze per il capolista di Fratelli d’Italia, appena 300 in più del primo degli esclusi, il segretario cittadino Marco Nonno. A Napoli il partito di Meloni è rimasto sotto l’11%: chi non salta non porta voti. L’ex ministro della Cultura può però sorridere a trentadue denti pensando al pericolo scampato ed al risultato della sua ‘antagonista’, Maria Rosaria Boccia, intruppata nelle percentuali infinitesimali di ‘Dimensione Bandecchi’, ferma a 146 preferenze: una ogni cinquanta articoli dedicati alla sua candidatura. Ai detrattori della candidatura di Roberto Fico va evidenziato il dato che l’ex presidente della Camera ha raccolto 56mila voti più delle sue liste. Meglio del candidato del centrodestra Edmondo Cirielli (più 50mila sulle sue liste). La lista più trainata dalle preferenze risulta invece “A testa alta”, che fa riferimento al presidente uscente Vincenzo De Luca. Per ogni voto dato a questa lista, sono state espresse in media 1,28 preferenze per i candidati al Consiglio regionale. Ma i signori del consenso personale anche stavolta albergano nel Pd di Napoli. Boom per Giorgio Zinno e Salvatore Madonna, quasi 40mila preferenze a testa. Dietro il risultato dell’ex sindaco di San Giorgio a Cremano e del consigliere comunale di Napoli si vede la longa manus del capogruppo regionale uscente Mario Casillo, destinato alla vice presidenza della Campania. Nel M5s è andato fortissimo l’assessore alle politiche sociali di Napoli, Luca Trapanese: quasi 13mila voti per il politico la cui storia di padre adottivo di una bimba con la sindrome di down ha ispirato il film ‘Nata per te’. In “A testa alta” ce la fa in extremis l’assessora all’Istruzione di De Luca, Lucia Fortini, con quasi 18mila voti. In odore di riconferma in giunta, in quel caso subentrerebbe Rossella Casillo, la figlia dell’ex senatore Tommaso Casillo. Il capitolo dei “figli di” è un susseguirsi di gioie e dolori. Non ce la fa Armando Cesaro (Casa Riformista), oggi pupillo di Matteo Renzi dopo essere stato erede dei serbatoi di voti azzurri di Luigi Cesaro. Entra in Consiglio invece Pellegrino Mastella, figlio di Clemente Mastella, robusta la sua affermazione a Benevento con 17mila preferenze. Noi Sud è il primo partito in città con quasi il 18%, quattro punti in più dei dem e uno in più di Forza Italia e Fdi. Eletto per la seconda volta Giovanni Mensorio (Avanti Campania), non viene riconfermato Giuseppe Sommese, secondo dei non eletti nella stessa lista, figlio dell’ex assessore Pasquale Sommese. Pochi voti per Ione Abbatangelo, figlia dell’ex europarlamentare missino Massimo Abatangelo, in Fdi Napoli, non abbastanza per Rosaria Aliberti, figlia del sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, in Forza Italia a Salerno. Un clamoroso flop è il risultato di Pasquale Di Fenza, candidato in Forza Italia a Napoli dopo i video negli uffici del consiglio regionale con Rita De Crescenzo e l’anatema di Calenda che lo cacciò da Azione all’istante: solo 1.200 voti. Non l’ha votato neanche la tiktoker napoletana, che quando si è presentata al seggio si è accorta di essere stata cancellata dalle liste elettorali. In Forza Italia il nuovo recordman delle preferenze è il sindaco uscente di Casalnuovo Massimo Pelliccia, che ne ha raccolte più di 16mila. Nella lista Cirielli ci ha provato, ma senza successo, il leader dei comitati contro gli abbattimenti delle case abusive, Raffaele Cardamuro: per lui 3.000 voti in nome dell’eterna e ricorrente promessa del condono. E resta al palo anche Daniela Di Maggio, capolista Lega, la mamma di Giogiò, il giovane musicista ucciso per strada senza un motivo: solo 964 voti. La Lega di Napoli sarà rappresentata in aula dall’ex deputata e collezionista di partiti Michela Rostan, che ha raccolto 11.041 voti: già Pd, poi Mdp, Leu, Renzi, gruppo misto, Forza Italia, prima di approdare al partito di Salvini. Infine i fedelissimi ed ex fedelissimi di De Luca, sparpagliati qui e lì. Partiamo da uno che non lo è più, Giovanni Zannini. Rieletto ma stavolta con la maglietta di Forza Italia, irrobustito da quasi 32mila preferenze. Da Salerno tornano in Consiglio regionale Francesco Picarone (Pd, 13 mila preferenze) e Luca Cascone (‘A testa alta’, 20mila preferenze). Ed a Caserta torna in aula per la quinta volta consecutiva il presidente uscente del consiglio regionale Gennaro Oliviero: 17mila voti in ‘A testa alta’ per l’ex dem al centro di numerose polemiche prima e dopo il commissariamento del Pd casertano. Che non ne hanno scalfito l’appeal elettorale. L'articolo Campania, top e flop delle Regionali: Sangiuliano eletto per una pugno di voti. Non ce la fa Boccia, il figlio di Mastella sì proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Clemente Mastella
Gennaro Sangiuliano
“Tanto l’aria s’adda cagnà”: Schlein festeggia in Campania e cita Pino Daniele. E a Meloni: “Ha ben poco da saltare”
Anche Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, dopo i primi risultati che hanno segnato la vittoria di Roberto Fico alle regionali in Campania, è arrivata a Napoli per esprimere il suo sostegno al candidato del centrosinistra. “L’alternativa c’è ed è competitiva, il riscatto parte dal sud e ci porterà a vincere insieme, la partita delle prossime politiche è apertissima. Uniti si vince, il margine di Fico e Decaro dimostra che uniti si stravince, e anche dove non vinciamo come in Veneto raddoppiamo i risultati. Gli elettori premiano lo sforzo unitario“, ha detto Schlein, ringraziando anche la giunta uscente il presidente De Luca per il lavoro svolto negli anni. “Giorgia Meloni stasera ha ben poco da festeggiare e da saltare“, ha proseguito la segretaria dem definendo il governo il “più antimeridionalista della storia repubblicana”. Schlein ha quindi concluso citando Pino Daniele: “Tanto l’aria s’adda cagnà”. L'articolo “Tanto l’aria s’adda cagnà”: Schlein festeggia in Campania e cita Pino Daniele. E a Meloni: “Ha ben poco da saltare” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Campania
Regionali, le reazioni | Schlein: “Uniti si stravince”. Conte: “Non saltellano più”. E Meloni: “In Veneto vince la credibilità”
Tre regioni, tre conferme e zero sorprese. Al massimo, un occhio agli equilibri interni alle coalizioni. Eppure a sinistra vedono uno spiraglio, soprattutto perché le vittorie in Puglia e Campania sono arrivate grazie a una coalizione larghissima e il successo è stato strabordante. Con il M5s che esulta per aver conquistato una seconda regione dopo la Sardegna: ora ne governa lo stesso numero di Fratelli d’Italia. La tornata elettorale non riserva alcuno scossone e così i partiti guardano tutti il bicchiere mezzo pieno. Il centrodestra si concentra sulla vittoria in Veneto, il centrosinistra sulla Puglia e la Campania. Così – mentre il leader della Lega Matteo Salvini parla di “vittoria di squadra” postando una foto con Alberto Stefani e Luca Zaia – la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si concentra sul Veneto parlando di una “vittoria frutto del lavoro, della credibilità e della serietà della nostra coalizione” congratulandosi con Stefani e ringraziando Edmondo Cirielli e Luigi Lobuono, ridotti a “sparring partner” nelle due regioni andate al campo largo. Nel mirino delle opposizioni finisce soprattutto il primo, vice-ministro degli Esteri e uomo forte di Fratelli d’Italia. “Non saltellano più”, ironizza il presidente del M5s Giuseppe Conte ricordando il “chi non salta comunista è” inscenato al PalaPartenope di Napoli dai leader del centrodestra. “Abbiamo vinto ascoltando i bisogni delle persone, delle famiglie in difficoltà, dei lavoratori, delle imprese – dice ancora Conte – Ha perso chi di fronte alle difficoltà degli italiani saltella e oggi cade rovinosamente. Fico ha battuto sonoramente un candidato di Fratelli d’Italia, un esponente del governo Meloni, senza mischiarsi a una lotta nel fango”. Il leader dei Cinque Stelle può anche sbandierare il governo di una seconda regione: “Una doppietta storica. Questo ci dà ancora più forza e coraggio: lotteremo con le unghie e con i denti per cambiare le cose nel nostro Paese”. Secondo Elly Schlein, segretaria del Pd, c’è una strada da proseguire: “Il messaggio è che l’alternativa c’è. Decaro e Fico dimostrano che uniti si stravince. Anche in Veneto, dove non abbiamo vinto, abbiamo raddoppiato il risultato del 2020. La partita delle prossime elezioni è aperta”. Un riverbero nazionale ce lo vede anche Matteo Renzi, che appoggiava sia Decaro che Fico: “Sono mesi che ci ripetono un ritornello stanco: Giorgia Meloni non ha rivali, è invincibile, non ha alternative. I risultati di Campania e Puglia, dopo la Toscana, dicono invece che l’alternativa c’è, da Casa Riformista fino alla sinistra. E questa alternativa, quando è unita, vince”. Da qui, l’avvertimento del leader di Italia Viva: “Da domattina Giorgia Meloni proverà a cambiare la legge elettorale. Perché con questa legge elettorale lei a Palazzo Chigi non ci rimette più piede”, aggiunge l’ex presidente del Consiglio rimarcando di fatto come una Große Koalition dai riformisti fino ad Avs e M5s molto spesso riesca a imporsi nelle elezioni locali. Per il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, il “messaggio è chiaro: il centrosinistra quando è unito è in grado di costruire un’alternativa a questo governo”, ha detto sostenendo che il centrosinistra “può mandare a casa” la destra. Di successo del “metodo del civismo” si tratta invece secondo Michele Emiliano, governatore uscente del Pd in Puglia: “Ovviamente cambiano le persone. Mi pare che anche il Pd sta andando forte. Perché il Pd è essenziale per governare la Regione. Senza il Pd per me sarebbe stato difficile avere quella tranquillità che solo un grande partito pronto a vincere le politiche del 2027 ti può dare”. E ha voluto sottolineare che Elly Schlein è andata in Campania e non in Puglia per “dire agli alleati del M5s che noi diamo loro grande importanza”. Diversi esponenti politici – da Maurizio Lupi di Noi Moderati e Filippo Sensi del Pd – mettono l’accento sull’astensionismo, che ha superato il 50% in tutte e tre le regioni. Resta aperta la questione dei riflessi interni dei risultati regionali. Se Decaro chiude le porte a una prospettiva nazionale della sua vittoria (“Il Pd ha già un segretario, io ora sarò il presidente della Regione Puglia, il presidente dei pugliesi”), Fratelli d’Italia guarda con attenzione ai voti di lista in Veneto con un affaccio sulle Regionali in Lombardia. “Interpretazioni dei giornali – sostiene Giovanni Donzelli – FdI ha sempre detto che vuole scegliere il candidato migliore a prescindere dalle bandierine, dicendo anche che, come noi siamo generosi e lo siamo stati in Veneto con gli alleati, non può esserci preclusione nei confronti di FdI. Di volta in volta sceglieremo il candidato migliore possibile confrontandoci tra noi e questo vale e varrà sempre”. L'articolo Regionali, le reazioni | Schlein: “Uniti si stravince”. Conte: “Non saltellano più”. E Meloni: “In Veneto vince la credibilità” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Rita De Crescenzo va a votare, ma risulta cancellata dagli elenchi dell’anagrafe. Borrelli (Avs): “Ridicolo”. Lei: “Un’ingiustizia”
Tanto rumore per (quasi) nulla. Il rapporto tra la tiktoker Rita De Crescenzo e la politica si colora di un nuovo, intrigante, episodio. De Crescenzo non ha potuto infatti esercitare il suo diritto di voto in quanto assente dagli elenchi. Come racconta il deputato di AVS Francesco Emilio Borrelli, a De Crescenzo recatasi correttamente al suo seggio in zona Pallonetto di Santa Lucia è stato vietato l’accesso alle urne perché risultava assente dagli elenchi. “È ridicolo che dopo settimane di campagna elettorale a sostegno del consigliere uscente Di Fenza, scopriamo che la De Crescenzo non può nemmeno esprimere il proprio voto. Questo perché risulta cancellata dagli elenchi, ovvero si è resa irreperibile. Sappiamo bene che, solitamente, si rende irreperibile chi vuole sfuggire alle notifiche giudiziarie e non mi stupirebbe scoprire che anche la De Crescenzo abbia provato ad usare questo stratagemma. Mi auguro che la magistratura indaghi anche su quest’ultima, sconcertante, vicenda”, attacca Borrelli. De Crescenzo ha raccontato la vicenda in un video sui social, parlando di “ingiustizia” e raccontando che, di fatto, le è stata “tolta la residenza”. L’interesse politico della tiktoker aveva fatto notizia in questi mesi. De Crescenzo ha infatti prima partecipato alla piazza di Roma contro il riarmo ad aprile, schierandosi al fianco del Movimento 5 stelle, poi ha fatto un blitz nell’ufficio dell’ex Azione Pasquale Di Fenza (insieme al tiktoker Napolitano) costato al politico una lavata di capo e l’espulsione dal partito di Calenda, quindi ha reso pubblico il suo endorsement a Forza Italia e allo stesso Di Fenza, passato poi al partito di centrodestra. L'articolo Rita De Crescenzo va a votare, ma risulta cancellata dagli elenchi dell’anagrafe. Borrelli (Avs): “Ridicolo”. Lei: “Un’ingiustizia” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Regionali, crolla l’affluenza alle 23: -13% in Veneto, forte calo anche in Puglia e Campania. Urne aperte fino alle 15
Peggiora il calo dell’affluenza in tutte e tre le regioni al voto il 23 e 24 novembre. Alle 23 di domenica, il calo medio della partecipazione al voto era stato di dieci punti rispetto alla tornata precedente nel 2020: 31,96% contro 41,53%. Le urne sono aperte fino a lunedì alle 15. L’emorragia più forte in Veneto, che però è anche la regione col dato più alto in numeri assoluti: finora ha votato il 33,88% degli aventi diritto contro il 46,13% di cinque anni fa, quasi 13 punti percentuali in meno. Qui è scontata la vittoria del leghista Alberto Stefani – che succederà a Luca Zaia dopo tre mandati – mentre il centrosinistra schiera l’ex sindaco di Treviso Giovanni Manildo: la vera sfida è la gara tra Lega e FdI a chi prenderà più voti. In Campania l’affluenza alle 23 era del 32,07%, quasi sette punti in meno rispetto al 2020 (38,91%): qui c’è la sfida più aperta, con l’ex presidente della Camera Roberto Fico (M5s) in vantaggio nei sondaggi sul viceministro di FdI Edmondo Cirielli. In Puglia il calo della partecipazione è di dieci punti, 29,45% contro il 39,88% di cinque anni fa: anche qui si dà per scontata la vittoria di Antonio Decaro, europarlamentare ed ex sindaco Pd di Bari, contro lo sfidante di centrodestra Luigi Lobuono. L'articolo Regionali, crolla l’affluenza alle 23: -13% in Veneto, forte calo anche in Puglia e Campania. Urne aperte fino alle 15 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Si è dimesso il capoufficio stampa del ministro Giuli: ha usato la mail del dicastero per fare campagna elettorale sul voto in Campania
Ha usato impropriamente i mezzi comunicativi del ministero per fare campagna elettorale in favore del candidato del centrodestra in Campania, Edmondo Cirielli. Così Piero Tatafiore si è dimesso dall’incarico di capoufficio stampa del ministro della Cultura, Alessandro Giuli: “Ho appena comunicato al Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, le mie immediate e irrevocabili dimissioni dall’incarico di capoufficio stampa del Mic – ha dichiarato nella serata di venerdì – L’utilizzo di strumenti istituzionali per comunicazioni di natura politica è stato da parte mia un errore improprio di cui mi scuso prima di tutto con il ministro, che ringrazio per l’opportunità di crescita lavorativa che mi ha concesso, e con l’intero Gabinetto”. Fonti interne al dicastero hanno spiegato ad AdnKronos che “per il ministro era un atto dovuto e irreversibile, l’impegno politico pubblico di un ministro espresso da Fdi o da qualsiasi altro partito è legittimo e insindacabile, ma per Giuli è inaccettabile qualsiasi ombra di sospetto su un utilizzo di strumenti comunicativi istituzionali per attività che spetta alle agenzie, semmai, riportare”. La vicenda si è consumata tutta nella giornata di venerdì. In occasione della chiusura della campagna elettorale per il voto nella regione guidata, ad oggi, da Vincenzo De Luca, dalla mailing list stampa del Ministero della Cultura sono stati inviati comunicati a favore del candidato del centrodestra. Un uso improprio di mezzi di comunicazione delle istituzioni pubbliche che ha portato Tatafiore a rassegnare le dimissioni. L'articolo Si è dimesso il capoufficio stampa del ministro Giuli: ha usato la mail del dicastero per fare campagna elettorale sul voto in Campania proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Alessandro Giuli
Condono edilizio in Campania: nuovo scontro FdI-opposizioni. Piantedosi: “La sanatoria è ok solo per i migranti?”
Non si appiana lo scontro sul condono edilizio che Fratelli d’Italia vuole riaprire in Campania, proprio quando manca una settimana al voto. L’ultima di una lunga serie di mance elettorali, compresa la proposta che il candidato presidente Edmondo Cirielli sbandiera da giorni: 100 euro in più al mese per i pensionati con la minima. Dopo gli attacchi delle opposizioni e la parziale frenata di Forza Italia, direttamente con Antonio Tajani, c’è un altro ministro che interviene nel dibattito. Il capo del Viminale, Matteo Piantedosi, irpino, non ha usato mezzi termini per promuovere l’idea del partito di Giorgia Meloni: “I condoni, le sanatorie, le regolarizzazioni, valgono solo se servono a perseguire obiettivi politici? Non capisco perché la parte politica che si contrappone al condono e a quello che il governo vuole fare propone sanatorie in materia di irregolarità della posizione di soggiorno degli immigrati?”. E ha aggiunto: “Condonare significa, a determinate condizioni, mettere in regola vecchie procedure, resettare e ripartire – aggiunge – Credo che sia un’operazione di buon senso consentire anche ai cittadini campani di fare qualcosa che fu consentito ai cittadini di altre 19 regioni italiane”. Per Elly Schlein è invece una mossa che cristallizza le difficoltà del centrodestra: “È la vecchia politica, non mi sorprende – ha detto la segretaria del Pd – È la vecchia politica che sotto elezioni, nella disperazione, a pochi giorni dall’appuntamento elettorale, rispolvera un condono di Berlusconi” che risale al 2003. Lo sfidante di Cirielli, Roberto Fico, è tornato a criticare pesantemente le due idee del centrodestra giudicandole un “inganno” di chi è “disperato” a una settimana dal voto. “Non abbiamo paura di questa destra – ha concluso Fico – ormai manca polo, lavoriamo fino all’ultimo e andiamo a vincere queste elezioni”. Da destra sono anche piovute accuse allo stesso ex presidente della Camera, rispolverando una vecchia vicenda. A riciclare la vicenda è stata La Verità: “Mentre si scandalizzano a sinistra e Fico fa dichiarazioni e post contro il condono, scopro dai giornali che lui stesso ne ha usufruito qualche anno fa per la sua villetta sul lungomare nel Lazio. Se il criterio di Fico è quello di impedire ai cittadini di fare quello che ha fatto lui, ci deve spiegare perché lui si sente più importante rispetto ai cittadini o deve avere dei privilegi rispetto agli altri cittadini”. Secca la riposta del candidato governatore: “Si precisa, come già fatto circa dieci anni fa, che la richiesta di sanatoria non è stata fatta dal presidente Fico né dalla sua famiglia, bensì dal precedente proprietario della casa di San Felice Circeo negli Anni ottanta. È quindi semplicemente falso sostenere che abbia richiesto un condono o una sanatoria”. L'articolo Condono edilizio in Campania: nuovo scontro FdI-opposizioni. Piantedosi: “La sanatoria è ok solo per i migranti?” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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