Se la destra ha vinto le Regionali, come dicono loro, perché mai la presidente
Meloni vuole cambiare subito la legge elettorale? In realtà hanno capito – più
di alcuni esponenti del centro sinistra – che il “campo largo” può essere
competitivo: nel Veneto, devono ringraziare Zaia che ha letteralmente regalato
la vittoria ad una destra che in affanno persino a Venezia, dove si voterà per
il nuovo sindaco.
Di fronte alle difficoltà, la corte italiana di Trump tenta di imitare il capo e
di cambiare legge elettorale e collegi prima del voto. Il loro cammino seguirà
una mappa precisa: referendum contro la giustizia, in caso di vittoria legge
elettorale e assalto finale alla Costituzione antifascista. Nel mirino ci sarà
sempre il presidente Mattarella con l’intenzione di sbarrare la strada a
qualsiasi intervento istituzionale.
Il supremo arbitro va minacciato e azzoppato, ovviamente in senso figurato.
Questo ci deve indurre a fermare l’assalto alla prima occasione utile.
Le elezioni hanno lanciato un primo segnale. Ora bisognerà prepararsi, da
subito, al referendum. Se quei 13 milioni che hanno già votato il quesito
sull’articolo 18 dovessero decidere di tornare alle urne, tutto potrebbe
accadere, anche una possibile vittoria. I sondaggi più seri, non quelli a
tariffa, danno in vantaggio, sia pure lievemente, il No. Bisogna rafforzare
questo dato e sapere che, se dovessero rimediare un’altra sconfitta, sarebbe la
fine della controriforma della giustizia, dell’assalto alla Costituzione, delle
leggi bavaglio, dell’autonomia differenziata, delle minacce contro il presidente
Mattarella.
Noi di Articolo 21 saremo in tutti i comitati referendari, sempre e comunque
dalla parte della Costituzione antifascista.
L'articolo A che serve cambiare ora la legge elettorale? Meloni e i suoi
all’assalto di Costituzione e Mattarella proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Elezioni Regionali
La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, analizza, in conferenza
stampa, il voto di ieri e fa un bilancio complessivo di questa lunga tornata
elettorale di elezioni Regionali. “Avevamo detto che i conti si fanno alla fine
e direi che i risultati parlano chiaro. Nelle tredici Regioni che sono andate al
voto, i voti assoluti della coalizione progressista e della coalizione di destra
al governo sono sostanzialmente pari”. Questo è il punto di partenza che fa dire
alla leader dem che “appare chiaro che questa destra non solo non sia
imbattibile e siamo pronti a sfidarla, in una partita aperta – sottolinea –
siamo in partita, vogliamo vincere, siamo pronti ad andare al governo nel 2027
vincendo le elezioni politiche”.
L'articolo Schlein: “Con centrosinistra unito siamo in partita e pronti per
andare al governo nel 2027” proviene da Il Fatto Quotidiano.
È stato trasformato da Giorgia Meloni in una sorta di laboratorio per le
politiche da esportare nelle altre periferie italiane. Ma nonostante questo
Caivano, Comune alle porte di Napoli di poco più di 36mila abitanti, non ripaga
il partito della presidente del Consiglio alle elezioni. In una tornata che ha
visto i cittadini di Caivano impegnati sia per l’elezione del nuovo presidente e
del consiglio regionale che per la scelta del nuovo sindaco, Fratelli d’Italia è
solo quinta lista alle Regionali e “non classificata” alle Comunali. In
quest’ultimo caso infatti il partito di Meloni ha scelto di non presentare una
propria lista.
Divenuto prima simbolo del degrado – per le violenze sessuali di branco contro
due bambine e per le piazze di spaccio del Parco Verde – e poi emblema della
possibile rinascita con il cosiddetto “Modello Caivano” con annessi decreti
governativi, il Comune del Napoletano ha partecipato al voto con un’affluenza
molto superiore a quella della media regionale: il 63,9% degli elettori si è
recato alle urne contro il 44,1 dell’intera Campania. Alle Regionali è il
Movimento 5 stelle il partito che ottiene il maggior numero di voti, pari al
19,2%. Segue Forza Italia con il 12% e la lista riferimento dell’ex governatore
Vincenzo De Luca “A testa alta“, che ha ottenuto l’11,1% delle preferenze.
Subito dopo il Partito democratico con il 10,95% e solo quinta la lista di Fdi
10,89%.
Nuovo sindaco di Caivano è stato eletto, invece, Antonio Angelino, candidato
sostenuto da Azione e quattro liste civiche. Sarà lui a guidare il Comune dopo
lo scioglimento e oltre due anni di commissariamento per infiltrazioni della
camorra. Angelino ha ottenuto il 78,33% dei voti, battendo il candidato del
centrosinistra (Pd, Movimento 5 Stelle e Avs) Giovanni Vitale, fermo all’11,4%,
e Rosaria Peluso, sostenuta da Forza Italia e Dimensione Bandecchi, che ha
raccolto il 10,27% dei voti. A questa competizione elettorale il partito di
Meloni non ha preso parte con il proprio simbolo: scelta che ha suscitato
diverse polemiche nel centrodestra locale. A ufficializzare la decisione, a fine
ottobre, era stata la coordinatrice cittadina di Fdi, Giovanna Palmiero, che
aveva parlato di una “scelta sofferta ma necessaria“, maturata “dopo un’attenta
valutazione del quadro politico locale e delle condizioni ambientali che
caratterizzano questa tornata elettorale”.
L'articolo Il “modello Caivano” non ripaga Fdi: nella cittadina napoletana il
partito è solo 5° alle regionali (e assente alle comunali) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Era stata una candidatura sbandierata, difesa a oltranza, anche a rischio di
strappare e far saltare ciò che era considerato cosa ovvia, il nome di Antonio
Decaro come aspirante governatore. Si è trasformata nella caporetto di Alleanza
Verdi Sinistra e nel tramonto politico definitivo dell’uomo che in Regione
Puglia ha aperto la stagione cavalcata poi da Michele Emiliano e ora dall’ex
sindaco di Bari. Il partito di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, altri due
figli dell’entusiasmo e dei temi di quel tempo, è fuori dal Consiglio regionale
e resta a casa Nichi Vendola. La “Primavera pugliese” ha subito numerose
metamorfosi ma continua nella sua sostanza, invece per l’uomo che la fece
sbocciare è arrivato il grande inverno. Una gelata, un flop, chiamatelo come
volete. Triste, solitario y final.
AVS SOTTO LA SOGLIA DI SBARRAMENTO
L’elezione che doveva consacrare il suo ritorno dopo l’addio alla scena politica
e il grande imbarazzo – mai dimenticato da molti – legato alle intercettazioni
sull’Ilva svelate dal Fatto (La Corte di Cassazione ha confermato in estate che
non fu diffamazione) si è trasformato nel ballo d’addio. Avs è rimasta fuori dal
Consiglio nonostante la decisione di candidare Vendola in tre circoscrizioni
(Bari, Brindisi e Lecce) nella speranza di trainare la lista. La sinistra ha
invece raccolto 54.358 preferenze, il 4,09% degli 831.315 voti espressi per i
partiti. Ma la legge elettorale pugliese prevede che ai fini dello sbarramento
le percentuali si calcolino sui voti espressi ai candidati presidenti. E Decaro
ne ha presi ben 919.665, così Avs è scivolata sotto il 4 per cento.
NESSUN “EFFETTO VENDOLA”: MENO DI 10MILA VOTI
Addio seggi e niente “effetto Vendola”. In 9.698 hanno scritto il nome dell’ex
presidente sulla scheda, un risultato tutt’altro che eccezionale se paragonato
ai recordman di preferenze e alla sua presenza in più collegi (due terzi sono
arrivati nel Barese). E pensare che Fratoianni, la cui culla politica è stata la
giunta Vendola dove fu assessore, e Bonelli, che negli anni ha impostato le sue
battaglie sulla “e” di Sel che stava per ecologia, si erano letteralmente
imputati sulla candidatura difendendola dall’aut-aut di Decaro che aveva
minacciato di rimanere a Bruxelles se si fossero presentati lui e Michele
Emiliano.
IL GRADIMENTO PERSONALE DI DECARO AFFONDA AVS
Alla fine, lo strappo era stato formalmente ricucito. Ma Decaro si era coperto
“a sinistra” nelle sue liste. Il resto lo hanno fatto il gradimento personale
del neo-governatore, capace di convogliare 88mila voti sul solo presidente, e la
legge elettorale pugliese che prevede di calcolare le percentuali su quel monte
di preferenze. Un sistema nato proprio quando Vendola governava. La
ciliegina-beffa sull’epitaffio politico del vendolismo.
L'articolo Puglia, il “grande inverno” di Vendola: è fuori dal Consiglio. Così
il successo di Decaro ha svuotato Avs proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Ha vinto chi non si è rivolto dall’altra parte di fronte alle difficoltà di
famiglie e imprese, chi non dice che va tutto bene, chi ha saputo ascoltare”.
Così Giuseppe Conte ha parlato con la stampa dopo la vittoria di Roberto Fico
alle elezioni regionali in Campania, una regione, ha sottolineato che “ha tante
potenzialità ma anche tante difficoltà”.
“Questo centrodestra ci ha sfidato mettendo in capo un uomo di FdI, un uomo di
Meloni, un esponente di spicco del Movimento e quindi quel distacco oggi qualche
pensiero lo deve dare a chi sta guidando il governo nazionale. Non ha vinto chi
di fronte alle difficoltà ha saltellato e oggi cade rovinosamente. Non ha vinto
chi ha pensato di batterci e battere Fico lottando nel fango, infangando lui e i
suoi familiari e lo ha fatto anche durante il silenzio elettorale”, ha
proseguito Conte.
“Per il M5s è una grande soddisfazione, in due anni abbiamo prima accompagnato
la vittoria di Alessandra Todde e ora abbiamo Roberto Fico e siamo convinti,
perché lo conosciamo bene, che il suo impegno farà benissimo per la Campania”,
ha concluso.
L'articolo Regionali, Conte dopo i risultati di Fico: “Non ha vinto chi ha
saltellato e oggi cade, ha vinto chi non si è voltato dall’altra parte” proviene
da Il Fatto Quotidiano.
È considerata la vera sorpresa delle Regionali in Veneto. Mentre è ormai
definitiva la prevista elezione del leghista Alberto Stefani come nuovo
presidente della Regione, le proiezioni e lo spoglio evidenziano il quasi certo
ingresso in Consiglio del medico “free vax” Riccardo Szumski. La lista
“Resistere Veneto” – capeggiata proprio dall’ex sindaco di Santa Lucia di Piave
(in provincia di Treviso) – viene stimata intorno al 5,1%, quindi ben oltre
sopra la soglia di sbarramento. Un dato che permetterebbe l’elezione di Szumski
e, probabilmente, anche di qualche altro candidato della lista.
Il 73enne ex leghista ha deciso di attendere i risultati dello spoglio nel suo
ambulatorio della cittadina trevigiana. Già noto per iniziative amministrative
“venetiste” – documenti e atti in dialetto, ostilità alle ricorrenze civili
nazionali – durante il lockdown per la pandemia si è distinto per la
“ribellione” ai protocolli sanitari governativi, in nome della cura tempestiva e
della libertà di coscienza. Per questa scelta è stato radiato dall’Ordine dei
Medici. Nel 2022 ha fondato l’associazione “Resistere con Szumski”, da cui è
nata la candidatura alla presidenza della Regione Veneto. La corsa al ruolo di
governatore è fallita ma l’ingresso in Consiglio regionale potrebbe essere il
grande obiettivo raggiunto.
L'articolo Il medico “free vax” Riccardo Szumski verso l’ingresso in Consiglio:
la sorpresa delle Regionali in Veneto proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tre regioni, tre conferme e zero sorprese. Al massimo, un occhio agli equilibri
interni alle coalizioni. Eppure a sinistra vedono uno spiraglio, soprattutto
perché le vittorie in Puglia e Campania sono arrivate grazie a una coalizione
larghissima e il successo è stato strabordante. Con il M5s che esulta per aver
conquistato una seconda regione dopo la Sardegna: ora ne governa lo stesso
numero di Fratelli d’Italia. La tornata elettorale non riserva alcuno scossone e
così i partiti guardano tutti il bicchiere mezzo pieno. Il centrodestra si
concentra sulla vittoria in Veneto, il centrosinistra sulla Puglia e la
Campania. Così – mentre il leader della Lega Matteo Salvini parla di “vittoria
di squadra” postando una foto con Alberto Stefani e Luca Zaia – la presidente
del Consiglio Giorgia Meloni si concentra sul Veneto parlando di una “vittoria
frutto del lavoro, della credibilità e della serietà della nostra coalizione”
congratulandosi con Stefani e ringraziando Edmondo Cirielli e Luigi Lobuono,
ridotti a “sparring partner” nelle due regioni andate al campo largo. Nel mirino
delle opposizioni finisce soprattutto il primo, vice-ministro degli Esteri e
uomo forte di Fratelli d’Italia.
“Non saltellano più”, ironizza il presidente del M5s Giuseppe Conte ricordando
il “chi non salta comunista è” inscenato al PalaPartenope di Napoli dai leader
del centrodestra. “Abbiamo vinto ascoltando i bisogni delle persone, delle
famiglie in difficoltà, dei lavoratori, delle imprese – dice ancora Conte – Ha
perso chi di fronte alle difficoltà degli italiani saltella e oggi cade
rovinosamente. Fico ha battuto sonoramente un candidato di Fratelli d’Italia, un
esponente del governo Meloni, senza mischiarsi a una lotta nel fango”. Il leader
dei Cinque Stelle può anche sbandierare il governo di una seconda regione: “Una
doppietta storica. Questo ci dà ancora più forza e coraggio: lotteremo con le
unghie e con i denti per cambiare le cose nel nostro Paese”.
Secondo Elly Schlein, segretaria del Pd, c’è una strada da proseguire: “Il
messaggio è che l’alternativa c’è. Decaro e Fico dimostrano che uniti si
stravince. Anche in Veneto, dove non abbiamo vinto, abbiamo raddoppiato il
risultato del 2020. La partita delle prossime elezioni è aperta”. Un riverbero
nazionale ce lo vede anche Matteo Renzi, che appoggiava sia Decaro che Fico:
“Sono mesi che ci ripetono un ritornello stanco: Giorgia Meloni non ha rivali, è
invincibile, non ha alternative. I risultati di Campania e Puglia, dopo la
Toscana, dicono invece che l’alternativa c’è, da Casa Riformista fino alla
sinistra. E questa alternativa, quando è unita, vince”. Da qui, l’avvertimento
del leader di Italia Viva: “Da domattina Giorgia Meloni proverà a cambiare la
legge elettorale. Perché con questa legge elettorale lei a Palazzo Chigi non ci
rimette più piede”, aggiunge l’ex presidente del Consiglio rimarcando di fatto
come una Große Koalition dai riformisti fino ad Avs e M5s molto spesso riesca a
imporsi nelle elezioni locali.
Per il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, il “messaggio è chiaro:
il centrosinistra quando è unito è in grado di costruire un’alternativa a questo
governo”, ha detto sostenendo che il centrosinistra “può mandare a casa” la
destra. Di successo del “metodo del civismo” si tratta invece secondo Michele
Emiliano, governatore uscente del Pd in Puglia: “Ovviamente cambiano le persone.
Mi pare che anche il Pd sta andando forte. Perché il Pd è essenziale per
governare la Regione. Senza il Pd per me sarebbe stato difficile avere quella
tranquillità che solo un grande partito pronto a vincere le politiche del 2027
ti può dare”. E ha voluto sottolineare che Elly Schlein è andata in Campania e
non in Puglia per “dire agli alleati del M5s che noi diamo loro grande
importanza”. Diversi esponenti politici – da Maurizio Lupi di Noi Moderati e
Filippo Sensi del Pd – mettono l’accento sull’astensionismo, che ha superato il
50% in tutte e tre le regioni.
Resta aperta la questione dei riflessi interni dei risultati regionali. Se
Decaro chiude le porte a una prospettiva nazionale della sua vittoria (“Il Pd ha
già un segretario, io ora sarò il presidente della Regione Puglia, il presidente
dei pugliesi”), Fratelli d’Italia guarda con attenzione ai voti di lista in
Veneto con un affaccio sulle Regionali in Lombardia. “Interpretazioni dei
giornali – sostiene Giovanni Donzelli – FdI ha sempre detto che vuole scegliere
il candidato migliore a prescindere dalle bandierine, dicendo anche che, come
noi siamo generosi e lo siamo stati in Veneto con gli alleati, non può esserci
preclusione nei confronti di FdI. Di volta in volta sceglieremo il candidato
migliore possibile confrontandoci tra noi e questo vale e varrà sempre”.
L'articolo Regionali, le reazioni | Schlein: “Uniti si stravince”. Conte: “Non
saltellano più”. E Meloni: “In Veneto vince la credibilità” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Francesco Boccia, presidente dei senatori del Partito Democratico analizza il
crollo dell’affluenza nelle tre Regioni al voto. Stesso trend delle tornate
precedenti per il rinnovo delle giunte regionali. “Il crollo dell’affluenza? È
una responsabilità che deve sentire soprattutto il governo. Cinque anni fa il
governo mise al tavolo tutte le Regioni chiamate al voto e alla fine trovammo
una data, lo stesso giorno, per tutte, questa volta si è votato una volta ogni
due o tre settimane, non c’è stato un dibattito nazionale e questo è uno dei
primi motivi che ha portato al crollo di dieci e quindici punti”.
Con Boccia proviamo a fare un bilancio di questa tornata elettorale complessiva.
Dalle elezioni nelle Marche ad oggi. “Se guardate i valori assoluti il
centrosinistra unito è nettamente superiore al centrodestra di Governo – spiega
– Solo due regioni hanno cambiato segno e sono passate al centrosinistra, ovvero
Umbria e Sardegna. Invito tutti a fare le somme dei voti assoluti delle ultime
10 regioni in cui si è votato: il centrosinistra unito è sempre superiore. Io
penso sia un dato oggettivo, poi sono elezioni diverse e non mescoliamo le mele
con le pere come fa il centrodestra, ma se si vuole fare un discorso meramente
aritmetico è così”.
L'articolo Regionali, l’analisi di Boccia (Pd): “Calo affluenza è anche colpa
del governo Meloni. Centrosinistra unito avanti al centrodestra” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Maurizio Gasparri canta vittoria. “Questa tornata elettorale ha portato al voto
sette regioni. I partiti di centrodestra erano al governo in tre, ora, in
particolare Forza Italia, in quattro di queste Regioni”. Gasparri sottolinea il
risultato della Valle D’Aosta dove Forza Italia, a differenza di Fratelli
d’Italia e Lega, è nella Giunta regionale. L’intervista viene interrotta dalla
pioggia e, dopo un collegamento televisivo, il senatore azzurro commenta la
vittoria, larga, del centrosinistra, guidato da Roberto Fico, in Campania. “Non
sono amareggiato ma preoccupato per i campani. Io lo ritengo inadeguato. Lei –
chiede Gasparri – si farebbe curare i denti da me che sono giornalista
professionista? Fico ha esperienza amministrativa quanto io ho esperienza
odontoiatrica”.
Ma questo non aggrava la sconfitta del centrodestra? “Si sono confermati i
risultati in tutte le Regioni e i risultati vanno accettati. A volte si vince
per uno schieramento, per delle situazioni. Ci sono delle persone che vincono
inconsapevolmente e che sono incolpevoli della loro vittoria”.
L'articolo Il “fair play” di Gasparri, attacchi a Fico ed elettori campani:
“Sono preoccupato per loro, ha esperienza amministrativa quanto io
odontoiatrica” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Anche questa volta si torna a parlare di astensionismo. Dopo il record storico
negativo regionale delle scorse elezioni in Toscana (quando era andato a votare
il 47,7%), adesso va anche peggio in Puglia, Veneto e Campania. Alle urne si
presentano poco più di 4 elettori su 10. Risultato peggiore quello della Puglia
dove l’affluenza si ferma al 41,83% oltre 14 punti in meno rispetto alle
regionali di 5 anni fa. Migliore il dato finale del Veneto 44,64%: ma è questa
la regione che segna il crollo maggiore dell’affluenza rispetto al 2020, oltre
16,5 punti percentuali in meno. I Campania, infine, è andato a votare solo il
44,06%, -11% rispetto alle scorse regionali.
IN VENETO
Nel 2020 in Veneto alle urne si era recato il 61,1% degli avanti diritto, oggi
il 44,6%. In numeri assoluti sono stati dunque meno di 2 milioni i veneti che
hanno partecipato al voto rispetto ai quasi 4.300.000 aventi diritto, con un
calo rispetto a cinque anni fa di oltre 700mila elettori, secondo i dati
dell’Osservatorio elettorale del Consiglio regionale del Veneto. L’affluenza più
bassa, 35,3%, si è registrata in provincia di Belluno, dove alle Regionali del
2020 era stata del 47,8%. La più alta è stata invece in provincia di Padova, il
49%, contro il 65,5% di cinque anni fa. A seguire, la provincia di Vicenza
(45,1% contro il 61,8% del 2020), quella di Verona (44,8% contro il 62%), di
Venezia (44% contro il 62,5%), di Treviso (43,8% contro il 58,3%) e di Rovigo
(41,2% contro 59,9%) . Tra le città capoluogo la maglia nera spetta proprio a
Belluno, dove l’affluenza è stata del 49%. Migliore il risultato del Comune di
Padova che sfiora il 50% (49,33% per l’esattezza). In Veneto questa tornata
elettorale segna un calo dell’affluenza non solo rispetto alle scorse regionali
ma anche rispetto alle Politiche del 2022 (quanto era stata del 70,2%) e alle
Europee del 2024 (52,6%).
IN PUGLIA
In Puglia si registra il risultato peggiore di questa tornata elettorale.
L’affluenza definitiva al 41,83% ed è inferiore di oltre 14 punti percentuali
rispetto alle elezioni del 20 e 21 settembre 2020 quando era stata del 56,43%.
Va peggio anche rispetto alle Politiche (56,6%) e alle Europee (43,6%). Tutte le
province sono sotto il 50%: quella con la maggiore partecipazione al voto è
Lecce con il 44,50% dei votanti. Seguono Bari con il 42,31%; Brindisi col
41,94%; Bat arriva al 41,22% e Taranto 40,60%. Maglia nera è la provincia di
Foggia con una percentuale che si ferma al 38,61%. Tra i capoluoghi di provincia
il risultato peggiore è quello del Comune di Taranto con il 33,59% di affluenza.
Il migliore quello della città di Lecce: 45,25%.
IN CAMPANIA
Il calo dell’affluenza in Campania (ferma al 44,06%) è stato di 11 punti
rispetto alle precedenti regionali quanto si era attestata al 55,52%. La
provincia con il risultato peggiore è quella di Benevento dove ha votato il
41,18%. Migliore il risultato di Caserta con il 46,99%. Tra le città capoluogo
si distingue Avellino, unica a superare la soglia del 50% (precisamente il
51,53). Risultato peggiore e quello del Comune di Napoli, qui l’affluenza è
stata al di sotto del 40 per cento. Nel capoluogo di regione è infatti andato
alle urne il 39,59%, un dato di quasi cinque punti sotto la media della
Campania. I cittadini che sono andati a votare nel comune di Napoli sono stati
301.870 rispetto alla platea di 762.493 elettori. Alle precedenti Regionali
aveva votato il 46,10%. Il dato definitivo regionale è simile a quello delle
Europee, quando aveva votato il 44% degli aventi diritto.
L'articolo Regionali, ancora crollo diffuso dell’affluenza. Al seggio vanno 4
elettori su 10. In Veneto -16,5% rispetto al 2020 proviene da Il Fatto
Quotidiano.