Nel mese di ottobre le immatricolazioni di autovetture in Europa Occidentale
(UE, Regno Unito ed EFTA) hanno raggiunto 1.091.904 unità, segnando un
incremento del 4,9% rispetto allo stesso mese del 2024. Il dato resta tuttavia
inferiore del 10,1% rispetto ai livelli pre-pandemia del 2019. Il bilancio dei
primi dieci mesi dell’anno si attesta a 11.020.514 immatricolazioni, con un
aumento dell’1,9% sull’anno precedente, ma ancora distante (-17,3%) dai volumi
registrati prima della crisi sanitaria. Nel resto del mondo, invece, il mercato
ha già superato ampiamente i livelli del 2019.
La dinamica europea risulta nel complesso debole e riguarda tutti i principali
Paesi dell’area, compreso il Regno Unito. Considerando i cinque mercati
maggiori, che insieme rappresentano il 69,5% delle vendite regionali, la Spagna
mostra la performance più favorevole nel periodo gennaio-ottobre, con una
crescita del 14,9% sul 2024, pur restando sotto i livelli del 2019 (-10,2%). Il
Regno Unito segna un aumento del 3,9% su base annua, ma mantiene un divario del
14,1% rispetto al periodo pre-crisi. La Germania registra un progresso limitato
(+0,5%) e un arretramento del 22% sui livelli del 2019. L’Italia presenta una
flessione del 2,6% anno su anno e del 20,4% nel confronto con il 2019. Chiude la
graduatoria la Francia, in calo del 5,4% nei primi dieci mesi e del 27,5%
rispetto ai valori pre-pandemia.
Anche la diffusione dei veicoli elettrici mostra un avanzamento disomogeneo. La
Norvegia rimane il caso più avanzato, con una quota del 97,4% di auto elettriche
sul totale delle immatricolazioni di ottobre. In fondo alla classifica si
collocano Croazia (4,1 %), Slovacchia (4,9 %) e Italia, che raggiunge il 5 %.
Nel contesto europeo, cresce il dibattito sulla necessità di rivedere la
strategia per la transizione energetica, al fine di ridurre gli impatti su
consumatori, industria automobilistica ed economia complessiva. In questo
scenario, gli operatori del settore osservano con attenzione l’evoluzione
normativa, mentre le associazioni di categoria segnalano l’esigenza di un quadro
regolatorio più stabile. È attesa per il 10 dicembre una comunicazione della
Commissione europea che dovrebbe fornire indicazioni aggiuntive sul percorso
della transizione, con possibili misure volte a sostenere la competitività del
settore e a favorire lo sviluppo di veicoli elettrici di dimensioni più
contenute.
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resta sotto i livelli del 2019 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La Commissione Ue torna all’attacco contro Google. Dopo anni di istruttorie e
maxi-multe sul fronte concorrenza, Bruxelles apre un nuovo fronte sul rispetto
del Digital Markets Act in vigore dallo scorso anno. Nel mirino il declassamento
nei risultati di ricerca dei siti di news che accanto a contenuti editoriali
ospitano contenuti prodotti da terzi: materiali creati da partner commerciali,
agenzie o collaboratori esterni. Secondo il colosso californiano, questa
politica serve a evitare che soggetti esterni sfruttino la reputazione di un
editore per migliorare artificialmente il loro posizionamento. Ma il
monitoraggio della Commissione mostra che la retrocessione scatta anche quando i
contenuti di terzi sono parte di modelli editoriali perfettamente legittimi
mirati a monetizzare i contenuti. E qui si apre il problema.
Molte testate online, infatti, pubblicano articoli o materiali forniti da
agenzie, rubriche curate da collaboratori, contenuti partner o speciali
commerciali chiaramente identificabili. È una forma di integrazione editoriale
che non ha nulla a che fare con l’abuso del ranking, ma che consente agli
editori di diversificare ricavi e prodotti. Secondo Bruxelles, Google invece non
distingue e applica una penalizzazione automatica che può ridurre drasticamente
la visibilità in Search, con impatti diretti sul traffico e, di conseguenza,
sulla sostenibilità economica delle redazioni.
L’indagine aperta da Bruxelles riguarda chiunque pubblichi contenuti di terzi
sottoposti a controllo editoriale: quotidiani, magazine, siti verticali, portali
tematici. La policy di Google si è tradotta in una riduzione del traffico e
quindi in una “significativa perdita di fatturato” per gli editori e per i
fornitori di contenuti terzi, spiega un funzionario Ue. “Gli editori hanno
opzioni molto limitate, se non nulle, per rispondere effettivamente
all’applicazione di questa politica da parte di Alphabet per ripristinare la
loro visibilità online su ricerca Google, il che, in sostanza, si traduce in una
pressione sugli editori affinché rinuncino alle partnership commerciali o
lascino che queste pagine redditizie diventino invisibili sulla ricerca Google”.
Per la Commissione, questo può “limitare la libertà degli editori di condurre
attività commerciali legittime, innovare e collaborare con fornitori di
contenuti”, violando il principio di accesso equo e non discriminatorio
prescritto dal Dma.
In caso sia accertata la violazione, la Commissione può imporre sanzioni fino al
10% del fatturato mondiale totale dell’azienda e fino al 20% in caso di
recidiva. In caso di violazioni sistematiche, può adottare anche misure
correttive aggiuntive, come l’obbligo per un gatekeeper di vendere un’azienda o
parti di essa, oppure il divieto di acquisire servizi aggiuntivi correlati alla
non conformità sistemica.
L’Ue, attraverso la vice presidente della Commissione Teresa Ribera, si è detta
“preoccupata che le policy di Google non consentano agli editori di notizie di
essere trattati in modo equo, ragionevole e non discriminatorio nei risultati di
ricerca”. “Oggi”, ha detto, “adottiamo misure per garantire che i gatekeeper
digitali non impediscano ingiustamente alle aziende che si affidano a loro di
promuovere i propri prodotti e servizi”.
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monetizzano i contenuti” proviene da Il Fatto Quotidiano.