In Austria, d’ora in avanti, le ragazze con meno di 14 anni non potranno più
indossare l’hijab a scuola. La decisione è stata approvata dal Parlamento di
Vienna a larga maggioranza. Secondo il governo guidato dal conservatore
Christian Stocker del Partito popolare austriaco, il divieto mira a proteggere
le ragazze dall’oppressione. Il partito dei Verdi, all’opposizione, ha votato
contro il bando del velo islamico, affermando che si tratta di una misura
incostituzionale.
La decisione è stata già contestata da attivisti e gruppi per i diritti umani,
che parlano di discriminazione e denunciano il rischio di creare divisioni
all’interno della società austriaca. Alle ultime elezioni politiche, il partito
di estrema destra Fpo aveva sfiorato il 30%.
L'articolo Austria, il parlamento approva il divieto per le ragazze sotto i 14
anni di indossare l’hijab a scuola proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Dopo meno di un anno di mandato, il primo ministro bulgaro Rosen Zhelyazkov ha
rassegnato le dimissioni del suo governo. L’annuncio è arrivato durante un
discorso televisivo, mentre il Parlamento stava per votare la mozione di
sfiducia. La svolta arriva dopo settimane di proteste contro le politiche
economiche e l’inefficace contrasto alla corruzione del governo Zhelyazkov. Per
il Paese il momento è molto delicato, visto che il 1° gennaio entrerà nella zona
euro.
“La nostra coalizione si è riunita, abbiamo discusso della situazione attuale,
delle sfide che ci troviamo ad affrontare e delle decisioni che dobbiamo
prendere responsabilmente”, ha dichiarato pubblicamente il primo ministro
dimissionario. A fare pressione sono state anche le proteste di mercoledì,
quando nelle capitale Sofia e in altre città più di 100mila persone sono scese
in strada per manifestare contro il governo.
Un clima d’opinione che si inserisce nel complesso quadro delle istituzioni
bulgare: secondo l’ong Transparency International, la Bulgaria è agli ultimi
posti nella classifica dell’indice europeo di percezione della corruzione. A
inizio anno, la Bulgaria era uscita dallo stallo politico con il governo di
Rossen Zheliazkov, rappresentante del partito conservatore Gerb: già da allora,
i commentatori politici ritenevano che la fragile coalizione non sarebbe durata
a lungo.
L'articolo Bulgaria, il governo si dimette dopo le proteste contro la corruzione
e le politiche economiche proviene da Il Fatto Quotidiano.
Sfaldare l’Europa con l’obiettivo di “renderla di nuovo grande”. E per farlo
serve l’aiuto di quei Paesi che possono fungere da leva per diffondere
nazionalismo, conservatorismo e “recupero dei tradizionali stili di vita
europei”. Quali? Austria, Ungheria, Polonia e soprattutto l’Italia. La nuova
National Security Strategy americana non aveva risparmiato feroci critiche al
Vecchio Continente, prevedendone la cancellazione nel caso in cui non avesse
invertito l’attuale rotta in materia di immigrazione e salvaguardia dei valori.
Ma ciò che non veniva detto è che una bozza di piano per questo stravolgimento è
stata già messa nero su bianco nella versione classificata del documento diffusa
da Defense One, testata americana specializzata in sicurezza e difesa.
Make Europe Great Again è il motto Maga che la Casa Bianca ha scelto anche per
le sue politiche nei confronti dell’Unione europea che devono seguire quelle già
adottate sull’altra sponda dell’Atlantico. Partendo dal presupposto che l’Europa
sta affrontando la “cancellazione della propria civiltà” a causa delle sue
politiche sull’immigrazione e della “censura della libertà di parola“, la
versione estesa della National Security Strategy prevede che Washington
concentri i propri sforzi su Paesi europei vicini alle posizioni dell’attuale
amministrazione per realizzare i piani della Casa Bianca nel Vecchio Continente.
E tra i governi più vicini alle posizioni del tycoon, come quelli di Polonia,
Ungheria e Austria, spunta anche l’Italia di Giorgia Meloni. Con un peso
specifico ben maggiore degli altri, trattandosi di uno Stato fondatore dell’Ue e
membro del G7. Si tratta, si legge, di Paesi coi quali gli Usa dovrebbero
“collaborare di più con l’obiettivo di allontanarli dall’Unione europea. E
dovremmo sostenere i partiti, i movimenti e le figure intellettuali e culturali
che cercano la sovranità e la preservazione/restauro dei tradizionali stili di
vita europei, pur rimanendo filoamericani”.
Il governo italiano rispecchia a pieno i requisiti richiesti e viene quindi
percepito come un Cavallo di Troia che permetterebbe agli Stati Uniti di
esercitare la propria ingerenza sull’Europa. Un obiettivo che è parte di un
piano più ampio di riorganizzazione di un nuovo ordine mondiale che prenda atto
dell’ascesa di potenze come Cina e India e ricalibri le capacità d’influenza a
livello internazionale secondo un modello che il documento ha ribattezzato con
la sigla C5 e di cui farebbero parte Cina, India, Russia, Stati Uniti e
Giappone. Punti all’ordine del giorno di questo nuovo gruppo sarebbero la
sicurezza in Medio Oriente, in particolare la normalizzazione delle relazioni
tra Israele e Arabia Saudita.
Un sistema, questo, che rappresenterebbe il compromesso al quale Trump sarebbe
disposto a scendere dopo aver maturato la consapevolezza della fine
dell’egemonia americana. “L’egemonia è la cosa sbagliata da desiderare e non era
realizzabile”, si legge nel documento. Una presa di coscienza che premia la
strategia russo-cinese che aveva come obiettivo, allo scoppio della guerra in
Ucraina, proprio la messa in discussione del sistema unipolare in favore di uno
multipolare, che portasse ai vertici Paesi fino a poco tempo fa considerati in
via di sviluppo ma che oggi rappresentano potenze economiche e militari di
livello globale. “Dopo la fine della Guerra Fredda, le élite della politica
estera americana si convinsero che il dominio permanente degli Stati Uniti sul
mondo intero fosse nel migliore interesse del nostro Paese – continua il
documento – Eppure gli affari degli altri Paesi ci riguardano solo se le loro
attività minacciano direttamente i nostri interessi”. Il testo passa poi a una
critica delle politiche internazionali americane degli ultimi decenni, compresa,
seppur in maniera non esplicita, quella “esportazione della democrazia” tanto
cara ai neocon, ma non solo: “L’amministrazione Trump ha ereditato un mondo in
cui le armi da guerra hanno distrutto la pace e la stabilità di molti Paesi in
molti continenti. Abbiamo un interesse naturale nel migliorare questa crisi”.
Non spetta agli Stati Uniti fare tutto da soli, aggiungono, ma non dovrebbe
essere consentito a Cina e Russia di sostituire la leadership statunitense. Per
questo suggerisce di collaborare con “campioni regionali” per contribuire a
mantenere la stabilità: “Premeremo e incoraggeremo i governi, i partiti politici
e i movimenti della regione che condividono ampiamente i nostri principi e la
nostra strategia. Ma non dobbiamo trascurare i governi con prospettive diverse,
con cui condividiamo comunque interessi e che desiderano collaborare con noi”.
Dopo la pubblicazione di questa storia, la Casa Bianca ha negato l’esistenza di
qualsiasi versione della Strategia per la sicurezza nazionale diversa da quella
pubblicata online.
L'articolo Il piano di Trump per sfaldare l’Europa passa anche da Roma:
“L’Italia è tra i governi più vicini a Washington, va allontanata dall’Ue”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Botta e risposta vivace tra Lilli Gruber e Marco Travaglio a Otto e mezzo (La7),
il direttore del Fatto Quotidiano espone le tesi del suo editoriale “Chi è causa
del suo mal”, scatenando una sequenza di scambi tesi in studio.
Al centro della discussione, il ruolo dell’Europa nei rapporti con gli Stati
Uniti e la citazione di Sandro Pertini — “A brigante, brigante e mezzo” — che
Travaglio propone come regola di sopravvivenza geopolitica nel nuovo equilibrio
internazionale.
Quando Gruber gli chiede di spiegare quel passaggio, Travaglio risponde senza
mezzi termini: “Trump dice in maniera sgarbata quello che hanno detto e
soprattutto fatto i suoi predecessori da trent’anni, quindi se c’è stato un
salto della storia c’è stato trent’anni fa e noi non ce ne siamo accorti perché
prima usavano la vaselina.”
In studio si sente borbottare più volte il giornalista Alessandro De Angelis
(“non è vero”? e la conduttrice interviene: “Ma questo non è vero, scusami.”
Travaglio replica: “Lilli, però ogni volta io ti dico quello che penso io e tu
mi dici che non sei d’accordo, va benissimo ci mancherebbe.”
Gruber insiste: “Non è che non sono d’accordo. Non è vero.”
E il direttore chiude: “Io purtroppo ti dico quello che penso io.”
Travaglio passa quindi al cuore della sua analisi: L’Europa, oggi pronta a
scandalizzarsi per i toni di Trump, paga le conseguenze di trent’anni di
obbedienza agli Stati Uniti anche quando questa la danneggiava.
Ricostruisce così la strategia statunitense degli ultimi trent’anni: “Gli
americani erano terrorizzati dall’unione tra l’energia a basso costo russa e
l’industria europea e che i due mercati unendosi creassero una superpotenza
euroasiatica, hanno fatto di tutto per sabotarla e ci sono riusciti. Oggi il gas
Gnl lo compriamo da loro a 5 volte il prezzo di quello russo. Il gasdotto chi
l’ha fatto saltare? Mia nonna? Naturalmente no, il Nord Stream l’hanno fatto
saltare gli ucraini d’accordo con gli americani e con i polacchi, lo dice la
magistratura tedesca. Nel 2014 Obama ci ha intimato che dovevamo comprare il gas
dagli americani e non più dai russi e hanno fatto in modo che succedesse”.
Sul conflitto in Ucraina, Travaglio ribadisce che l’Europa sta sbagliando
bersaglio: “Noi stiamo dicendo di no a Trump sull’unica cosa che ci conviene che
faccia e cioè far finire questa guerra nel cuore dell’Europa, che è nata da
alcune menti malate neocon americane contro l’Europa prima ancora che contro la
Russia.”
Il paradosso, sostiene, è che “Trump ci cazzia perché abbiamo obbedito per 30
anni all’America”, mentre proprio oggi l’Europa dovrebbe dimostrare autonomia.
“Adesso noi dovremmo dirgli di no e fare brigante e mezzo contro brigante sulle
cose che ci convengono”, ribadisce il direttore del Fatto.
Travaglio elenca quindi le scelte che considera autolesionistiche: i dazi di
Trump accettati senza reagire, la Via della Seta abbandonata “perché Biden non
la voleva”, un piano di riarmo “contro un nemico che non esiste semplicemente
perché ce lo stiamo inventando”.
E aggiunge: “Abbiamo detto di sì al 5% di Pil alla Nato perché siamo dei servi.
E non ci meritiamo il rispetto perché i servi il rispetto non se lo meritano, i
padroni coi servi non perdono nemmeno il tempo a discutere.
Sulla questione territoriale ucraina critica la retorica del “resistere per
sempre”: “Lasciamo che i russi vadano avanti e che prendano anche quel 15% di
Donbass che ancora gli manca. Poi ci ritroveremo punto e a capo… Quella non è
capitolazione, quello è un compromesso onorevole.”
La conduttrice commenta l’intervento del direttore del Fatto: “Allora, queste
sono naturalmente le tue opinioni.”
Travaglio replica: “Io dico sempre le mie, non le tue.”
Gruber ribatte: “Sì ma infatti le mie non sono opinioni.”
E il direttore conclude con sarcasmo: “Ah, sono verità rivelate, certo.”
L'articolo Travaglio: “Trump fa con l’Europa quello che gli Usa fanno da 30
anni, solo senza vaselina”. Scontro con Gruber proviene da Il Fatto Quotidiano.
I leader europei “sono deboli” e la Russia “è in una posizione di forza”. Parola
di Trump. A tamburo battente, Kirill Dmitriev, il consigliere presidenziale
russo per gli investimenti esteri e negoziatore con gli Stati Uniti, sul social
X rilancia le frasi del presidente americano: “Dice la VERITÀ sui leader
europei”.
Il solco tra Washington e Bruxelles diventa più profondo e l’intervista
rilasciata dal capo della Casa Bianca al media Politico non rasserena gli animi.
L’idea di Trump sui rappresentanti dell’Ue in merito alla guerra in Ucraina,
iniziata nel febbraio 2022 con l’invasione russa, è questa: “Credo che vogliano
essere politicamente corretti e non sappiano cosa fare, l’Europa non sa cosa
fare”. Il tycoon non ha dubbi su chi abbia una posizione di forza rispetto a
possibili negoziati: “Non ci sono dubbi. È la Russia. È un paese molto più
grande. È una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere”.
Nell’intervista, Trump vanta una conoscenza approfondita dei colleghi europei:
“Li conosco davvero bene, alcuni sono a posto. Conosco i buoni leader. Conosco i
cattivi leader. Conosco quelli intelligenti. Conosco quelli stupidi. Ce ne sono
anche di veramente stupidi”. E rincara la dose: “L’Europa non sta facendo un
buon lavoro sotto molti aspetti. Parlano troppo. E non stanno producendo. Stiamo
parlando dell’Ucraina. Parlano ma non producono. E la guerra continua ad andare
avanti e avanti”. Il tycoon trova spazio anche per criticare le politiche
dell’Unione sull’immigrazione: “Se continua così, l’Europa non sarà… secondo me,
molti di quei paesi non saranno più paesi sostenibili. La loro politica
sull’immigrazione è un disastro. Quello che stanno facendo con l’immigrazione è
un disastro. Non ho una visione per l’Europa – aggiunge Trump – Tutto ciò che
voglio vedere è un’Europa forte. Guarda, ho una visione per gli Stati Uniti
d’America prima di tutto. Spiego all’Europa perché penso, ho occhi, ho orecchie.
Ho una vasta conoscenza. Vedo cosa sta succedendo. Ricevo resoconti che non
vedrete mai. E penso che sia orribile quello che sta succedendo all’Europa.
Penso che stia mettendo in pericolo l’Europa come la conosciamo. L’Europa
potrebbe essere un posto completamente diverso”.
A Bruxelles i giornalisti chiedono a Paula Pinho, portavoce della Commissione
Ue, un commento alle frasi del presidente americano. Sulle prime la funzionaria
dice così: “A volte non comunicare, non reagire o non rispondere è una forma di
risposta ed è una forma di comunicazione. Quindi, quando vedete che alcuni temi
non vengono affrontati o non ricevono una risposta diretta, probabilmente fa
parte di una decisione consapevole di non intervenire”. Poi aggiunge: “Mi
asterrò dal commentare queste affermazioni, salvo confermare che siamo molto
orgogliosi e grati di avere leader eccellenti, a partire dalla leader di questa
istituzione, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Siamo
davvero fieri di chi ci guida nell’affrontare le molte sfide che il mondo ci
pone. Abbiamo molti altri leader alla guida dei 27 Stati membri che fanno parte
di questo progetto europeo, questo progetto di pace, e che guidano l’Unione con
determinazione di fronte a tutte le difficoltà che stiamo attraversando, dentro
e fuori il nostro vicinato. Negli ultimi anni abbiamo affrontato un numero
enorme di sfide: dalla guerra che coinvolge il nostro vicino, l’Ucraina, alla
crisi energetica che abbiamo sentito così duramente e che siamo riusciti a
superare insieme”.
L'articolo Trump attacca i leader europei: “Deboli, non sanno cosa fare”. Mosca:
“Dice la verità”. Bruxelles glaciale: “Orgogliosi di chi ci guida” proviene da
Il Fatto Quotidiano.
L’ipocrisia del mondo intero, ma specialmente europei, è emersa platealmente in
occasione della recente conferenza sponsorizzata dal ministero della Difesa
israeliano. Al meeting in cui sono state presentate tecnologie testate durante
le ultime campagne militari israeliane, soprattutto a Gaza, in Libano e Iran,
hanno infatti partecipato i rappresentanti di molti Paesi, tra cui quelli che
avevano criticato la sproporzionata reazione di Israele al 7 ottobre contro i
civili della Striscia. Nonostante la tregua a Gaza più volte violata dalle Forze
di Difesa Israeliane, gli europei sono accorsi per conoscere nei dettagli i
nuovi ritrovati bellici israeliani con il pretesto della minaccia russa.
Israele, da parte sua, sta tentando di sfruttare al massimo la guerra a Gaza per
commercializzare le sue ultime tecnologie militari. Gli aspiranti acquirenti in
prima fila sono stati gli statunitensi e gli europei. Funzionari di Paesi come
Germania, Norvegia e Regno Unito hanno potuto vedere su un grande schermo
allestito nell’auditorium due droni d’attacco mostrati mentre volavano contro un
edificio nell’enclave palestinese, sollevando una colonna di fumo lungo la costa
di Gaza. “Vedete il primo che colpisce il lato sinistro… e poi il secondo si
autocentra”, ha spiegato al pubblico Ran Gozali, Ceo di UVision Air, un’azienda
israeliana di tecnologia per la difesa: “Questi sono alcuni dei filmati che ci è
stato concesso di condividere”.
Tra i partecipanti c’erano rappresentanti del governo statunitense, dirigenti
dell’industria privata e investitori stranieri. Una delegazione ufficiale è
arrivata dall’India, mentre Uzbekistan, Singapore e Canada hanno inviato
funzionari. La Norvegia, che ha ritirato gli investimenti in Caterpillar a causa
dell’utilizzo dei bulldozer dell’azienda a Gaza, ha inviato un funzionario
diplomatico, hanno reso noto gli organizzatori. L’ambasciata norvegese in
Israele invece non ha risposto a una richiesta di commento inviata dal Wall
Street Journal. L’affluenza è stata molto più numerosa rispetto all’anno
precedente, secondo gli organizzatori, perché, nonostante l’isolamento
diplomatico in seguito alle decine di migliaia di morti a Gaza, la guerra ha di
fatto rafforzato il fascino della tecnologia militare di Israele. “Il campanello
d’allarme per l’Europa è suonato in seguito al discorso del vicepresidente J.D.
Vance alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera lo scorso febbraio,
che ha criticato i governi del continente per quella che ha definito censura e
isolamento dei partiti populisti, segnale di un mutato contesto transatlantico”,
ha affermato Sebastian Von Ribbentrop, managing partner di JOIN Capital, una
società di venture capital con sede in Europa, presente alla conferenza.
Molti stati europei hanno imposto embarghi sulle armi alle aziende israeliane
durante la guerra, limitando in tutto o in parte le importazioni e le
esportazioni militari. A settembre, il Regno Unito aveva impedito a una
delegazione del Ministero della Difesa israeliano di partecipare a una fiera del
commercio di armi. Ora però un portavoce del governo britannico ha dichiarato
che “funzionari dell’ambasciata britannica hanno partecipato alla conferenza,
come fanno abitualmente in tutto il mondo, per coinvolgere le controparti e
promuovere gli interessi del Regno Unito”. La scorsa estate, la Germania aveva
bloccato le spedizioni di equipaggiamento militare a Israele giustificando la
decisione con il timore che potesse venire utilizzato a Gaza. Non appena entrato
in vigore l’attuale cessate il fuoco, però l’embargo è stato revocato e continua
a esserlo pur essendo lampante che la tregua sia talmente fragile da venire
sconfessata sul campo quasi quotidianamente dalle Idf.
L'articolo Il doppio standard dell’Europa su Israele: critiche su Gaza, ma vanno
alla conferenza sulle armi del governo Netanyahu proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tesla ha chiuso il mese di novembre con un forte calo delle immatricolazioni in
molti dei principali mercati europei, confermando una tendenza negativa che
prosegue ormai da mesi. Nonostante l’arrivo delle versioni aggiornate della
Model Y, il marchio di Elon Musk fatica a contenere la perdita di quota in una
piazza dove la concorrenza cresce rapidamente e la sensibilità dei consumatori
verso l’elettrico sta cambiando.
I dati diffusi dai vari enti nazionali parlano chiaro: in Francia le
immatricolazioni sono scese del 58%, in Svezia del 59%, in Danimarca del 49%,
nei Paesi Bassi del 44%, in Portogallo del 47% e in Spagna del 9%. Un quadro
ampio e coerente, che mostra una frenata generalizzata. A riequilibrare
parzialmente il bilancio di novembre sono arrivate solo due eccezioni: in
Norvegia le immatricolazioni sono quasi triplicate, raggiungendo 6.215 unità e
superando con un mese d’anticipo il record annuale del marchio, mentre in Italia
Tesla ha segnato un +58% su base mensile, pur restando in negativo sul totale
dell’anno.
Nel complesso, la quota di mercato europea di Tesla tra gennaio e ottobre è
scesa all’1,6% dal 2,4% dell’anno precedente. Il rallentamento si era già
manifestato alla fine del 2023, alimentato anche dalle prese di posizione
pubbliche di Musk, che avevano generato proteste e reazioni politiche in diversi
Paesi.
Gli analisti indicano diversi fattori nel calo europeo: una gamma che comincia a
mostrare i segni dell’età, la crescente aggressività dei concorrenti (in
particolare quelli cinesi) e una percezione dei clienti meno favorevole rispetto
al passato. In un recente sondaggio, molti consumatori affermano che l’“effetto
novità” di Tesla si stia esaurendo e che il marchio sia meno competitivo su
design, qualità e appeal emotivo. Allo stesso tempo, l’Europa sta vivendo un
ritorno verso le ibride e le plug-in, categorie in cui Tesla non è presente,
mentre rivali come BYD stanno registrando balzi a tre cifre nelle
immatricolazioni di novembre.
Il restyling della Model Y, infine, non ha ancora dato i frutti sperati: poche
unità della versione più economica sono arrivate nel continente a fine mese e le
vendite del modello sono in calo quasi ovunque, con l’unica eccezione della
solita Norvegia.
L'articolo Tesla, crollano le immatricolazioni in Europa. A novembre nuovo punto
critico proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che la Russia è “pronta” per la
guerra se l’Europa la desidera, accusando l’Europa di aver tentato di sabotare
un accordo sul conflitto ucraino prima di incontrare gli inviati statunitensi.
“Non abbiamo intenzione di andare in guerra con l’Europa, ma se l’Europa vuole e
inizia, siamo pronti fin da ora”, ha dichiarato Putin prima dei colloqui con
l’inviato statunitense Steve Witkoff e il genero del presidente Donald Trump,
Jared Kushner.
L'articolo L'”avvertimento” di Putin all’Europa: “Se vuole iniziare una guerra,
siamo pronti fin da ora” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel mese di ottobre le immatricolazioni di autovetture in Europa Occidentale
(UE, Regno Unito ed EFTA) hanno raggiunto 1.091.904 unità, segnando un
incremento del 4,9% rispetto allo stesso mese del 2024. Il dato resta tuttavia
inferiore del 10,1% rispetto ai livelli pre-pandemia del 2019. Il bilancio dei
primi dieci mesi dell’anno si attesta a 11.020.514 immatricolazioni, con un
aumento dell’1,9% sull’anno precedente, ma ancora distante (-17,3%) dai volumi
registrati prima della crisi sanitaria. Nel resto del mondo, invece, il mercato
ha già superato ampiamente i livelli del 2019.
La dinamica europea risulta nel complesso debole e riguarda tutti i principali
Paesi dell’area, compreso il Regno Unito. Considerando i cinque mercati
maggiori, che insieme rappresentano il 69,5% delle vendite regionali, la Spagna
mostra la performance più favorevole nel periodo gennaio-ottobre, con una
crescita del 14,9% sul 2024, pur restando sotto i livelli del 2019 (-10,2%). Il
Regno Unito segna un aumento del 3,9% su base annua, ma mantiene un divario del
14,1% rispetto al periodo pre-crisi. La Germania registra un progresso limitato
(+0,5%) e un arretramento del 22% sui livelli del 2019. L’Italia presenta una
flessione del 2,6% anno su anno e del 20,4% nel confronto con il 2019. Chiude la
graduatoria la Francia, in calo del 5,4% nei primi dieci mesi e del 27,5%
rispetto ai valori pre-pandemia.
Anche la diffusione dei veicoli elettrici mostra un avanzamento disomogeneo. La
Norvegia rimane il caso più avanzato, con una quota del 97,4% di auto elettriche
sul totale delle immatricolazioni di ottobre. In fondo alla classifica si
collocano Croazia (4,1 %), Slovacchia (4,9 %) e Italia, che raggiunge il 5 %.
Nel contesto europeo, cresce il dibattito sulla necessità di rivedere la
strategia per la transizione energetica, al fine di ridurre gli impatti su
consumatori, industria automobilistica ed economia complessiva. In questo
scenario, gli operatori del settore osservano con attenzione l’evoluzione
normativa, mentre le associazioni di categoria segnalano l’esigenza di un quadro
regolatorio più stabile. È attesa per il 10 dicembre una comunicazione della
Commissione europea che dovrebbe fornire indicazioni aggiuntive sul percorso
della transizione, con possibili misure volte a sostenere la competitività del
settore e a favorire lo sviluppo di veicoli elettrici di dimensioni più
contenute.
L'articolo Mercato auto Europa, a ottobre +4,9% e nei primi 10 mesi +1,8%. Ma si
resta sotto i livelli del 2019 proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Europa ha portato sul tavolo la sua idea per una pace in Ucraina. La
delegazione composta da Regno Unito, Francia e Germania ha presentato a Ginevra
il suo piano che prende spunto da quello americano e mira a far valere anche la
posizione del Vecchio Continente che sarà in prima linea in futuro per garantire
la sicurezza di Kiev. Il documento redatto in 27 punti è stato diffuso da
Reuters come segue:
1. La sovranità dell’Ucraina deve essere riconfermata;
2. Sarà raggiunto un accordo totale e completo di non aggressione tra Russia,
Ucraina e Nato. Tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno chiarite;
3. Dopo la firma di un accordo di pace, sarà avviato un dialogo tra Russia e
Nato per affrontare tutte le questioni di sicurezza e creare un ambiente di
de-escalation che garantisca la sicurezza globale e favorisca opportunità
di connettività e di sviluppo economico futuro.
4. L’Ucraina riceverà solide garanzie di sicurezza.
5. Le dimensioni delle forze armate ucraine saranno limitate a 800.000
effettivi in tempo di pace (200.000 in più di quelli proposti dagli Stati
Uniti).
6. L’adesione dell’Ucraina alla Nato dipenderà dal consenso dei membri
dell’Alleanza, che attualmente non esiste.
7. La Nato accetta di non stazionare permanentemente co truppe sotto il
proprio comando in Ucraina in tempo di pace.
8. I caccia della Nato saranno di stanza in Polonia.
9. Garanzia statunitense che rispecchi l’Articolo 5: gli Stati Uniti
riceveranno un compenso per tale garanzia; se l’Ucraina invade la Russia,
la garanzia sarà revocata; se la Russia invade l’Ucraina, oltre a una forte
risposta militare coordinata, tutte le sanzioni globali saranno
ripristinate e qualsiasi riconoscimento dei nuovi territori o beneficio
derivante dall’accordo sarà revocato.
10. L’Ucraina è idonea all’adesione all’Ue e otterrà un accesso preferenziale a
breve termine al mercato europeo mentre questa adesione viene valutata.
11. Un solido pacchetto globale di ricostruzione per l’Ucraina che includerà,
ma non solo: creazione di un Fondo per lo Sviluppo dell’Ucraina per
investire in settori ad alta crescita, inclusi tecnologia, data center e
iniziative legate all’IA; gli Stati Uniti collaboreranno con l’Ucraina per
ripristinare, sviluppare, modernizzare e gestire congiuntamente le
infrastrutture del gas del Paese, comprese condutture e impianti di
stoccaggio; sforzo congiunto per riqualificare le aree colpite dalla
guerra, ricostruendo e modernizzando città e zone residenziali; sviluppo
infrastrutturale; estrazione di minerali e risorse naturali; un pacchetto
finanziario speciale sarà sviluppato dalla Banca Mondiale per accelerare
questi interventi;
12. La Russia sarà progressivamente reintegrata nell’economia globale:
l’alleggerimento delle sanzioni sarà discusso e concordato in fasi e caso
per caso; gli Stati Uniti stipuleranno un accordo di cooperazione economica
a lungo termine per perseguire uno sviluppo reciproco nei settori
dell’energia, delle risorse naturali, delle infrastrutture, dell’IA, dei
data center, delle terre rare, di progetti artici e altre opportunità
aziendali con benefici reciproci; la Russia sarà invitata a tornare nel G8;
13. L’Ucraina sarà completamente ricostruita e risarcita economicamente, anche
tramite beni sovrani russi che resteranno congelati fino a quando la Russia
non compenserà i danni causati all’Ucraina (la versione americana, invece,
prevedeva che 100 miliardi di dollari di fondi russi congelati sarebbero
stati investiti in uno “sforzo guidato dagli Stati Uniti per ricostruire e
investire in Ucraina” e che gli Stati Uniti avrebbero ricevuto il 50% dei
profitti derivanti da tale iniziativa);
14. Sarà istituita una task force congiunta per la sicurezza con la
partecipazione di Stati Uniti, Ucraina, Russia ed europei, con il compito
di promuovere e far rispettare tutte le disposizioni dell’accordo;
15. La Russia sancirà per legge una politica di non aggressione verso l’Europa
e l’Ucraina;
16. Stati Uniti e Russia accettano di estendere i trattati sulla non
proliferazione e il controllo nucleare, incluso il trattato Fair Start;
17. L’Ucraina accetta di rimanere uno stato non nucleare ai sensi del Trattato
di non proliferazione;
18. La centrale nucleare di Zaporizhzhia sarà riattivata sotto la supervisione
dell’AIEA e l’energia prodotta sarà equamente divisa tra Russia e Ucraina
(50-50);
19. L’Ucraina adotterà le norme dell’UE sulla tolleranza religiosa e sulla
protezione delle minoranze linguistiche;
20. L’Ucraina si impegna a non recuperare il proprio territorio occupato
tramite mezzi militari. I negoziati sui possibili scambi territoriali
partiranno dalla Linea di Contatto (mentre nella versione statunitense si
prevedeva che determinate aree dovessero essere riconosciute come “di fatto
russe”);
21. Una volta concordati i futuri assetti territoriali, Federazione Russa e
Ucraina si impegnano a non modificarli con la forza. Le garanzie di
sicurezza non si applicheranno in caso di violazione di questo obbligo;
22. La Russia non ostacolerà l’uso da parte dell’Ucraina del fiume Dnepr per
attività commerciali e saranno raggiunti accordi affinché le spedizioni di
grano possano transitare liberamente nel Mar Nero;
23. Sarà istituito un comitato umanitario per risolvere le questioni ancora
aperte: tutti i prigionieri e i corpi saranno scambiati secondo il
principio del “tutti per tutti”; tutti i civili detenuti e gli ostaggi
saranno liberati, compresi i bambini; sarà avviato un programma di
ricongiungimento familiare; saranno previste misure per affrontare le
sofferenze delle vittime del conflitto;
24. L’Ucraina terrà elezioni il prima possibile dopo la firma dell’accordo di
pace;
25. Saranno introdotte ulteriori misure per affrontare le sofferenze delle
vittime del conflitto;
26. L’accordo sarà giuridicamente vincolante. La sua attuazione sarà monitorata
e garantita da un Consiglio per la Pace, presieduto dal presidente Donald
J. Trump. Sono previste sanzioni in caso di violazione;
27. Una volta che tutte le parti avranno approvato il memorandum, entrerà
immediatamente in vigore un cessate il fuoco, con il ritiro di entrambe le
parti dalle posizioni concordate per consentire l’avvio dell’attuazione
dell’accordo. Le modalità del cessate il fuoco, inclusi i meccanismi di
monitoraggio, saranno concordate da entrambe le parti sotto supervisione
statunitense;
Rispetto alla versione americana è stato cancellato il punto 3 che affermava:
“Ci sarà l’aspettativa che la Russia non invada i suoi vicini e che la NATO non
si espanda ulteriormente”.
L'articolo Pace in Ucraina, ecco la controproposta europea in 27 punti al piano
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