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Si intrecciano i paracadute durante il volo: due morti a Fano
Due persone sono morte vicino all’aeroporto di Fano durante un volo con il paracadute. I due – un uomo e una donna – si sarebbero lanciati insieme a un’altra coppia e, stando a una prima ricostruzione, i loro paracaduti si sarebbero intrecciati non permettendo di atterrare in sicurezza: sarebbero precipitati da circa 50 metri di altezza. La coppia si sarebbe attorcigliata in volo precipitando poi a terra, si apprende da stesse fonti che hanno visto la scena e sentito il forte rumore della caduta a terra. L’uomo era un istruttore, originario proprio della città marchigiana dove è avvenuta la tragedia, mentre la donna era di Rimini. Entrambi avevano circa 50 anni ed erano paracadutisti esperti. L’incidente è avvenuto attorno alle 11.30 in un’area privata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, che hanno potuto solo constatare il decesso, e i carabinieri che sono stati delegati a ricostruire la vicenda. L'articolo Si intrecciano i paracadute durante il volo: due morti a Fano proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Favoriti solo i feudi del centrodestra”: polemiche per la Zona Economica Speciale nelle Marche
È stata presentata come il grande rilancio per la regione: il 4 agosto, dalla Mole Vanvitelliana di Ancona, la premier Giorgia Meloni annunciava l’estensione della Zona Economica Speciale (Zes) anche a Marche e Umbria. Un intervento subito trasformato in cavallo di battaglia elettorale dal candidato, suo fedelissimo, Francesco Acquaroli (Fdi) che, per settimane, ne ha rivendicato la “grande opportunità” per l’intero territorio. Ma a urne chiuse, con la vittoria acquisita, e soprattutto con la mappa dei benefici in mano, è esplosa la polemica. Da misura pensata per tutti, la Zes concentra il suo principale vantaggio economico – il credito d’imposta sugli investimenti – quasi esclusivamente sulle aree del Sud della regione, lasciando fuori proprio quei territori decisivi per la rielezione di Acquaroli. Le opposizioni non hanno dubbi e vanno all’attacco: “Favoriti solo i feudi del centrodestra“. Facciamo ordine. La Zes è un meccanismo pensato per ridurre i divari territoriali e stimolare lo sviluppo economico strettamente collegato alle regole dell’Ue sugli aiuti di Stato. Si basa su tre strumenti: lo snellimento burocratico, le agevolazioni fiscali e il credito d’imposta per le imprese. Mentre i primi due valgono per tutto il territorio, il credito d’imposta – cioè il rimborso di una parte delle spese sostenute per nuovi macchinari, ampliamenti o strutture – è riservato solo ai comuni inseriti in una specifica lista regionale. Ed è qui che nasce lo scontro politico. La Zes diventa legge il 19 novembre ma già nel 2021 la giunta Acquaroli aveva predisposto un elenco di 122 comuni, poi saliti a 124. Dati alla mano, però, la copertura è altissima nel Sud della regione: 87% per la provincia di Macerata, 77% per Fermo e 91% per Ascoli Piceno. Molto più bassa nelle aree settentrionali: 28% in provincia di Ancona e appena il 4% in quella di Pesaro e Urbino. Uno squilibrio subito denunciato dalle opposizioni: “Si vanno a premiare i feudi tradizionali del centrodestra, lasciando indietro i territori storicamente più vicini al centrosinistra”. Non solo: “La lista della Zes è sbilanciata e rischia di creare un Sud che corre e un Nord che resta fermo – dice a ilfattoquotidiano.it la consigliera regionale dem Micaela Vitri -. Nel Pesarese, che pure ha distretti industriali competitivi, i comuni inclusi sono solo due (Frontone e Serra Sant’Abbondio): è una penalizzazione politica evidente”. Nel frattempo, a Urbino, uno dei tanti comuni esclusi dal credito d’imposta e amministrato dal centrodestra, il sindaco Maurizio Gambini preferisce non alzare i toni, dicendosi preoccupato ma non allarmato: “Le aree sono state definite in base a classificazioni precedenti e la Zes non è solo credito d’imposta: altro punto molto importante è la semplificazione delle procedura – spiega a ilfattoquotidiano.it -. Certo speriamo che la nostra area venga inserita ma la polemica politica non regge: si parlava di questa lista già prima delle elezioni”. Da Bruxelles interviene anche Matteo Ricci, eurodeputato, ex sindaco di Pesaro e grande sconfitto alle ultime regionali: “La mappatura va rivista con la Commissione europea che stabilisce i criteri per l’accesso agli aiuti di Stato – sottolinea -. Ho parlato con il commissario Raffaele Fitto: lasciare fuori metà regione è sbagliato e discriminatorio”. Intanto il centrodestra difende a spada tratta l’impianto della misura. Lo testimonia anche il grande evento organizzato, mercoledì scorso, all’Università Politecnica delle Marche, ad Ancona, dove Acquaroli ha presentato (ufficialmente) la Zes rilanciando ancora una volta la “grande opportunità”. Per poi insistere sul fatto che “l’impatto maggiore non è dato dal credito d’imposta ma dalla sburocratizzazione”. Mentre sul divario tra Nord e Sud ha provato a frenare: “La possibilità di rivedere le aree che ricevono aiuti di Stato esiste e nel 2026 faremo richiesta all’Unione per garantire maggiore equità all’intero territorio”. Le opposizioni però rilanciano: “Acquaroli scarica la responsabilità sull’Europa”, attacca Vitri: “La giunta può intervenire subito, insieme al governo, per rimodulare la lista e non lasciare indietro un pezzo di regione”. L'articolo “Favoriti solo i feudi del centrodestra”: polemiche per la Zona Economica Speciale nelle Marche proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Diversity Media Awards, ilfattoquotidiano.it premiato per il miglior articolo web con un’inchiesta sugli ostacoli all’aborto nelle Marche
Sono stati proclamati il 28 novembre, in diretta sul profilo Instagram di Fondazione Diversity, i vincitori e le vincitrici della decima edizione dei Diversity Media Awards, i riconoscimenti che premiano i personaggi e i contenuti mediali che si sono distinti nel corso dell’anno precedente per una rappresentazione valorizzante ed inclusiva delle persone e dei temi per Genere, Età, Etnia, Disabilità, LGBT+, Aspetto Fisico. Tra i premiati anche Eleonora Cirant, giornalista collaboratrice de ilfattoquotidiano.it, vincitrice nella categoria miglior articolo stampa web con un’inchiesta sugli ostacoli all’aborto nelle Marche. > Visualizza questo post su Instagram > > > > > Un post condiviso da Fondazione Diversity ~ Diversity Media Awards > (@diversitylab) Ascoltando il sentimento del tempo e delle comunità, il momento storico che stiamo vivendo richiede di mettere da parte red carpet e teatri per ripartire dall’essenziale. Per questo i Diversity Media Awards hanno inaugurato un nuovo evento digitale che ha portato i premi laddove l’inclusione ha trovato negli anni una “casa” naturale e una straordinaria cassa di risonanza per istanze spesso totalmente escluse dall’informazione tradizionale, i social. Un viaggio nella ricchezza della diversità, raccontato sui social da 13 contenuti video nei quali Aurora, Guglielmo e Pierluca hanno celebrato tutte le nominate e i nominati delle varie categorie e annunciato i vincitori e le vincitrici di questa edizione. Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU per i diritti umani nei territori palestinesi, è eletta Personaggio dell’Anno, perché “ha mantenuto un impegno instancabile nel denunciare il genocidio in corso. La sua voce rigorosa e la sua presenza internazionale rendono inevitabile il confronto con le responsabilità politiche e morali che il tema impone”, come si legge nelle motivazioni del premio. Il Premio al Miglior Programma Tv l’ha vinto “La perfezione non esiste” (Prime Video) perché “propone uno sguardo originale sulla chirurgia estetica, arricchito dal contributo di psicologhe/i e anestesiste/i. Attraverso i racconti dei pazienti, il programma mette al centro il rapporto con il proprio corpo e le pressioni dei modelli di bellezza diffusi online, mantenendo una prospettiva rispettosa e inclusiva, valorizzando anche corpi lontani dagli standard tradizionali”. Il Premio come Miglior Film Italiano se l’è aggiudicato “Il ragazzo dai pantaloni rosa” di Margherita Ferri, in quanto “è interessante come inviti alla riflessione chiamando in causa responsabilità diffuse – scuola, comunità, piattaforme digitali – per ribadire l’urgenza di contrastare l’omolesbobitransfobia quotidiana che ancora attraversa la nostra società”. Per quanto riguarda il mondo delle serie tv, il riconoscimento alla Miglior Serie TV Italiana è stato vinto da “L’arte della gioia” di Valeria Golino (Sky e NOW) perché “la miniserie attraversa desiderio, classe, autodeterminazione e tabù, senza addomesticarne la complessità. Un racconto di formazione femminile che provoca e interroga l’ordine morale. Al centro, una protagonista svincolata dagli stereotipi di genere e una rappresentazione della disabilità matura e coerente, sostenuta dalla presenza in scena di interpreti con disabilità, scelta ancora rara nel panorama audiovisivo italiano”, mentre la vittoria per la Miglior Serie Tv Straniera se l’è aggiudicata “Hacks” (Netflix) per “aver creato una straordinaria storia di donne, raccontando una protagonista fortissima nei suoi settant’anni e l’incredibile crescita di un legame tra due generazioni differenti. L’alta qualità di questa serie rende giustizia alla rappresentazione del femminile nel suo invecchiamento, visto non come un declino valoriale, ma trattato con rispetto, seppur sempre con ironia”. Infine, il Premio per la Miglior Serie Tv Young è andato a “Hearstopper 3” (Netflix) dato che con la terza stagione “conferma l’impegno nel mostrare l’universo LGBT+ young, facendo attenzione anche a rappresentare diversità di corpi e a mettere al centro i temi della salute mentale”. “5 in condotta” (Rai Radio 2) condotto da Serena Bortone ha vinto il riconoscimento come Miglior Programma Radio perché “si propone come spazio libero di confronto sull’attualità e la società. Con leggerezza e autoironia, affronta temi complessi dando spazio a idee e prospettive diverse. La conduzione di Serena Bortone, da sempre attenta ai diritti civili, contribuisce a rendere il programma un presidio di pluralismo e inclusione, in grado di portare nel servizio pubblico un dialogo accessibile e non superficiale”. Il Premio per il Miglior Podcast se l’è aggiudicato “Sigmund” (Il Post), condotto da Daniela Collu che “con rigore e chiarezza affronta temi complessi legati alla salute mentale, dalla psicoterapia al trauma, fino all’impatto dei social sulla psiche. Ogni puntata, arricchita dal dialogo con professionisti e professioniste, contribuisce a sfatare tabù e disinformazione, offrendo strumenti di comprensione accessibili e normalizzando la cura psicologica come pratica di consapevolezza e benessere”. A ricevere il riconoscimento come Creator dell’anno è Sofia Fabiani (@cucinare_stanca) che “con ironia e linguaggio diretto ha trasformato la cucina in uno spazio di riflessione sociale, smontando stereotipi di genere, orientamento sessuale e affettivo, pregiudizi sul corpo, rendendo l’inclusione un ingrediente quotidiano, accessibile e potente”, mentre il premio come Miglior Prodotto Digital è stato vinto da Aurora Leone dei The Jackal per il contenuto “La festa dei Nonni” in quanto “The Jackal e Aurora Leone hanno raccontato il valore delle relazioni intergenerazionali celebrando affetto, diversità e legami familiari con ironia e autenticità capaci di parlare a pubblici trasversali”. Durante l’evento sono stati attribuiti anche i riconoscimenti all’informazione: Miglior servizio TG al Tg La7 (per il servizio “Data Room di Milena Gabanelli: il centro per migranti di Mineo e il bisogno di manodopera in Italia” di Milena Gabanelli), Miglior Articolo Stampa Quotidiani a Il Messaggero (per l’articolo “Il miraggio parità nel lavoro” di Franca Giansoldati e Gabriele Rosana), Miglior Articolo Stampa Periodici a Il Venerdì – La Repubblica (per l’articolo “Il primo pride non si scorda mai” di Claudia Arletti) e Miglior Articolo Stampa Web a Ilfattoquotidiano.it (per l’articolo “Marche, obiezione quasi al 100% e ostacoli all’aborto farmacologico: le storie delle donne costrette a spostarsi. E la Regione non si adegua alle linee ministeriali” di Eleonora Cirant). I Diversity Media Awards sono un osservatorio costante dello stato dell’inclusività dei media d’informazione e d’intrattenimento: le segnalazioni per l’edizione 2026 riapriranno subito dopo il 28 novembre. 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Così i soldi del Pnrr non riporteranno in vita i borghi marchigiani in macerie, ma distruggeranno il Monte Bove
‹ › 1 / 3 IMG-20251004-WA0036 ‹ › 2 / 3 OPLUS_32 ‹ › 3 / 3 OPLUS_32 La nuova cabinovia “Arboreti-Malghe del Cornaccione”, 2 km lineari con stazione di valle a quota 1350 m e quella di monte a quota 1969 m, con una portata massima di 1800 persone l’ora, è stata promossa dal Comune di Ussita e autorizzata da Provincia di Macerata e Regione Marche. Nel progetto è compreso lo smantellamento di tre impianti preesistenti, chiusi da anni e giunti a scadenza tecnica. Gli interventi ricadono parzialmente all’interno dei siti Natura 2000 ZPS IT5330029 “Dalla Gola del Fiastrone al Monte Vettore” e ZSC IT5330004 “Monte Bove”: oltre 10 milioni di euro del Pnrr che potevano essere impiegati per riportare in vita i borghi in macerie, devastati nel 2016 da un sisma generato e propagato anche dal sistema di faglie dello stesso Monte Bove sulle cui pendici viene scavato senza alcun riguardo per far posto a piloni e rifugi panoramici, in nome della “razionalizzazione del demanio turistico esistente e alla riqualificazione e alla destagionalizzazione a fini turistici”. Sta scritto nella Valutazione di Incidenza Ambientale, che riporta anche come alcuni plinti delle seggiovie demolite “vista la vicinanza con le aree più sensibili e frequentate dal Camoscio appenninico non verranno demoliti, né totalmente né parzialmente, ma lasciati in loco opportunamente ricoperti con pietrame al fine di non impattare visivamente con il paesaggio circostante”. Il divieto di realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune in aree Rete Natura 2000 (art. 5 comma 1 lettera m del D.M. 17/10/2007) è stato aggirato in quanto “il progetto si configura come una sostituzione e ammodernamento tecnologico di impianti sciistici sullo stesso sedime di una vecchia seggiovia”. Che importa se lì c’è un Parco Nazionale e si tocca un’area A (“eccezionale valore”) a protezione speciale del camoscio appenninico? Se boschi centenari verranno tagliati, se si sono aperte superstrade fino in cima (ben oltre i 1200 m di limite della Legge Galasso) che non verranno mai riambientate perché “di servizio” per la manutenzione degli impianti? Il camoscio appenninico è stato reintrodotto nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini grazie ad un progetto comunitario LIFE a partire dal 2008, con 30 individui dotati di radiocollare rilasciati sul Monte Bove Nord. A riprova della buona riuscita del progetto attualmente si stimano oltre 400 esemplari suddivisi in diversi branchi, almeno quattro; come riporta la VincA “nella primavera 2024 due femmine hanno partorito nei pressi della vetta di M.te Bicco sul versante esposto a sud e quindi ad una distanza in linea d’aria di meno di 500m dalla “stazione di monte” prevista dal progetto (…) il branco che frequenta stabilmente, in tutte le stagioni, la zona di M.te Bicco-M.te Bove Sud-Passo Cattivo è quello che per ragioni spaziali appare più vulnerabile alla realizzazione del progetto, sia nella fase di esecuzione dei lavori che nella fase di esercizio”. Le opere di mitigazione del disturbo degli animali prevedono l’utilizzo degli elicotteri per un massimo di 7 giorni non consecutivi (resta naturalmente il viavai di veicoli vari per la durata del cantiere, prevista in sette mesi), ma il problema si porrà anche a lavori ultimati poiché una “potenziale frequentazione turistica “di massa” conseguente alla facilità a raggiungere i luoghi sommitali che la presenza della cabinovia determina (…) può comunque determinare impatti significativi e pertanto la fruizione nella zona del rifugio e soprattutto della porzione di territorio a monte del rifugio Cornaccione andrà necessariamente regolamentata”. La soluzione è già pronta: “attivare un sistema di regolamentazione della fruizione del sentiero E8 in modo da limitarne in termini numerici la fruizione (…) il Comune di Ussita si impegna a predisporre un sistema informatico per acquistare il biglietto per accedere al sentiero”. Resta solo un problema: “l’aumento di fruitori fa aumentare anche il rischio di trasgressori che volontariamente o per non conoscenza della norma potrebbero fruire l’area in maniera scorretta”. Chi controllerà? Infine, che se ne faranno le popolazioni autoctone di una presunta ricchezza momentanea, mordi e fuggi, che per sua natura porta devastazione e che consumerà irreversibilmente il territorio? Che penseranno quando affacciandosi dalla finestra delle SAE (Soluzioni Abitative di Emergenza) vedranno ancora i ruderi delle loro case, ma una teoria di camion che vanno fin sul Bove a costruire “uno strumento strategico per dare futuro alla comunità”? L'articolo Così i soldi del Pnrr non riporteranno in vita i borghi marchigiani in macerie, ma distruggeranno il Monte Bove proviene da Il Fatto Quotidiano.
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