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Alpine A390 GT, la prova de Il Fatto.it – Tre motori elettrici e tanta precisione su strada – FOTO
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È un’eleganza tecnica: la lama del cofano che incanala l’aria, i “flap” davanti alle ruote posteriori, il diffusore a 8° ispirato ai prototipi LMDh del Mondiale Endurance non sono orpelli, servono a farla scorrere meglio. Aperta la portiera, il cocoon blu di Alpine restituisce subito un’idea chiara: spazio e cura. Davanti si viaggia comodi, con una posizione di guida naturale, “giusta” al primo colpo, merito di sedili ben sagomati e di regolazioni intuitive. I rivestimenti in Alcantara e pelle, la plancia morbida al tatto e l’illuminazione d’ambiente dicono che qui non si è voluto fare l’ennesimo abitacolo tech senz’anima: è un ambiente sportivo, ma caldo. Il volante in Nappa blu, leggero e diretto, è il centro di gravità dell’esperienza. Ospita il selettore delle modalità di guida, ben posizionato, e soprattutto due comandi chiave: il manettino blu RCH per la frenata rigenerativa e la leva rossa OV, l’Overtake, che regala una spinta extra fino a 10”. Non è un videogioco: è un boost che però non si attiva se si viaggia in modalità Save, né se lo si preme con il regolatore di velocità inserito senza toccare l’acceleratore. Dietro, un vero divano per due adulti e un terzo posto di fortuna: non è un salotto, ma lo spazio per le gambe c’è, l’accesso è comodo grazie alle cinque porte e il bagagliaio da 532 litri mette in bacheca un argomento forte per chi cerca l’auto unica di famiglia. Capitolo infotainment. La doppia schermata da 12,3” (strumentazione) e 12” verticali (infotainment) lavora bene. Il passaggio tra le “maschere” del sistema è rapido, senza quei tempi morti che spesso rovinano le elettriche più cariche di software che di sostanza. Le voci di menu sono chiare, la grafica coerente con il mondo Alpine e Google Maps con Route Planner EV fa il suo dovere nel gestire tappe e ricariche. Sotto il vestito sport fastback, la A390 GT che abbiamo guidato può contare su tre motori elettrici – uno anteriore a rotore avvolto, due posteriori sincroni a magneti permanenti – per un totale di 400 cavalli e 661 Nm, con trazione integrale e ripartizione attiva della coppia. Lo 0-100 km/h in 4,8 secondi e i 200 km/h di velocità massima raccontano la parte numerica. Il resto lo fa la batteria da 89 kWh utili, che promette un’autonomia fino a 557 km secondo il ciclo WLTP. Qui entra in gioco anche il lavoro con Michelin: la A390 monta pneumatici sviluppati ad hoc e marcati A39, dai Pilot Sport EV da 20” pensati per bilanciare grip e autonomia ai Pilot Sport 4S da 21” più sportivi, fino ai CrossClimate 3 Sport, All Season, per chi non vuole rinunciare alla A390 nemmeno d’inverno. La coerenza tra sospensioni, gomme e taratura elettronica si sente, soprattutto quando si aumenta il ritmo. Nel nostro anello tra autostrade, strade a scorrimento veloce e tratti in salita più impegnativi intorno a Marbella, i consumi indicati dal computer di bordo sembrano allineati a quanto dichiarato dalla casa, con valori che restano ragionevoli anche quando si alza il ritmo. Merito di un sistema che non insegue solo la potenza di picco, ma lavora sulla capacità di mantenerla e di gestire con intelligenza la ricarica. Ma è quando l’asfalto si arriccia che l’A390 GT mostra il lato vero. Nonostante la stazza, le sospensioni con ammortizzatori idraulici tengono bene il peso: sono rigide il giusto, filtrano le sconnessioni senza secchezza e, soprattutto, permettono inserimenti in curva allegri. Sempre ricordandosi che, al netto del vestito affilato, siamo davanti a una “quasi SUV” cinque posti, non a una A110 con il portellone. Lo sterzo è uno dei punti forti: leggero nelle manovre, diventa consistente quando serve, restando sempre diretto e leggibile. La differenza tra le varie modalità di guida è percepibile: in Normal la A390 è rilassata, con un’erogazione piena ma progressiva; in Sport la risposta del pedale si fa più viva, la rigenerazione più presente, l’Active Torque Vectoring lavora per chiudere le traiettorie con naturalezza. In modalità Track, che abbiamo solo sfiorato, l’auto si tende e lascia più spazio al pilota, con controlli meno invasivi. Il lavoro dei freni è convincente: il passaggio tra frenata rigenerativa e impianto tradizionale (davanti dischi da 365 mm con pinze a 6 pistoncini) è ben mascherato, il pedale si dosa con facilità anche in discesa, quando la massa si sente. Il manettino RCH consente di scegliere il livello di rigenerazione: dai settaggi più leggeri, vicini al “freno motore” di un’auto termica, fino alla vera One Pedal che in città diventa quasi naturale. Nelle code e nei tratti di traffico che non mancano mai attorno alla Costa del Sol, il sistema di guida assistita è un alleato prezioso. Il regolatore di velocità adattivo funziona bene, con accelerazioni e rallentamenti fluidi, e il pacchetto ADAS è ricco: monitoraggio dell’attenzione, frenata automatica anche in retromarcia, sistemi di mantenimento e centraggio di corsia, fino al tasto My Safety che permette di richiamare con un gesto le impostazioni preferite di assistenza e allarmi. In autostrada la A390 scorre silenziosa, complice anche il buon lavoro di insonorizzazione e l’impianto audio Devialet che può passare dalla discrezione al coinvolgimento pieno. Chi vuole può aggiungere alla colonna sonora i due toni Alpine Drive Sound, più corposi o più morbidi a seconda del gusto; chi non li ama, li spegne e si gode solo il fruscio dell’aria e l’odore di macchia mediterranea che entra quando si socchiude il finestrino. Nel sole andaluso, tra mare e colline, la nuova Alpine A390 GT (prezzi ancora da definire, prime consegne dal 2026) si presenta per quello che è: la parte razionale del Dream Garage, ma con un carattere che resta profondamente Alpine. Spaziosa, ben rifinita, tecnologica quanto basta, è anche – e soprattutto – un’elettrica che non rinuncia alle sensazioni. Come scriveva Antonio Machado, “caminante, no hay camino, se hace camino al andar”: qui il cammino è quello dell’elettrico sportivo europeo, e A390 lo traccia modo suo, con tre motori, una batteria pensata per correre, gomme sviluppate in esclusiva e un telaio che, nonostante i centimetri e i chili, chiede ancora curve prima che chilometri. L'articolo Alpine A390 GT, la prova de Il Fatto.it – Tre motori elettrici e tanta precisione su strada – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Bmw X3 M50 xDrive, la prova de Il Fatto.it – Il viaggio che non ti aspetti
“Nel mezzo del cammin…”: così Dante, tornato a Firenze dopo l’esilio, potrebbe descrivere quell’istante in cui il motore si accende e si innesta il “Drive”. Da Villa La Massa, incantevole dimora rinascimentale immersa nel verde e affacciata sull’Arno, la nostra linea parte dolcemente: il viale alberato, il sole che filtra tra i cipressi della mattina, l’eleganza dell’edificio che fa da preludio. A bordo della nuova BMW X3 M50 xDrive ci si sente già a proprio agio. Il sei cilindri da 398 cavalli ti ricorda subito che non sei su una comune SUV: stai guidando un’auto concepita e progettata per essere qualcosa di più. Fin dai primi chilometri la X3 M50 si rivela sorprendentemente agile. In uscita da Firenze, imboccando le colline toscane verso Prato, la traiettoria appare più corta di quanto il metro suggerisca: lo sterzo è vivo, la risposta pronta, la stabilità rassicurante. La trazione integrale xDrive e l’assetto M, che sulla carta potrebbero sembrare semplici badge sportivi, sulla strada diventano sostanza: compostezza, progressività, un controllo che non rinuncia mai al comfort. Il viaggio verso la Versilia è un alternarsi di paesaggi che cambiano quasi a ogni curva. La X3 si comporta come un compagno elegante: in salita accetta il comando del piede con una progressione piena; in discesa, o nei curvoni che guardano la costa, fa quello che non ti aspetti da un’auto di questa taglia. Non rolla, non si scompone, non assume quel tono goffo che molte utility mostrano quando le porti un po’ oltre il loro limite naturale. Entrati in autostrada, la X3 M50 mostra un altro dei suoi lati vincenti: la parsimonia nei consumi a velocità costante. Non è un’ibrida plug-in, ma il sistema mild-hybrid a 48 volt lavora davvero. Viaggiando a ritmo regolare, senza indulgenze, la media si assesta su valori più che dignitosi per potenza e massa: circa 9 l/100 km in un percorso misto di 150 km tra città, extraurbane e corsia di sorpasso. Il comfort acustico è buono, la marcia scorrevole, il carattere più da “respiro lungo” che da botta e risposta. Se vuoi viaggiare rilassato, lei ti asseconda; se vuoi divertirti, ti dà la spinta giusta. Poi arriva il pezzo di magia: raggiunta la pineta che precede Marina di Pietrasanta – quell’ultima tappa che profuma di mare e resina – il percorso cambia passo. Le ruote seguono la venatura dell’asfalto, la luce si fa più bianca e la X3 M50, in modalità Sport, mostra il suo carattere autentico. Scatta, appoggia, si riallinea: lo sterzo si fa più pieno, l’assetto più teso, e il motore – fin lì quasi silenzioso – lascia uscire quel brontolio gutturale che ti ricorda che sì, questa macchina c’è. Nel bagagliaio (570 litri, che diventano 1.700 con i sedili abbattuti) c’è spazio per il trolley dell’ultimo weekend in Versilia e anche per qualche cassa di vino. L’abitacolo è curato, i materiali scelti con gusto, l’atmosfera premium senza ostentazione. Ma la vera impressione, quella che ti resta addosso, è che questa BMW non voglia mostrarti quanto è forte bensì quanto bene ci si sta insieme, chilometro dopo chilometro. Alla fine del viaggio, un ultimo giro sulla pista de La Canniccia – giusto per strizzarla in sicurezza – e poi l’arrivo al tramonto, con la luce che s’infila tra i pini e colora tutto di arancio. Scendi quasi con un sorriso. Hai trovato un’auto capace di sorprendere: agile dove non te l’aspetti, parca quando serve, confortevole nelle tratte lunghe, sportiva quanto basta. La X3 rimane un modello solido, e la M50 aggiunge quel brio che rende ogni viaggio un piccolo racconto. Servono 66,900 € per la X3 Xdrive 2.0d, mentre si sale a 91.200 per la versione M 5.0 utilizzata per la prova. L'articolo Bmw X3 M50 xDrive, la prova de Il Fatto.it – Il viaggio che non ti aspetti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Kia Stonic 2026, la prova de Il Fatto.it – Design aggiornato e mild hybrid che convince – FOTO
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Hyundai Tucson, la prova de Il Fatto.it – Più potente ed efficiente col full hybrid 4WD – FOTO
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Fiat 500 hybrid, la prova de Il Fatto.it – La citycar EV diventata termica (per necessità) – FOTO
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Renault Clio full hybrid E-Tech , la prova de Il Fatto.it – Consumi giù, piacere su – FOTO
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Volkswagen T-Roc, la prova de Il Fatto.it – Più spazio e tecnologia alla guida – FOTO
‹ › 1 / 4 VOLKSWAGEN T-ROC ‹ › 2 / 4 VOLKSWAGEN T-ROC ‹ › 3 / 4 VOLKSWAGEN T-ROC ‹ › 4 / 4 VOLKSWAGEN T-ROC Non solo più grande, ma anche più “ricca”. Nel senso che, spiega Volkswagen, “il livello di equipaggiamento è stato aumentato in linea generale”. Vale a dire che grazie alle dotazioni di serie già la versione d’accesso è “tutt’altro che un modello base”. Di sicuro in Italia, dove l’entry level, la Trend, non viene nemmeno importata, il che contribuisce a spiegare il listino che parte da 33.900 euro. Con la seconda generazione della T-Roc, Volkswagen è ambiziosa quanto e forse più che con la prima, già venduta in due milioni di esemplari. “I nostri clienti amano la T-Roc e sono convinto che la nuova generazione abbia tutto ciò che serve per continuare a scrivere questa fantastica storia di successo: un design moderno, tecnologie innovative, massima qualità e pregio, comandi intuitivi e un comportamento su strada piacevole ed equilibrato”, sintetizza Thomas Schäfer, amministratore delegato di Volkswagen. Il nuovo modello è stato sviluppato per andare incontro alle richieste dei clienti europei, che chiedono Suv compatti eppure spaziosi e allo stesso tempo in grado di poter essere guidati in città (11,1 metri di diametro di sterzata), ma anche di poter venire impiegati per spostamenti più lunghi. La T-Roc è la prima Volkswagen i cui motori sono esclusivamente elettrificati: mild hybrid a 48 Volt al lancio e in futuro anche full hybrid. I primi due sistemi sono basati sul sovralimentato quattro cilindri benzina da 1.5 litri (eTSI) offerto sia con 116 sia con 150 Cv (l’unità guidata in Portogallo, tra Lisbona, Palmela, dove la T-Roc viene fabbricata e il cui stabilimento vale il 4,5% dell’intero export lusitano) e Cascais. L’anno prossimo arriveranno anche il duemila eTSI da 204 Cv e le due declinazioni full hybrid del millecinque, da 136 e 170 Cv. Per la versione più sportiva, la “R” da 333 Cv, ci sarà da pazientare ancora più di un anno: al momento il debutto è previsto per i primi mesi del 2027. Stabile, anche se molto morbida, la T-Roc è comoda e si conferma fluida con la sua discreta (nel senso che non si fa sentire) trasmissione automatica. All’occorrenza è anche dinamica: impiega 8,9” per andare da 0 a 100 all’ora e raggiunge i 212 km/h di velocità massima. Rispetto alla prima generazione è cresciuta di 9 millimetri in altezza (1,57 metri), di 30 nel passo (2,63) e di 120 in lunghezza (4,37). Ciò nonostante l’aerodinamica è migliorata del 10% con un Cx di 0,29. Il bagagliaio ha 30 litri di capacità in più e parte da 475 (arriva a 1.350). I consumi omologati nel ciclo Wltp oscillano tra i 5.5 e 6 l/100 km: al termine dei 150 chilometri al volante il computer ne ha rilevati 7, uno scostamento sicuramente dovuto anche al tipo di guida. I cerchi arrivano fino a 20”, mentre lo schermo “italiano” riservato all’infotainment ha una sola diagonale, quella da 12.9. Tra le novità dell’armamentario tecnologico si sono il Park Assist Pro con funzione Memory per posizionare il Suv in modo completamente automatico su distanze fino a 50 metri e il più evoluto Travel Assist. L'articolo Volkswagen T-Roc, la prova de Il Fatto.it – Più spazio e tecnologia alla guida – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Opel Mokka GSE, la prova de Il Fatto.it – L’elettrica che porta il rally sulla strada – FOTO
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Audi A6 e Q5, la prova de Il Fatto.it – Gemelle diverse, ma elettrizzanti – FOTO
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