È stata presentata a Villa Blanc la ricerca “L’Italia e l’auto elettrica: tra
percezioni e consapevolezza”, realizzata dall’Osservatorio Auto e Mobilità della
Luiss Business School. Lo studio analizza il divario tra l’interesse potenziale
verso l’auto elettrica e la sua effettiva adozione, evidenziando come le
resistenze non siano legate esclusivamente a fattori tecnici o economici, ma
anche al rapporto tra percezione e livello di conoscenza del prodotto.
La ricerca si basa su un approccio metodologico misto che combina un’indagine
quantitativa con un’analisi qualitativa supportata da modelli avanzati di
Intelligenza Artificiale. L’utilizzo dell’AI ha consentito di analizzare in modo
sistematico le risposte aperte degli intervistati, individuando pattern
linguistici, cluster tematici e sfumature interpretative con un elevato grado di
neutralità analitica.
Tra i non possessori di veicoli elettrici a batteria (BEV) emergono timori e
barriere legati in larga parte a percezioni esterne. Il 67% degli intervistati
esprime preoccupazioni sulla durata della batteria, mentre oltre il 58%
considera insufficiente la rete di ricarica autostradale. Il prezzo di acquisto
è ritenuto troppo elevato dal 72% del campione. Quasi la metà segnala inoltre
difficoltà nel reperire informazioni chiare su costi reali, incentivi, autonomia
e tempi di ricarica, indicando una conoscenza frammentata e spesso non
aggiornata.
Lo studio individua quattro leve principali per favorire la transizione. La
priorità assoluta è la riduzione del prezzo di acquisto, indicata dal 55,4%
degli intervistati. Seguono la stabilità degli incentivi, considerata rilevante
soprattutto in termini di prevedibilità nel tempo, e la disponibilità di una
rete di ricarica pubblica capillare e funzionante, indicata come priorità
massima dal 12,7%. La garanzia di lunga durata sulla batteria risponde alle
principali paure tecnologiche e raccoglie oltre il 50% delle preferenze
complessive nelle prime tre posizioni. Altri fattori, come wallbox gratuite,
servizi digitali o abbonamenti energetici, risultano marginali.
I possessori di BEV descrivono invece un’esperienza d’uso generalmente positiva:
il 56,4% rileva una maggiore economicità rispetto ai veicoli termici e oltre il
70% considera adeguata la gestione quotidiana dell’autonomia. Le criticità
percepite dall’esterno risultano quindi ridimensionate. Tuttavia, entrambi i
gruppi concordano su un punto: l’infrastruttura di ricarica pubblica e
autostradale non è ancora sufficientemente omogenea e affidabile.
Nel confronto finale, la ricerca evidenzia come il principale ostacolo alla
diffusione dell’auto elettrica sia il gap tra percezione e consapevolezza. Dove
manca un’esperienza diretta o un’informazione chiara, le resistenze restano
elevate. Al contrario, l’uso concreto contribuisce a ridurre molte barriere.
Secondo lo studio, una transizione efficace richiede un sistema più solido,
basato su prezzi competitivi, infrastrutture affidabili e azioni in grado di
trasformare la curiosità in fiducia.
L'articolo Auto elettrica in Italia, ecco cosa frena le vendite di EV nel nostro
Paese proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Auto Elettriche
di Andrea Boraschi*
Martedì l’Ue deciderà il futuro del settore auto europeo. La revisione della
normativa sulle emissioni di CO₂ delle auto, dunque la decisione di confermare o
meno l’obiettivo di vendere solo veicoli a zero emissioni dal 2035, ci dirà se
l’Europa è davvero intenzionata a competere con Cina e Stati Uniti o se, di
fatto, accetterà una prospettiva in cui il futuro dell’auto non è europeo.
L’industria automobilistica del continente e i suoi alleati politici, nonché le
lobby dell’oil&gas, hanno impegnato tutte le loro forze in questa battaglia. Ciò
che realmente vogliono – oltre il paravento fumoso della “neutralità
tecnologica” – è la possibilità di continuare a vendere auto endotermiche anche
dopo il 2035. E di lasciare maggiore spazio, da qui ad allora, a tecnologie e
carburanti assai lontani – per capacità di riduzione delle emissioni, per
efficienza, maturità tecnologica e sostenibilità – dalle prestazioni dell’auto
elettrica (BEV). Che sarà invece – per stessa ammissione dei carmaker – la
tecnologia dominante nei prossimi anni.
L’industria è molto abile, quando si tratta di addossare la responsabilità della
sua crisi sui regolatori e sulle politiche climatiche. La realtà, però, è che la
crisi dell’auto non ha nulla a che fare col 2035. Le vendite di auto in Europa
sono calate di tre milioni, rispetto al 2019, perché le case automobilistiche
hanno privilegiato margini di profitto più alti a scapito dei volumi. Tra il
2018 e il 2024 il prezzo medio di un’auto di massa è salito del 40%, passando da
22.000 a 30.700 euro. E sono stati anni in cui molti produttori hanno registrato
profitti record.
Queste decisioni stanno ora producendo effetti concreti. La maggior parte degli
europei non può più permettersi un’auto nuova, mentre in Cina i marchi europei
stanno cedendo mercato sotto la pressione della concorrenza locale sui veicoli
elettrici. Come se ne esce? La “soluzione magica” dei carmaker sarebbe di aprire
le porte ai biocarburanti e agli ibridi plug-in (PHEV) dopo il 2035. Un rimedio
effimero, volto a massimizzare nel breve termine la componente endotermica; e un
grave errore strategico nel medio-lungo termine, che rischia di condurre
l’industria europea in un vicolo cieco. Ecco perché.
La prospettiva industriale – Una prospettiva di decarbonizzazione chiara, dunque
obiettivi trasparenti e stabili, rappresenta la bussola degli investimenti e
della fiducia nel mercato. Indebolire il target del 2035 significherebbe mettere
a rischio centinaia di miliardi già impegnati nella filiera dell’elettrico:
batterie, reti di ricarica, elettronica di potenza e componenti. Non a caso,
oltre 200 CEO e leader del settore hanno scritto alla Commissione europea
esortandola a non toccare questi obiettivi.
La sostenibilità economica – Dietro lo slogan della “neutralità tecnologica” si
nascondono soluzioni costose per i consumatori. Le auto elettriche sono già le
più economiche, nell’intero ciclo di possesso e utilizzo, e presto saranno anche
le più convenienti da acquistare. Al contrario, gli ibridi plug-in costano in
media 15.000 euro in più delle elettriche; se ai costi di acquisto si sommano
quelli di utilizzo, le PHEV possono arrivare a costare fino al 18% in più per
veicoli nuovi, percentuali che salgono ulteriormente (fino al 29%) per l’usato.
Gli e-fuel – altra soluzione propugnata dall’industria – arriverebbero a costare
fino a 6-8 euro al litro. E anche i biocarburanti avanzati, tanto cari
all’Italia, sarebbero un’alternativa costosa a causa della loro scarsa
disponibilità.
L’avanzata dell’elettrico – La corsa globale verso l’elettrico, per contro, è in
atto e non da segni di inversione. Le vendite di veicoli elettrici crescono non
solo in Cina, ma anche in mercati emergenti come Thailandia e Vietnam. E anche
in Europa la transizione sta accelerando.
Lo scorso novembre, i veicoli elettrici hanno raggiunto un nuovo massimo
storico, con 160.000 unità vendute in sette mercati del continente europeo.
Dall’inizio dell’anno si registra una solida crescita del 30%: oggi in Francia
le BEV valgono il 26% del mercato, in Portogallo il 32%; nel Regno Unito
sfiorano il 26,5% e in Germania sono al 22%, massimo storico dopo la fine degli
incentivi nel 2023. In Italia, lo scorso novembre le elettriche hanno
rappresentato il 12% del mercato. Un risultato frutto degli incentivi, certo; ma
anche la dimostrazione ultima che i consumatori non disprezzano affatto l’auto
elettrica, hanno semmai bisogno di politiche di sostegno alla transizione.
Il declino inesorabile dei motori tradizionali – Sul fronte opposto, i motori
tradizionali sono in costante declino. Le vendite di auto a combustione interna
(ICE) non si sono mai riprese dal picco del 2019; da allora a oggi, ICE e ibride
(non plug in), sommate, hanno perso il 10% del mercato (mentre le elettriche ne
hanno conquistato il 15%).
La domanda complessiva di auto è diminuita – tra le altre cose – a causa di
stagnazione economica, inflazione e tassi d’interesse elevati. Ma quando i
clienti torneranno, troveranno un mercato dominato dalle elettriche, non dai
motori tradizionali. Chi scommette ancora sul ritorno dei veicoli a combustione
— biofuel costosi, e-fuel o veicoli ibridi, che fanno ancora in gran parte leva
sulla tecnologia endotermica — semplicemente si illude.
L’Europa è a un bivio – Solo mantenendo fermi gli obiettivi attuali il settore
auto europeo ha una reale possibilità di competere nel mercato globale dei
veicoli elettrici. Indebolirli significherebbe aggrapparsi a rendite di
posizione sempre più esili, e rimanere ancora più indietro in termini di
innovazione. In altre parole: rallentare la transizione non aiuta. Peggiora la
nostra posizione competitiva.
L’industria automobilistica europea si è resa conto tardi di essere indietro
rispetto alla Cina. Ma ogni esitazione, oggi, è un vantaggio ulteriore per
Pechino, che non rallenterà la corsa verso l’elettrico solo perché noi
prolunghiamo la vita dei motori endotermici. Mentre i consumatori europei, nel
frattempo, smetteranno di acquistare una tecnologia di qualità inferiore e già
oggi, in molti Paesi, più costosa. Se l’Ue fa marcia indietro ora, rischia di
perdere il più grande cambiamento industriale di questa generazione,
abbandonando l’ambizione di padroneggiare una delle tecnologie più importanti
del XXI secolo e i vantaggi industriali, economici e sociali che ne derivano.
Ora è il momento di mantenere la rotta e, per i decisori, di mostrare leadership
e visione. Puntare su e-fuel e biofuel, su ibridi e su veicoli a combustione
“efficienti” è la direzione certa per trasformare l’Europa in un museo
dell’auto.
*direttore T&E Italia
L'articolo Auto inquinanti dopo il 2035? Se l’Europa torna indietro
sull’elettrico, se ne avvantaggerà la Cina proviene da Il Fatto Quotidiano.
Volkswagen ferma la produzione di auto a Dresda da martedì 16 dicembre: lo
stabilimento interromperà l’assemblaggio di veicoli elettrici rappresentando la
prima chiusura di una fabbrica in Germania in 88 anni di storia. Lo stop arriva
in un momento particolare per Volkswagen, il più grande produttore
automobilistico europeo: la casa costruttrice è sotto il fuoco incrociato della
debolezza delle vendite in Europa, dei dazi Usa che pesano sulle vendite negli
Stati Uniti e dell’arrivo sul mercato continentale dei veicoli elettrici cinesi.
Dal 2002, quando venne inaugurato, fino a oggi la fabbrica ha assemblato 200mila
veicoli. Da sempre è stato lo stabilimento dedicato alle produzioni di alta
gamma. Per anni a Desdra è stata sfornata la VW Phaeton. La produzione di questo
modello era cessato nel 2016 e da quel momento era arrivata l’assegnazione della
ID.3 a batteria, modello simbolo degli sforzi di Volkswagen per
l’elettrificazione.
La direzione aziendale ha trovato un’intesa con le rappresentanze sindacali per
implementare misure di sostegno per i circa 250 lavoratori impiegati nella
“fabbrica di vetro” di Dresda. Chi accetterà il trasferimento in altri siti del
gruppo riceverà un incentivo economico di 30.000 euro: un “assegno” pensato per
mitigare le conseguenze sociali della chiusura, assicurando ai dipendenti e alle
loro famiglie un passaggio meno traumatico nella nuova destinazione.
La casa tedesca non abbandonerà completamente la fabbrica, ma trasformerà l’area
in un polo di ricerca e sviluppo in collaborazione con il Politecnico di Dresda.
Il centro si concentrerà su tecnologie all’avanguardia come intelligenza
artificiale, robotica e semiconduttori, grazie a un investimento di 50 milioni
di euro su sette anni. Come noto, Volkswagen ha deciso di ridurre il proprio
piano di investimenti quinquennale da 180 a 160 miliardi di euro, con
l’obiettivo di migliorare il flusso di cassa per il 2025.
L'articolo Volkswagen chiude una fabbrica in Germania per la prima volta in 88
anni proviene da Il Fatto Quotidiano.
Volkswagen ha alzato il velo sulla futura ID Polo, il modello elettrico compatto
con cui la Casa di Wolfsburg punta a rafforzare la propria offensiva contro
l’avanzata dei costruttori cinesi nel segmento delle elettriche accessibili.
L’obiettivo è chiaro: portare sul mercato un’auto elettrica credibile, spaziosa
ed efficiente a un prezzo di partenza intorno ai 25.000 euro, soglia considerata
decisiva per la diffusione di massa degli EV in Europa.
Con la ID Polo, VW rompe con lo schema tecnico della prima generazione di
modelli ID. La nuova piattaforma adotta un’architettura più leggera e razionale,
progettata per ridurre drasticamente costi e complessità senza penalizzare lo
spazio interno. Anzi, grazie al nuovo layout della trasmissione e alla maggiore
integrazione dei componenti, l’abitabilità e il bagagliaio risultano
paragonabili a quelli di auto di categoria superiore.
Al centro del progetto c’è il nuovo motore elettrico anteriore APP290, abbinato
a un inverter sviluppato internamente. Non si tratta di un adattamento dei
sistemi già visti su ID.3 e ID.4, ma di una soluzione completamente nuova, con
meno parti, peso ridotto e costi di produzione inferiori. Sotto il pianale trova
posto la batteria PowerCo a celle unificate “cell-to-pack”, più densa dal punto
di vista energetico e più economica da assemblare. Nella versione da 52 kWh
promette fino a 450 km di autonomia e ricariche rapide dal 10 all’80% in circa
23 minuti.
Un altro elemento chiave è il ritorno ai nomi storici. Volkswagen ha deciso di
unificare la nomenclatura dei modelli elettrici e termici, puntando su
appellativi già noti al grande pubblico. “Polo è un nome iconico, sinonimo di
affidabilità e successo da oltre 50 anni”, ha spiegato Martin Sander,
responsabile vendite del brand. Una scelta pensata per semplificare la
comunicazione e rafforzare il legame emotivo con i clienti.
Attesa sul mercato a metà 2026, la ID Polo farà parte della nuova famiglia
“Electric Urban Car” del Gruppo VW e dovrà vedersela con rivali agguerrite come
Renault 5 e BYD Dolphin Surf. Se manterrà le promesse su prezzo, autonomia e
qualità, potrebbe diventare il modello chiave per riportare Volkswagen al centro
del segmento delle compatte popolari, anche nell’era elettrica.
L'articolo Volkswagen ID Polo, la compatta elettrica che sfiderà le low cost
cinesi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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SMART #2
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SMART #2
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SMART #2
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SMART #2
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SMART #2
L’arrivo della nuova smart #2 entra in una fase concreta di sviluppo. La city
car completamente elettrica, destinata a raccogliere l’eredità della fortwo, è
attualmente impegnata nei test su strada della nuova piattaforma proprietaria
Electric Compact Architecture (ECA), ideata per dar vita ad una nuova
generazione di modelli urbani a zero emissioni.
Per validare la piattaforma, gli ingegneri smart stanno utilizzando soluzioni
tecniche particolari: la meccanica ECA viene integrata nelle carrozzerie
dell’attuale smart fortwo, dando vita a una flotta di prototipi funzionali.
Questa scelta consente di verificare il comportamento reale del veicolo,
confermando al tempo stesso un punto chiave del progetto: la smart #2 manterrà
dimensioni ultracompatte, restando fedele al formato che ha reso il modello un
riferimento nelle città.
La configurazione di base non cambia: due posti, due porte, trazione posteriore
e ruote posizionate agli angoli, elementi che continuano a definire agilità e
maneggevolezza. Cambieranno invece design e contenuti, con uno stile
completamente nuovo sviluppato dal team Mercedes-Benz e una dotazione
tecnologica aggiornata, incentrata su propulsione elettrica, sicurezza e
software.
I test sono in corso in diversi centri specializzati nel mondo. In Cina, su
circuiti dedicati, l’attenzione è rivolta alla dinamica di guida, all’assetto,
alla frenata e alla resistenza strutturale. Altri siti stanno lavorando su crash
test, durata delle sospensioni, prestazioni delle batterie, climatizzazione e
sistemi digitali, in condizioni ambientali differenti.
La presentazione mondiale della smart #2 è prevista per la fine del 2026, al
termine di un percorso di sviluppo che segna il ritorno del marchio smart nel
segmento delle city car elettriche ultracompatte.
L'articolo Smart #2, i test su strada entrano nel vivo. Ecco i primi prototipi
camuffati – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Unione Europea sta riflettendo sulla possibilità di concedere altri cinque
anni di vita ai motori a combustione all’interno delle auto ibride, posticipando
così alcuni effetti del divieto previsto per il 2035. L’eventuale scelta
arriverebbe dopo settimane di pressioni da parte di Paesi come Italia e Polonia
e di diversi costruttori, che temono un’accelerazione eccessiva nella corsa
all’elettrico, con possibili ricadute sull’intero comparto automobilistico.
La Commissione europea presenterà una proposta che consentirebbe a plug-in
hybrid ed extended-range electric vehicles (EREV) di restare sul mercato fino al
2040, a condizione che utilizzino biocarburanti avanzati ed e-fuel, combustibili
sintetici prodotti con CO₂ riciclata e energia rinnovabile. L’idea è di
mantenere l’obiettivo delle emissioni zero per le nuove auto entro il 2035,
introducendo però una fase di transizione più morbida per i costruttori e per i
Paesi più legati alla produzione tradizionale.
Molti aspetti restano, tuttavia, da definire. Bisogna stabilire quante ibride
potranno essere vendute dopo il 2035 e fissare parametri chiari sulla qualità
dei carburanti alternativi. Gli e-fuel promettono neutralità climatica, ma sono
ancora costosi e di difficile diffusione; i biocarburanti, invece, suscitano
dubbi riguardo alla reale sostenibilità e all’impatto sulle coltivazioni
alimentari.
Nel pacchetto atteso nei prossimi giorni (forse il 16 dicembre, ma potrebbe
essere ulteriormente posticipato) dovrebbe rientrare anche il rinvio della
revisione del sistema che misura le emissioni reali delle ibride plug-in, oggi
basato su dati di laboratorio poco rappresentativi dell’uso quotidiano.
La possibile proroga offrirebbe respiro all’industria europea, impegnata nella
trasformazione verso l’elettrico. Ma per le associazioni ambientaliste rischia
di diventare una porta aperta a nuove deroghe, rallentando la decarbonizzazione
del settore e mettendo l’Europa in una posizione meno competitiva rispetto alla
Cina, ormai leader nel mercato delle batterie.
L'articolo UE valuta una proroga di cinque anni per le auto ibride prima dello
stop ai motori termici nel 2035 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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MERCEDES GLB
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MERCEDES GLB
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MERCEDES GLB
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MERCEDES GLB
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MERCEDES GLB
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MERCEDES GLB
La nuova Mercedes GLB non stravolge, ma evolve. Non cerca l’effetto speciale a
tutti i costi, piuttosto lavora per sottrazione e per coerenza, come fanno le
auto nate per durare più di una stagione. Oggi però il passo in avanti è netto:
la GLB entra nel mondo dell’elettrico puro e lo fa con due versioni ben
distinte, 250+ EQ e 350 4MATIC EQ. La prima è capace di erogare 272 cavalli, la
seconda, ne mette a disposizione 354 con la trazione integrale.
In entrambi i casi la batteria è da 85 kWh, con un’autonomia che nel ciclo WLTP
spazia dai 521 a oltre 630 chilometri. La ricarica in corrente continua può
assorbire fino a 320 kW, con un il passaggio dal 10 all’80% in circa 22 minuti.
Numeri che spostano la GLB dal ruolo di semplice SUV urbano a quello di vera
“macinachilometri” elettrica.
Le prestazioni non sono più un tabù, neanche per un’auto con ambizioni
familiari. La 350 4MATIC spinge forte, con quella risposta piena e immediata
tipica dell’elettrico, mentre la 250+ gioca la sua partita sull’efficienza e
sulla fruibilità quotidiana. In entrambi i casi la sensazione è quella di un
progetto pensato per semplificare la vita, non per complicarla: zero ansia da
autonomia, tanta facilità d’uso e una naturale predisposizione ai viaggi veri,
quelli lunghi, senza troppe soste rituali.
Dentro cambia tutto, o quasi: la plancia è dominata dal doppio display
completamente digitale, con un MBUX evoluto, navigazione con realtà aumentata e
servizi online connessi in 5G. Spuntano soluzioni finora inedite per il
segmento: riconoscimento del volto, telecamera per selfie, illuminazione
ambientale avanzata, display dedicato al passeggero e, sugli allestimenti
superiori, head-up display e impianto audio Burmester 3D. L’abitacolo diventa
così più un ambiente digitale che un semplice posto guida, ma senza
quell’effetto astronave forzato che spesso accompagna le elettriche di nuova
generazione. Il bagagliaio resta ampio e pratico, con in più il vano anteriore
dedicato a cavi e ricarica, soluzione semplice ma fondamentale nell’uso
quotidiano.
Anche per questa nuova GLB rimane la possibilità della terza fila di sedili, una
rarità assoluta tra i SUV compatti elettrici. È una scelta che ne racconta bene
l’anima, rivolta alle famiglie che non vogliono salire di taglia ma pretendono
spazio vero.
Sul fronte sicurezza il pacchetto è completo: assistenza alla frenata,
mantenimento di corsia, assistente agli incroci, cruise adattivo DISTRONIC,
telecamere a 360 gradi, funzione di sterzata automatica e perfino il cofano
“trasparente” per le manovre off-road leggere. Tecnologie che fino a pochi anni
fa erano terreno esclusivo delle ammiraglie e che oggi scendono finalmente nel
segmento medio-alto degli elettrici.
Capitolo prezzi, infine. La GLB 250+ EQ da circa 59.400 euro, 64.800 per la GLB
350 4MATIC EQ.
L'articolo Mercedes GLB, il rinnovamento. Elettrica pura con tanta autonomia e
versatilità – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.
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TOYOTA E LEXUS
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TOYOTA E LEXUS
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LEXUS LFA CONCEPT
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LEXUS LFA CONCEPT
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LEXUS LFA CONCEPT
A quindici anni dal debutto della LFA originale, Lexus torna a parlare il
linguaggio delle supercar presentando la LFA Concept, una coupé completamente
elettrica presentata insieme ai nuovi modelli Toyota GR GT e GR GT3 nell’ambito
della strategia sportiva di Toyota Gazoo Racing.
Il nome è importante: la prima LFA, prodotta in 500 esemplari, viene ancora oggi
ricordata per il suo V10 aspirato da 4,8 litri, per la risposta immediata
dell’acceleratore e per un sound che è diventato parte del suo mito. Ora il
luxury brand nipponico sceglie una strada diversa: una sportiva a batteria
sviluppata per dimostrare che anche un BEV può essere pensato intorno al piacere
di guida.
Il telaio è in alluminio e le proporzioni sono da supercar classica: 4,69 metri
di lunghezza, 2,04 di larghezza, 1,19 di altezza e un passo di 2,72 metri.
L’abitacolo è stato progettato per creare una relazione diretta tra il driver e
la vettura, con una postura di guida naturale e comandi concentrati attorno al
pilota. Al momento la Casa non ha liberato alcuna informazione su potenza,
batteria, autonomia o tempistiche di produzione.
La LFA Concept nasce all’interno di un rinnovato contesto culturale che in Lexus
viene definito attraverso il principio dello Shikinen Sengu, il passaggio di
competenze e tradizioni alle nuove generazioni. È l’idea di un’eredità tecnica
che si evolve senza perdere continuità.
Insieme alla coupé elettrica, Toyota Gazoo Racing ha presentato due nuovi
modelli. La GR GT, pensata per la strada, è una sportiva sviluppata insieme ai
piloti per ottenere un comportamento dinamico coerente con la filosofia GR. La
GR GT3, invece, segue i regolamenti della categoria e rappresenta il nuovo
impegno ufficiale del marchio nelle competizioni GT3, una delle arene più
competitive del motorsport internazionale.
Il messaggio che traspare è semplice: Toyota e Lexus vogliono presidiare allo
stesso tempo tradizione e futuro. Da un lato le sportive termiche e le
competizioni attraverso i programmi GR, dall’altro lo sviluppo di una
generazione di auto elettriche capaci di mantenere un carattere sportivo
autentico.
La LFA Concept, almeno nelle intenzioni, è il simbolo di questa doppia
direzione. Resta da capire quando e come il prototipo si tradurrà in un modello
di serie. Ma il solo fatto che Lexus sia tornata a usare il nome LFA indica la
volontà di rientrare nel territorio delle supercar.
L'articolo Lexus riaccende il mito LFA, la nuova supercar sarà elettrica. Toyota
presenta anche GR GT e GR GT3 – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tesla lancia la Model 3 Standard a trazione posteriore con un listino che parte
da 36.990 euro: si tratta della versione della berlina elettrica più conveniente
mai arrivata in Europa. Il nuovo modello rimpiazza la precedente versione “base”
(che costava 41.990 euro) riducendo il prezzo d’ingresso di 5.000 euro. Una
mossa che rende la vettura assai più competitiva.
Per i clienti italiani, poi, Tesla ha previsto una promozione di lancio
particolarmente aggressiva. Fino al 31 marzo 2026, è attivo un Tesla Bonus di
2.975 euro che abbassa il prezzo di acquisto a 34.015 euro. In alternativa
all’acquisto in contanti, la casa offre opzioni di finanziamento con tassi
promozionali con leasing (tasso dello 0,99%) o con l’opzione del finanziamento
con maxirata (tasso dell’1,99%, con rate mensili a partire da 299 euro). Le
prime consegne della Model 3 Standard sono previste a partire da febbraio 2026.
Il taglio del prezzo? Figlio anche di alcuni “ridimensionamenti” sulla
dotazione: i sedili non sono più rivestiti in pelle vegana ma in tessuto, quelli
anteriori sono meno avvolgenti e quelli posteriori non sono più riscaldabili.
Spariscono l’illuminazione ambientale e lo schermo da 8” per chi siede dietro,
mentre volante e specchietti si regolano manualmente.
Giova ricordare che la Model 3 Standard ha un’autonomia (omologata WLTP) di 534
km (in miglioramento rispetto ai 520 km del modello base precedente), garantisce
un’accelerazione 0-100 km/h da 6,2 secondi e un consumo medio (WLTP) di 13
kWh/100 km.
A livello di dotazione di serie, la Model 3 Standard mantiene l’Autopilot di
base, la chiave digitale tramite smartphone, i fari adattivi, il portellone
elettrico e i due caricatori wireless nel tunnel centrale. Di serie adotta anche
i nuovi cerchi in lega da 18 pollici.
L'articolo Tesla rilancia la sfida, arriva la nuova Model 3 Standard a 36.990
euro proviene da Il Fatto Quotidiano.
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ALPINE A390 GT
Partenza da Marbella, luce piena sul Mediterraneo, l’aria che sa di pini, sale e
bouganville. Non è il territorio naturale di una “berlina” elettrica da
famiglia: è piuttosto il teatro ideale per capire se la nuova A390 GT mantiene
la promessa del claim ufficiale, “racing car in a suit”. Perché qui, tra
saliscendi veloci e rampe verso l’interno, o hai un telaio vero, o la massa da
oltre due tonnellate ti presenta il conto subito.
La scena, va detto, è quella giusta. Dal vivo la A390 è proporzionata: lunga
4,62 metri ma raccolta, con lunotto bombato e coda pulita che la avvicinano più
a una coupé rialzata che a un SUV. Le firme luminose a triangoli – la “Cosmic
Dust” davanti, i frammenti che incorniciano il logo nel posteriore – aggiungono
un tocco teatrale senza eccessi. È un’eleganza tecnica: la lama del cofano che
incanala l’aria, i “flap” davanti alle ruote posteriori, il diffusore a 8°
ispirato ai prototipi LMDh del Mondiale Endurance non sono orpelli, servono a
farla scorrere meglio.
Aperta la portiera, il cocoon blu di Alpine restituisce subito un’idea chiara:
spazio e cura. Davanti si viaggia comodi, con una posizione di guida naturale,
“giusta” al primo colpo, merito di sedili ben sagomati e di regolazioni
intuitive. I rivestimenti in Alcantara e pelle, la plancia morbida al tatto e
l’illuminazione d’ambiente dicono che qui non si è voluto fare l’ennesimo
abitacolo tech senz’anima: è un ambiente sportivo, ma caldo.
Il volante in Nappa blu, leggero e diretto, è il centro di gravità
dell’esperienza. Ospita il selettore delle modalità di guida, ben posizionato, e
soprattutto due comandi chiave: il manettino blu RCH per la frenata rigenerativa
e la leva rossa OV, l’Overtake, che regala una spinta extra fino a 10”. Non è un
videogioco: è un boost che però non si attiva se si viaggia in modalità Save, né
se lo si preme con il regolatore di velocità inserito senza toccare
l’acceleratore.
Dietro, un vero divano per due adulti e un terzo posto di fortuna: non è un
salotto, ma lo spazio per le gambe c’è, l’accesso è comodo grazie alle cinque
porte e il bagagliaio da 532 litri mette in bacheca un argomento forte per chi
cerca l’auto unica di famiglia.
Capitolo infotainment. La doppia schermata da 12,3” (strumentazione) e 12”
verticali (infotainment) lavora bene. Il passaggio tra le “maschere” del sistema
è rapido, senza quei tempi morti che spesso rovinano le elettriche più cariche
di software che di sostanza. Le voci di menu sono chiare, la grafica coerente
con il mondo Alpine e Google Maps con Route Planner EV fa il suo dovere nel
gestire tappe e ricariche.
Sotto il vestito sport fastback, la A390 GT che abbiamo guidato può contare su
tre motori elettrici – uno anteriore a rotore avvolto, due posteriori sincroni a
magneti permanenti – per un totale di 400 cavalli e 661 Nm, con trazione
integrale e ripartizione attiva della coppia. Lo 0-100 km/h in 4,8 secondi e i
200 km/h di velocità massima raccontano la parte numerica. Il resto lo fa la
batteria da 89 kWh utili, che promette un’autonomia fino a 557 km secondo il
ciclo WLTP.
Qui entra in gioco anche il lavoro con Michelin: la A390 monta pneumatici
sviluppati ad hoc e marcati A39, dai Pilot Sport EV da 20” pensati per
bilanciare grip e autonomia ai Pilot Sport 4S da 21” più sportivi, fino ai
CrossClimate 3 Sport, All Season, per chi non vuole rinunciare alla A390 nemmeno
d’inverno. La coerenza tra sospensioni, gomme e taratura elettronica si sente,
soprattutto quando si aumenta il ritmo.
Nel nostro anello tra autostrade, strade a scorrimento veloce e tratti in salita
più impegnativi intorno a Marbella, i consumi indicati dal computer di bordo
sembrano allineati a quanto dichiarato dalla casa, con valori che restano
ragionevoli anche quando si alza il ritmo. Merito di un sistema che non insegue
solo la potenza di picco, ma lavora sulla capacità di mantenerla e di gestire
con intelligenza la ricarica.
Ma è quando l’asfalto si arriccia che l’A390 GT mostra il lato vero. Nonostante
la stazza, le sospensioni con ammortizzatori idraulici tengono bene il peso:
sono rigide il giusto, filtrano le sconnessioni senza secchezza e, soprattutto,
permettono inserimenti in curva allegri. Sempre ricordandosi che, al netto del
vestito affilato, siamo davanti a una “quasi SUV” cinque posti, non a una A110
con il portellone.
Lo sterzo è uno dei punti forti: leggero nelle manovre, diventa consistente
quando serve, restando sempre diretto e leggibile. La differenza tra le varie
modalità di guida è percepibile: in Normal la A390 è rilassata, con
un’erogazione piena ma progressiva; in Sport la risposta del pedale si fa più
viva, la rigenerazione più presente, l’Active Torque Vectoring lavora per
chiudere le traiettorie con naturalezza. In modalità Track, che abbiamo solo
sfiorato, l’auto si tende e lascia più spazio al pilota, con controlli meno
invasivi.
Il lavoro dei freni è convincente: il passaggio tra frenata rigenerativa e
impianto tradizionale (davanti dischi da 365 mm con pinze a 6 pistoncini) è ben
mascherato, il pedale si dosa con facilità anche in discesa, quando la massa si
sente. Il manettino RCH consente di scegliere il livello di rigenerazione: dai
settaggi più leggeri, vicini al “freno motore” di un’auto termica, fino alla
vera One Pedal che in città diventa quasi naturale.
Nelle code e nei tratti di traffico che non mancano mai attorno alla Costa del
Sol, il sistema di guida assistita è un alleato prezioso. Il regolatore di
velocità adattivo funziona bene, con accelerazioni e rallentamenti fluidi, e il
pacchetto ADAS è ricco: monitoraggio dell’attenzione, frenata automatica anche
in retromarcia, sistemi di mantenimento e centraggio di corsia, fino al tasto My
Safety che permette di richiamare con un gesto le impostazioni preferite di
assistenza e allarmi.
In autostrada la A390 scorre silenziosa, complice anche il buon lavoro di
insonorizzazione e l’impianto audio Devialet che può passare dalla discrezione
al coinvolgimento pieno. Chi vuole può aggiungere alla colonna sonora i due toni
Alpine Drive Sound, più corposi o più morbidi a seconda del gusto; chi non li
ama, li spegne e si gode solo il fruscio dell’aria e l’odore di macchia
mediterranea che entra quando si socchiude il finestrino.
Nel sole andaluso, tra mare e colline, la nuova Alpine A390 GT (prezzi ancora da
definire, prime consegne dal 2026) si presenta per quello che è: la parte
razionale del Dream Garage, ma con un carattere che resta profondamente Alpine.
Spaziosa, ben rifinita, tecnologica quanto basta, è anche – e soprattutto –
un’elettrica che non rinuncia alle sensazioni. Come scriveva Antonio Machado,
“caminante, no hay camino, se hace camino al andar”: qui il cammino è quello
dell’elettrico sportivo europeo, e A390 lo traccia modo suo, con tre motori, una
batteria pensata per correre, gomme sviluppate in esclusiva e un telaio che,
nonostante i centimetri e i chili, chiede ancora curve prima che chilometri.
L'articolo Alpine A390 GT, la prova de Il Fatto.it – Tre motori elettrici e
tanta precisione su strada – FOTO proviene da Il Fatto Quotidiano.