“Non lasciatelo morire dietro quelle sbarre”. A parlare è il padre del 14enne
arrestato un mese fa con l’accusa di aver ricattato per mesi e violentato una
ragazzina di Sulmona appena 12enne.Con lui erano stati arrestati il cugino
18enne del ragazzo e un 17enne. L’appello del padre è scattato dopo una visita
al figlio nel carcere minorile di Casal del Marmo (Roma). Il 14enne, presente
all’incontro visibilmente sfigurato, avrebbe raccontato al padre le sevizie e i
dispetti quotidianamente subiti dagli altri detenuti. Segnalate anche minacce di
morte e richieste di droga da parte dei detenuti al giovane, che si ipotizza
possa essere stato preso di mira per la gravità del reato contestato. “Ho paura
che esca lì morto – ha riferito l’uomo in questura – Aveva profonde ferite in
volto, sul torace e sulle braccia. Mi ha raccontato di essere stato
immobilizzato da due detenuti più grandi di lui e picchiato, torturato con una
spatola di ferro. Almeno quattro volte mi ha raccontato di essere stato
picchiato e derubato delle scarpe e del cibo che gli ho portato in carcere, ma
l’altro giorno lo hanno sfigurato“.
Ora il padre del giovane ha deciso di denunciare i fatti, ma anche chi aveva il
compito di vigilare sul figlio “Vi prego, fate qualcosa per lui, ha solo 14
anni. Se ha sbagliato pagherà, quello che sta subendo a Casal del Marmo non
serve a raddrizzarlo, semmai a farne un delinquente quando ne uscirà. Seguirà un
percorso riabilitativo con gli psicologi, ma non lasciatelo morire dietro quelle
sbarre. In questa storia lui è rimasto coinvolto suo malgrado, si è lasciato
trascinare da quei ragazzi più grandi che per lui erano gli unici punti di
riferimento. Siamo stranieri e viviamo in un piccolo paesino: non è facile per
un bambino di sette anni, tanto aveva quando ci siamo trasferiti qui, farsi
delle amicizie”
A parlare all’Ansa anche l’avvocato della famiglia Alessandro Margiotta, che
chiarisce di aver chiesto già da 20 giorni e già per tre volte il trasferimento
del suo cliente. Il legale definisce l’accanimento verso il ragazzino “tortura
di stampo medievale” e conclude dicendo: “Ha solo 14 anni e la tipologia di
reato per il quale è rinchiuso, lo rende un facile bersaglio per gli altri
detenuti. Sembra esser stato torturato con una spazzola di ferro e lamette.
Credo lo facciano per gioco, probabilmente per il tipo di reato, ma anche
probabilmente perché racconta di queste violenze e loro lo puniscono sempre di
più. Ma il mio assistito è stato anche minacciato: agli altri detenuti gli hanno
detto di riferire al padre di portare droga da fumare, altrimenti lo
ammazzeranno. Il ragazzino si trova in cella con il 17enne, l’altro minore
coinvolto nello stesso caso, altrettanto sconvolto perché hanno picchiato anche
lui ma non ha nessuno che lo va a trovare, non ha i genitori qui. Bisognerà che
la procura di Roma si attivi per verificare le condizioni di tutti i ragazzi lì
dentro”.
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padre: “Non lasciatelo morire” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Per le imputazioni che vengono loro contestate, aggravanti comprese, i due
18enni in carcere per aver rapinato e tentato di uccidere uno studente di 22
anni, aggredito il 12 ottobre nella zona della movida di corso Como a Milano,
rischiano condanne a pene fino a 20 anni di reclusione. Pene che in abbreviato
potrebbero scendere fino a 14 anni o poco meno in caso di rito abbreviato.
Ai due 18enni, così come ai tre 17enni anche loro arrestati dalla magistratura
minorile, viene contestato il tentato omicidio (uno è l’accoltellatore, l’altro
come i minori risponde di concorso morale) con quattro aggravanti: il fatto
commesso in cinque persone, l’averlo compiuto per mettere in atto la rapina, il
concorso con “persone minorenni” e l’aver approfittato di “condizioni che
impedivano” la difesa allo studente, tra cui “l’orario notturno” e l’assenza in
quel luogo “di potenziali soccorritori”. E ancora la “evidente”, si legge
nell’ordinanza della gip Chiara Valori, “condizione di sopraffazione” anche dopo
i “primi colpi inferti”. I giudici parlano di “aggressione feroce”, “pestaggio
brutale” con “modalità da branco”.
Anche l’imputazione di rapina è aggravata, pure per averla commessa con un’arma.
Da qui accuse che porterebbero le pene fino a più o meno 20 anni, ma molto
probabilmente gli indagati sceglieranno l’abbreviato, con lo sconto di un terzo
sulle pene. Per i minorenni, invece, ovviamente le pene sarebbero più basse. Gli
interrogatori davanti alla gip Valori, nell’inchiesta della Polizia e del pm
Andrea Zanoncelli, sono stati fissati per la mattina del 21 novembre
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rischiano fino a 20 anni di carcere proviene da Il Fatto Quotidiano.
Brutalizzato per 50 euro da cinque rapinatori che, dopo aver infierito sulla
vittima quando era ancora a terra, si sono augurati anche la sua morte.
L’aggressione è avvenuta a Milano, nella turbolenta corso Como. È tutto avvenuto
il 12 ottobre. Uno studente della Bocconi di 22 anni è in via Rosales, a pochi
passi dalla stazione di Porta Garibaldi, quando incontra un gruppo di cinque
ragazzi (alcuni della sua età, altri minorenni). I giovani lo fermano, lo
deridono, lo picchiano e gli rapinano 50 euro che il ragazzo tenta invano di
recuperare. Lui non li conosce, li insegue per farseli restituire e viene
accoltellato più volte. Calci e pugni anche mentre è a terra.
In ospedale i medici rilevano che i fendenti, al gluteo, al torace ed alla
schiena, sono profondi e soprattutto hanno causato la lesione di un’arteria, il
perforamento di un polmone e intaccato il midollo osseo. Il ragazzo arriva in
ospedale in fin di vita e nella migliore delle ipotesi perderà l’utilizzo di una
gamba. “Ho solo alcuni flash” dice dopo aver saputo dell’aggressione dal
personale ospedaliero e dalla famiglia. Non ricorda nulla.
Le indagini, scattate immediatamente, hanno portato all’arresto dei membri del
branco per omicidio pluriaggravato. Gli agenti hanno perquisito le loro
abitazioni e ritrovato gli indumenti, il coltello ed i cellulari usati
nell’aggressione. All’identificazione del gruppo si è arrivati anche grazie alle
testimonianze di due ragazze presenti in strada in quel momento, che hanno
descritto l’abbigliamento (giacca bianca con cinque bottoni e due tastoni,
scarpe Dior) ritrovato poi nella casa del responsabile dell’accoltellamento. I
tre diciassettenni sono stati portati al carcere minorile Beccaria, i due
diciottenni a San Vittore.
Se il responsabile dell’aggressione sembra aver compreso bene il suo futuro, il
“palo” dell’aggressione, un altro 18enne, si mostra invece tranquillo e trascura
le proprie responsabilità. Ma che i giovani non abbiano compreso la gravità del
fatto commesso i segnali ci sono già. Le trascrizioni delle intercettazioni
captate prima dell’interrogatorio, delineano un quadro umano complesso. Gli
indagati sperano che la vittima “muoia“, discutono se andare a trovare il
ragazzo in ospedale perché “magari quel co****e è ancora in coma” e si mettono
d’accordo, tra una battuta e l’altra, sulla versione di comodo da raccontare.
“Non so se si vede il video dove lo scanniamo“, dice uno degli arrestati.
Uno di loro sottolinea la volontà di pubblicare il verbale di perquisizione sui
social per vantarsi. Alla luce delle intercettazioni (in sala d’attesa del
Commissariato) la giudice per le indagini preliminari di Milano, Sofia Caruso,
ha riconosciuto la correttezza delle aggravanti della minorata difesa per “aver
agito all’interno di un porticato” nascosto approfittando dell’isolamento del
giovane, quella della partecipazione di cinque persone (e che ci siano tre
minori è un’altra aggravante) per commettere il reato di rapina, ha riconosciuto
il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. “Io sono
fottuto” dice A.C., 18enne residente a Monza e responsabile delle tante
coltellate inferte.
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rimarrà invalido. Cinque arresti. L’intercettazione: “Spero muoia” proviene da
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