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Consorzio mafioso lombardo, c’è un secondo pentito. E’ Francesco Bellusci affiliato alla ‘ndrangheta
Tanto è robusta l’inchiesta della Procura di Milano sul nuovo sistema mafioso lombardo, tanto circostanziato il lavoro dei pm Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane assieme ai carabinieri del Nucleo investigativo che dopo il primo, poche ore fa è arrivata la notizia di una secondo collaboratore anche lui considerato organico e ai vertici del Consorzio mafioso fotografato dall’inchiesta Hydra. Se solo poche settimane fa la storia dell’indagine aveva subito una svolta con la collaborazione di William Cerbo, braccio finanziario della cosca Mazzei di Catania, ora è il turno della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo capeggiata da Vincenzo Rispoli, da tempo al 41 bis e recentemente raggiunto da un’ordinanza per l’omicidio di Nicola Vivaldo ucciso a Rho il 23 febbraio 2000. A collaborare è infatti Francesco Bellusci, classe ‘1987 nato a Cuggiono in provincia di Milano, considerato interno al gruppo calabrese assieme, tra i vari, a Massimo Rosi, Giacomo Cristello e Pasquale Rienzi. La notizia è stata resa nota oggi durante l’udienza del processo che si svolge con rito abbreviato. La Procura ha infatti depositato sei recentissimi verbali di Bellusci che ha iniziato a collaborare con la Procura lo scorso 21 novembre, data del suo primo verbale. Sarà sentito poi l’1, il 2, il 3, il 9 e il 10 dicembre. Lunghi verbali, in parte omissati, che contengono, per quel che risulta, rivelazioni decisamente pesanti. Bellusci infatti racconta la genesi del Consorzio che lui definisce “Unione”, dopodiché spiega la sua affiliazione alla locale di ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo con relativo rituale. Quindi svela un omicidio commesso da uno degli imputati di Hydra che però al tempo del processo fu assolto. E infine illustra nello specifico la gestione del denaro dell’ex primula rossa di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Bellusci, pur relativamente giovane, emergerà dalle indagini partecipa a diversi summit di mafia anche con i rappresentanti di Messina Denaro e della camorra romana legata al clan di Michele Senese. Inoltre, presente alla “mangiate” nel terreno della famiglia Nicastro a Castano Primo ne svela contenuti e interessi, a partire dalla ricostituzione del locale di ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo. Secondo la Procura di Milano appartiene alla locale di ‘ndrangheta organica al Consorzio. Intercettato Massimo Rosi: “Fa parte della locale di Legnano Francesco Bellusci”, il quale, secondo i pm, si metterà “a completa disposizione degli interessi dell’associazione, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso”. E dunque: “Svolgendo funzioni operative nelle azioni intimidatorie ed estorsive da compiere nell’interesse dell’intera associazione criminale; contribuendo all’alimentazione della cassa comune destinata al sostentamento dei detenuti, in particolare per il capo locale Vincenzo Rispoli, occupandosi del reimpiego dei profitti illeciti dell’organizzazione criminale, attraverso l’acquisizione di aziende operanti in vari settori, alle quali erano addetti, quali prestanome”. L'articolo Consorzio mafioso lombardo, c’è un secondo pentito. E’ Francesco Bellusci affiliato alla ‘ndrangheta proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Alfonso Tumbarello condannato, al medico di Messina Denaro 15 anni per concorso esterno alla mafia
Quindici anni per concorso esterno in associazione mafiosa. È la condanna inflitta dal tribunale di Marsala ad Alfonso Tumbarello, il medico di Campobello di Mazara che aveva seguito tutto l’iter delle cure di Matteo Messina Denaro dopo la scoperta del tumore al colon, quando era ancora latitante. L’accusa aveva chiesto una condanna a 18 anni di carcere. Tumbarello, massone iscritto al Grande Oriente (poi sospeso), ex politico (consigliere provinciale e candidato alle regionali con l’Udc), era finito in carcere meno di un mese dopo l’arresto dell’ex boss di Castelvetrano, avvenuto il 16 gennaio del 2023. Dopo cinque mesi era passato ai domiciliari per limiti di età (oggi ha 73 anni), mentre il tumore alla fine ha ucciso Messina Denaro, in carcere, il 25 settembre del 2023, poco più di nove mesi dopo l’arresto. Il processo è iniziato nel dicembre del 2023 e per due anni l’accusa – rappresentata in aula dal pm di Palermo, Gianluca De Leo – ha dibattuto con la difesa – gli avvocati Gioacchino Sbacchi e Giuseppe Pantaleo -, per dimostrare che Tumbarello fosse consapevole di aver firmato ben 147 prescrizioni per Messina Denaro e non invece per Andrea Bonafede, l’alias usato dall’ex latitante. De Leo ha anche portato due nuove evidenze al processo: un certificato medico per accedere alle strutture sportive, emesso a stretto giro assieme alla richiesta di day service per una seduta di chemioterapia, la prescrizione di una compressa di Tavor il giorno prima di una risonanza. La dimostrazione, in sostanza, che il medico facesse prescrizioni per due distinte persone nonostante le generalità fossero le stesse: per il vero Bonafede, che aveva normali necessità, e per Messina Denaro, che invece doveva sottoporsi alle cure per il tumore. Tumbarello, dunque, era consapevole di avere in cura il boss di Castelvetrano. Il processo era arrivato alle battute finali già lo scorso maggio, ma ha subito un rinvio perché il presidente del Tribunale, Vito Marcello Saladino (a latere Francesca Maniscalchi e Andrea Agate), ha chiesto nuove perizie su questi documenti. Nella requisitoria, De Leo ha anche ricordato quando nel 2004 Tumbarello fece da tramite per un incontro, presso il suo studio, tra l’ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino, e il fratello di Messina Denaro: “Dovremmo ritenere che sia credibile che non sapesse che Salvatore Messina Denaro nel 2004 era stato arrestato e già condannato per 416-bis, che Vaccarino gli abbia chiesto in maniera generica soltanto se lo conoscesse?”, è la domanda retorica posta da De Leo alla fine della sua requisitoria il 22 ottobre. Tutti elementi contestati dalla difesa che ha sostenuto come Tumbarello avesse emesso certificati e ricette convinto che fossero indirizzati ad Andrea Bonafede. E quest’ultimo non si recava mai direttamente allo studio medico, per tenere nascosto ai suoi parenti di essersi ammalato di tumore. Una tesi che non ha convinto i giudici: per il tribunale, Tumbarello sapeva perfettamente di essere il medico di Messina Denaro. L'articolo Alfonso Tumbarello condannato, al medico di Messina Denaro 15 anni per concorso esterno alla mafia proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“In carcere continuava a comandare”, il boss di Cosa nostra in Lombardia Errante Parrino al 41 bis
Prima la richiesta di arresto bocciata dal giudice delle preliminari di Milano Tommaso Perna, quindi le conferma di far parte con ruolo apicale del nuovo sistema mafioso lombardo, anche detto Consorzio, da parte del Tribunale della Libertà e della Cassazione. Da qui il mandato di cattura, tre giorni di latitanza, quindi l’arresto in ospedale dove tentava di simulare una malattia che non c’è. E ora per Paolo Errante Parrino, 79 anni alias “zio Paolo”, considerato “rappresentante del mandamento mafioso di Castelvetrano sul territorio Lombardo”, nonché cerniera per gli interessi dell’ex latitante Matteo Messina Denaro, si sono aperte le porte del carcere duro. Per lui, infatti, è stato disposto il 41bis. In una vecchia intervista a chi gli chiedeva se la mafia esiste o meno, rispondeva così: “Cos’è una marca di formaggio?”. Oggi Parrino risulta imputato nel maxi-processo milanese Hydra che ha scoperchiato contatti e affari di un sistema mafioso composto da soggetti di vertici di Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra romana. E a differenza di 77 imputati, per i quali la Procura ha chiesto 570 anni di condanne, non ha scelto il rito abbreviato e dunque si trova ancora nel limbo dell’udienza preliminare. Il 25 gennaio scorso, il boss, che per decenni ha eletto come suo centro di potere il comune di Abbiategrasso a sud di Milano, è stato arrestato fuori dall’ospedale di Magenta e portato nel carcere di Ancona, sezione alta sicurezza. Una misura restrittiva già pesante che però, stando alle ultime indagini della Procura trasmesse al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), non è servita a tagliare i rapporti diretti con esponenti di Cosa nostra. Secondo le note del Dap e i riscontri dei magistrati, infatti, Parrino “comandava” ancora nel carcere di Ancona, grazie ai suoi uomini. Per questo l’11 novembre e cioè il giorno stesso dell’inizio della requisitoria finale dei pm Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Spoleto e qui messo in regime di 41 bis. Dirà lo stesso pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Cerreti: “Parrino lo abbiamo catturato dopo tre giorni di latitanza, mentre andava in un ospedale a far finta di essere malato. Lo stesso Parrino, che sulla base delle risultanze di questo procedimento, due giorni fa in data 11 novembre è stato sottoposto a regime detentivo di cui l’Art. 41 bis, perché evidentemente anche l’Autorità amministrativa ha ritenuto fondate le risultanze emerse da questo procedimento”. Insomma, un ulteriore conferma della pericolosità del boss che “ha i rapporti di parentela attraverso la moglie con l’ex latitante Matteo Messina Denaro e Messina Antonio”. E che nell’inchiesta Hydra, secondo i pm, mostra tutto il suo potere intervenendo in una lite tra Gioacchino Amico, rappresentante degli interessi anche della camorra romana e di Cosa nostra, e la famiglia Pace, legata al mandamento di Trapani. In un’intercettazione, riportata in requisitoria dal pm Cerreti, si legge: “Errante Parrino stamattina mi ha detto: ‘Dice, intervenite, andatelo a prendere, me lo porti qua, ci dici che si viene a prendere il caffè, me lo porti qua a Cicciobello”, soprannome di Amico. Per decenni, lo zio Paolo ha tessuto i suoi affari in piena libertà, arrivato sulle sponde del Naviglio che lambisce il comune di Abbiategrasso dopo una prima condanna per i rapporti con Cosa nostra. E qui nella tranquillità dell’hinterland, anche grazie alla connivenze della politica locale e di certa parte della società civile, ha vissuto indisturbato divenendo così il punto di riferimento dell’ala mafiosa di Matteo Messina Denaro. Ancora nel 2009, con Parrino specchiato cittadino, il Nucleo investigativo dei carabinieri di via Moscova in una nota sulla presenza della criminalità organizzata nel Milanese scriveva: “Ad Abbiategrasso è residente Paolo Errante Parrino facente parte in passato di una cosca mafiosa, reato per il quale ha già scontato vari anni di carcere. Parino è sposato con Antonina Bosco, la quale ha in gestione il bar sala giochi Las Vegas frequentato assiduamente da pregiudicati, tanto che nel 2005 veniva notificato l’ordine di sospensione per 30 giorni”. In quell’anno, 2009, il boss si occupava di aiutare la moglie nella gestione del bar. In realtà quel bar, emerge dagli atti di Hydra, altro non era che il suo ufficio in cui incontrare, ad esempio, i politici locali. Mentre in un capannone non lontano dal Las Vegas, i carabinieri del Nucleo investigativo nell’ambito dell’indagine Hydra hanno filmato summit di mafia tra Parrino e i vertici del Consorzio mafioso. Da allora molto è passato e oggi lo zio Paolo sta al 41 bis. L'articolo “In carcere continuava a comandare”, il boss di Cosa nostra in Lombardia Errante Parrino al 41 bis proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il Riesame respinge la richiesta di arresto per il gastroenterologo che diagnosticò il tumore a Matteo Messina Denaro
Il medico che eseguì nel 2020 la colonscopia sull’allora boss latitante Matteo Messina Denaro non deve andare in carcere. Il tribunale del Riesame ha infatti confermato la decisione del gip, respingendo la richiesta di arresto avanzata dalla Dda nei confronti del medico gastroenterologo di Marsala Sebastiano Bavetta, indagato per favoreggiamento aggravato. Secondo la Procura di Palermo sarebbe stato consapevole che il paziente fosse il capomafia. Di avviso opposto il giudice per le indagini preliminari e il Riesame. Il medico, sentito dai pm, ha ammesso di aver eseguito l’esame, ma ha sostenuto di aver saputo solo dopo la cattura che il paziente in realtà era il superlatitante. Era il 3 novembre di 5 anni fa quando lo specialista diagnosticò al capomafia il cancro al colon attraverso una colonscopia. Il boss di Castelvetrano si sarebbe presentato con l’identità di Andrea Bonafede ed era arrivato al medico tramite Giovanni Luppino, l’autista di Messina Denaro arrestato insieme a lui il 16 gennaio del 2023 nei pressi di una clinica “La Maddalena” di Palermo. Nel covo del boss di Cosa Nostra, a Campobello di Mazara, erano stati trovati i referti compilati da Bavetta e intestati a Bonafede. “È dimostrato che Bavetta abbia mostrato una speciale sollecitudine e abbia garantito un trattamento di favore diverso rispetto a quello riservato agli altri pazienti. È parimenti emerso che abbia ricevuto da Messina Denaro corrispettivi in denaro di entità superiori agli onorari ordinariamente praticati”, scriveva lo scorso luglio il gip nell’ordinanza, come riporta Livesicilia. Il giudice precisava però che “ciò che resta indimostrato è il dato della consapevolezza della reale identità del paziente che si era presentato con la falsa generalità di Andrea Bonafede”. Le motivazione del Riesame, invece, non sono state ancora depositate. L'articolo Il Riesame respinge la richiesta di arresto per il gastroenterologo che diagnosticò il tumore a Matteo Messina Denaro proviene da Il Fatto Quotidiano.
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