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“Aveva un p**e molto molto deformato, a forma di uovo o di limone. Era talmente piccolo da misurare al massimo pochi centimetri”: le rivelazioni di Rina Oh su Epstein
Mentre la Commissione di Vigilanza della Camera americana è impegnata a diffondere le ultime foto inedite di Jeffrey Epstein in compagnia dei suoi amici potenti, il gossip planetario si rinfocola sul dettaglio delle sue peculiarità fisiche. A dare fuoco alle polveri, la giornalista americana Tina Brown, ex direttrice di Vanity Fair e del New Yorker, che ha pubblicato le indiscrezioni sulla serie Fresh Hell disponibile su Substack. In una conversazione con une delle tante vittime del pedofilo di Brooklyn, la Brown prende nota di un dettaglio molto privato e delicato. Epstein avrebbe avuto un pene molto deformato e particolarmente piccolo, al punto da spingere la sua ex vittima a domandarsi come potesse avere rapporti sessuali completi. Stando alle dichiarazioni di Rina Oh, artista coreano americana, che oggi ha 46 anni ed è madre di due bambini, “alcuni lo descrivevano come a forma di uovo. Io credo piuttosto che avesse più la forma di un limone e che era talmente piccolo anche in fase di erezione, che raggiungeva al massimo pochi centimetri”. Una testimonianza diretta e molto dettagliata, quella raccolta dalla Brown, che sarebbe arrivata da una delle tante vittime adescate dall’astuzia manipolatrice di Ghislaine Maxwell, la ricca ereditiera inglese, sodale di Epstein ed incaricata di organizzare gli incontri con le ragazze reclutate tra le minorenni in circolazione tra agenzie di modelle e le amiche o conoscenti di chi era già nel giro di prostituzione. Rina racconta di come nel 2000 Ghislaine, pur di attirare la sua attenzione, avrebbe mostrato interesse per il suo lavoro e le opere da lei realizzate; ma la relazione tra le due divenne presto “tossica” ed i rapporti si chiusero definitivamente nel giro di un anno. Nella testimonianza recata, Rina avrebbe anche cercato di spiegare il tipo di rapporto esistente tra la Maxwell ed Epstein: lei sarebbe stata innamorata di lui, ma troppo vecchia per poter accendere le sue fantasie ed attrarlo come avrebbe voluto. Da lì, la decisione dell’uomo di comprarle una lussuosa casa a Manhattan per sbarazzarsi di lei che, a quel punto, si sarebbe assegnata il ruolo di “procuratrice di giovani ragazze” per poter continuare a stare accanto all’uomo che desiderava. Quella casa è stata venduta recentemente per 18 milioni di dollari. Il clima nella corte di Epstein sarebbe stato anche estremamente competitivo, lui e Ghislaine litigavano molto spesso ed in maniera accesa; lei, ha ricordato la Oh, si burlava di lui con quell’accento inglese e “si lanciavano improperi”. Una volta, ricorda ancora, lui la portò sul campo da tennis dove Ghislaine stava giocando una partita e per provocarla, prese ad infilarle le mani ovunque, sotto ai vestiti, ridendo, solo per farla arrabbiare. La conclusione dell’articolo pubblicato dalla Brown è un aggancio alla recente pubblicazione del Drudge Report sulle scoperte legate all’analisi del Dna di Adolf Hitler. Reperti raccolti dal sangue ritrovato sul tessuto del divano sul quale il Fuehrer si tolse la vita con un colpo di pistola, suggerirebbero che soffrisse di una sindrome genetica, detta Kallmann, la cui conseguenza sul corpo umano sarebbe quella di conferire un organo genitale molto piccolo. Tina Brown lascia al lettore trarre le sue conclusioni e, con un rilancio puntuto, chiama in causa quello che definisce il tentativo di Trump di “reprimere” questa storia. L'articolo “Aveva un p**e molto molto deformato, a forma di uovo o di limone. Era talmente piccolo da misurare al massimo pochi centimetri”: le rivelazioni di Rina Oh su Epstein proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Scandalo Epstein, nuove foto dai caveau: spuntano i condom con il volto di Trump e scatti con Clinton e Allen
Non c’è giorno o notte che il caso di Jeffrey Epstein, il finanziere morto suicida in carcere dopo essere stato arrestato per tratta sessuale di minorenni, non offra nuovi spunti, ulteriori episodi, imbarazzanti fotografie. Ecco che dai caveau sono venute fuori fotografie che ritraggono pacchetti di preservativi con il volto dell’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e la scritta (huge ovvero enorme) insieme ad altri scatti riguardanti numerosi personaggi noti. Le immagini, 19 in totale, sono state diffuse dai Democratici della commissione Oversight della Camera dei Rappresentanti, organismo che vigila sull’operato del governo federale. Oltre a Trump, le foto ritraggono il suo predecessore Bill Clinton, lo stratega politico Steve Bannon, imprenditori come Richard Branson e Bill Gates, il regista Woody Allen, l’ex rettore di Harvard Larry Summers (che si è ritirato dagli impegni pubblici) e ovviamente il principe Andrea che a causa dello scandalo è stato di fatto buttato fuori dalla famiglia Reale, perdendo titoli e benefici. Secondo la commissione, molti degli uomini raffigurati erano già noti per i loro collegamenti con Epstein. Nessuno degli scatti mostra condotte sessuali improprie, né donne chiaramente minorenni; alcune fotografie includono accessori erotici e guinzagli sado-maso. Il deputato democratico Robert Garcia, membro della commissione Oversight, ha dichiarato: “Altre immagini che non abbiamo ancora pubblicato sono estremamente inquietanti”. La diffusione completa dei dossier in possesso dell’amministrazione Trump è prevista per il 19 dicembre, in base a una legge approvata lo scorso novembre. Tra le immagini diffuse, l’attuale inquilino della Casa Bianca compare in una foto con una ciotola contenente buste di preservativi in vendita a 4,50 dollari, ciascuna con la caricatura del suo volto e la scritta “I’m HUUUUGE!”. Un’altra fotografia mostra il futuro imprenditore miliardario circondato da sei donne con ghirlande di fiori, i cui volti sono oscurati. Altri scatti ritraggono Bannon e Epstein mentre si fotografano allo specchio, Clinton insieme a Epstein, alla sua collaboratrice Ghisleine Maxwell e a un’altra coppia, e l’avvocato Alan Dershowitz e Bill Gates accanto all’ex principe Andrea. Le foto sono state fornite alla commissione dai fiduciari testamentari di Epstein, ma non è chiaro quando, dove o da chi siano state scattate. Lo sfondo delle immagini riguarda proprietà possedute, affittate, gestite o utilizzate da Epstein dal 1° gennaio 1990 al 10 agosto 2019, data della morte del finanziere, apparentemente suicida in carcere. Complessivamente, gli esecutori testamentari hanno inviato alla commissione decine di migliaia di fotografie, ma i Democratici ne hanno diffuse solo una selezione. Un portavoce repubblicano ha criticato la scelta dei Democratici, affermando che le foto sono state “selezionate ad hoc” per creare una narrazione negativa su Trump: “Abbiamo ricevuto 95mila foto e i Democratici ne hanno diffuse solo una manciata. È vergognoso che si continui a mettere la politica davanti alla giustizia per i sopravvissuti”. Trump e Epstein hanno frequentato gli stessi ambienti sociali a Manhattan e a Palm Beach. In passato, il tycoon ha definito Epstein un “viscido” e ha affermato di averlo allontanato dal club di Mar-a-Lago. Tuttavia, in alcune email di Epstein pubblicate di recente dalla commissione, il finanziere sosteneva che Trump aveva “trascorso ore” con Virginia Giuffre, una delle sue accusatrici più note, morta suicida ad aprile, e che “sapeva delle ragazze”. L'articolo Scandalo Epstein, nuove foto dai caveau: spuntano i condom con il volto di Trump e scatti con Clinton e Allen proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Pedofilia
“Sono ai Caraibi. Vuole venire per qualche giorno? Le mando un biglietto”: nei file segreti di Epstein spunta il nome della principessa Sofia di Svezia
E tra gli Epstein files sbuca il nome della principessa Sofia di Svezia. A darne notizia sono il quotidiano svedese Dagens Nyheter e Sveriges Radio che ricordano comela moglie del principe Carl Philip sia comparsa nella lista dei contatti del defunto finanziere e pedofilo statunitense, Jeffrey Epstein. Si tratta di diverse mail risalenti al 2005, quando l’allora 20enne Sofia Hellqvist si trovava a New York per tentare la carriera nel mondo dello spettacolo. Fu all’epoca che grazie a Barbro Ehnbom, ricca imprenditrice e finanziera svedese-americana, la Hellqvist venne introdotta a Epstein. La prima mail risale al 18 dicembre 2005. “Lei è Sofia, aspirante attrice, appena arrivata a New York. È la ragazza di cui ti ho parlato prima di partire. Magari possiamo salutarla prima delle vacanze di Natale?”, scrive la Ehnbom in funzione mentore. Epstein non sembra darle troppo credito facendo rotolare la richiesta nel cesto della routine: “Sono ai Caraibi. Vuole venire per qualche giorno? Le mando un biglietto”. Sempre stando ad altre mail Epstein offrì a Sofia e alla sua amica Camilla l’ingresso ad una scuola di recitazione. Ed è qui che interviene la Corte reale svedese per spegnere ogni incendio mediatico: “La principessa non ha né fatto domanda né frequentato alcuna forma di formazione di recitazione”. Dal Palazzo Reale precisano anche che Sofia non si è mai recata sull’isola privata di Epstein ai Caraibi dove avvennero acclarati abusi su giovani donne anche minorenni. Gli incontri fisici tra Sofia e Jeffrey sarebbero però avvenuti. Il primo a New York nel 2005 durante una delle tante cene organizzate nella villa di Epstein nell’Upper East Side; incontro per il quale c’è la conferma della Corte Reale Svedese che però aggiunge come “da allora non vi sia stato alcun contatto”. Sulla vicenda vanno però registrate sia una conferma che una smentita. La conferma arriva da Camilla, l’amica di Sofia, che al Dagens Nyheter ha confermato l’incontro tra le due ragazze e Epstein: “Grazie a Dio, la verità è venuta a galla. Avevo 22 anni. È davvero spiacevole pensare a cosa sarebbe potuto succedere”. Mentre la oggi 80enne Barbro Ehnbom ha respinto le accuse: “Sembra tutto molto strano. Non ho idea di cosa siano queste mail”. Insomma, lei non ha mai “offerto giovani donne a Epstein” pur essendo sua amica. Come riassume Vanity Fair “Sofia fa parte della Famiglia Reale Svedese dal 2015, anno del matrimonio con il principe Carl Philip, unico figlio maschio di re Carlo XVI Gustavo e della regina Silvia. La coppia ha oggi quattro figli, tre maschi e l’ultimogenita femmina, la principessa Ines Marie Lilian Silvia, nata quest’anno”. L'articolo “Sono ai Caraibi. Vuole venire per qualche giorno? Le mando un biglietto”: nei file segreti di Epstein spunta il nome della principessa Sofia di Svezia proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sull’isola degli orrori di Epstein, la villa e la stanza con l’inquietante poltrona da dentista: i video inediti
Una stanza con un’inquietante poltrona da dentista e delle maschere appese. E poi, ancora, un telefono fisso con i nomi Darren, Rich, Mike, Patrick e Larry scritti sui tasti per la chiamata rapida. I democratici della commissione vigilanza della Camera hanno pubblicato nuove foto e video della famigerata isola caraibica di Little Saint James appartenuta a Jeffrey Epstein, per decenni il centro degli abusi su ragazze e donne commessi dal finanziatore pedofilo e i suoi amici. Le immagini e i video mostrano diverse camere da letto, bagni e l’esterno della villa con piscina, palme e un sentiero che si affaccia sul mare. Secondo la commissione, le foto e i video pubblicati non erano mai stati resi pubblici. L'articolo Sull’isola degli orrori di Epstein, la villa e la stanza con l’inquietante poltrona da dentista: i video inediti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Ho i nomi che Virginia Giuffrè non ha fatto per proteggere i suoi figli. Sono consapevole dei rischi”. Le rivelazioni di Amy Wallace
“Ho i nomi in tante registrazioni dei nostri colloqui, ma Virginia non ha voluto rivelarli per proteggere i suoi figli. E comunque i nastri non sono a casa mia”. Amy Wallace ha scritto il libro di memorie Nobody’s Girl (edito da Bompiani) insieme a Virginia Giuffrè; lei sa tanto, se non tutto ciò che accadeva nelle ville e sugli aerei privati di Jeffrey Epstein: chi c’era, chi aveva goduto delle prestazioni delle ragazze che lui metteva a disposizione di amici e ospiti. Il finanziere con il forte accento di Brooklyn conosceva i desiderata dei potenti di cui amava circondarsi, le loro perversioni e sulla base di queste intesseva relazioni tra sesso e affari, scalata sociale e avvertimenti in stile mafioso. “Sono consapevole dei rischi” ci ha spiegato Amy Wallace davanti ad uno sfondo turchese lucido ed intenso che la incornicia mentre si trova in America. “Ho sperato di essere protetta dal fatto che il libro ormai è fuori e non si può tacere; ma i figli di Virginia sono ancora vivi” e, ricordando le diverse minacce, anche di morte, ricevute dalla grande accusatrice di Epstein, dell’ex principe Andrea, di un ex primo ministro, di imprenditori e professori rimasti ancora anonimi, ribadisce che non sarà lei a rivelarli, limitandosi a confermare “sapendo chi sono i nemici, sono attenta”. L’America in questi giorni è ancora appesa alle promesse di Donald Trump che in campagna elettorale aveva assicurato la sua intenzione di dare il via libera alla pubblicazione dei file di Jeffrey Epstein; lì sarebbe custodito ogni segreto, ogni nome altisonante di chi ha partecipato all’orgia collettiva di quei potenti della terra ai quali venivano date in pasto minorenni in difficoltà, arruolate dal faccendiere ambizioso e dalla sua sodale inglese dell’upper class, Ghislaine Maxwell, oggi in carcere in attesa della “grazia” di Trump. Chi sa parli è la richiesta che non conosce più colore politico, perchè al congresso ormai tanto i democratici quanto i repubblicani hanno compreso che è ora di aprire quei faldoni e dire la verità. Quando Epstein nel 2006 fu arrestato la prima volta nella sua casa di Manhattan si era preparato all’arrivo della polizia. Come spiegato anche nel libro, i computer erano scomparsi e così tutte le prove che potevano contenere. Ma la seconda visita delle forze dell’ordine, tredici anni dopo, lo colse impreparato, quindi “potrebbero esserci stati souvenir o raccolte di prove”, scandisce la Wallace ricordando, tra l’altro, come l’ossessione di Epstein per i trofei così come le foto, nude, delle giovani che avevano frequentato la sua vita, era talmente forte che difficilmente li avrebbe distrutti tutti. E non va dimenticato che le sue case erano piene di telecamere “quindi dovrebbero esistere le registrazioni”. Amy Wallace ribadisce come nulla fosse stato lasciato al caso quando lei e la Giuffrè avevano messo insieme ricordi e prove: “Sono una giornalista, non potevo scrivere un libro vago, ma dovevo verificare tutti i fatti perchè era importante che creassimo un documento credibile”. La grande accusatrice di Epstein e della sua rete di potenti, si è tolta la vita lo scorso aprile, a 41 anni, sopraffatta dai suoi demoni, ma ha preteso che Amy Wallace andasse avanti con il loro progetto e che il libro uscisse ad ogni costo. Tormentata dalle voci che le ripetevano continuamente che il mondo sarebbe stato migliore senza di lei, alla fine ha ceduto e la giornalista, che le è stata vicina negli ultimi tempi, dubita che la sua morte possa avere una spiegazione diversa da quella ufficialmente accettata del suicidio. “Io non c’ero quando è morta, ma c’era il fratello minore Skydy e lui è sicuro che si sia tolta la vita”. Wallace ricorda come quel giorno Virginia Giuffrè si trovasse sola in casa e la porta fosse chiusa a chiave dall’interno. In passato aveva già tentato di togliersi la vita due volte e nel 2019 aveva scritto su X “non ci credete” se vi diranno che mi sono uccisa. “Capisco i sospetti – ha chiosato Wallace ricordando quante morti di questo tipo abbiano cancellato i protagonisti della vicenda Epstein (lui compreso) – la lista è lunga e mancano informazioni”, da qui l’urgenza di pubblicare tutti i contenuti dei file. “Oggi io parlo per lei perchè non c’è, ma questo è il suo libro, è la sua storia, il suo coraggio”. Wallace commossa, ci spiega come la prima motivazione di Virginia Giuffrè fosse quella di aiutare tutte le vittime di violenza, e “migliaia di persone mi hanno cercata anche attraverso i social per dirmi grazie, vorrei poter ringraziare Virginia”. “L’altro giorno una signora di 70 anni mi ha scritto dall’Australia per dirmi: quando avevo 3-4 anni sono stata violentata da un vicino di casa e prima di leggere questo libro non avevo mai capito quanto questo mi avesse fatto male. Grazie per avermi aiutata a guarire”. La giornalista sorride con dolcezza quando il ricordo si fa più personale e descrive la relazione che si era instaurata tra le due. “Lei amava fare spese, l’ultima volta che andammo per negozi era l’ottobre 2024 e lei cercava sempre di comprarmi dei regali”. Oggi Amy Wallace indossa il grosso anello nero a forma di rosa e creato da una cerniera di stoffa, comprato per 50 centesimi da una ragazza che amava fare regali, cercava di accudire chiunque, in primis la sua famiglia ed i suoi figli, gli amati animali, persino i suoi aguzzini, chiunque tranne se stessa. “Non voglio che la mia vita sembri perfetta dopo tutto quello che ho passato – ripeteva sempre – io cerco di farla sembrare così, ma io sto male ogni giorno e questo deve essere detto. Non sono perfetta, faccio fatica”. Il modo in cui Giuffrè entrava in connessione con le persone che sono state abusate era il suo grande dono, come ricorda Wallace spiegando come la sua storia, oggi più che mai, abbia aperto uno squarcio sulle grandi ingiustizie sociali che abitano negli Stati Uniti, un paese “dove a natale non ci saranno i soldi per riscaldare tante case, dove il presidente dice che i generi alimentari sono più economici ma non è vero”. Questa non è solo una storia di sesso e violenze, insiste Wallace, ma di potere e di classi sociali, di uomini ricchi che adescavano e stupravano ragazzine povere. Questa, a suo dire, si sta trasformando nel simbolo di un discontento più grande infiammato dall’intreccio di potere e abusi ed una indignazione generale che oggi chiede a gran voce che giustizia sia fatta. L'articolo “Ho i nomi che Virginia Giuffrè non ha fatto per proteggere i suoi figli. Sono consapevole dei rischi”. Le rivelazioni di Amy Wallace proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Uno sguardo inquietante”: la poltrona da dentista con i trapani, la grande lavagna con i nomi delle donne e le maschere alle pareti, ecco le foto choc della casa di Epstein
Una poltrona da dentista con annessi trapani, una stanza con divanetti damascati, una lavagna con su scritto parole come “potere“, “inganno“, “complotti” e “politico“. Questi sono solo alcuni degli strani scatti fotografici e immagini video pubblicati dai membri democratici della commissione vigilanza della Camera americana inerenti il resort dell’isola caraibica di Little Saint James, appartenuta a Jeffrey Epstein. Le stanze con alcuni dettagli bizzarri, anche se apparentemente normali, sono stati per decenni luogo degli abusi su ragazze e giovani donne. Dalle immagini emergono anche alcuni scorci di lussuosi giardini, una piscina, le classiche palme e un sentiero che dà sull’oceano. Due le foto maggiormente inquietanti: la prima è quella di una grande lavagna dove oltre ai termini succitati ci sono nomi di donna che sono stati volutamente occultati per mantenere la privacy di presunte vittime del violentatore e pedofilo morto in carcere nel 2019. La seconda foto uscita da un film è quella con al centro una poltrona da dentista in una stanza senza finestre alle cui pareti sono appese delle maschere di uomini, calvi e dal naso pronunciato. “Queste nuove immagini offrono uno sguardo inquietante sul mondo di Epstein e la sua isola. Le stiamo diffondendo per garantire la trasparenza nella nostra indagine e per contribuire a ricostruire il quadro completo degli orribili crimini del finanziere”, ha dichiarato in una nota il deputato Robert Garcia, principale esponente democratico della commissione. L'articolo “Uno sguardo inquietante”: la poltrona da dentista con i trapani, la grande lavagna con i nomi delle donne e le maschere alle pareti, ecco le foto choc della casa di Epstein proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Carta igienica a fiumi, pilates e pet therapy. Ghislaine Maxwell trattata coi guanti d’oro in carcere”: polemiche sulla complice di Jeffrey Epstein
Una scorta illimitata di carta igienica mentre le detenute comuni ottengono solo due rotoli a settimana. Può fare pilates e pet therapy, cella quasi singola, pasti speciali, riceve visite e manda mail ai suoi cari. Fanno discutere i privilegi di cui gode Ghislaine Maxwell, complice di Jeffrey Epstein condannata nel 2022 a vent’anni di carcere. Un trattamento di favore che ha acceso un dibattito sui media americani che hanno parlato dell’esistenza di un vero e proprio “Club Fed”, gioco di parole tra l’esclusivo club di villeggiatura e le prigioni federali. A metà agosto, Maxwell, dopo essersi lamentata delle condizioni a Brooklyn e Tallahassee in Florida, dove insegnava yoga e offriva consigli legali alle altre detenuta, è stata trasferita in Texas, in un campo detentivo a Bryan. Un trasferimento che aveva generato polemiche, anche perché avvenuto dopo la visita da parte del vice procuratore capo Todd Blanche, già avvocato di Trump, come fa notare il Guardian. Una visita inusuale per un alto funzionario della giustizia, il colloquio tra Blanche e Maxwell è stato registrato e reso pubblico: “Non ho mai visto il presidente in nessun contesto inappropriato. Non è mai stato inappropriato con nessuno. Le volte che sono stata con lui si è comportato come un gentiluomo”. Poco dopo è arrivato il trasferimento, quasi un premio. Jamie Raskin, deputato democratico, a novembre ha inviato un rapporto al presidente Trump sul trattamento speciale di cui gode Maxwell. Parla di “deferenza e servilismo“, con la protesta di alcuni funzionari del carcere e anche di un’infermiera, Noella Turnage, che intanto è stata licenziata. Il deputato democratico ha elencato alcuni favoritismi riservati alla complice di Epstein: pasti liberi speciali, accesso libero al pc, palestra in solitaria, cuccioli con cui giocare. La CNN ha spiegato che le celle ospitano quattro detenute, tranne quella di Ghislaine che dorme quasi sempre da sola: “Quando ha sollevato la questione del fatto che altre detenute sedessero ai tavoli vicini e guardassero nella sua cella quei tavoli sono stati spostati. Ha ricevuto accordi speciali per gli ospiti, tra cui l’uso privato dell’ufficio di un cappellano nella cappella del carcere al di fuori del normale orario di visita”. Sull’Atlantic il giornalista Isaac Stanley-Becker ha pubblicato le mail che Maxweel scrive ai suoi cari “notevolmente prive di rimpianti, rimorsi, vergogna, dubbio di sé”. La donna sembra quasi recensire un albergo: “Il cibo è milioni di volte meglio di com’era in Florida, la cella è pulita, lo staff reattivo ed educato. Sono molto, molto più felice”. Aggiungendo di sentirsi “finalmente dalla parte giusta dello specchio di Alice delle Meraviglie” L'articolo “Carta igienica a fiumi, pilates e pet therapy. Ghislaine Maxwell trattata coi guanti d’oro in carcere”: polemiche sulla complice di Jeffrey Epstein proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Jeffrey Epstein voleva uccidere il principe Andrea, aveva assoldato un ex cecchino e gli aveva dato istruzioni. Era ossessionato che rivelassero cose”: il retroscena
Jeffrey Epstein voleva far uccidere il principe Andrea. Ne è sicuro lo storico Andrew Lownie, autore di Entitled, The Rise and Fall of the House of York (William Collins), un libro sulle attività più losche del principe Andrea e di Sarah Ferguson. I due avrebbero rischiato la vita a partire dal 2019 quando Epstein dalla galera e in attesa di essere processato avrebbe deciso che non c’era altra scelta. Andrea e Sarah sapevano troppo. Andava cercato un killer per farli fuori. In un podcast britannico, Lownie ha spiegato che Epstein aveva cercato di assoldare un ex cecchino, scegliendolo tra i tiratori scelti in pensione delle SAS, le forze speciali dell’esercito britannico. Lownie dipinge un Epstein ossessionato dal fatto che i duchi di York potessero spifferare ulteriori dettagli dei suoi sporchi affari criminali; vicende peraltro a cui partecipavano sicuramente Andrea e probabilmente anche Sarah. Lo scrittore cita due fonti: una parigina e una vicina all’Fbi della Florida. Entrambe sosterrebbero che Epstein era riuscito ad avvicinare un ex cecchino inglese, inviandogli istruzioni per l’eliminazione dei due prima che iniziasse il suo processo. Su molti tabloid si pensa che la Ferguson per salvare se stessa e l’ex marito abbia inviato la oramai celebre email, il cui contenuto di sottomissione e scuse della donna all’amico “supremo” Jeffrey è stato pubblicato ai quattro venti. L'articolo “Jeffrey Epstein voleva uccidere il principe Andrea, aveva assoldato un ex cecchino e gli aveva dato istruzioni. Era ossessionato che rivelassero cose”: il retroscena proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Jmail, online la finta casella mail di Epstein nella quale sono state caricate tutte le conversazioni desecretate
Consultare i 300 Gigabyte di file messi a disposizione dal Congresso sul caso Jeffrey Epstein può essere impresa ardua. Ma la voglia di renderli accessibili a un pubblico più ampio possibile ha portato i due sviluppatori Luke Igel e Riley Walz a creare Jmail (l’iniziale non è casuale), una riproduzione fedele di una casella di posta elettronica Gmail che contiene però la trascrizione di oltre 3.500 conversazioni tra il finanziere pedofilo, morto suicida in carcere, e centinaia di personaggi, da politici a scrittori, da avvocati a scienziati con i quali aveva contatti. Una marea di conversazioni che possono così essere almeno consultate facendo una semplice ricerca per parola. In questo modo si può risalire a scambi di mail, numerosi, ad esempio sui rapporti tra il finanziere e l’ex presidente Bill Clinton, specialmente dopo la diffusione di indiscrezioni sulla presenza dell’ex capo della Casa Bianca sull’isola caraibica del finanziere. In uno scambio di mail col noto giornalista Michael Wolff, ad esempio, Epstein ribadisce che Clinton non è mai stato ospite nella sua proprietà, dove si consumavano le violenze ai danni delle ragazze. In altre mail si trovano le domande di BuzzFeed all’astrofisico Lawrence Krauss, anche lui all’epoca accusato di molestie senza che sia comunque mai stato condannato, nelle quali si chiede conto anche del suo sostegno a Epstein riguardo ai casi di violenze. Altri scambi di mail riguardano, ad esempio, il finanziere e Larry Summers, l’ex segretario al tesoro di Clinton recentemente ritiratosi dagli impegni pubblici dopo la pubblicazione di questi messaggi. In uno, Epstein si definisce una “buona spalla“, alludendo a un aiuto che gli ha dato per frequentare una ragazza pur essendo sposato. Insomma, in questa ricostruzione di una fantomatica casella mail di Jeffrey Epstein c’è modo di navigare all’infinito tra conversazioni più o meno inerenti lo scandalo che ha visto al centro il finanziere e diversi nomi illustri che lo frequentavano o lo sentivano, da Steve Bannon a Noam Chomsky, fino all’ex primo ministro israeliano Ehud Barak. Le parole chiave con le quali fare ricerca sono tante: dalla già citata ‘Clinton‘ a ‘Donald‘, fino a ‘island‘ e ‘prince Andrew‘. Proprio riguardo all’ex principe di casa Windsor si trova una mail oscurata che chiede a Epstein “perché la stampa mi sta chiamando?”. La risposta è secca: “Il principe Andrea è sotto attacco, ignora”. Senza dimenticare di sbirciare nella lista dei preferiti, dove si troveranno le conversazioni giudicate più interessanti per ricostruire i contatti del finanziere con l’establishment mondiale. L'articolo Jmail, online la finta casella mail di Epstein nella quale sono state caricate tutte le conversazioni desecretate proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Usa, la Camera approva la legge per rendere pubblici tutti i file sul caso Epstein: 427 sì e un solo no
Con un solo voto contrario e 427 favorevoli, la Camera dei Rappresentanti ha approvato il disegno di legge che chiede al dipartimento di Giustizia di rendere pubblici tutti i file riguardanti le indagini su Jeffrey Epstein. Bastava la maggioranza dei due terzi ma, alla fine, il risultato è stato schiacciante: a votare contro solamente il deputato repubblicano della Louisiana Clay Higgins. Il voto ha rappresentato il culmine di una crociata bipartisan condotta dal deputato repubblicano Thomas Massie e dal collega democratico Ro Khanna, che fino a domenica aveva incontrato una forte resistenza da parte del presidente Donald Trump, il quale aveva ripetutamente insistito sul fatto che l’attenzione sui dossier Epstein fosse una “bufala” promossa dai democratici. Poi è arrivato il passo indietro del tycoon. Il testo passa ora all’esame del Senato ma, secondo il leader della maggioranza repubblicana John Thune, l’ok della camera alta del Congresso potrebbe arrivare tra poche ore, senza emendamenti dato il risultato del primo voto. Dopo che stava diventando sempre più chiaro che avrebbe potuto perdere il voto alla Camera, Trump – domenica – ha cambiato idea, esortando i Repubblicani in un post sui social a sostenere il disegno di legge, che obbligherebbe i funzionari del Dipartimento di Giustizia a divulgare tutti i documenti, le comunicazioni e i materiali investigativi non classificati relativi alle indagini e al procedimento giudiziario contro Epstein in loro possesso. Trump ha, infatti, dichiarato che firmerà il disegno di legge se arriverà sulla sua scrivania probabilmente per giocare d’anticipo, alla vigilia di un voto a Capitol Hill che avrebbe spaccato il suo partito: “Non ho nulla da nascondere ed è tempo di voltare pagina rispetto a questa bufala dei democratici portata avanti solo distrarre dal successo dei repubblicano”, ha detto il tycoon. Intanto, poche ore prima del voto alla Camera, il ciclone Epstein ha fatto un’altra vittima eccellente. Dopo il tonfo del principe Andrea, privato di titoli e privilegi reali, l’ex segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, ha deciso di farsi da parte, travolto dalla diffusione di nuove email imbarazzanti. “Mi vergogno profondamente delle mie azioni e riconosco il dolore che hanno causato”, ha spiegato Summers, assumendosi “la piena responsabilità della decisione mal guidata di continuare a comunicare con Epstein”. “Mi farò da parte dagli impegni pubblici come parte del mio più ampio sforzo per ricostruire la fiducia e riparare i rapporti con le persone a me più vicine”, ha annunciato l’ex ministro, precisando però che continuerà ad adempiere ai suoi obblighi accademici. Ossia a mantenere la cattedra all’Università di Harvard di cui è stato presidente dal 2001 al 2006 e dove tiene due corsi per studenti di college e uno per dottorandi. Una scelta controversa, quest’ultima, che ha suscitato malumore nel blasonato ateneo. Quella di Summers è la prima testa che rotola negli Usa a causa dello scandalo Epstein, nonostante si stimi che le vittime (spesso minorenni) abusate dal finanziere e dalla sua rete di amici ricchi e potenti siano oltre mille. La sua è una figura di primo piano: chief economist della Banca Mondiale, segretario al Tesoro durante il boom economico con Bill Clinton, rettore di Harvard, direttore del National Economic Council con Barack Obama. Le relazioni pericolose tra Summers ed Epstein erano già emerse in passato: dalle donazioni del finanziere ad Harvard all’ufficio assegnato ad Epstein per uso personale nello stesso ateneo, dalla richiesta dell’economista di sostenere la fondazione di poesia guidata dalla moglie Elisa New ai quattro voli sul Lolita Express. Ma le nuove email mostrano che l’ex segretario al Tesoro continuò a mantenere contatti con Epstein fino al giorno prima del suo arresto, chiedendogli consiglio anche su come intraprendere una relazione sessuale con una sua “protégé”. L'articolo Usa, la Camera approva la legge per rendere pubblici tutti i file sul caso Epstein: 427 sì e un solo no proviene da Il Fatto Quotidiano.
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