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Veneto, Stefani presenta la sua giunta: alla Sanità il cardiochirurgo Gerosa. E da Roma arriva il sottosegretario Bitonci
La velocità con cui Alberto Stefani, nuovo governatore leghista del Veneto, ha varato la prima giunta del dopo-Zaia non è sufficiente a dissipare nuvole e criticità di un parto politico-amministrativo pur accompagnato da larghi sorrisi al momento dell’annuncio, dato in conferenza stampa a Venezia. Il numero degli incarichi aumenta, la Lega pareggia il conto delle poltrone grazie ad un paio di “deleghe” specifiche, mentre i Fratelli d’Italia dimostrano di non essere riusciti a proporre una candidatura di valore per la Sanità, posto che era loro destinato dagli accordi preelettorali. In termini interni alla Lega si può dire che il ministro Matteo Salvini piazza un proprio uomo di peso come il sottosegretario Massimo Bitonci, ma Luca Zaia si consola tenendo in giunta la sua ex vicepresidente. Quasi un pareggio. GLI INCARICHI AUMENTANO DEL 50% Nella giunta precedente gli assessori erano 8, adesso le poltrone sono diventate 12, 4 in più se si considera che ai 10 nuovi titolari si aggiungono due consiglieri con delega speciale. Con qualche anomalia, perché Elisa De Berti avendo già fatto due mandati non poteva diventare nuovamente assessore, ma per lei si aprirà la prospettiva della nuova carica di sottosegretario. Gino Gerosa, professore di cardiochirurgia dell’ospedale di Padova e cardiochirurgo di fama internazionale, è il nome più prestigioso, anche se non è un politico, e si occuperà di Sanità, un pacchetto che in bilancio vale quasi 11 miliardi di euro. I LEGHISTI La squadra della Lega (che a novembre ha ottenuto il 36,28 per cento dei voti) avrà cinque nomi: il sottosegretario al ministero delle Imprese e del Made in Italy Massimo Bitonci, ex sindaco di Padova, per Imprese, commercio, innovazione e sburocratizzazione; la sindaca di Ponte di Piave, Paola Roma, per Sociale, abitare e sport; l’ex sindaco di Orgiano, Marco Zecchinato, per Rapporti internazionali, urbanistica e identità veneta. Vanno poi aggiunte De Berti che mantiene – da consigliere delegato – le Infrastrutture, con l’aggiunta dell’attuazione del programma di governo che le garantirà una presenza pressoché costante in giunta. Ultima scelta è quella dell’insegnante vicentina Morena Martini, per la promozione della partecipazione giovanile alla politica. LA SQUADRA DI FDI Sul fronte di Fratelli d’Italia (che alle elezioni hanno dimezzato i consensi con il 18,69 per cento) troviamo, da vicepresidente, l’ex capogruppo Luca Pavanetto (che avrà anche Turismo e Lavoro), mentre l’ex assessore Valeria Mantovan si occuperà di Istruzione, formazione e cultura. Gli altri tre sono: Dario Bond per Agricoltura, Politiche venatorie e aree montane, Filippo Giacinti per il Bilancio e Diego Ruzza per Trasporti e mobilità. Chiude l’elenco Elisa Venturini (Ambiente e protezione civile) che segna il ritorno in giunta di Forza Italia. LA SANITÀ TRA PUBBLICO E PRIVATO La scelta del professor Gerosa alla sanità ha risolto molti dei problemi della maggioranza. Fratelli d’Italia non è riuscita a produrre un nome di valore e quindi si è vista sfilare l’assessorato di maggior peso a favore di un tecnico. “È una scelta di altissima qualità” ha detto Stefani. Eppure si tratterà di verificare se un’eccellenza chirurgica saprà far funzionare la macchina amministrativa della sanità pubblica. “A mio giudizio si tratta di un parafulmine per il potere politico, con una sanità sempre più sbilanciata verso il privato: potranno sempre dire che le scelte saranno di natura tecnica” commenta il neo consigliere Carlo Cunegato di Alleanza Verdi Sinistra. Il nome di Gerosa ha coperto il vuoto propositivo dei Fratelli d’Italia, che avevano ottenuto il boccone più ghiotto, forti della supremazia elettorale alle Europee 2024, anche se poi sono stati ribaltati dalla Lega. La Sanità è così stata sfilata dall’elenco degli assessori meloniani, che sono tuttavia rimasti cinque. La continuità con il passato zaiano potrebbe essere garantita per la Lega dalla presidenza della Commissione salute, nel caso fosse affidata all’ex assessore Manuela Lanzarin. SALVINI PIAZZA BITONCI La scelta di Gerosa ha comportato la riduzione per i leghisti a soli tre assessorati, che si sono rifatti con le due consigliere delegate, mantenendo il controllo delle Infrastrutture. La lettura politica mostra come Stefani, già plenipotenziario di Matteo Salvini in Veneto, accentui il controllo del segretario federale sulla Regione. La scelta di Bitonci, che lascia il governo nazionale, è un evidente contrappeso allo strapotere elettorale di Zaia, che ha ottenuto 200 mila preferenze, un modo per girare pagina rispetto ai tre mandati dell’ex governatore. Quest’ultimo verrà probabilmente eletto presidente del Consiglio regionale la prossima settimana, anche se poi potrebbe optare per finire in Parlamento al posto di Stefani o di Bitonci quando si terranno le elezioni suppletive. SOCIALE E AUTOSTRADE Presentando la giunta, Stefani ha sottolineato di aver puntato sulla “qualità” degli assessori e sulla loro competenza amministrativo. Ha annunciato di voler puntare sugli interventi sociali e a favore della popolazione anziana, il che spalanca prospettive inedite in materia di case di riposo e di assistenza alla popolazione sempre più vecchia. Ha però anche fatto capire come le infrastrutture subiranno un’accelerazione. Ad esempio il controverso progetto di far proseguire verso Trento l’autostrada Valdastico è stato indicato come uno dei punti del programma. “Ho già incontrato il presidente del trentino Maurizio Fugatti e a gennaio andremo al Ministero delle infrastrutture a discutere della Valdastico e di una holding autostradale a Nordest”. Affari e cantieri, come nel caso delle Olimpiadi Milano Cortina 2026, l’eredità di Zaia che non è stata nemmeno citata. L'articolo Veneto, Stefani presenta la sua giunta: alla Sanità il cardiochirurgo Gerosa. E da Roma arriva il sottosegretario Bitonci proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Veneto: il traino di Zaia fa vincere Stefani, enfant prodige della Lega scelto da Salvini per tenere testa all’ex governatore
VENEZIA – Giovane, il volto di una persona perbene, nessuna polemica sopra le righe e un curriculum politico cominciato da amministratore locale, poi proseguito con l’elezione alla Camera. Con una percentuale superiore al 60 per cento dei voti, il padovano Alberto Stefani, moderato ed equilibrato enfant prodige della Lega in Veneto, ha ottenuto la successione alla poltrona di Doge che per tre lustri è appartenuta a Luca Zaia. In qualche modo un successo annunciato, in una regione da sempre a vocazione di centrodestra, in ogni caso costruito con accortezza e utilizzando al massimo il traino del governatore uscente. Eppure c’era qualche spunto perché Zaia e Stefani non andassero d’accordo. Innanzitutto il fatto che il trentatreenne nato a Camposampiero, diventato deputato nel 2018 ad appena 25 anni, poi anche sindaco di Borgoricco nel 2018, avesse compiuto la sua ascesa politica all’interno della Lega appoggiandosi a Matteo Salvini. È stato il segretario federale ad individuarlo come suo plenipotenziario in Veneto, chiedendogli di tenere testa allo strapotere di Zaia. La polarizzazione non si è trasformata in scontro interno per tanti motivi. Innanzitutto perché Stefani ha capito che non avrebbe potuto esistere senza trovare il modo di andare d’accordo con il governatore. Ma anche perché Zaia non ha mai accelerato per cercare di strappare la leadership nazionale di Salvini, accontentandosi (si fa per dire) di un ruolo di potere quasi assoluto all’interno dei confini del Veneto. Anzi, quando nel 2023 si sono svolte le votazioni per il nuovo segretario regionale della Liga Veneto-Lega Nord, Zaia ha capito come sarebbe andata a finire e non ha fatto la guerra al commissario di Salvini che aveva retto il partito nei tre anni precedenti. Qualche leghista nostalgico di una Lega radicata nel territorio e contraria alle aperure del segretario federale per farne un soggetto politico a dimensione nazionale, avrebbe voluto coltivare una candidatura alternativa alla segreteria rispetto a quella di Stefani. Uno di questi era l’assessore Roberto Marcato, padovano, che ha in più occasioni contestato la linea salviniana. Nel momento cruciale Zaia non si è schierato contro Salvini, anzi durante il congresso regionale ha dato il via libera a Stefani. Quest’ultimo da allora in poi ha condotto i giochi puntando a una ripresa del partito, sceso nel frattempo ai minimi storici e a consolidare l’accordo con Zaia. Lo ha appoggiato quando il governatore chiedeva il quarto mandato e anche quando voleva presentare una lista alternativa a Fratelli d’Italia, se il partito di Giorgia Meloni avesse insistito a pretendere un proprio candidato alla presidenza del Veneto. E’ così nata l’idea di candidare Zaia a capolista in tutte le province venete, per risollevare il peso elettorale, in una battaglia senza esclusione di colpi con Fratelli d’Italia. Stefani è un personaggio in buona parte da scoprire fuori dal Veneto. Ha frequentato il liceo scientifico di Camposampiero diplomandosi nel 2011. E’ poi diventato coordinatore provinciale di Padova del movimento giovanile della Lega. Nel 2014 è stato eletto consigliere comunale a Borgoricco. Nel 2017 si è laureato in giurisprudenza all’università di Padova, discutendo una tesi in diritto canonico e storia del diritto, materie che ha coltivato da ricercatore. La sua consacrazione politica è arrivata con l’elezione per la seconda volta alla Camera, nel 2022, nel collegio uninominale di Rovigo. Nel 2024 ha tirato la volata alle ambizioni di Zaia, presentando un disegno di legge come primo firmatario per modificare la legge del 2004 che limitava a soli due mandati la presidenza di regione, al fine di aumentarne il numero a tre. È stato il primo firmatario di una proposta di legge per abrogare la legge Delrio, con la richiesta di ripristinare le Province quali enti di primo livello amministrativo. Per trainare la riforma autonomista dello stato voluta da Zaia è stato nominato dai presidenti di Camera e Senato alla presidenza della Commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Intanto ha tenuto saldi i legami con Salvini che nel 2024 lo ha nominato vicesegretario. Consolidatosi a via Bellerio e in Veneto, Stefani ha condotto una campagna elettorale dall’esito scontato, che pure non ha improntato a temi strettamente identitari, ma aperto alla dimensione sociale e ai diritti. L'articolo Veneto: il traino di Zaia fa vincere Stefani, enfant prodige della Lega scelto da Salvini per tenere testa all’ex governatore proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Elezioni regionali, urne aperte. Affluenza in calo: in Campania ha votato l’ 8,25%, in Puglia l’8,53% e il 10,10% in Veneto
Calo dell’affluenza diffuso in tutte le tre Regioni chiamate ad eleggere i nuovi presidenti e i consiglieri regionali. Alle 12 in Campania si è recato alle urne l’8,25% degli aventi diritto, -3,07% rispetto al 2020 quando alla stessa ora aveva votato l’11,32%. In Puglia i dati dell’affluenza alle 12 si fermano all’8,53%, percentuale in calo di 3,5 punti rispetto al 12,04% di cinque anni fa. Leggermente superiore il dato del Veneto. Alle 12 ha votato il 10,10% degli aventi diritto, segnando però un calo dell’affluenza superiore rispetto alle altre due Regioni: -4,64%, nel 2020 infatti alle 12 si era già recato alle urne il 14,74%. SI VOTA ANCHE LUNEDÌ FINO ALLE 15 Le urne sono aperte fino alle 23 di oggi. Si vota anche domani dalle ore 7 alle 15, poi via allo spoglio. Si conosceranno così i nomi dei tre nuovi governatori di Veneto, Campania e Puglia. L’unico dato certo è che si chiude l’era di Luca Zaia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano alla guida delle rispettive Regioni. Se il Veneto arriva da 15 anni a guida centrodestra con Zaia, il centrosinistra punta alla riconferma nelle due elezioni regionali in programma al Sud. Quest’anno, nel duello a distanza tra le coalizioni, si parte dal 2-1 per la maggioranza di governo, vincente in Calabria e nelle Marche con gli uscenti Roberto Occhiuto (Fi) e Francesco Acquaroli (Fdi). Mentre il campo progressista è tornato al successo in Toscana con la riconferma del dem Eugenio Giani. VENETO In Veneto Alberto Stefani, 33enne vicesegretario e deputato della Lega, punta a essere il successore di Zaia a Palazzo Balbi e il governatore più giovane d’Italia. Il “Doge”, presidente uscente, che nel 2020 era stato riconfermato con il 77% delle preferenze, sarà capolista della Lega in tutte le Province venete, per provare a dare la spinta al Carroccio nel derby tutto interno alla destra con i meloniani di Fratelli d’Italia. Sono sette le liste che sostengono il campo progressista guidato da Giovanni Manildo, ex sindaco Pd di Treviso. Gli altri tre candidati sono Marco Rizzo (Democrazia Sovrana Popolare), Fabio Bui per la lista “Popolari per il Veneto” e Riccardo Szumski per “Resistere Veneto”. CAMPANIA In Campania si vota, invece, per il post Vincenzo De Luca, per dieci anni alla guida della Regione. Il centrosinistra sostiene Roberto Fico, ex presidente della Camera del M5s. Per il centrodestra, invece, è in corsa Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e deputato di Fratelli d’Italia. Alla poltrona più alta di Palazzo Santa Lucia ambiscono anche Stefano Bandecchi, sindaco di Terni, con ‘Dimensione Bandecchi”, Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo, Carlo Arnese per “Forza del Popolo” e Nicola Campanile, candidato della lista “Per – per le persone e la comunità”. PUGLIA La terza sfida alle urne è in Puglia, dove Antonio Decaro, europarlamentare del Pd ed ex sindaco di Bari, guida la coalizione del centrosinistra e punta a subentrare al governatore uscente dem Michele Emiliano (presidente della Regione dal giugno del 2015). Per il centrodestra, invece, il nome scelto è quello dell’imprenditore barese, Luigi Lobuono, civico di Forza Italia ed ex presidente della Fiera del Levante. In corsa ci sono anche altre due candidati: Ada Donno con “Puglia Pacifista e Popolare” e Sabino Mangano, ex consigliere comunale M5s di Bari, con la lista “Alleanza Civica per la Puglia”. LE COMUNALI Contemporaneamente alle Regionali si tiene anche il turno elettorale straordinario nei comuni sciolti: Monteforte Irpino (Avellino), Caivano (Napoli), Acquaro e Capistrano (Vibo Valentia). L'articolo Elezioni regionali, urne aperte. Affluenza in calo: in Campania ha votato l’ 8,25%, in Puglia l’8,53% e il 10,10% in Veneto proviene da Il Fatto Quotidiano.
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