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Gli italiani e il ritorno della leva: la giungla dei sondaggi e i titoli “furbi” che parlano di maggioranza a favore del servizio militare (a dispetto dei dati)
Un sondaggio, una tendenza che non emerge netta, un titolo che ne dà una lettura univoca, l’articolo che inizia dicendo l’esatto contrario. E’ quello realizzato da Izi Spa sul servizio militare presentato il 5 dicembre durante l’Aria che tira, su La7. Lo stesso giorno La Stampa lo riprende con un articolo sul proprio sito web su quale campeggia questo titolo: “Un italiano su due vuole la leva obbligatoria. E il 65% la chiede anche per le donne“. Tutto chiaro, sembrerebbe. Invece no, perché andando a guardare i dati le cose non stanno esattamente così. Secondo l’istituto che ha condotto la rilevazione gli italiani favorevoli sono il 47%, quindi meno di uno su due come riferisce il quotidiano torinese. Tanto che l’inizio dell’articolo racconta il contrario di quello che dice il titolo: “La maggioranza degli italiani resta contraria alla proposta di reintroduzione della leva militare obbligatoria”. Se poi si va a guardare un po’ più in profondità nei dati emerge un’altra contraddizione e si scopre che la realtà è molto più variegata perché, prosegue il pezzo, “il servizio di leva per un periodo di 12 mesi convince il 26,2% di coloro che sono a favore” (in realtà, a guardare il grafico, sarebbe il 26,2% del totale, ndr). Ma tant’è, il titolo comanda, è quello che colpisce la volatile attenzione che il lettore riesce a garantire a un articolo sul web, è ciò che resta impresso nella sua memoria e che sul medio-lungo periodo crea narrazioni capaci di plasmare il sentire dell’opinione pubblica. Ma qual è la composizione del campione di italiani che hanno risposto al sondaggio? Quanti sono? Che età hanno? Come è stata condotta la rilevazione? Non è dato sapere, perché La Stampa non pubblica la nota metodologica, obbligatoria per legge, che descrive i criteri usati per effettuarla. Inutile cercarla anche sul sito di Izi Spa. In soccorso del lettore curioso ma disorientato arriva Orizzontescuola.it, che riprende il sondaggio aggiungendo un particolare: “La rilevazione è stata condotta su un campione rappresentativo di 800 cittadini italiani“. E dà una lettura diametralmente opposta dei dati, titolando: “Il 53% degli italiani contrario alla reintroduzione della leva militare obbligatoria”. A dimostrazione della duttilità dello strumento, che per natura si presta a essere adattato e piegato a una molteplicità di narrazioni. Eppure conoscere la composizione del campione sarebbe importante per leggere in maniera corretta i risultati: con l’età media della popolazione che secondo l’Istat è di 46,8 anni sarebbe interessante capire chi ha risposto alle domande. Quanti anni hanno coloro che si sono detti favorevoli alla leva militare? Sono i 50-60-70enni di oggi che ricordano con tenerezza il periodo fatato della loro gioventù e che una caserma nei panni di commilitoni non la rivedranno mai mai? O sono i più giovani, che sarebbero direttamente interessati dalla riforma? Non è dato sapere. Lo stesso 5 dicembre anche il Sole24Ore ha pubblicato un articolo sul tema. Titolo: “Sondaggio: la maggioranza degli italiani è favorevole alla leva obbligatoria“. La rilevazione è sviluppata, riferisce il quotidiano milanese, “attraverso interviste telefoniche a mille persone, effettuate dal 3 al 6 novembre”. In questo caso, si penserà, le note metodologiche sono a malapena accennate ma almeno ci dicono di quante persone è composto il campione. Invece procedendo con la lettura la questione si fa più nebulosa: “Domanda – prosegue l’articolo -: (…) ‘Il servizio militare obbligatorio dava un senso civico e della nazione ai cittadini che oggi non c’è più’. Su cento risposte, in 28 hanno risposto “molto”; in 34 “abbastanza”. Non sono “per nulla” d’accordo in 19, mentre 14 sono “poco d’accordo”. Perché “cento risposte”? I sondaggiati non erano mille? Ci si intendeva probabilmente riferire ai valori percentuali, ma allora perché non utilizzare il simbolo “%” in modo da non generare dubbi nel lettore? La confusione aumenta con il passare delle righe: “Lei è d’accordo o non d’accordo per ripristinare una leva obbligatoria di tipo protezione civile, in Italia, con solo una piccola quota volontaria di giovani che fa il servizio armato?”, è la domanda. “Su cento risposte, si sono detti d’accordo in 59 (24 ‘molto’ e 35 ‘abbastanza’)”. Se ne evince che il servizio al quale i 59 italiani sarebbero favorevoli sarebbe di protezione civile, quando l’espressione “leva obbligatoria” nel titolo fa pensare a un servizio militare vero e proprio. L’autore del rilevamento è un non meglio precisato “istituto di ricerca Remtene” e i suoi risultati “sono stati pubblicati il 28 novembre, nel sito della Presidenza del Consiglio dedicato a questo tipo di indagini”. Qual è questo sito? Forse si tratta di sondaggipoliticoelettorali.it dove per legge devono obbligatoriamente essere resi disponibili tutte le rilevazioni che abbiano valenza politica ed elettorale? Il Sole non lo dice. Di certo si tratta di quella stessa Presidenza del Consiglio guidata da Giorgia Meloni al cui partito Fratelli d’Italia appartiene il ministro della Difesa Guido Crosetto che non più tardi del 27 novembre – il giorno prima della pubblicazione del sondaggio – ha annunciato un ddl che prevede un servizio di leva su base volontaria: “Il documento non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole”, ha specificato il ministro. E la narrazione è servita. L'articolo Gli italiani e il ritorno della leva: la giungla dei sondaggi e i titoli “furbi” che parlano di maggioranza a favore del servizio militare (a dispetto dei dati) proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La Germania approva la riforma della leva: domande di adesione volontaria a maschi e femmine. Ma non è esclusa l’obbligatorietà
La Germania chiama i suoi giovani alle armi. Nel giorno della maxi protesta degli studenti in 90 città tedesche contro la proposta dell’esecutivo di Berlino, il Bundestag ha deciso di ignorare la voce della piazza e ha approvato, con 323 voti a favore, 272 contrari e una astensione, la riforma della leva. La nuova legge, tra le altre cose, mantiene il servizio militare volontario, ma tutti i giovani di sesso maschile dovranno rispondere ai formulari dell’esercito e sottoporsi alla visita di leva. L’obiettivo dichiarato è quello, in un contesto di potenziamento del comparto della Difesa, di portare il numero dei soldati attivi della Bundeswehr dagli attuali 183mila a 270mila entro il 2035. A questi verranno affiancati anche 200mila riservisti. COSA CAMBIA Dal 2026, tutti gli uomini e le donne che hanno compiuto 18 anni riceveranno un questionario che verrà compilato online e nel quale dovranno indicare se hanno intenzione di arruolarsi o meno. Solo i giovani di sesso maschile saranno obbligati a fornire una risposta, mentre le donne potranno scegliere se farlo o meno. Si tratta di una platea di 680mila persone nate nel 2008. Dal 1 luglio 2027, inoltre, sarà introdotta la visita di leva per tutti gli uomini nati nello stesso anno. Coloro che la Bundeswehr riterrà poi adatti, riceveranno una proposta che potrà comunque essere rifiutata. Chi accetta rimarrà in servizio per almeno sei mesi. Diversi i cambiamenti all’attuale legge. Ad esempio, come detto, la questione della platea femminile. La legge fino a oggi escludeva le donne da un potenziale arruolamento. Per modificare queste disposizioni è necessaria una maggioranza di due terzi nel Bundestag e nel Bundesrat, quindi i voti del Partito di Sinistra o dell’AfD. Idealmente, secondo il ministro della Difesa Boris Pistorius, il test di reclutamento (prova di attitudine fisica, psicologica e intellettuale) viene superato in una sola giornata. La recluta viene quindi indirizzata alle unità cui viene destinata che possono essere anche nel servizio civile o nei team della Protezione civile. Entro la fine del 2026 saranno costruiti altri 24 centri di reclutamento, soprattutto nei centri urbani. GLI OBIETTIVI L’aspirazione del governo è quella di riuscire a far iscrivere almeno 20mila giovani già dal prossimo anno, quasi il doppio dei 12mila all’anno attuali. L’idea è quella che questo numero continui comunque ad aumentare negli anni: 23.000 nel 2027, 38.000 all’anno entro il 2030, circa un giovane su otto ogni anno. In qualche modo lo Stato ha cercato di rendere la leva più attrattiva aumentando lo stipendio dagli attuali 1.800 a 2.600 euro lordi. Dai 12 mesi di servizio, si avrà inoltre diritto a un sussidio per la patente di guida (3.500 euro per le auto, 5.000 euro per i camion) e un ulteriore aumento di stipendio. Il servizio dovrebbe anche poter essere svolto vicino a casa. Le reclute, oltre a vitto e alloggio, avranno diritto anche a viaggi in treno gratis (in uniforme). L’OBBLIGATORIETÀ Se gli obiettivi prefissati non dovessero essere raggiunti, però, non è esclusa l’opzione del servizio militare obbligatorio che sarà deciso dal Bundestag. In questo caso, il Parlamento dovrà prima riattivare il servizio militare obbligatorio (sospeso nel 2011) e poi decidere una formula di sorteggio. Non esiste al momento un servizio civile, che potrebbe però essere reintrodotto come alternativa a quello militare se quest’ultimo diventasse obbligatorio, e non c’è abbastanza spazio per tutti i soldati. Anche per questo, Pistorius sta avviando la costruzione entro il 2031 di più di 270 nuove caserme per un costo di 3,5 miliardi di euro. L'articolo La Germania approva la riforma della leva: domande di adesione volontaria a maschi e femmine. Ma non è esclusa l’obbligatorietà proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Crosetto: “Leva volontaria? Abbiamo bisogno di avere una parte kombat sempre più ampia. E stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero”
Sulla leva volontaria il ministro della Difesa, Guido Crosetto, torna a parlare in Commissione Difesa al Senato e prova a chiarire. “Ero a Parigi e un giornalista francese mi fa una domanda parlando della riforma che ha fatto Macron e io uso il termine che lui – il giornalista – aveva usato nella domanda. Mi ritrovo tutti i giornali italiani a parlare di ‘leva volontaria’ senza che nessuno fosse interessato o ne conoscessi la genesi. Avendo visto il movimento che nasce sul commento di questa parola, mi sono detto: toh, non tutto il male viene per nuocere, perché almeno abbiamo innescato un dibattito”. Per Crosetto “vanno aumentate le forze armate, la loro qualità che non si trovano nelle forze armate, ma sul mercato”. Serviranno – spiega Crosetto – maggiori risorse “per implementare alcune specificità anche utilizzando dei civili”. “Riserva selezionata e meccanismi per attirare le persone, incentivi economici” le strategie da mettere in campo. Un altro tema, secondo Crosetto, è che c’è “bisogno di forze armate professionali che facciano le forze armate sempre di più anche perché stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero”. E fa un esempio. “A cosa servono i nostri in Niger? Servono a creare le condizioni per cui magari da quella zona mi arrivino 500mila persone in meno in Italia da gestire, quindi la nostra presenza in Africa sarà sempre maggiore se noi vogliamo andare alla fonte per prevenire cose da gestire solo quando arrivano alla fine”. E questo è un esempio che “implica l’aumento del numero delle forze armate”. Anche per questo, per quanto riguarda il progetto Strade Sicure, “l’ho detto più volte che andava lentamente riaffiorato alle forze di polizia”. Quindi “la cosiddetta leva obbligatoria, con adempio l’introduzione di carabinieri ausiliari, quindi di un’esperienza che non sia a vita, o per tre anni, ma anche meno vincolante di un anno, finita la quale uno può provare meccanismi per cui dopo un anno uno può rientrare nelle forze armate. Ma tutte queste cose sono diverse e sono i temi che io vorrei porre a gennaio-febbraio alla discussione del Parlamento”. L'articolo Crosetto: “Leva volontaria? Abbiamo bisogno di avere una parte kombat sempre più ampia. E stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Politica
Guido Crosetto
Esercito
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Gli studenti tedeschi si mobilitano contro la leva “volontaria”: venerdì scioperano in più di 60 città
La nuova riforma dell’esercito nazionale tedesco annunciata dall’esecutivo non piace agli studenti, che venerdì scenderanno in piazza in oltre 60 città del Paese per manifestare la loro contrarietà. Il governo del compromesso tra Spd e Cdu ha deciso di rendere “più attraente” il servizio militare volontario, introducendo un questionario da compilare obbligatoriamente per i 18enni di sesso maschile e l’eventualità di attivare la coercizione obbligatoria (forse su estrazione casuale) se non si raggiungesse l’alto numero di volontari previsto, previo voto parlamentare. Idea che sembra essere condivisa anche dal ministro Crosetto e dal governo francese. “Non vogliamo finire carne da cannone” hanno fatto sapere gli studenti in un post Instagram. I giovani si ritroveranno in più di 60 città della repubblica federale venerdì 5 dicembre. Coinvolte (tra le altre) Berlino, Bonn, Treviri, Norimberga, Lipsia, Dresda e Monaco. Nel sito web della piattaforma Schulstreik gegen Wehrpflicht i ragazzi fanno riferimento al diritto di vivere in pace e citano l’articolo 4, comma 3 della Legge fondamentale che sancisce la libertà di coscienza e nega la costrizione contro volontà al servizio militare. La questione più spinosa riguarda la possibilità di cambiare la legge e rendere obbligatorio il servizio. “Se non vuoi arruolarti nella Bundeswehr, non devi farlo, almeno non adesso” era stata la dichiarazione del ministro della difesa tedesco Pistorius alla Zdf, apparentemente distensiva ma con un retrogusto inquietante. Lo sciopero è sostenuto anche da partiti di sinistra come Die Linke e Bsw. Sul sito web dell’organizzazione si legge “Notiziari, politici o talk show, tutti parlano o discutono su come reintrodurre la leva militare ma nessuno ci parla e ci chiede cosa vogliamo e cosa ne pensiamo. Ma siamo noi quelli colpiti! Ecco perchè li costringiamo ad ascoltare”. L'articolo Gli studenti tedeschi si mobilitano contro la leva “volontaria”: venerdì scioperano in più di 60 città proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Germania
Guerra
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Caracciolo a La7: “Crosetto rilancia la leva? L’Italia ha 50 anni di età mediana e i russi non vogliono invaderci. Di che parliamo?”
La proposta del ministro della Difesa Guido Crosetto di introdurre un nuovo servizio militare su base volontaria – una sorta di “leva moderna” che metterebbe l’Italia in linea con le iniziative di Francia e Germania – accende il dibattito politico e mediatico. A Otto e mezzo, su La7, il direttore di Limes Lucio Caracciolo pone una serie di interrogativi sostanziali sul piano annunciato dal ministro, invitando a distinguere tra reale esigenza militare e retorica dell’emergenza. La bozza del disegno di legge, che Crosetto intende presentare nelle prossime settimane, prevede la creazione di una riserva ausiliaria di almeno 10mila unità, con l’obiettivo di arrivare a 30-35mila nel medio periodo. Una forza che integrerebbe gli attuali organici delle Forze Armate, oggi circa 170mila militari in servizio, considerati insufficienti dal ministro per affrontare un contesto internazionale sempre più instabile. Ma a Otto e mezzo Caracciolo mette immediatamente in discussione il vocabolario usato dal ministro: “È interessante che qualcuno parli di leva volontaria, perché almeno secondo il vocabolario italiano è una contraddizione in termini. La leva ti obbliga a fare servizio militare, se vuoi fare il volontario fai il volontario, sono due mestieri diversi. Siamo in un paese dove si gioca facilmente con le parole, sarebbe però interessante capire di che si tratta”. Per il direttore di Limes, l’idea di una riserva potenziata può avere una sua logica operativa, ma non va confusa con la leva obbligatoria: “Certamente ci sono piani molto avanzati che riguardano per esempio la creazione di una riserva sufficientemente corposa e efficiente, ma non è esattamente la stessa cosa, né sotto il profilo della forza militare ovviamente e neanche sotto il profilo delle conseguenze politiche e sociali”. Una vera reintroduzione della leva obbligatoria, spiega Caracciolo, avrebbe implicazioni politiche esplosive: “Se si dovesse reintrodurre la leva, certamente non sarebbe una partita semplice per chi la propone. Il vantaggio del ministro Crosetto rispetto ad altri ministri è che quando parla dice delle cose, ma forse stavolta ha detto delle cose che la sua maggioranza non potrebbe sostenere fino in fondo, figuriamoci l’opposizione. Se ci fosse veramente un obbligo di leva, e non vedo che cos’altro possa significare la leva, allora ci sarebbero sicuramente delle reazioni non esattamente positive in una buona parte dell’elettorato“. Alla domanda della conduttrice Lilli Gruber su una possibile necessità di aumentare drasticamente gli organici militari, Caracciolo risponde senza esitazioni: “Io penso di no in questo momento, penso che comunque la forza militare di un paese non dipenda tanto da questo quanto dalle sue capacità complessive e soprattutto dalla capacità che il paese sia in grado di sostenere una guerra. Questo è un paese che ha un’età mediana di 50 anni, di che cosa stiamo parlando?” E rilancia: “Ma poi c’è qualcuno che vuole invadere l’Italia? C’è qualche minaccia alle porte? E soprattutto cosa possiamo fare noi?” Quando Gruber chiede se una minaccia esista davvero, Caracciolo replica: “La minaccia reale in senso stretto oggi io francamente non riesco a vederla. Se la domanda è se i russi vogliono arrivare in Italia, la mia risposta è che credo di no e comunque anche se lo volessero non potrebbero, visto che sono ancora a mezzo Donbass“. Pur criticando la retorica della leva volontaria, Caracciolo riconosce un merito al ministro: fotografare un trend europeo di riarmo generalizzato. “Il punto è un altro – sottolinea l’esperto – e questo credo che Crosetto abbia fatto bene a richiamare: prendere atto di una realtà, cioè che intorno a noi tutti riarmano dal punto di vista industriale, dal punto di vista delle forze armate e così via. Noi italiani siamo un po’ nelle nuvole, ci piace immaginare che il mondo continui come era. Il mondo è cambiato – continua – Ci sono ovviamente coloro che soffiano sul fuoco, ci sono degli isterismi, ma la realtà è che siamo entrati in una situazione critica e si sa che quando si comincia a sparare, poi non c’è più una logica politica che possa governare i processi. Le guerre si formano da sole, come le valanghe, è successo nella prima, è successo nella seconda guerra mondiale, non deve succedere una terza”. Ma Caracciolo ridimensiona l’idea che una riserva volontaria possa costituire un cambio di passo: “Certamente le nostre forze armate debbono essere rafforzate, ma chiaramente non è attraverso un sistema di riserva rinforzata che si possa immaginare una svolta”. E dubita, infine, che un modello volontario possa attrarre numeri significativi: “Mi domando se il principio è volontario, quindi non obbligo, ma appunto scelta, quanti sarebbero disposti a farlo, considerando anche le disponibilità finanziarie di questo paese che non sarebbero evidentemente così forti. L’importante è che comunque si comincia a parlare di queste cose in maniera un pochino più specifica e se, come dice Crosetto, la cosa va in Parlamento, meglio ancora”. L'articolo Caracciolo a La7: “Crosetto rilancia la leva? L’Italia ha 50 anni di età mediana e i russi non vogliono invaderci. Di che parliamo?” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Guido Crosetto
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Crosetto, anche all’Italia serve il ministro della Guerra? Dietro la leva volontaria un disegno bellicista
Il Gigante Buono, Guido Crosetto, ex segretario regionale del movimento giovanile della Democrazia Cristiana, ex Forza Italia, fondatore di Fratelli d’Italia, ex presidente di AIAF (Federazione aziende per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza) e dal 2022 ministro della Difesa ha annunciato di volere portare in Parlamento un decreto per istituire di nuovo la leva militare per i giovani. Non è chiaro se il futuro ministro della Guerra si sia ispirato per prendere la storica decisione alla lettura de Economia Armata, il pamphlet bellicista apparso nel 1938 in cui comparivano scritti di Mussolini che affermavano l’inevitabilità dello scontro tra civiltà. Ciò che posso dire con certezza è che la proposta di legge italiana segue a quelle di due altre grandi economie prebelliche: quella francese e tedesca che hanno già informato l’opinione pubblica sulla volontà di preparare la gioventù per la futura difesa nazionale. Per tenere fede ai dettami della rana bollita, i governi rimarcano la natura volontaria della partecipazione alla leva e solo la Germania del Cancelliere Friedrich Merz ha avanzato l’ipotesi dell’obbligo a sorteggio qualora il numero minimo dei contingenti preventivati di nuovi militari non sia raggiunto. La metafora della rana bollita illustra come l’adattamento progressivo a cambiamenti negativi può portare a non accorgersi di un pericolo fino a quando non è troppo tardi per reagire. Se la rana è messa in una pentola di acqua bollente per istinto cercherà di mettersi subito in salvo saltando fuori. Ma se l’acqua sarà tiepida e verrà riscaldata lentamente, la rana non percepirà il pericolo fino a quando verrà bollita. Quindi leva volontaria come passo propedeutico per il compimento di un disegno che vuole di nuovo le giovani generazioni essere preparate a usare le armi e a andare in guerra. Quali siano i fondamenti logici per evocare lo spettro di un futuro conflitto entro i confini delle grandi nazioni europee resta un mistero per gli individui dotati di normale ragione. Qualcuno potrebbe paventare forse delle rivolte interne alle singole nazioni come quella delle banlieue francesi del 2005 e in effetti molti quartieri periferici delle grandi città, sempre più abitate da quelli che Sven Ake Lingren ha chiamato i “perdenti cronici e radicalizzati” del modello segregazionista della liberale vecchia Europa, sembrano ormai prossimi a esplodere. Invece quando (s)parlano di guerra, i politici non si riferiscono alle conseguenze della disaggregazione del tessuto sociale e culturale della popolazione nelle grandi città europee causata dalla carenza di politiche di integrazione e dalla xenofobia dilagante e indicano il futuro aggressore nella grande Russia di Vladimir Putin, lo stesso dittatore che per decenni è stato accolto con onori e tappeti nelle principali cancellerie del vecchio continente. Chi evidenzia come dopo tre anni dall’invasione, l’Armata Rossa non è riuscita nemmeno a conquistare per intero quattro marginali regioni dell’Ucraina orientale è tacciato nell’epoca del nuovo maccartismo con il marchio del traditore della patria e dei valori del libero Occidente. Quanto manchi ancora per scivolare nel definitivo stato catatonico, antesignano di una nuova ‘catastrofe della storia’, evocato da Hermann Broch nella potente trilogia I sonnambuli del 1930-32 è difficile dire. Forse qualche anno, forse mesi o forse poche settimane. Già per due volte nel 15-18 e nel 38-44 l’egemonia politico culturale mondiale dei paesi europei è stata spezzata dalla follia della guerra. La terza è una guerra che si prospetta ancora più catastrofale. Come ricordava Thomas Mann nel suo grande capolavoro La Montagna incantata molti sono i mostri che tentano di divorare l’umanità: l’egoismo, l’invidia, la bramosia. Il più terribile di tutti che profana i legami più intimi e sacri della convivenza, e si accanisce in particolare sui giovani si chiama guerra. Di fronte a uno scenario in cui governanti e elités politiche ed economiche stanno costruendo passo dopo passo il sentiero per il baratro cosa si può auspicare? Il vecchio presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un discorso dell’ottobre 2024 si era rivolto ai giovani con un richiamo che suona oggi più forte che mai: prendetevi il futuro. L’auspicio che viene dal profondo del cuore è che quando chiederanno di prestare servizio volontario di leva nessun giovane si presenti all’appello. E quando proveranno a obbligare i giovani al servizio militare, nessuno si presenterà ai centri di reclutamento. Il ministro Crosetto ha sicuramente indole e stazza per sfondare le linee avversarie in caso di conflitto. Vada dunque lui in prima linea al grido futurista: Zang Tumb Tumb! L'articolo Crosetto, anche all’Italia serve il ministro della Guerra? Dietro la leva volontaria un disegno bellicista proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Guido Crosetto
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Crosetto vuol dotarsi di una legge sulla leva militare? Abbiamo già dato
L’impiegato di alto livello, ma pur sempre un impiegato, del complesso militare-industriale, che risponde al nome di Guido Crosetto, ha gettato la maschera. A suo dire anche l’Italia dovrà dotarsi nel prossimo futuro di una legge sulla leva, forse in un primo tempo solo “volontaria”, ma la linea di tendenza è chiara. Tutte le risorse, economiche, propagandistiche e umane, sono mobilitate per la guerra che si prepara. In tal modo questo personaggio, uno dei tanti che si sono arricchiti a dismisura coi soldi degli industriali della morte, si accoda al capo di stato maggiore francese generale Fabien Mandion, secondo il quale dobbiamo prepararci a perdere i nostri figli in guerra. Personalmente non ne ho la minima voglia, né ritengo la abbiano la stragrande maggioranza dei cittadini e delle cittadine italiane. Il nostro problema, come sempre, è il fallimento della democrazia e il pessimo ceto politico che ne risulta. E non ci vengano a parlare di campo largo o simili. La vera spaccatura, alquanto trasversale, è oggi sul tema della guerra, del riarmo e del genocidio del popolo palestinese. Si pensi a un altro personaggio emblematico della decadenza che stiamo vivendo risponde al nome di Paolo Gentiloni. Cinquant’anni fa più o meno era il leaderino di simpatie staliniste del Movimento studentesco del Tasso, liceo classico d’élite dove lo conobbi. Poi divenne per un periodo direttore di una rivistina pacifista che si chiamava Paceeguerra o qualcosa del genere. In seguito, giunto all’età dell’impiego, si buttó in politica col Partito democratico ed evidentemente decise, come dargli torto, che con la pace non si mette insieme il pranzo con la cena e divenne un guerrafondaio. Pare che dal suo punto di vista i fatti gli abbiano dato ragione, dato che ora parrebbe essere diventato il politico più pagato del mondo. Impossibile non vedere la mano del complesso militare-industriale negli orientamenti del ceto politico “che conta”. La finanza occidentale e i settori high-tech si sono riconvertiti in modo deciso alla guerra, perché l’industria degli armamenti consente profitti tendenzialmente illimitati e perché allestire apparati bellici, puntando sulla forza in assenza del consenso, risponde alla crisi di egemonia e credibilità dell’Occidente su scala mondiale. Il rapporto diretto tra “mercati” e guerra è sotto gli occhi di tutti. In Ucraina basta un incontro tra Putin e Trump per far crollare le quotazioni azionarie delle industrie degli armamenti e von der Leyen & C. si affannano ad allontanare la prospettiva della pace. A Gaza, come anche in Libano, è stato messo a punto, sulla pelle del popolo e dei bambini palestinesi, un gigantesco e disumano poligono di sperimentazione degli armamenti tecnologicamente più avanzati, concepiti con l’esplicita intenzione di massacrare i civili. Anche qui è evidente la complicità del governo italiano che abbiamo denunciato alla Corte penale internazionale. Alle porte del Venezuela si sta schierando una potente flotta da guerra il cui scopo è mettere le mani, delle multinazionali petrolifere o di altro genere, sulle ingenti risorse del Paese, rovesciando il governo legittimo Nicolas Maduro che, nonostante i soliti giornalisti che si disinformano a vicenda sui media mainstream, gode di un consenso crescente e si basa su di una democrazia partecipativa che, al contrario della nostra, funziona bene (sono pronto a testimoniarlo in ogni sede, dato che mi sono recato per sette volte in Venezuela nell’ultimo anno). In questo momento sto sfilando in corteo, nel giorno dello sciopero generale convocato dai sindacati di base, appunto contro genocidio, guerra e riarmo. Ma la mobilitazione è ancora insufficiente. Occorre mettere in campo le migliori energie e le migliori tradizioni del popolo italiano per sconfiggere chi, come Crosetto, vuole oggi reintrodurre la leva per trasformare le giovani generazioni in carne da cannone. Si facciano sentire anche coloro, e non sono pochi, che nutrono sentimenti pacifisti e democratici nelle Forze dell’Ordine e nelle Forze Armate. Abbiamo già dato. I nostri nonni e bisnonni combatterono la prima guerra mondiale. I nostri padri e nonni combatterono la seconda finendola da partigiani in armi insorti contro il nazifascismo. Dobbiamo oggi mobilitarci contro la terza guerra mondiale, prima che sia troppo tardi, anche perché, data la potenza distruttiva acquisita dagli armamenti, sarebbe quella definitiva. L’inverno sarà relativamente lungo, ma si preannuncia la primavera, nella quale occorrerà coniugare vari scioperi generali e il no al referendum per sconfiggere il progetto autoritario che si nutre della prospettiva della guerra. Il ripudio della guerra, scritto a chiare lettere nell’art. 11 della Costituzione repubblicana nata dal sangue dei partigiani, deve oggi tradursi nel ripudio dei politici che preparano la guerra, si chiamino essi Crosetto, Gentiloni o in altri modi. L'articolo Crosetto vuol dotarsi di una legge sulla leva militare? Abbiamo già dato proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Crosetto: “Reintrodurre la leva militare in Italia? Presenterò una bozza di disegno di legge, deciderà il Parlamento”
“Reintrodurre in Italia un nuovo servizio militare, come in Francia e in Germania? Se lo deciderà il Parlamento sì”. Parola del ministro della Difesa Guido Crosetto secondo il quale “va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi”. Crosetto pertanto vuole tornare a parlare di servizio militare. Mentre la Francia annuncia il ripristino di 10 mesi di leva e la Germania mette in campo una serie di novità per potenziare l’esercito (con l’obiettivo di diventare “il più forte in Europa entro il 2029”), in Italia è il ministro della Difesa a “scaldare le truppe”. Da Parigi – dove ieri ha incontrato la sua omologa francese, Catherine Vautrin – Crosetto spiega che “se la visione che noi abbiamo del futuro è una visione nella quale c’è minore sicurezza, una riflessione sul numero delle forze armate va fatta”. Per questo annuncia che proporrà, prima in Consiglio dei ministro e poi in Parlamento, “una bozza di disegno di legge da discutere che garantisca la difesa del Paese nei prossimi anni e che non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole”. Per Crosetto anche l’Italia deve muoversi a causa di un futuro che definisce “meno sicuro”: “Tutte le nazioni europee, mettono in discussione quei modelli che avevamo costruito 10-15 anni fa e tutti stanno pensando di aumentare il numero delle forze armate”. In passato, osserva, “abbiamo costruito negli anni scorsi modelli che riducevano il numero dei militari”. “Anche noi in Italia – ribadisce il ministro – dovremmo porci il tema di una riflessione che in qualche modo archivi le scelte fatte di riduzione dello strumento militare e in qualche modo porti a un suo aumento”. “Ognuno ha un suo approccio diverso, alcuni hanno addirittura ripristinato la leva”, spiega Crosetto. Per il ministro le scelte andranno prese in Parlamento: “Le regole nel settore della difesa – dice – devono essere il più condivise possibile e nascere proprio nel luogo di rappresentazione del popolo”. Per questa ragione “più che un decreto legge, penso a una traccia che il ministero della Difesa porterà in Parlamento perché venga discussa, aumentata e integrata e in qualche modo costruisca uno strumento di difesa per il futuro”. Anche il governo italiano, pertanto, intende potenziare il suo esercito. L'articolo Crosetto: “Reintrodurre la leva militare in Italia? Presenterò una bozza di disegno di legge, deciderà il Parlamento” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sono a favore della leva obbligatoria e di un esercito europeo: così si risponde meglio alle emergenze
Nel 2022, sette mesi esatti dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ho pubblicato un post a favore della leva obbligatoria. Da allora, abbiamo assistito a un crescendo (lo uso al posto di escalation) di esaltazioni di armi e di eserciti. Dal Green Deal siamo passati a Rearm-Europe, poi cambiato in Readiness 2030, con l’obiettivo di mobilitare fino a circa 800 miliardi di euro per rafforzare la difesa dell’Ue. Il finanziamento per ottenere questo obiettivo avverrà con uno strumento finanziario chiamato Safe (Security Action For Europe). Fonti ufficiali riferiscono che nel 2024 la spesa aggregata in difesa degli stati dell’Ue sia stata di 343 miliardi di euro, mentre diversi osservatori stimano che la spesa militare russa, nello stesso periodo, sia stata di 149 miliardi di dollari. I russi usano il 7% del loro Pil per armarsi, contro l’1-2% del Pil europeo. È vero che la Russia dispone di armi nucleari, ma l’uso su territorio europeo comporterebbe un rischio altissimo anche per il paese aggressore: il fallout radioattivo, infatti, è trasportato dalle correnti atmosferiche e non rispetta confini politici. Alle latitudini europee prevalgono venti da ovest verso est, anche se le condizioni meteorologiche complesse rendono imprevedibile il percorso della nube radioattiva: perciò, per la Russia, puntare su un attacco nucleare come strategia credibile sarebbe non solo folle, ma potenzialmente suicida. Il problema europeo non è la quantità di armi, ma la dispersione degli sforzi. Non c’è un esercito europeo. Lo dicono tutti ma poi nessuno fa niente, a parte chiedere che si spendano più soldi pubblici in armamenti e che si abbandoni il green deal, frutto di posizioni ideologiche: la minaccia russa alla sicurezza dell’Ue è reale, mentre quella climatica è un’invenzione di ecologisti accecati dall’ideologia. I fondi destinati all’ambiente devono essere dirottati sulle armi (riferisco il pensiero di chi giustifica il passaggio da Green Deal a Rearm; io non la penso così). Personalmente sono a favore della leva obbligatoria e di un esercito europeo. Non auspico che i sistemi di difesa siano smantellati, ma che siano gestiti da persone meno vicine alla mentalità del dottor Stranamore. I generali spesso sono più pacifisti dei politici (con qualche eccezione): sanno cosa significa la guerra, i politici europei pare lo abbiano dimenticato, e la fanno per procura. Ora si cerca convincere l’opinione pubblica che sia saggio “investire” in armi. E gli schermi televisivi lanciano messaggi rassicuranti sull’esercito in tutte le sue declinazioni, i militari sono invitati nelle scuole. Presto i bimbi (e le bimbe) canteranno canzoni patriottiche. Ho partecipato attivamente alla campagna Only One di Marevivo, che ha fatto il giro del mondo con la Amerigo Vespucci, della Marina Militare. E ho svolto cicli di lezioni in strutture della MM, a Venezia, La Spezia e Livorno. L’altro giorno ero seduto a fianco di un Contrammiraglio dell’Istituto Idrografico della Marina, che studia i fondali e le correnti marine. Parlavamo di tutela del mare. Ora abito a Napoli e le zone “calde” della città sono presidiate dai militari, impiegati per la sicurezza. La criminalità, dove ci sono loro, è crollata. Inoltre, a far fronte ad emergenze dovute a disastri climatici o a terremoti, sono le Forze Armate a trovarsi in prima linea, a supportare la Protezione Civile, ormai insufficiente. L’Italia ripudia la guerra offensiva, ma l’articolo 52 della Costituzione prevede che tutti i cittadini prestino il servizio militare. Allora era solo per i maschi, poi le donne sono entrate a pieno diritto nei sistemi di difesa: oggi ce ne sono più di ventimila. Nel 2005 l’obbligo è stato abolito, ma l’articolo non è stato emendato. ‹ › 1 / 3 IMG_8927 ‹ › 2 / 3 IMG_8932 ‹ › 3 / 3 IMG_0263 Avere un corpo militare ben attrezzato e addestrato per far fronte alle emergenze secondo me è saggio. Penso che sia giusto pianificare risposte armate a pur improbabili invasioni in territorio europeo: queste enormi spese sarebbero una dimostrazione di forza per possibili invasori, nella speranza di non doverle mai usare. Però sarebbe opportuno usarle anche per neutralizzare altre minacce alla nostra sicurezza. Prima di tutto il cambiamento climatico che ha già aumentato la frequenza e l’intensità di fenomeni estremi. Bisogna mettere in sicurezza il territorio. Poi ci sono i terremoti. Queste sono minacce reali, quotidiane, che sempre più seminano morte e distruzione. Va benissimo ipotizzare e finanziare una difesa contro possibili invasori umani, a patto di utilizzarla anche per difenderci da minacce ben più immediate, a supporto della Protezione Civile. Si parla tanto di “dual use”: questo sarebbe un ottimo duplice uso di un solido apparato di sicurezza. E tutti i cittadini e cittadine dovrebbero essere addestrati/e in un periodo della loro vita per contribuire alla sicurezza del paese, con una chiamata generale ad assumersi la responsabilità di difendere la collettività da qualsiasi minaccia, per creare un “sapere difensivo” diffuso in tutta la popolazione. Non credo che questo sistema entrerebbe in azione per scopi bellici, ma di sicuro agirebbe in casi di emergenze tipo quelle che spinsero i giovani a diventare “angeli del fango” in troppe occasioni. Lo fecero in modo spontaneo, e ancora lo fanno. Potrebbero diventare un esercito del fango, addestrato ed equipaggiato. E potrebbero difendere lo stato, con le armi, da possibili azioni eversive provenienti dall’interno. Come già fu pianificato in diverse occasioni di tentativi di colpo di stato, pianificati da apparati deviati dello stato stesso. 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