Botta e risposta a Omnibus (La7) tra Walter Rizzetto, deputato di Fratelli
d’Italia e presidente della Commissione Lavoro della Camera, e Stefano Fassina,
economista ed ex viceministro dell’Economia, oggi leader dell’associazione
politica Patria e Costituzione. Al centro del confronto lo sciopero generale
proclamato dalla Cgil contro la manovra del governo Meloni, con il segretario
Maurizio Landini nel mirino dell’esponente della maggioranza e difeso, invece,
da Fassina, che ribalta il piano del dibattito.
Rizzetto apre l’affondo mettendo in discussione l’esito stesso della
mobilitazione: “Mi sembra che lo sciopero non sia andato bene. Almeno quest’anno
di oltre 1.000-1.200 scioperi proclamati ne sono stati celebrati oltre 600,
quindi si sciopera molto. Abbiamo visto un Landini in splendida solitudine“.
Secondo il presidente della Commissione Lavoro, la responsabilità è tutta del
leader Cgil: “Landini di fatto è il principale promotore della rottura del
fronte sindacale“.
L’ex esponente del M5s sostiene che il primo errore di Landini sia quello di
aver “demolito l’unità sindacale”, ricordando come la Uil di Pierpaolo
Bombardieri, pur inizialmente critica verso il governo, abbia deciso di non
scioperare dopo aver letto la legge di bilancio.
E aggiunge: “Landini, drammaticamente per lui, è stato sorpassato a sinistra da
un altro sindacato che si chiama Usb”.
Infine, il giudizio sul metodo: “Oramai tutti questi scioperi proclamati il
venerdì, come scrive Franco Bechis questa mattina in modo intelligente, sono
diventati un rito stanco”.
Fassina replica con toni fermi, definendo l’impostazione del dibattito
“abbastanza surreale”. L’ex viceministro contesta innanzitutto la narrazione
dell’isolamento sindacale: “Oggi la Cisl è in piazza per lo stesso motivo per
cui si è scioperato ieri, l’ha fatto la Uil con altre modalità. Attenzione, la
protesta non è solo contro la legge di bilancio. Al centro ci sono le questioni
salariali e la questione della guerra, che è molto molto rilevante per le
condizioni del lavoro e delle piccole imprese”.
Sul tema dello sciopero del venerdì, Fassina sottolinea: “Trovo davvero surreale
questa polemica sullo sciopero del venerdì: per un lavoratore scioperare lunedì,
martedì o venerdì costa sempre una giornata di stipendio. Bisognerebbe avere più
rispetto delle persone che vanno in piazza o che comunque scioperano. Le
lavoratrici e i lavoratori vanno rispettati“.
L’economista poi accusa il governo di non affrontare la questione salariale: “È
un fatto che c’è una questione salariale che il governo non solo non affronta ma
utilizza come una leva di politica economica per continuare a competere sul
costo del lavoro. Non è un caso che non vogliono fare il salario minimo. Il
salario minimo non si fa perché questo governo, come tanti altri precedenti,
continua a puntare sulla competizione di costo”.
Fassina punta il dito contro il ministro delle Imprese: “Non c’è uno straccio di
politica industriale. Sono tre anni che stanno al governo. Urso è una figura
imbarazzante, sa solo presiedere i tavoli di crisi. Non c’è una misura che
riguarda la politica industriale”.
Poi il passaggio sui conti pubblici: “Quei 18 miliardi della legge di bilancio
di maggiori spese o minori entrate per un terzo vengono coperti da tagli agli
investimenti pubblici. In una fase in cui l’Italia è a zero virgola negli ultimi
tre anni e i documenti di finanza pubblica del governo indicano zero virgola di
crescita anche nei prossimi tre anni, la manovra si copre con 6 miliardi di
tagli agli investimenti pubblici. Ci intratteniamo su quello che fa Landini, ma
Landini è una conseguenza, non la causa”.
Le cause per Fassina hanno nomi precisi: stagnazione economica e impoverimento
del lavoro. “I lavoratori hanno perso nove punti di salario reale negli ultimi
tre anni e sono un sacco di soldi. Su uno stipendio di 1.200 euro sono 110-120
euro al mese. Queste sono le questioni. Se non affronti questi nodi, di che cosa
parliamo?”.
L'articolo Sciopero Cgil, Rizzetto attacca Landini. Fassina: “Polemica surreale,
abbia rispetto dei lavoratori”. Su La7 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Prove tecniche di “pace” a Otto e mezzo (La7) tra il M5s e Italia Viva: nella
trasmissione condotta da Lilli Gruber, il senatore Matteo Renzi e l’ex portavoce
di Giuseppe Conte, Rocco Casalino, dialogano sul futuro del centrosinistra
unito, non senza colpi di fioretto per il turbolento passato.
Pur essendo concordi sulla necessità di unire il centrosinistra contro la destra
e di scegliere il candidato premier attraverso le primarie, le scintille
avvengono quando Renzi rievoca gli attriti coi 5 Stelle: “Il passato vede una
divisione profonda tra la nostra esperienza e l’esperienza del M5s. Ed è inutile
stare a rivangarla, perché è scritta nell’esperienza di Mario Draghi“.
Casalino obietta: “Ma non è arrivato il momento che lei si possa pentire, visto
che quella esperienza da lei interrotta poi ci ha portato a 5 anni di governo
Meloni? Non crede che sia arrivato il momento di chiedere pubblicamente scusa e
di ammettere che ha sbagliato? Forse se non avesse fatto cadere Conte, avrebbe
rivinto il centrosinistra e non ci sarebbe stata la Meloni al governo. È
arrivato il momento di fare un’analisi anche di quegli errori”.
“A me scappa da ridere – ribatte Renzi – Mi piace la categoria del pentimento e
che la invochi il mio amico Rocco Casalino. Se c’è qualcuno che si deve pentire
è chi ha fatto il governo con la Lega, non io. Io non l’ho fatto il governo con
Salvini“.
“Abbiamo fatto il governo con la Lega perché lei, che era a capo del Pd, ha
detto di no – ricorda Casalino – Noi siamo venuti prima da lei e ha rifiutato la
nostra proposta”.
“Io non ho da pentirmi per il governo con la Lega. Io”, ripete Renzi.
“Ma ci ha mandato lei dalla Lega – ribadisce Casalino – Altrimenti saremmo
dovuti tornare al voto”.
“Effettivamente c’ho la bandiera verde sulla giacca – rilancia Renzi – Io non ho
da pentirmi di un bel niente. Io voglio ragionare del futuro perché c’è una
situazione devastante nel Paese. E di fronte a questo, il centrosinistra,
sondaggi o non sondaggi, se sta insieme vince. Se sta diviso perde. Allora, se
vogliamo ragionare del passato, perdiamo tempo”.
“Ma lei pensa di essere credibile in questa sua volontà adesso di unire il
centrosinistra?”, chiede Lilli Gruber.
“Assolutamente sì – risponde il leader di Italia Viva – perché lei ha visto che
quel successo quando i 5 Stelle hanno messo il veto su di noi: in Liguria
abbiamo perso. Quando hanno tolto il veto a Genova, abbiamo vinto. Dico Genova
ma potrei dire la Toscana e la Campania. Quando noi facciamo il 9% in Toscana e
il 6% in Campania o il 5% in Calabria, peraltro appoggiando un candidato 5
stelle, non sono numeri di sondaggi, sono numeri veri”.
E aggiunge: “Come si fa a stare insieme? Innanzitutto, i leader scelti con le
primarie se c’è una legge elettorale nuova, e qui Casalino ha ragione. Non vedo
alternative. Non credo che rimanga questa legge elettorale, perché la Meloni non
è molto brava a fare politica, ma sui conti è la numero uno. E sa benissimo che
con questa legge elettorale – conclude – se non parliamo del passato e non ci
mettiamo a rivendicare il passato, vinciamo noi. Perché da Firenze in giù,
quanti collegi prende il centrodestra? Magari qualcuno sì, ma non tanti. Il
terzo punto cruciale, sul quale penso che ci sia davvero la possibilità di
costruire una coalizione vera, sono i contenuti”.
L'articolo Battibecco Casalino-Renzi. “Chieda scusa per aver fatto cadere
Conte”. “Pentitevi voi per aver governato con Salvini”. Su La7 proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Bagarre a Tagadà (La7) tra Tonia Mastrobuoni, corrispondente da Berlino per
Repubblica, e l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza, sulla
situazione della guerra in Ucraina e sugli aiuti europei. Mastrobuoni si
sofferma sulla decisione della Ue di rendere indefinito il congelamento dei 210
miliardi di euro di asset russi: se prima le sanzioni dovevano essere rinnovate
ogni 6 mesi all’unanimità (col rischio di veto da parte di paesi come Ungheria e
Slovacchia, più vicini a Mosca), ora restano congelati finché la Russia non
termina la guerra e paga i danni all’Ucraina.
La giornalista aggiunge: “Quando ci sarà il voto il 18 dicembre, ovviamente si
litigherà, ma c’è sempre un piano B che ha formulato Ursula von der Leyen la
settimana scorsa. Purtroppo nessuno ne parla e anche l’Italia e il governo sono
troppo stupidi per parlarne, perché per il governo italiano sarebbe l’ideale,
cioè 90 miliardi in due anni finanziati con eurobond e garantiti dal bilancio
europeo”.
Quando prende la parola, Fidanza commenta le parole di Mastrobuoni: “Al di là
degli epiteti abbastanza incommentabili della Mastrobuoni, il governo è
assolutamente presente al tavolo europeo con una bussola che è sempre la stessa:
quella di rendere compatibili gli impegni per l’Ucraina con il nostro interesse
nazionale, perché tra le varie proposte che sono sul tavolo a Bruxelles in
queste ore, ce ne sono alcune che non sarebbero del tutto poco gravose
potenzialmente per l’Italia”.
Mastrobuoni lo interrompe più volte: “Ma non ho detto che non siete al tavolo
europeo. Lei non ha capito niente, mi mette in bocca parole che non ho mai
detto”.
“Allora forse è un problema di ritorno dell’audio – replica Fidanza mentre la
giornalista si dimena – Ho sentito la parola ‘stupido’, forse ho sentito male.
Però vorrei terminare, poi lei chiarisce. Se ho sentito male, mi fa piacere se
lo smentisce, ma la prego di non interrompermi”.
La polemica esplode quando Mastrobuoni ha la parola: “Non ha capito una sola
parola di quello che ha detto. Le mie parole, che lei definisce
‘incommentabili’, non le ha proprio capite”.
Fidanza insorge: “Si sente molto male. Non è che non capiamo, il suo
collegamento fa schifo. Forse è lei che dovrebbe capirlo”.
“Sì, sono comunista – ribatte la giornalista – quindi il collegamento fa
schifo”.
“Lei deve dare sempre lezioni, come tutti quelli di Repubblica – rilancia
l’europarlamentare – Ci date lezioni anche quando non funziona il collegamento,
date sempre lezioni di vita. Siamo stufi delle vostre lezioncine“.
“Ha finito? – controbatte Mastrobuoni – Stia calmo e si prenda la pillolina
rossa. Lei non ha capito nulla di quello che ho detto”.
E Fidanza protesta nuovamente: “Certo, perché sono stupido, mentre voi di
Repubblica siete degli illuminati”.
“Sì, esattamente – risponde Mastrobuoni – È stupido lei ed è stupido il
governo“.
“Noi di destra abbiamo l’anello al naso – replica il politico – non capiamo
niente e aspettiamo Repubblica che ci spieghi la vita”.
“Sì, lei ha l’anello al naso ed è anche molto maleducato“, replica la cronista.
“No, è lei una cafona – risponde Fidanza – Si vergogni, lei non può dare lezioni
a nessuno”.
“Maleducato, si vergogni lei”, replica Mastrobuoni.
“Esca dal suo salotto”, rilancia Fidanza.
“Ma la smetta – insorge la giornalista – Nel salotto ci sta lei che guadagna
15mila euro al mese, ma stia zitto e taccia. Lei non ha capito nulla”.
“Non faccia la demagoga e si vergogni – urla Fidanza – Io sono stato votato da
decine di migliaia di persone. A lei chi l’ha mai votata?”.
L'articolo Lite Fidanza-Mastrobuoni su La7: “Si vergogni, cafona. Esca dal
salotto”. “Taccia maleducato, lei prende 15mila euro al mese” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
“Non riarmo, ma pace!“. È il grido di Massimo Cacciari in uno dei passaggi più
incisivi del suo intervento a Dimartedì (La7), dove il filosofo icommenta il
nuovo scenario geopolitico delineato dalle parole di Donald Trump.
Di fronte alla domanda del conduttore Giovanni Floris, che gli chiede se la
nuova amministrazione Usa non identifica la Russia come nemico, Cacciari non
lascia zone grigie: “Significa semplicemente che gli Stati Uniti non ritengono
la Russia il nemico e quindi se l’Europa vuole fare la guerra alla Russia, si
arrangerà, la farà lei per conto suo, si riarmi, così moltiplicherà i populismi
e le estreme destre all’interno di ogni Stato. Se ritiene di farlo, si arrangi,
ne sconteremo noi le conseguenze“.
Il filosofo chiarisce subito la distinzione che considera fondamentale: “Nemici
di Putin sia chiaro, lo siamo tutti, perché Putin è un oligarca e il suo regime
non può piacere a nessun democratico e a nessun europeo. Un’altra cosa è la
Russia: se c’è rimasto un minimo di sale in zucca, dobbiamo sempre distinguere
Netanyahu da Israele, Putin dalla Russia, l’Italia dalla Meloni. O no?”.
Il cuore del ragionamento, ripete, è la necessità di non confondere un leader
politico con un intero Paese, e di non trasformare la Russia in un nemico
strutturale dell’Europa. Per Cacciari, infatti, l’idea stessa di considerare la
Russia un avversario strategico è “una follia“. La politica europea, sostiene,
non può prescindere da rapporti “sani, commerciali ed economici con la Russia”.
E a dimostrarlo, afferma, sono i costi delle fratture apertisi con la guerra in
Ucraina: “Adesso che siamo in guerra ne stiamo subendo le conseguenze
economiche”.
Il filosofo richiama anche una prospettiva più ampia, quella del declino
economico europeo: “Ma ci rendiamo conto che l’Europa nel ’90 aveva il 26% del
Pil mondiale e oggi siamo al 14? Ce ne rendiamo conto o no?”.
In un contesto di crisi profonda, ribadisce, l’Europa “avrà bisogno di
commerciare con tutti, di avere rapporti economici, finanziari buoni con tutti”,
ritrovando una vocazione diplomatica “di pace”.
Sul fronte ucraino, Cacciari non nega le responsabilità russe: “È giusto
appoggiare l’Ucraina, è giusto difendere la sovranità dell’Ucraina, è giusto
riconoscere la grande colpa della Russia nell’avere attaccato e invaso
l’Ucraina”. Ma a suo avviso la via d’uscita resta una sola: tornare agli accordi
di Minsk.
“Questa guerra – osserva – dopo tragedie, migliaia di morti, distruzioni, se
finirà o se non continuerà all’infinito, naturalmente tra Europa e Russia,
perché gli Stati Uniti non la continuano certamente questa guerra, si concluderà
con gli accordi di Minsk, sottoscritti dal presidente della Francia, dalla
Merkel e dal presidente dell’Ucraina di allora”.
Il filosofo, infine, ricorda che gli accordi offrivano una soluzione pragmatica
per le regioni russofone, “una situazione di relativa autonomia amministrativa e
finanziaria”. Non erano, insiste, un’imposizione del Cremlino: “Gli accordi di
Minsk sono stati sottoscritti anche dal presidente di allora dell’Ucraina, non
imposti da Putin. Questa è la storia. Vorremmo ricordarcela oppure veramente non
abbiamo memoria, non abbiamo raziocinio, non abbiamo più un piffero di niente,
noi europei?”.
L'articolo Cacciari a La7: “Essere nemici della Russia è una follia che
compromette ogni politica europea degna di questo nome” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Botta e risposta vivace tra Lilli Gruber e Marco Travaglio a Otto e mezzo (La7),
il direttore del Fatto Quotidiano espone le tesi del suo editoriale “Chi è causa
del suo mal”, scatenando una sequenza di scambi tesi in studio.
Al centro della discussione, il ruolo dell’Europa nei rapporti con gli Stati
Uniti e la citazione di Sandro Pertini — “A brigante, brigante e mezzo” — che
Travaglio propone come regola di sopravvivenza geopolitica nel nuovo equilibrio
internazionale.
Quando Gruber gli chiede di spiegare quel passaggio, Travaglio risponde senza
mezzi termini: “Trump dice in maniera sgarbata quello che hanno detto e
soprattutto fatto i suoi predecessori da trent’anni, quindi se c’è stato un
salto della storia c’è stato trent’anni fa e noi non ce ne siamo accorti perché
prima usavano la vaselina.”
In studio si sente borbottare più volte il giornalista Alessandro De Angelis
(“non è vero”? e la conduttrice interviene: “Ma questo non è vero, scusami.”
Travaglio replica: “Lilli, però ogni volta io ti dico quello che penso io e tu
mi dici che non sei d’accordo, va benissimo ci mancherebbe.”
Gruber insiste: “Non è che non sono d’accordo. Non è vero.”
E il direttore chiude: “Io purtroppo ti dico quello che penso io.”
Travaglio passa quindi al cuore della sua analisi: L’Europa, oggi pronta a
scandalizzarsi per i toni di Trump, paga le conseguenze di trent’anni di
obbedienza agli Stati Uniti anche quando questa la danneggiava.
Ricostruisce così la strategia statunitense degli ultimi trent’anni: “Gli
americani erano terrorizzati dall’unione tra l’energia a basso costo russa e
l’industria europea e che i due mercati unendosi creassero una superpotenza
euroasiatica, hanno fatto di tutto per sabotarla e ci sono riusciti. Oggi il gas
Gnl lo compriamo da loro a 5 volte il prezzo di quello russo. Il gasdotto chi
l’ha fatto saltare? Mia nonna? Naturalmente no, il Nord Stream l’hanno fatto
saltare gli ucraini d’accordo con gli americani e con i polacchi, lo dice la
magistratura tedesca. Nel 2014 Obama ci ha intimato che dovevamo comprare il gas
dagli americani e non più dai russi e hanno fatto in modo che succedesse”.
Sul conflitto in Ucraina, Travaglio ribadisce che l’Europa sta sbagliando
bersaglio: “Noi stiamo dicendo di no a Trump sull’unica cosa che ci conviene che
faccia e cioè far finire questa guerra nel cuore dell’Europa, che è nata da
alcune menti malate neocon americane contro l’Europa prima ancora che contro la
Russia.”
Il paradosso, sostiene, è che “Trump ci cazzia perché abbiamo obbedito per 30
anni all’America”, mentre proprio oggi l’Europa dovrebbe dimostrare autonomia.
“Adesso noi dovremmo dirgli di no e fare brigante e mezzo contro brigante sulle
cose che ci convengono”, ribadisce il direttore del Fatto.
Travaglio elenca quindi le scelte che considera autolesionistiche: i dazi di
Trump accettati senza reagire, la Via della Seta abbandonata “perché Biden non
la voleva”, un piano di riarmo “contro un nemico che non esiste semplicemente
perché ce lo stiamo inventando”.
E aggiunge: “Abbiamo detto di sì al 5% di Pil alla Nato perché siamo dei servi.
E non ci meritiamo il rispetto perché i servi il rispetto non se lo meritano, i
padroni coi servi non perdono nemmeno il tempo a discutere.
Sulla questione territoriale ucraina critica la retorica del “resistere per
sempre”: “Lasciamo che i russi vadano avanti e che prendano anche quel 15% di
Donbass che ancora gli manca. Poi ci ritroveremo punto e a capo… Quella non è
capitolazione, quello è un compromesso onorevole.”
La conduttrice commenta l’intervento del direttore del Fatto: “Allora, queste
sono naturalmente le tue opinioni.”
Travaglio replica: “Io dico sempre le mie, non le tue.”
Gruber ribatte: “Sì ma infatti le mie non sono opinioni.”
E il direttore conclude con sarcasmo: “Ah, sono verità rivelate, certo.”
L'articolo Travaglio: “Trump fa con l’Europa quello che gli Usa fanno da 30
anni, solo senza vaselina”. Scontro con Gruber proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel nuovo National Security Strategy (NSS) pubblicato dalla Casa Bianca il 4-5
dicembre 2025, gli Stati Uniti ridefiniscono le priorità globali dell’era Trump.
È un documento breve di 33 pagine ma dirompente: segna una rottura con
l’impostazione delle precedenti amministrazioni, riduce l’impegno in Medio
Oriente e in Africa, rilegge l’ordine mondiale attraverso il prisma del motto
“America First” e introduce un approccio che la Casa Bianca chiama “realismo
flessibile”.
A Otto e mezzo, su La7, il direttore di Limes Lucio Caracciolo interpreta il
documento come un messaggio inequivocabile agli europei: non siete più una
priorità strategica. “In tre parole sono cavoli nostri, questo è il titolo –
afferma – Il sommario dice che non esiste l’Europa: esistono europei buoni ed
europei cattivi. Gli Stati Uniti vogliono collaborare con gli europei buoni, con
le nazioni che seguono il loro corso e che devono mettersi d’accordo con la
Russia per arrivare rapidamente alla pace in Ucraina“.
Caracciolo sottolinea il passaggio più innovativo e clamoroso del documento: “È
la prima volta che gli americani dicono chiaramente che la Nato non si deve
espandere“. L’architettura di sicurezza costruita negli ultimi trent’anni viene
dunque congelata, insieme alle promesse implicite o esplicite di allargamento.
Nel NSS, Trump descrive un’Europa indebolita da “una crisi di civiltà”, imputata
all’apertura dei confini alle migrazioni dal sud del mondo. Una scelta che,
secondo la lettura del documento, compromette il patrimonio culturale europeo,
in contrapposizione all’approccio statunitense, volto a mantenere un controllo
più rigido dei flussi.
In parallelo, Washington sancisce il proprio disimpegno dal ruolo di
esportatrice globale di democrazia. “L’America non vuole più andare in giro a
cambiare i regimi – spiega Caracciolo – È un cambiamento di 180 gradi rispetto
alla strategia precedente. L’America vuole occuparsi dei suoi interessi, non
vuole andare in giro per il mondo a cercare mostri, come diceva quel tale”.
Il riferimento del direttore di Limes è al discorso del 1821 di John Quincy
Adams, segretario di Stato e poi presidente Usa, (“L’America non va in giro per
il mondo a cercare mostri da abbattere. Augura libertà e indipendenza a tutti,
ma è paladina e difensore soltanto delle proprie”).
Il messaggio agli alleati è altrettanto chiaro: “Noi dobbiamo preoccuparci da
noi della nostra difesa”. Una presa d’atto particolarmente pesante per un
continente che, ricorda Caracciolo, “è sufficientemente diviso fra sé, e questo
vuol dire che ciascuno deve preoccuparsi per sé”.
Quando Lilli Gruber chiede perché Giorgia Meloni dica di essere sostanzialmente
d’accordo con Trump sulla Ue e sulla difesa, Caracciolo risponde con
pragmatismo: “La Meloni, avendo come riferimento anche ideologico in fondo Trump
e il trumpismo, non vedo perché non dovrebbe aderire a questo appello. Pensa che
sia coerente con quello che pensa e dice”.
Ma ciò implica una conseguenza evidente: “Questo vuol dire muoversi per conto
suo contro altri europei, ed è quello che stiamo vedendo, e naturalmente
viceversa. L’Europa è spaccata come non è mai stata“.
Secondo Caracciolo, Trump parla di “europei buoni” pensando probabilmente a
paesi come l’Ungheria più che all’Italia. “L’Italia forse è più a parole che nei
fatti – osserva – Quello che è interessante è che nel documento Trump nemmeno
nomina l’Unione Europea, perché oggettivamente non è un soggetto. Quando un
leader non europeo viene in Europa, non è che il suo primo pensiero è parlare
con la signora von der Leyen, ma è quello di parlare con coloro che decidono”.
E aggiunge: “Trump inoltre nota, e questo purtroppo è anche un dato di realtà,
che il peso economico dell’Europa sta calando in maniera notevole. Lui cita un
dato: nel 1990 l’Europa aveva il 25% del PIl globale, oggi è il 14%, quindi
qualche problema ce l’abbiamo. Ma soprattutto lui non vuole assolutamente
abbandonare l’Europa, vuole che l’Europa diventi come lui, o meglio alcuni paesi
europei diventino come lui – conclude – Non vuole assolutamente che i russi, i
cinesi o chiunque altro prendano l’Europa. Vuole che in qualche modo noi europei
siamo dentro al suo modo di vedere il mondo”.
L'articolo Caracciolo a La7: “Per Trump la Nato non deve espandersi e l’Europa
non esiste. Quindi, sono cavoli nostri” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Se nominiamo un mercante d’armi, un uomo che ha lavorato nel mercato delle
armi, a fare il ministro della Difesa, il rischio è che succeda quello che Trump
dice con onestà, visto che chiama il Pentagono il ministero della Guerra e non
più della Difesa”. Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo (La7) da Tomaso
Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, che esprime una
critica acerrima sulla proposta di “leva volontaria” annunciata da Guido
Crosetto.
L’idea del ministro è nota: istituire un servizio militare su base opzionale,
rivolto solo a chi sceglie di partecipare, con l’obiettivo di creare una riserva
ausiliaria dello Stato da schierare in caso di crisi — guerre ibride,
cyber-attacchi, calamità naturali, emergenze. Il modello guarda alla Francia e
alla Germania; i numeri in discussione prevedono una partenza con almeno 10mila
volontari, per salire a 30-35mila nel medio periodo e potenzialmente a 50mila
entro il 2035. Anche la durata sarebbe flessibile, inferiore all’anno, e
potrebbe includere figure civili con competenze tecniche avanzate.
Ma per Montanari la questione va oltre gli aspetti organizzativi: “Credo che
questo governo, e non solo il nostro, stiano facendo di tutto per preparare
l’opinione pubblica l’idea che la guerra è normale e che è inevitabile. Questo è
un enorme errore che rischia di portarci alla guerra davvero. La nostra
Costituzione dice che l’Italia ripudia la guerra, e non è un discorso per anime
belle, chi l’ha scritto sapeva perfettamente che la guerra fa parte della vita,
l’avevano fatta la guerra. Io – continua – temo che uno dei problemi è che la
classe politica di oggi la guerra non l’ha fatta, non sa che cos’è. Erasmo da
Rotterdam diceva “Dulce bellum inexpertis”, cioè la guerra sembra dolce a chi
non sa che cos’è. E la nostra Costituzione ci dice di investire denaro,
comunicazione, diplomazia, per estirpare l’idea che la guerra possa essere la
soluzione”.
La critica si intreccia con le ultime mosse dell’industria della difesa.
Leonardo, il grande gruppo italiano dell’aerospazio, ha presentato in questi
giorni un nuovo sistema antimissile battezzato “Cupola di Michelangelo”, o
Michelangelo Dome: un apparato integrato che richiama simbolicamente la cupola
michelangiolesca di San Pietro e tecnicamente l’Iron Dome israeliano.
Montanari commenta: “La Leonardo chiama il nostro sistema di difesa che
bisognerà costruire la cupola di Michelangelo, la Leonardo che fa la cupola di
Michelangelo. Da storico dell’arte ho un senso di nausea“.
Lilli Gruber ricorda che, secondo Crosetto, il nuovo sistema richiederà
investimenti per 4,4 miliardi di euro nei prossimi anni. Il rettore rilancia:
“Intanto vorrei capire se il Papa, proprietario della cupola di Michelangelo, di
San Pietro, che ha parlato di una pace disarmata e disarmante, sia proprio
contento di quest’uso. Però tutto questo ci dice qualcosa: il generale di De
Gregori dice che la guerra è bella anche se fa male. Il messaggio che ci mandano
è questo: dobbiamo militarizzarci. Ha detto anche che l’università deve far
parte di un sistema che prepara la guerra. No, l’università prepara la pace.”
Montanari mette in dubbio anche l’efficacia della leva volontaria come strumento
di difesa nelle guerre ibride: “Ora, il punto è questo: cosa veramente vogliamo?
La deterrenza militare serve se siamo disposti a farla la guerra. E chi la farà
la guerra? L’ammiraglio Cavo Dragone dice che possiamo scagliare degli attacchi
preventivi, cioè il responsabile della struttura militare della Nato: degli
attacchi preventivi che però si possono considerare difensivi.
E conclude: “Anche questo vorrei capire: se è la guerra ibrida, ci servono
10.000 soldati di leva, che non avranno nessun ruolo nella difesa cibernetica
evidentemente? Cioè, c’è in realtà da un punto di vista culturale il tentativo
di far passare l’idea che la guerra non abbia alternative. Ma quando succede
questo, alla fine la guerra si fa davvero, la storia dice questo.”
L'articolo Montanari a La7: “La leva volontaria prepara l’opinione pubblica
all’idea che la guerra sia normale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Secondo me fanno un errore, non è con sistemi di censura che si combattono le
idee, per quanto pericolose siano.” Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo
(La7) dal filosofo Massimo Cacciari, a proposito delle polemiche relative alla
fiera della piccola e media editoria, Più libri più liberi, che oggi apre i
battenti in un clima di tensione per la presenza, tra gli editori ammessi, di
Passaggio al Bosco, sigla fiorentina nata nell’orbita della “Destra
identitaria”.
Contro la partecipazione della casa editrice si sono mobilitati storici,
associazioni antifasciste e centinaia di scrittori, che nella lettera aperta del
2 dicembre parlano di un “pantheon nazifascista e antisemita” e chiedono all’AIE
di revocare l’ammissione, evocando il precedente Altaforte del 2019.
Nel dibattito interviene Cacciari, rovesciando il punto di vista. Per il
filosofo, concentrare l’attenzione sull’espositore controverso significa
ignorare il terreno su cui si alimentano i fenomeni neofascisti: “La battaglia
politica-culturale contro i fenomeni fascisti la fai nella scuola, studiando,
all’università, discutendo, dialogando, la fai con una politica seria. Se
crescono le forze di destra, anche fasciste, in Europa, non è colpa di una casa
editrice che esponga o non esponga i suoi libri, è colpa di una cattiva, pessima
politica europea“.
Quando Lilli Gruber commenta contrariata (“Non so, l’Europa cosa c’entra?”),
Cacciari ribadisce: “Certo, la cattiva politica europea. Se ci fosse stata una
seria politica europea, non ci sarebbe l’alleanza per la Germania, non ci
sarebbe la Le Pen. Mussolini per caso è stato portato con le armate e dai
marziani oppure è stato portato dalla cattiva politica precedente, da errori
fatti da socialisti, da comunisti, da liberali? Che cos’è che produce il
fascismo e il nazismo? Si autoproducono?“.
Di fronte all’obiezione della conduttrice (“Questa casa editrice pubblica
Mussolini”), Cacciari replica: “Mussolini è sempre stato pubblicato, anche il
Mein Kampf. Sono sempre state le case editrici che hanno pubblicato alcuni testi
canonici del fascismo, con altri, magari sotto mentite spoglie.”
E aggiunge: “Certo, la prospettiva politica è quella, ma sono libri che si sono
sempre trovati, case editrici che le hanno sempre pubblicate.”
La sua posizione insiste sull’inefficacia concreta dei divieti: “Fatto sta che
questi libri si sono sempre trovati, che differenza fa nella sostanza che si
trovino in una libreria o che si trovino al festival più libri, più liberi? Che
differenza fa? Nessuna. Perché questi testi si trovano in tutta Europa,
dappertutto, in tutte le librerie, o se no le ordini. Su Amazon le ordini,
tutti. Anche i peggiori, tutti.”
E conclude: “Cosa vuoi che conti nel mondo attuale la censura? Cosa vuoi che
fermi la censura? È solo cultura, scuola, educazione che può servire a
qualcosa.”
L'articolo Cacciari a La7: “Se crescono le destre è colpa della pessima politica
europea, non di libri esposti a una fiera” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Atreju? Io ho dato la ia disponibilità, Schlein no. Abbiamo perso un’occasione,
perché perché insieme avremmo avuto la possibilità di sostituirci anche a quelle
conferenze stampa che Giorgia Meloni non vuole fare e l’avremmo potuta incalzare
per rispondere ai dati reali a cui lei non risponde”. Sono le parole pronunciate
a Dimartedì (La7) dal presidente del M5s Giuseppe Conte, a proposito del rifiuto
da parte della segretaria del Pd Elly Schlein ad Atreju, la tradizionale
kermesse organizzata da Fratelli d’Italia.
Conte parteciperà il 13 dicembre e non avrà un faccia a faccia con la presidente
del Consiglio, ma verrà intervistato dal giornalista Paolo Del Debbio. Elly
Schlein, invece, pur invitata, non andrà perché ha posto come condizione un
confronto diretto solo con Meloni. La premier ha accettato, ma ha proposto di
includere anche Conte (per rappresentare l’intera opposizione). Schlein ha
declinato, accusando Meloni di “scappare dal confronto” dopo le recenti vittorie
del centrosinistra alle regionali.
Alla domanda del conduttore Giovanni Floris su cosa invidia di Giorgia Meloni,
Conte risponde fermamente: “Le invidio un buon 80% dei media a suo favore.
Quando ero a Chigi eravamo continuamente sotto attacco. Adesso invece abbiamo un
presidente del Consiglio che addirittura si vanta con Trump di potersi sottrarre
al confronto con i giornalisti, con le conferenze stampa. E di avere tantissimi
trombettieri che vanno dappertutto a raccontare la favola che va tutto bene,
quella che arriva da Chigi”.
L'articolo Conte a La7: “Il no di Schlein ad Atreju? Occasione persa, insieme
avremmo potuto incalzare Meloni sui dati reali che evita di affrontare” proviene
da Il Fatto Quotidiano.
Il nuovo vertice tra Vladimir Putin e gli emissari americani Steve Witkoff e
Jared Kushner, protagonisti dell’iniziativa diplomatica dell’amministrazione
Trump per tentare di chiudere la guerra in Ucraina, irrompe nel dibattito di
Otto e mezzo (La7) e accende un confronto teso tra la conduttrice Lilli Gruber e
il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. In studio anche Pier Luigi
Bersani, che apre la discussione con una critica diretta all’Unione Europea.
L’ex segretario del Pd punta il dito contro Bruxelles per la mancanza di un
canale stabile con Mosca e per la scelta del riarmo, ma avverte contro derive
giustificazioniste: “Se l’Europa ha dei torti non vuol dire che Putin ha
ragione. Qua in Italia si sentono dei ragionamenti abbastanza strani, tipo che
siccome in Ucraina è venuta fuori una corruzione, allora bisogna lasciare
l’Ucraina al suo destino”.
Gruber rilancia: “In Ucraina è venuto fuori lo scandalo corruzione, in Russia
non potrebbe mai succedere.”
Travaglio replica immediatamente: “Veramente sono stati arrestati 150 in Russia
per corruzione negli ultimi anni.”
La conduttrice ribatte: “Sì, ma diciamo non c’è una democrazia, invece un
pochino c’è in Ucraina.”
Il direttore del Fatto risponde: “Ma la differenza fondamentale è che lì si
rubano soldi nostri, mentre in Russia rubano soldi loro, questo è il problema,
dopodiché è ovvio che non si possono tagliare i fondi solo perché li rubano,
però forse bisognerebbe tracciarli. Quando si aprirà il tema di dove sono finite
le armi ne vedremo delle belle.”
Bersani riprende la parola per allargare il ragionamento al nuovo attivismo
diplomatico statunitense e al peso geopolitico del vertice in Russia: “Basta
leggere cosa dicono i Maga negli Stati Uniti e Trump e basta sentire Putin per
sapere che l’unica cosa su cui sicuramente sono d’accordo è vedere se riescono a
sfasciare l’Europa, noi dobbiamo stare un attimo avvertiti su questo punto.”
Gruber gli fa eco e gira la domanda a Travaglio: “Ma siamo abbastanza avvertiti,
Marco Travaglio?”
Il direttore del Fatto smonta la premessa: “Ma l’Europa è già sfasciata.”
La conduttrice contrattacca: “No, l’Europa non è sfasciata.”
Travaglio rincara: “Sì, totalmente. Ci sono 3 o 4 posizioni in Europa.”
Gruber dissente: “Scusami, io lo so che hai una tua posizione, però siccome io
sono una europeista senza speranze, continuo ad avere speranza.”
“Sì, ma tu hai chiesto un mio parere e quindi te lo dico – risponde Travaglio –
L’Europa è completamente sfasciata. Tu pensa soltanto al fatto che quando
abbiamo subito il più grave attentato a un’infrastruttura europea dal
dopoguerra, e cioè l’attacco ai gasdotti Nord Stream, fatto dagli ucraini per
farlo ricadere sui russi, la magistratura tedesca ha chiesto l’arresto di quelli
che avevano fatto quell’attentato: uno l’hanno arrestato in Polonia, l’altro
l’abbiamo arrestato in Italia.”
La conduttrice interrompe Travaglio: “Sì, ma sono buone ragioni per assecondare
il disegno di Trump adesso? Adesso non è che facciamo…”
“Mi fai finire, per favore? – replica il direttore del Fatto – Per dirti quanto
è unita l’Europa”.
Gruner replica: “No, ma l’hai detto tante volte.”
Travaglio spiega: “La Polonia ha rifiutato di estradare l’attentatore del Nord
Stream, dicendo che il problema è averlo costruito il gasdotto, on averlo
sabotato. L’Italia ha restituito ai giudici tedeschi l’attentatore che avevamo
arrestato noi e la Germania, che è la principale vittima di quell’attentato,
continua a mandare i soldi a un paese che ha mandato degli incursori a fargli
saltare il gasdotto. Cioè – chiosa – quale dimostrazione più plastica del fatto
che esistono varie Europe? Perché si riuniscono i volenterosi con gli inglesi
che sono usciti dall’Europa? Perché in Europa non c’è una posizione comune, ce
ne sono tre o quattro“.
L'articolo Botta e risposta tra Travaglio e Gruber. “L’Europa è già sfasciata
totalmente”. “Non è affatto vero” proviene da Il Fatto Quotidiano.