Volkswagen ferma la produzione di auto a Dresda da martedì 16 dicembre: lo
stabilimento interromperà l’assemblaggio di veicoli elettrici rappresentando la
prima chiusura di una fabbrica in Germania in 88 anni di storia. Lo stop arriva
in un momento particolare per Volkswagen, il più grande produttore
automobilistico europeo: la casa costruttrice è sotto il fuoco incrociato della
debolezza delle vendite in Europa, dei dazi Usa che pesano sulle vendite negli
Stati Uniti e dell’arrivo sul mercato continentale dei veicoli elettrici cinesi.
Dal 2002, quando venne inaugurato, fino a oggi la fabbrica ha assemblato 200mila
veicoli. Da sempre è stato lo stabilimento dedicato alle produzioni di alta
gamma. Per anni a Desdra è stata sfornata la VW Phaeton. La produzione di questo
modello era cessato nel 2016 e da quel momento era arrivata l’assegnazione della
ID.3 a batteria, modello simbolo degli sforzi di Volkswagen per
l’elettrificazione.
La direzione aziendale ha trovato un’intesa con le rappresentanze sindacali per
implementare misure di sostegno per i circa 250 lavoratori impiegati nella
“fabbrica di vetro” di Dresda. Chi accetterà il trasferimento in altri siti del
gruppo riceverà un incentivo economico di 30.000 euro: un “assegno” pensato per
mitigare le conseguenze sociali della chiusura, assicurando ai dipendenti e alle
loro famiglie un passaggio meno traumatico nella nuova destinazione.
La casa tedesca non abbandonerà completamente la fabbrica, ma trasformerà l’area
in un polo di ricerca e sviluppo in collaborazione con il Politecnico di Dresda.
Il centro si concentrerà su tecnologie all’avanguardia come intelligenza
artificiale, robotica e semiconduttori, grazie a un investimento di 50 milioni
di euro su sette anni. Come noto, Volkswagen ha deciso di ridurre il proprio
piano di investimenti quinquennale da 180 a 160 miliardi di euro, con
l’obiettivo di migliorare il flusso di cassa per il 2025.
L'articolo Volkswagen chiude una fabbrica in Germania per la prima volta in 88
anni proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Germania
Cinque uomini sono stati arrestati in Germania perché pianificavano un attentato
di matrice islamista al mercatino di Natale di Dingolfing, una cittadina di
circa 21mila abitanti della Bassa Baviera, in Germania. A renderlo noto è la
Procura di Monaco. Secondo l’agenzia di stampa Dpa l’attentato doveva essere
realizzato con un’automobile. Per quattro di loro è stato disposto il fermo,
mentre è ancora da chiarire la posizione del quinto, che sarebbe comunque in
custodia cautelare.
Il quotidiano tedesco Bild riferisce che le autorità della Germania sarebbero
state allertate da servizi segreti di un altro paese. Gli arrestati sono un
egiziano di 56 anni, un siriano di 37 anni e tre marocchini di 22, 28 e 30 anni.
Attualmente si procede con l’ipotesi di un movente islamista. Secondo quanto
riportato da diversi quotidiani tedeschi, l’uomo di 56 anni avrebbe convinto gli
altri a fare l’attentato nella zona di Dingolfing-Landau “per uccidere o ferire
il maggior numero possibile di persone”, ha dichiarato la procura. Attentato che
sarebbe stato compiuto dai tre uomini di 22, 28 e 30 anni. Il siriano di 37 anni
li avrebbe invece incitati e incoraggiati.
Le autorità tedesche sono in stato di massima allerta per possibili attacchi ai
mercatini di Natale dopo che lo scorso anno un attacco con un’auto lanciata
contro la folla nella città di Magdeburgo ha causato 6 morti e centinaia di
feriti.
L'articolo “In auto sulla folla ai mercatini di Natale”: sventato attentato in
Germania, cinque arresti proviene da Il Fatto Quotidiano.
Lo scorso anno un attacco informatico al controllo del traffico aereo a opera
del collettivo di hacker APT28 e del GRU, l’agenzia di intelligence militare.
Che a febbraio, poi, avrebbe tentato di influenzare le elezioni federali
attraverso una campagna chiamata “Storm 1516”. Sono le due accuse mosse alla
Russia dal Bundesregierung, il governo federale tedesco, che ha annunciato la
convocazione di Sergei Netchajew, l’ambasciatore di Mosca a Berlino. Il
portavoce del ministero, Martin Giese, ha dichiarato che l’attacco informatico
contro la Deutsche Flugsicherung (l’ente che monitora la sicurezza dei voli)
avvenuto nell’agosto 2024 è stato identificato e attribuito con chiarezza
all’hacker collettivo noto come “Fancy Bear” e riconducibile al servizio segreto
militare. “Le prove raccolte dai nostri servizi di intelligence – ha detto Giese
– mostrano che il GRU è responsabile di questo attacco”.
Nel pieno delle trattative per il cessate il fuoco in Ucraina e delle trattative
in seno all’Ue per l’utilizzo degli asset russi congelati in Europa per
continuare a finanziare la difesa di Kiev, Berlino punta il dito contro Mosca e
collega il cyberattacco alla Flugsicherung alle più ampie attività di guerra
ibrida da tempo attribuite alla Russia. Già in passato APT28 e GRU sono stati
ricollegati a intrusioni informatiche globali, tra cui quelle avvenute durante
le elezioni americane del 2016, quando furono accusati di aver aiutato il
presidente degli Stati Uniti Donald Trump facendo trapelare le email del Partito
Democratico.
Per Giese il gruppo hacker e l’intelligence militare di Mosca non sono autori di
episodi isolati, ma di una serie di operazioni che includono spionaggio,
cyberattacchi, sabotaggi e campagne di disinformazione volte a danneggiare la
sicurezza tedesca e la fiducia nelle istituzioni democratiche. Il governo ha
affermato inoltre che la campagna di influenza “Storm 1516” è parte di un
tentativo concertato di interferire e destabilizzare la politica interna
tedesca, incluse le elezioni federali anticipate del 23 febbraio 2025.
“L’analisi effettuata dai nostri servizi – ha detto il portavoce – mostra che la
campagna diffonde ricerche pseudo-investigative generate artificialmente,
sequenze di immagini deepfake, siti web pseudo-giornalistici e testimonianze
inventate su varie piattaforme” utilizzati “per creare sfiducia e divisione
sociale”.
Le informazioni raccolte dalle agenzie di sicurezza indicano che l’operazione
“Storm 1516” ha preso di mira specificamente figure della politica tedesca, tra
cui il candidato di spicco dei Verdi, Robert Habeck, e il futuro cancelliere
candidato della Unione Cristiano-Democratica, Friedrich Merz, attaccandoli con
contenuti falsi e campagne mirate sui social media. Due giorni prima delle
elezioni, le autorità avevano già segnalato la diffusione di video falsi che
avevano lo scopo di suggerire manipolazioni nei risultati delle urne, come parte
di un’operazione di disinformazione più ampia. Per Giese le attività russe non
si limitano alla guerra in Ucraina, ma includono tentativi di minare la coesione
sociale e la fiducia nelle istituzioni democratiche in Germania e in Europa.
Berlino ha annunciato che misure di ritorsione e contromisure verranno adottate
in coordinamento con i partner europei e della Nato. “Il governo tedesco – ha
concluso il portavoce – condanna con la massima fermezza i ripetuti e
inaccettabili attacchi da parte di attori russi controllati dallo Stato.”
L'articolo Attacchi hacker al traffico aereo e interferenze nelle elezioni
federali del 2025, le accuse di Berlino: “Sono opera del servizio segreto
militare di Mosca” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Secondo quanto riportato da Bild, il governo tedesco sta prendendo in
considerazione la possibilità di trasferire alcuni migranti irregolari in centri
di accoglienza e rimpatrio situati fuori dall’Unione europea, dopo che lunedì i
ministri dell’Interno dei Paesi membri hanno approvato la posizione del
Consiglio Ue per il negoziato col Parlamento sui Paesi sicuri e sul nuovo
regolamento rimpatri. L’iter è ancora lungo e parecchi sono i nodi da
sciogliere, anche sui cosiddetti “return hub”, centri di transito dove
trasferire gli irregolari che non si riescono a rimpatriare nel loro paese
d’origine. Ma proprio su questo punto alcuni si portano avanti.
Berlino avrebbe già individuato i primi possibili Paesi partner, riferisce il
quotidiano: Tunisia e Uganda. Una terza opzione considerata a livello
esplorativo sarebbe un centro in Medio Oriente, ma al momento l’attenzione si
concentrerebbe sull’Africa. Secondo Bild, la Germania starebbe valutando una
collaborazione con l’Olanda nell’ambito del cosiddetto “modello Uganda”, dove
Amsterdam pianifica una struttura destinata principalmente ai migranti
provenienti dall’Africa subsahariana. Per altre aree del mondo, riporta ancora
Bild, il governo tedesco starebbe inoltre valutando ulteriori opzioni insieme ad
altri Paesi Ue. Tra le ipotesi citate figurerebbe anche la regione curda nel
nord dell’Iraq. Questo perché il Kurdistan iracheno sarebbe ritenuto un’area
stabile sul piano politico ed economico e dunque potenziale destinazione per
migranti provenienti da Iraq e Afghanistan.
Una portavoce del ministero degli Interni tedesco, interpellata il 9 dicembre da
LaPresse, ha sottolineato che “durante i colloqui i ministri Ue hanno rilevato
un interesse comune nello sviluppo di soluzioni innovative per la cooperazione
con Paesi terzi, al fine di ridurre la migrazione irregolare”, discutendo anche
la possibilità di attuarle “in un gruppo di Stati membri”. Berlino, ha aggiunto,
“sta attualmente lavorando insieme a livello europeo sulle basi giuridiche
necessarie nell’ambito del nuovo regolamento sui rimpatri”. Basi giuridiche che
saranno al centro del dibattito col Parlamento Ue, dove non mancano perplessità
anche sul nuovo concetto di Paese terzo sicuro proposto dalla Commissione e
accolto dal Consiglio. La novità consentirebbe infatti di dichiarare
inammissibili le domande di richiedenti transitati da Paesi terzi designati come
sicuri, ma basterebbe anche un accordo tra il Paese e uno Stato membro a far
scattare i trasferimenti dei richiedenti e delle loro domande.
A quanto risulta al Fatto, ad oggi il governo italiano non starebbe ancora
lavorando a opzioni diverse dal progetto in Albania, certo che i regolamenti già
approvati col nuovo Patto europeo su migrazione e asilo, operativo il prossimo
giugno, ma anche i dossier sui quali è in corso il negoziato Ue, sbloccheranno
il protocollo azzoppato dalla normativa vigente, come sancito dalla Corte di
giustizia europea lo scorso agosto nella sentenza che dà ragione ai giudici
italiani. Ma non è detto che le iniziative degli altri Paesi Ue non potranno
riguardarci in futuro, soprattutto se si parla di Tunisia. Che intanto, spiegano
le fonti governative citate da Bild, rivestirebbe un ruolo chiave per Berlino.
Il Paese è considerato il partner più affidabile del Maghreb e potrebbe
accogliere migranti provenienti da Stati nordafricani come Algeria, Marocco e
Tunisia stessa. Un interesse che, dicono le stesse fonti, ha a che fare coi
tassi di criminalità. Secondo i dati dell’Ufficio federale di polizia criminale,
nel 2024 quasi un terzo dei migranti sospettati di reati provenienti dal Maghreb
risulta plurirecidivo, col reato principale rappresentato dai furti.
Ma la Tunisia continua a dire di non volersi prestare. A novembre il ministro
degli Esteri tunisino Mohamed Ali Nafti ha ribadito che la Tunisia ha “ribadito
ai suoi partner europei che non diventerà una zona di transito, di insediamento
o di sbarco per migranti”. Il 27 novembre 2025, il Parlamento europeo ha
adottato una risoluzione urgente in cui esprime grave preoccupazione per il
deterioramento dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali in Tunisia.
Sempre a novembre, Amnesty International ha pubblicato un’indagine che rileva
come negli ultimi tre anni le politiche migratorie tunisine hanno ignorato
sicurezza, dignità e vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Tra espulsioni
che violano il principio di non respingimento, torture, maltrattamenti e
violenze sessuali, dice il rapporto, “la Tunisia non è quindi né un luogo sicuro
per lo sbarco né un ‘paese terzo sicuro’ per il trasferimento dei richiedenti
asilo”. Intanto però la Commissione di Ursula von der Leyen ha inserito la
Tunisia nella proposta della sua lista di Paesi d’origine sicuri per applicare
ai tunisini l’esame sommario delle domande d’asilo, le cosiddette procedure
accelerate che rendono più facile respingere la richiesta di protezione.
L'articolo Migranti, la Germania pensa di portarli in Uganda e Kurdistan
iracheno. Ma anche nella “sicura” Tunisia proviene da Il Fatto Quotidiano.
Almeno duecentomila litri di petrolio sono fuoriusciti da un oleodotto in
Germania, nella regione del Brandeburgo, a causa di una piccola perdita in una
stazione di pompaggio vicino a Gramzow, capoluogo del circondario dell’Uckermark
(terra di origine dell’ex cancelliera Angela Merkel). La stima è dei Vigili del
fuoco di Schwedt (la maggiore città dell’Uckermark), presenti sul posto con un
centinaio di uomini. Per rimuovere il greggio – che si sta accumulando sul
terreno – vengono utilizzati speciali autospurghi: si prevede che l’operazione
durerà diverse ore. “Al momento non è possibile fornire informazioni sulla causa
e sull’entità esatta dei danni”, ha riferito il portavoce del ministero
dell’Ambiente del Brandeburgo.
L’infrastruttura, che collega il porto baltico di Rostock a Schwedt, è di
proprietà della raffineria Pck, controllata tedesca del colosso russo Rosneft,
gestita sotto la supervisione del governo di Berlino a partire dal settembre
2022. La polizia tedesca non considera al momento l’incidente come frutto di un
attacco esterno. Secondo quanto riferito, l’incidente si è verificato mercoledì
pomeriggio, mentre erano in corso lavori di costruzione presso l’oleodotto: due
operai sono stati colpiti dal potente getto di petrolio, che ha raggiunto
un’altezza di 25 metri. Il greggio ha continuato a fuoriuscire per diverse ore
fino a sera, seppur in quantità minori.
L'articolo Germania, incidente a un oleodotto: “Fuoriusciti 200mila litri di
petrolio” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Sono state sepolte in gran segreto, senza pubblico né cerimonie ufficiali, e
soprattutto di nuovo unite alla loro mamma. Alice ed Ellen Kessler, icone
assolute dello spettacolo europeo, riposano ora una accanto all’altra nel
cimitero di Grünwald, vicino a Monaco di Baviera, dove avevano espresso il
desiderio di essere “riunite con la nostra amata mamma”. Lo riporta il
quotidiano tedesco Bild, che ha confermato come le urne delle artiste siano
state tumulate nel massimo riserbo, rispettando le loro volontà.
Le gemelle, 89 anni, sono morte il 17 novembre nella loro casa di Grünwald,
scegliendo il suicidio assistito. Una decisione condivisa e preparata da tempo,
in linea con una promessa che avevano sempre ribadito: rimanere unite anche
nella morte. Ellen lo aveva dichiarato apertamente già nell’aprile 2024: “Nel
trapasso vorremmo essere unite, ed è quello che abbiamo disposto nel
testamento”. Quelle parole oggi trovano compimento nella sepoltura congiunta,
senza alcuna cerimonia pubblica, così come avevano chiesto.
Secondo Bild, le due urne sono state deposte accanto a quella della madre Elsa,
figura centrale nelle loro vite. Era stata proprio lei a sostenere le figlie nel
loro percorso artistico e personale, segnato anche dalla sofferenza familiare:
il rapporto con il padre, che le sorelle non hanno mai esitato a definire “non
buono”, aveva spinto le Kessler a costruire un’esistenza fondata sulla libertà,
sulla reciproca solidarietà e su una forte autonomia personale.
L'articolo Le gemelle Kessler sono state seppellite in gran segreto: “Di nuovo
riunite con la nostra amata mamma” proviene da Il Fatto Quotidiano.
La Germania chiama i suoi giovani alle armi. Nel giorno della maxi protesta
degli studenti in 90 città tedesche contro la proposta dell’esecutivo di
Berlino, il Bundestag ha deciso di ignorare la voce della piazza e ha approvato,
con 323 voti a favore, 272 contrari e una astensione, la riforma della leva. La
nuova legge, tra le altre cose, mantiene il servizio militare volontario, ma
tutti i giovani di sesso maschile dovranno rispondere ai formulari dell’esercito
e sottoporsi alla visita di leva. L’obiettivo dichiarato è quello, in un
contesto di potenziamento del comparto della Difesa, di portare il numero dei
soldati attivi della Bundeswehr dagli attuali 183mila a 270mila entro il 2035. A
questi verranno affiancati anche 200mila riservisti.
COSA CAMBIA
Dal 2026, tutti gli uomini e le donne che hanno compiuto 18 anni riceveranno un
questionario che verrà compilato online e nel quale dovranno indicare se hanno
intenzione di arruolarsi o meno. Solo i giovani di sesso maschile saranno
obbligati a fornire una risposta, mentre le donne potranno scegliere se farlo o
meno. Si tratta di una platea di 680mila persone nate nel 2008. Dal 1 luglio
2027, inoltre, sarà introdotta la visita di leva per tutti gli uomini nati nello
stesso anno. Coloro che la Bundeswehr riterrà poi adatti, riceveranno una
proposta che potrà comunque essere rifiutata. Chi accetta rimarrà in servizio
per almeno sei mesi.
Diversi i cambiamenti all’attuale legge. Ad esempio, come detto, la questione
della platea femminile. La legge fino a oggi escludeva le donne da un potenziale
arruolamento. Per modificare queste disposizioni è necessaria una maggioranza di
due terzi nel Bundestag e nel Bundesrat, quindi i voti del Partito di Sinistra o
dell’AfD. Idealmente, secondo il ministro della Difesa Boris Pistorius, il test
di reclutamento (prova di attitudine fisica, psicologica e intellettuale) viene
superato in una sola giornata. La recluta viene quindi indirizzata alle unità
cui viene destinata che possono essere anche nel servizio civile o nei team
della Protezione civile. Entro la fine del 2026 saranno costruiti altri 24
centri di reclutamento, soprattutto nei centri urbani.
GLI OBIETTIVI
L’aspirazione del governo è quella di riuscire a far iscrivere almeno 20mila
giovani già dal prossimo anno, quasi il doppio dei 12mila all’anno attuali.
L’idea è quella che questo numero continui comunque ad aumentare negli anni:
23.000 nel 2027, 38.000 all’anno entro il 2030, circa un giovane su otto ogni
anno. In qualche modo lo Stato ha cercato di rendere la leva più attrattiva
aumentando lo stipendio dagli attuali 1.800 a 2.600 euro lordi. Dai 12 mesi di
servizio, si avrà inoltre diritto a un sussidio per la patente di guida (3.500
euro per le auto, 5.000 euro per i camion) e un ulteriore aumento di stipendio.
Il servizio dovrebbe anche poter essere svolto vicino a casa. Le reclute, oltre
a vitto e alloggio, avranno diritto anche a viaggi in treno gratis (in
uniforme).
L’OBBLIGATORIETÀ
Se gli obiettivi prefissati non dovessero essere raggiunti, però, non è esclusa
l’opzione del servizio militare obbligatorio che sarà deciso dal Bundestag. In
questo caso, il Parlamento dovrà prima riattivare il servizio militare
obbligatorio (sospeso nel 2011) e poi decidere una formula di sorteggio. Non
esiste al momento un servizio civile, che potrebbe però essere reintrodotto come
alternativa a quello militare se quest’ultimo diventasse obbligatorio, e non c’è
abbastanza spazio per tutti i soldati. Anche per questo, Pistorius sta avviando
la costruzione entro il 2031 di più di 270 nuove caserme per un costo di 3,5
miliardi di euro.
L'articolo La Germania approva la riforma della leva: domande di adesione
volontaria a maschi e femmine. Ma non è esclusa l’obbligatorietà proviene da Il
Fatto Quotidiano.
La riforma delle pensioni mette in difficoltà la maggioranza che sostiene il
governo tedesco guidato da Friedrich Merz. Il voto che approverà la legge,
previsto per venerdì al Bundestag, è incerto per un gruppo dissidente
all’interno della Cdu, il partito che esprime il cancelliere. Si tratta dei
“giovani democristiani” che hanno dichiarato che la riforma “non può essere
approvata”, lasciando comunque alla libertà di voto individuale. Si tratta di 18
deputati che all’inizio della legislatura non avevano superato i 35 anni. La
grande coalizione tra Cdu-Csu e Spd raccoglie 328 deputati, le opposizioni 302,
per arrivare alla maggioranza semplice dei 630 deputati occorrono 316 voti,
quindi l’approvazione della riforma è in bilico.
Per evitare che le pensioni vengano disaccoppiate da salari e stipendi, dal 2019
è in vigore un cosiddetto “limite di sicurezza” che garantisce che il livello
pensionistico non scenda al di sotto del 48% di quello dei salari. Il vincolo
scadrebbe alla fine del 2025, la riforma mira a prorogarne la validità fino al
2031. Nei calcoli della pensione, per uno dei genitori che hanno avuto figli
prima del 1992, prevede poi anche il riconoscimento di periodi dedicati alla
loro cura, fino a un massimo di tre anni.
Nell’accordo di coalizione stipulato in primavera i partiti hanno lasciato
aperta la questione di cosa sarebbe successo dopo il 2031, ma con la riforma
verrebbe di fatto perpetuato al 48% dei salari medi. Una soglia molto importante
per la Spd alla luce del fatto che circa il 52% degli anziani fa affidamento in
età avanzata esclusivamente sull’assicurazione pensionistica pubblica; nella ex
Germania orientale la percentuale si attesta intorno al 74%.
Per i giovani di Cdu-Csu però per garantire lo stesso livello delle pensioni
oltre il 2031, lo Stato dovrebbe versare fino a 120 miliardi di euro in più
delle proprie entrate fiscali, soldi che non potrebbe impiegare per altri scopi
a scapito della loro generazione.
Lo stesso Merz ha insistito a non procrastinare il voto. Il pacchetto di riforma
è strettamente legato ad altre misure del governo: la pensione di vecchiaia
anticipata, la pensione attiva e il rafforzamento delle pensioni aziendali. Per
blandire i dissensi il cancelliere ha proposto quindi di includere in una
dichiarazione allegata alla legge l’impegno a realizzare un’ulteriore riforma
radicale delle pensioni a partire dal 2032 e di coinvolgere i giovani della
Junge Union nella commissione preparatoria. Ma questi ultimi sono rimasti quasi
unanimemente rigidi nelle loro posizioni.
Il problema di fondo è comune a tutti i Paesi industrializzati, una riforma è
indispensabile: sono sempre più gli anziani che percepiscono la pensione, ma
sempre meno i giovani che versano contributi al sistema pensionistico e lo Stato
deve versare ogni anno molti miliardi alle casse mutua; al contempo, con la
pensione di vecchiaia molte persone riescono a malapena a sbarcare il lunario.
I partiti di governo hanno raggiunto un accordo per una riforma su diversi
punti, se uno viene rimesso in discussione, l’intero pacchetto, che è già un
compromesso, è rovinato e può aprirsi una frattura insanabile. Il giovane
democristiano Daniel Kölbl ne è cosciente ed ha affermato di aver “deciso di
approvare il pacchetto pensionistico, nonostante i dubbi” perché c’è “bisogno di
un governo funzionante”. I leader della Junge Union Johannes Winkel e Pascal
Reddig invece apparirebbero sempre inamovibili sul no alla legge, anche se non
lo avrebbero esplicitato martedì, allorché l’intero gruppo democristiano è stato
chiamato ad una votazione di prova a porte chiuse ed un confronto sulle
posizioni. Ne sarebbero emersi sempre fino ad una ventina di dissenzienti e una
manciata di astenuti: troppi. “Qui, all’interno della nostra cerchia, accetto
ogni voto contrario e ogni dubbio. Ma laggiù (nella plenaria al Bundestag)
abbiamo bisogno di una maggioranza politica stabile” avrebbe affermato Merz,
secondo la ricostruzione della tv Ard: “Qualsiasi altra soluzione ci porterà
alla rovina”. La dirigenza ha invitato gli avversari alla riforma a presentarsi
entro giovedì all’amministratore delegato parlamentare Steffen Bilger, per
coinvolgerli in una discussione personale. Alexander Schweitzer, vicepresidente
Spd e governatore della Renania-Palatinato rispondendo in un talk show della ZdF
ha dichiarato che se qualcosa va storto venerdì il “governo si trova ad
affrontare un problema enorme”.
Un aiuto insperato potrebbe giungere dalla Linke che avrebbe deciso di astenersi
e non votare contro. Senza l’opposizione dei 64 voti del partito di sinistra, la
maggioranza godrebbe di un insperato confortevole cuscinetto di 44 voti, perché
le astensioni non vengono computate nel conteggio della maggioranza semplice.
Spiega la capogruppo della Linke, Heidi Reichinnek, che il fatto che il governo
intenda almeno stabilizzare il livello delle pensioni al 48 percento è “davvero
il minimo assoluto”.
L'articolo Le pensioni mettono in bilico il governo Merz: i ribelli sono i
giovani della Cdu. Fiato sospeso per il voto al Bundestag proviene da Il Fatto
Quotidiano.
La nota catena di negozi Mediaworld, che si occupa della vendita al dettaglio di
prodotti di elettronica, diventa cinese. Il gruppo Jd ha, infatti, conquistato
l’85,2% dell’azienda tedesca Ceconomy, holding che controlla i negozi MediaMarkt
(in Italia Mediaworld) e Saturn. Circa il 60% arriva dall’Opa lanciata da Jd,
mentre il resto è frutto dell’accordo con Convergenta, la holding della famiglia
Kellerhals, che manterrà una quota del 25,35%. La notizia è stata resa nota
dalla stessa azienda con un comunicato.
A fine luglio il gruppo cinese aveva acquistato il 32% di Ceconomy. Jd è in Cina
il terzo gestore di commercio online. Il valore di questa precedente
transazione, secondo il quotidiano economico Handelsblatt, era di 2,2 miliardi
di euro. L’acquisizione di MediaMarkt e Saturn dà a JD.com l’accesso a uno dei
più grandi negozi online di prodotti elettronici in Europa e a una rete di circa
1.000 negozi in undici Paesi europei. Sempre a luglio era stato concordato che
per i successivi tre anni non ci saranno licenziamenti o chiusure di filiali
nell’ambito della transazione.
L’Autorità federale antitrust tedesca ha dato il proprio via libera a settembre,
poiché JD.com era finora “attiva in Germania solo in misura molto limitata“.
Tuttavia, secondo Ceconomy, la conclusione dell’offerta pubblica di acquisto è
ancora soggetta all’approvazione delle autorità competenti in materia di
commercio estero e all’approvazione ai sensi del regolamento Ue sulle
sovvenzioni estere. La conclusione è prevista quindi nella prima metà del 2026.
L'articolo Mediaworld diventa cinese: il gruppo di Pechino Jd acquisisce l’85,2%
della holding tedesca Ceconomy proviene da Il Fatto Quotidiano.
La nuova riforma dell’esercito nazionale tedesco annunciata dall’esecutivo non
piace agli studenti, che venerdì scenderanno in piazza in oltre 60 città del
Paese per manifestare la loro contrarietà. Il governo del compromesso tra Spd e
Cdu ha deciso di rendere “più attraente” il servizio militare volontario,
introducendo un questionario da compilare obbligatoriamente per i 18enni di
sesso maschile e l’eventualità di attivare la coercizione obbligatoria (forse su
estrazione casuale) se non si raggiungesse l’alto numero di volontari previsto,
previo voto parlamentare. Idea che sembra essere condivisa anche dal ministro
Crosetto e dal governo francese.
“Non vogliamo finire carne da cannone” hanno fatto sapere gli studenti in un
post Instagram. I giovani si ritroveranno in più di 60 città della repubblica
federale venerdì 5 dicembre. Coinvolte (tra le altre) Berlino, Bonn, Treviri,
Norimberga, Lipsia, Dresda e Monaco. Nel sito web della piattaforma Schulstreik
gegen Wehrpflicht i ragazzi fanno riferimento al diritto di vivere in pace e
citano l’articolo 4, comma 3 della Legge fondamentale che sancisce la libertà di
coscienza e nega la costrizione contro volontà al servizio militare. La
questione più spinosa riguarda la possibilità di cambiare la legge e rendere
obbligatorio il servizio. “Se non vuoi arruolarti nella Bundeswehr, non devi
farlo, almeno non adesso” era stata la dichiarazione del ministro della difesa
tedesco Pistorius alla Zdf, apparentemente distensiva ma con un retrogusto
inquietante.
Lo sciopero è sostenuto anche da partiti di sinistra come Die Linke e Bsw. Sul
sito web dell’organizzazione si legge “Notiziari, politici o talk show, tutti
parlano o discutono su come reintrodurre la leva militare ma nessuno ci parla e
ci chiede cosa vogliamo e cosa ne pensiamo. Ma siamo noi quelli colpiti! Ecco
perchè li costringiamo ad ascoltare”.
L'articolo Gli studenti tedeschi si mobilitano contro la leva “volontaria”:
venerdì scioperano in più di 60 città proviene da Il Fatto Quotidiano.