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Crosetto: “Leva volontaria? Abbiamo bisogno di avere una parte kombat sempre più ampia. E stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero”
Sulla leva volontaria il ministro della Difesa, Guido Crosetto, torna a parlare in Commissione Difesa al Senato e prova a chiarire. “Ero a Parigi e un giornalista francese mi fa una domanda parlando della riforma che ha fatto Macron e io uso il termine che lui – il giornalista – aveva usato nella domanda. Mi ritrovo tutti i giornali italiani a parlare di ‘leva volontaria’ senza che nessuno fosse interessato o ne conoscessi la genesi. Avendo visto il movimento che nasce sul commento di questa parola, mi sono detto: toh, non tutto il male viene per nuocere, perché almeno abbiamo innescato un dibattito”. Per Crosetto “vanno aumentate le forze armate, la loro qualità che non si trovano nelle forze armate, ma sul mercato”. Serviranno – spiega Crosetto – maggiori risorse “per implementare alcune specificità anche utilizzando dei civili”. “Riserva selezionata e meccanismi per attirare le persone, incentivi economici” le strategie da mettere in campo. Un altro tema, secondo Crosetto, è che c’è “bisogno di forze armate professionali che facciano le forze armate sempre di più anche perché stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero”. E fa un esempio. “A cosa servono i nostri in Niger? Servono a creare le condizioni per cui magari da quella zona mi arrivino 500mila persone in meno in Italia da gestire, quindi la nostra presenza in Africa sarà sempre maggiore se noi vogliamo andare alla fonte per prevenire cose da gestire solo quando arrivano alla fine”. E questo è un esempio che “implica l’aumento del numero delle forze armate”. Anche per questo, per quanto riguarda il progetto Strade Sicure, “l’ho detto più volte che andava lentamente riaffiorato alle forze di polizia”. Quindi “la cosiddetta leva obbligatoria, con adempio l’introduzione di carabinieri ausiliari, quindi di un’esperienza che non sia a vita, o per tre anni, ma anche meno vincolante di un anno, finita la quale uno può provare meccanismi per cui dopo un anno uno può rientrare nelle forze armate. Ma tutte queste cose sono diverse e sono i temi che io vorrei porre a gennaio-febbraio alla discussione del Parlamento”. L'articolo Crosetto: “Leva volontaria? Abbiamo bisogno di avere una parte kombat sempre più ampia. E stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Le armi all’Ucraina e il no della Lega, il decreto per il 2026 ora è in bilico: rischia di non andare in cdm
Il decreto era stato inserito martedì mattina all’ordine del giorno del pre consiglio dei ministri: proroga per tutto il 2026 degli aiuti militare all’Ucraina. Ma dopo ore di discussioni e liti interne alla maggioranza di governo, la norma ora è in forte bilico: secondo quanto risulta al Fatto, potrebbe non entrare nell’ordine del giorno e quindi non andare nel Consiglio dei ministri di giovedì. Il motivo sarebbero le rimostranze della Lega di Matteo Salvini che ancora martedì ha ribadito di voler chiedere all’Unione Europea di non mettere i bastoni tra le ruote nelle trattative di pace tra Ucraina, Stati Uniti e Russia. Nei giorni scorsi Salvini aveva anche ribadito di essere contrario a nuovi invii di armi per evitare di “alimentare la corruzione” a Kiev. Un’escalation comunicativa che ha messo in imbarazzo il governo. Un mistero che in queste ore sta provocando uno scontro nell’esecutivo di Giorgia Meloni. Martedì mattina il decreto che proroga gli aiuti all’Ucraina per tutto il 2026 è stato messo nell’ordine del giorno del pre-Consiglio dei ministri, cioè la riunione tecnica dei capi di gabinetto e capi legislativi dei ministeri che precede le riunioni del governo. Diversi dirigenti leghisti però hanno fatto sapere di non essere stati avvertiti del decreto e si sarebbe attivato lo stesso Salvini per evitare uno scontro in Consiglio dei ministri: se non c’è accordo meglio rinviare, sarebbe stato il senso dei suoi ragionamento. Il senatore leghista Claudio Borghi al Fatto spiega chiaramente che non voterà il decreto quando arriverà in Parlamento: “Ho detto l’anno scorso che quello sarebbe stato l’ultimo decreto di invio armi che avrei votato, vista la situazione le motivazioni che avevo espresso l’anno scorso non solo sono ancora valide ma sono rafforzate. Da allora l’Ucraina ha perso solo vite e territori e qualcuno ci ha guadagnato. Avevamo ragione su tutto”. Dall’altra parte il ministro della Difesa Guido Crosetto – che la scorsa settimana al Copasir per presentare il dodicesimo pacchetto aveva frenato sul nuovo decreto – ha deciso di accelerare pensando addirittura di fare le comunicazioni in aula sul provvedimento entro Natale e di convertirlo a inizio anno in Parlamento. Con ogni probabilità però alla fine il decreto non sarà approvato giovedì in Consiglio dei ministri. L'articolo Le armi all’Ucraina e il no della Lega, il decreto per il 2026 ora è in bilico: rischia di non andare in cdm proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Meloni contro l’Università di Bologna: “Inaccettabile negare un corso all’esercito. Lede i doveri costituzionali”
Giorgia Meloni attacca l’Università di Bologna, rea di aver respinto la richiesta di avviare un corso di laurea in filosofia per i giovani ufficiali. “Ritengo che la decisione assunta dal Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna di negare l’attivazione di un percorso di studi per i giovani ufficiali dell’Esercito Italiano sia un atto incomprensibile e gravemente sbagliato”, dice la premier. La capa del governo definisce quella dell’ateneo emiliano “non solo” come “una scelta inaccettabile”, ma anche “un gesto lesivo dei doveri costituzionali che fondano l’autonomia dell’Università”. L'articolo Meloni contro l’Università di Bologna: “Inaccettabile negare un corso all’esercito. Lede i doveri costituzionali” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Carri armati nella scuola a Udine: preside travolta dalle polemiche e interrogazione a Crosetto e Valditara
“Si comunica che in data due dicembre alcuni docenti della scuola secondaria di primo grado Ellero saranno interessati quali partecipanti nella simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero per condurre operazioni nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti Nato. Lo scopo del gruppo è creare processi di pace duraturi e sostenibili attraverso la mediazione e la negoziazione con le autorità locali e la popolazione civile. Il Cimic Group sarà presente con due automezzi nel cortile della scuola in momenti in cui gli studenti sono all’interno dell’edificio scolastico”. È la circolare inviata il 27 novembre ai docenti, al personale Ata e alle famiglie, dalla dirigente Sara Cuomo dell’Istituto Comprensivo V (più noto come media Ellero di Udine). Tradotto fuori dal “presidenzialese”, pare che un genitore abbia proposto questa iniziativa alla dirigente, che l’avrebbe vista come un’opportunità senza farla passare dal Consiglio d’Istituto e dal Collegio docenti. Il Cimic supporta la catena di comando a cui può essere assegnato durante un’operazione – da un Joint Headquarters (livello operativo) fino a un Comando Brigata (livello tattico) – con la missione di incrementare l’efficienza di un’operazione militare e di fungere da forum di consultazione e centro di competenze sulla cooperazione civile-militare. Un’iniziativa, dunque, che ha a che fare con l’Esercito, tanto che sarebbero previsti dei carri armati nel cortile. Immediata la reazione di Avs. La consigliera regionale Serena Pellegrino, contattata da Il Fatto Quotidiano.it, ha spiegato: “I docenti si sono trovati dall’oggi al domani una circolare sul registro senza alcuna delibera degli organi competenti. Molti professori che non si sono sentiti in linea con la scelta della preside ci hanno contattato e abbiamo deciso di presentare un’interrogazione parlamentare. In Italia, ormai, un genitore può portare mezzi militari nelle scuole, mentre c’è chi può vietare l’educazione sessuale”. Ora è pronta un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Istruzione Giuseppe Valditara e a quello della Difesa, Guido Crosetto: “Il fenomeno della militarizzazione delle scuole sta assumendo dimensioni sempre più ampie. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole già nei mesi scorsi ha segnalato un aumento di proposte didattiche e percorsi Pcto con il coinvolgimento delle forze armate. Chiediamo se il ministero sia a conoscenza dell’iniziativa organizzata dalla scuola ‘G. Ellero’ di Udine, se non intenda intervenire per evitarla e se non ritenga urgente emettere un provvedimento per delineare criteri e obiettivi di incontri con esterni nelle scuole”. A difendere l’iniziativa è invece Marco Dreosto della Lega: “Le polemiche sono incomprensibili e fuori luogo”. Nel frattempo la dirigente tenta di buttare acqua sul fuoco parlando su TV12 di una proposta fatta da un genitore: “Non capisco questo allarmismo sterile. Ricevere un genitore? Se un’istituzione mi vuole parlare, perché no? Poi non è detto che lo presenti agli organi collegiali”. Peccato per la circolare emanata giorni prima a sua firma. L'articolo Carri armati nella scuola a Udine: preside travolta dalle polemiche e interrogazione a Crosetto e Valditara proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L’esercito vuole studiare filosofia a Bologna. Ma l’ateneo dice no al corso per i giovani ufficiali, ecco perché
Meno Clausewitz e più Spinoza. O anche più Clausewitz e più Spinoza. La richiesta del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Carmine Masiello (nella foto con Giorgia Meloni) di avviare un corso di laurea in filosofia per i giovani ufficiali (una quindicina) è destinata a far discutere. Non perché ci sia niente di male nel tentare di allargare la propria visione e nutrire il pensiero critico, e la filosofia in questo è maestra, ma perché offre il fianco al quotidiano dibattito: è una richiesta genuina o è un altro modo di militarizzare l’università? Nel suo intervento agli Stati Generali della Ripartenza tenutisi in questi giorni a Bologna, Masiello ha raccontato di aver chiesto senza successo all’Alma Mater l’avvio di un CdL in filosofia apposito per i suoi pochi ufficiali. Il Capo dell’Esercito, pur non volendo “giudicare scelte che competono ad altre istituzioni”, legge il rifiuto dell’Ateneo come una specie di discriminazione. “Rappresento che un’istituzione come l’esercito non è stata ammessa all’Università”, dice il generale. “Non è una polemica ma una cosa che mi ha sorpreso e deluso. Questo è sintomatico dei tempi che viviamo e di quanta strada ancora c’è da percorrere, perché la nostra opinione pubblica, in generale, e i giovani, in particolare, capiscano qual è la funzione delle forze armate nel mondo che stiamo vivendo”. Rimbalzo di responsabilità per Giovanni Molari, rettore dell’Università di Bologna, che ha chiarito all’Ansa che è stata una “scelta autonoma di un Dipartimento, che ha preferito soprassedere e astenersi dal deliberare sul tema. Ricordo che le scelte didattiche, in questo caso l’attivazione di un curriculum dedicato, sono materia su cui l’iniziativa compete ai Dipartimenti” – ha aggiunto l’accademico – “Questo non esclude affatto ulteriori interlocuzioni e sviluppi. Siamo costantemente aperti al dialogo con tutte le realtà che riconoscono l’eccellenza formativa e scientifica del nostro ateneo”. Tra i primi a intervenire sulla questione gli studenti del collettivo universitario bolognese Cua, il Collettivo Universitario Autonomo, che insiste sulla militarizzazione delle università fortemente denunciata in questi mesi: “È l’ennesima riprova del fatto che i nostri atenei si stanno piegando sempre più alle logiche della guerra e del riarmo. Con un genocidio ancora in corso, non ci è possibile ignorare il fatto che le retoriche belliciste e gli accordi per la produzione di armi si sviluppano anche all’interno delle nostre università”. L'articolo L’esercito vuole studiare filosofia a Bologna. Ma l’ateneo dice no al corso per i giovani ufficiali, ecco perché proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Crosetto: “Reintrodurre la leva militare in Italia? Presenterò una bozza di disegno di legge, deciderà il Parlamento”
“Reintrodurre in Italia un nuovo servizio militare, come in Francia e in Germania? Se lo deciderà il Parlamento sì”. Parola del ministro della Difesa Guido Crosetto secondo il quale “va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi”. Crosetto pertanto vuole tornare a parlare di servizio militare. Mentre la Francia annuncia il ripristino di 10 mesi di leva e la Germania mette in campo una serie di novità per potenziare l’esercito (con l’obiettivo di diventare “il più forte in Europa entro il 2029”), in Italia è il ministro della Difesa a “scaldare le truppe”. Da Parigi – dove ieri ha incontrato la sua omologa francese, Catherine Vautrin – Crosetto spiega che “se la visione che noi abbiamo del futuro è una visione nella quale c’è minore sicurezza, una riflessione sul numero delle forze armate va fatta”. Per questo annuncia che proporrà, prima in Consiglio dei ministro e poi in Parlamento, “una bozza di disegno di legge da discutere che garantisca la difesa del Paese nei prossimi anni e che non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole”. Per Crosetto anche l’Italia deve muoversi a causa di un futuro che definisce “meno sicuro”: “Tutte le nazioni europee, mettono in discussione quei modelli che avevamo costruito 10-15 anni fa e tutti stanno pensando di aumentare il numero delle forze armate”. In passato, osserva, “abbiamo costruito negli anni scorsi modelli che riducevano il numero dei militari”. “Anche noi in Italia – ribadisce il ministro – dovremmo porci il tema di una riflessione che in qualche modo archivi le scelte fatte di riduzione dello strumento militare e in qualche modo porti a un suo aumento”. “Ognuno ha un suo approccio diverso, alcuni hanno addirittura ripristinato la leva”, spiega Crosetto. Per il ministro le scelte andranno prese in Parlamento: “Le regole nel settore della difesa – dice – devono essere il più condivise possibile e nascere proprio nel luogo di rappresentazione del popolo”. Per questa ragione “più che un decreto legge, penso a una traccia che il ministero della Difesa porterà in Parlamento perché venga discussa, aumentata e integrata e in qualche modo costruisca uno strumento di difesa per il futuro”. Anche il governo italiano, pertanto, intende potenziare il suo esercito. L'articolo Crosetto: “Reintrodurre la leva militare in Italia? Presenterò una bozza di disegno di legge, deciderà il Parlamento” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Francia, Macron ripristina il servizio militare su base volontaria: 10 mesi di leva ma solo “su territorio nazionale”
Dal 12 gennaio 2026 la Francia avvierà il servizio militare volontario: il presidente Emmanuel Macron, durante la presentazione dell’iniziativa avvenuta nella base della 27a Brigata di fanteria da montagna, a Varces (Isère), ha sottolineato che l’impegno sarà richiesto solo sul territorio nazionale. I dettagli si possono già trovare sul sito web dell’Armée: i candidati che supereranno la selezione riceveranno uno stipendio mensile di circa 800 euro lordi, esclusi i bonus, e beneficeranno di uno sconto del 75% sulle tariffe ferroviarie SNCF. Come avviene in questi casi, vitto e alloggio saranno a carico dell’esercito. La prima selezione avverrà su questi requisiti: cittadinanza francese, buone condizioni di salute, età compresa tra i 18 e i 25 anni. È inoltre necessario aver completato la giornata di servizio nazionale (Journée Défense et Citoyenneté): si tratta di una iniziativa che fu avviata in seguito alla sospensione nel 1997 del servizio nazionale militare obbligatorio. La Giornata di Preparazione alla Difesa (JAPD), è poi divenuta Giornata della Difesa e della Cittadinanza (JDC) nel 2011, obbligatoria per uomini e donne, dai 16 ai 25 anni. Macron ha definito lo sforzo economico per avviare il servizio militare volontario “essenziale”, e attingerà alla legge di programmazione militare 2026-2030, con un budget aggiuntivo di oltre due miliardi di euro. Il capo dell’Eliseo ha snocciolato questi numeri: “3.000 giovani saranno selezionati per svolgere il servizio nazionale nell’estate del 2026 e il numero dei partecipanti aumenterà gradualmente fino a raggiungere i 10.000 entro il 2030. La mia ambizione è raggiungere i 50.000 entro il 2035”. Il presidente francese ha anche tracciato uno schema futuro per la forza armata francese: “Questo nuovo modello si baserà su un nucleo: l’esercito attivo che conosciamo dalla fine degli anni ’90, rafforzato dai professionisti della riserva, il cui numero passerà da 45.000 a 80.000 nel 2030. Ma sarà anche completato da una forza proveniente dai giovani”. L’iniziativa si inquadra nel contesto storico che in Europa è mutato in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel febbraio 2022. La Francia, assieme a Germania e Regno Unito, è stata e continua a essere tra le nazioni che vogliono proseguire il sostegno a Kiev, contestando in alcune fasi le iniziative di un “piano di pace” americano promosso dal Donald Trump, giudicato sbilanciato in favore di Mosca. C’è poi la percezione che l’attacco della Russia abbia messo a nudo la fragilità del sistema di difesa europeo, troppo adagiato sul sostegno degli Stati Uniti alla Nato. Così, la Francia si muove sulla scia della Germania cercando di attrarre nuove reclute e ripristinando la leva volontaria; lo stesso obiettivo si pongono Polonia, Paesi Bassi, Romania e Bulgaria. Attualmente, le forze armate francesi contano circa 200.000 militari e 47.000 riservisti, che dovrebbero aumentare entro il 2030 a 210.000 e 80.000. Reazioni politiche: Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, il partito di destra la cui leadership resta legata a Marine Le Pen ha espresso sostegno, purchè il servizio sia su base volontaria. Patrick Kanner, presidente del gruppo socialista al Senato è più cauto ma apre alla possibilità come ha dichiarato domenica scorsa su France 3: “Credo in un esercito professionale. Ma se i giovani vogliono impegnarsi per la nazione, sono favorevole”. L'articolo Francia, Macron ripristina il servizio militare su base volontaria: 10 mesi di leva ma solo “su territorio nazionale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L’esercito tedesco ora punta sui droni d’attacco: “Abbiamo iniziato i test”. Spesa per la difesa da record: salirà a 108,2 miliardi di euro
Le forze armate tedesche si dotano di droni d’attacco e prevedono di schierare sei unità equipaggiate nei prossimi anni. “Abbiamo iniziato i test”, ha dichiarato l’ispettore dell’esercito, il tenente generale Christian Freuding, alla ARD. La prima batteria a medio raggio dovrebbe essere operativa entro il 2027, seguita da altre cinque entro il 2029. Sono in corso sperimentazioni per sistemi noti come “munizioni vaganti”, riporta l’emittente tedesca: droni d’attacco che possono volteggiare sopra il campo di battaglia per poi schiantarsi contro il nemico. Entro il 2029 è prevista la creazione di un’unità delle dimensioni di una compagnia dotata di sistemi d’arma a lungo raggio o -come precisa ARD – “Ground Based Deep Precision Strike”. Con l’approvazione del bilancio 2026, la spesa per la difesa della Germania salirà a 108,2 miliardi di euro il prossimo anno (21,85 miliardi in più rispetto al 2025), raggiungendo un nuovo record dalla fine della Guerra Fredda. Gli aumenti sono resi possibili solo dal fondo speciale per la Bundeswehr, pari a 100 miliardi di euro, deciso dal Bundestag nel 2022. Il tenente generale Christian Freuding ne ha parlato alla serata dell’Associazione di supporto dell’esercito con i membri del Parlamento. Navid Linnemann su defence-network.com ha riassunto il suo intervento: la propaganda russa, le operazioni di sabotaggio e i voli dei droni sul territorio della NATO dimostrano chiaramente che la Russia è in conflitto con l’Occidente. La Germania deve essere pronta al combattimento e capace di vincere. “Il fattore cruciale sarà sopraffare il nemico con una moltitudine di effetti coordinati in tutte le dimensioni, per poi sconfiggerlo con una guerra altamente dinamica”. Se questa strategia avrà successo, anche la superiorità quantitativa non sarà di alcuna utilità per il potenziale nemico. Freuding ha formulato quindi sei principi guida per gli acquisti indirizzati a modernizzare l’esercito tedesco. L’alta tecnologia rimane essenziale, ma per essere pronta al combattimento dev’essere robusta, disponibile in grandi quantità e rapidamente sostituibile. Occorre sviluppare fin dal progetto sistemi in collaborazione con i soldati perché siano affidabili e intuitivi, impiegando un’architettura aperta e standardizzata ampiamente applicabile. L’industria deve garantire affidabilità assoluta in termini di tempi di consegna e qualità; i ritardi comportano una perdita di reale capacità operativa. Per ovviarvi le lacune debbono poter essere colmate immediatamente, se necessario anche attraverso sistemi esteri collaudati. Deve subentrare una nuova logica economica: produzione di massa, scalabilità, catene di fornitura solide e gestione coerente del ciclo di vita come base per la sostenibilità e la redditività finanziaria. Il campo di battaglia del futuro sarà interconnesso e basato sui dati, asimmetrico, e influenzato dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale, ha spiegato il tenente generale. I dati diventeranno una risorsa centrale, “virtualmente le munizioni della guerra”. Il campo di battaglia del futuro sarà definito da scudi difensivi concorrenti. L’obiettivo sarà quello di mantenere permanentemente il proprio scudo, penetrando contemporaneamente quello nemico. Freuding ha espresso perciò insoddisfazione per l’avanzamento del progetto di comunicazioni digitalizzate tra i mezzi di combattimento. Un progetto “decisivo per la guerra” ha dichiarato a Deutschlandfunk, alla luce dello sviluppo delle capacità russe nella guerra elettronica di intercettazione, disturbo, o reimpiego dei dati delle comunicazioni avversarie per contrattacchi, emersi nella guerra contro l’Ucraina. I ritardi hanno “ripercussioni significative sulla prontezza operativa delle nostre unità e formazioni” avrebbe ancora commentato. Nonostante gli impegni il nuovo sistema radio digitale per le forze armate costato 20 miliardi di euro presenta infatti gravi problemi di installazione nei diversi veicoli e il software non funziona ancora correttamente. Sono stati chiamati consulenti esterni con costi aggiuntivi per 156 milioni di euro. La divisione 2025 di pronto intervento NATO non avrà però il nuovo sistema, secondo quanto riportato da ARD e confermato dal generale Freuding a Deutschlandfunk, fino alla fine del 2027. Per ognuno dei circa 200 veicoli e infatti necessario sviluppare un progetto specifico per integrare i modelli; uno sforzo che era stato sottovalutato anche dall’industria ha spiegato il tenente generale Michael Vetter, capodipartimento innovazioni e cyber, a Deutschlandfunk. I problemi con il software che avevano causato in una prima fase di prova comunicazioni sfasate sarebbero stati risolti, ma permarrebbero ancora per la trasmissione sul campo di dati, come cartografie. Si è molto lontani da un sistema di comunicazioni digitali idoneo all’impiego ha criticato Niklas Wagener, esperto di difesa dei Verdi, in un’intervista al RedaktionsNetzwerk Deutschland: allo stato non ci sarebbe una connessione wireless stabile con oltre venti partecipanti e si sarebbe quindi ben lontani dalla digitalizzazione di un’intera brigata. Se non ci saranno altri imprevisti ad ogni modo, la prossima settimana il Bundestag approverà la legge sul nuovo servizio militare. Il piano prevede la chiamata dei diciottenni a partire dal 2027, con l’obiettivo di attrarre un numero sufficiente di volontari a paga mensile lorda di 2.600 euro, con indennità per i coscritti di lunga data, bonus per la patente di guida e una formazione di alta qualità. Dopo le elezioni federali del 2029 – sussume Markus Decker su RND – potrebbe essere reintrodotto il servizio militare obbligatorio. Mercoledì è iniziata a Brema la riunione del Consiglio ministeriale dell’ESA in cui potrebbe emergere anche un percorso più incisivo in materia di sicurezza, a integrazione dell’attenzione prevalentemente civile dell’agenzia spaziale. La ministra tedesca per lo spazio Dorothee Bär (CSU) la scorsa settimana insieme al ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD), ha già annunciato il varo della prima “Strategia per la sicurezza spaziale” tedesca ed auspicato maggiore attenzione al “dual use”. L'articolo L’esercito tedesco ora punta sui droni d’attacco: “Abbiamo iniziato i test”. Spesa per la difesa da record: salirà a 108,2 miliardi di euro proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Così la Germania si prepara alla guerriglia dentro Berlino: l’esercito si addestra simulando un attacco alla metro
La Germania si prepara alla guerra: non solo attrezzando gli ospedali, alzando lo stipendio dei militari volontari e pianificando la leva obbligatoria, perfino con lezioni scolastiche per educare al conflitto. Ora l’esercito si allena alla guerriglia urbana e alla difesa dei palazzi del governo, a Berlino. Uno scenario impensabile fino a poco tempo fa. Ieri invece, in piena notte, nella stazione della metropolitana di Jungfernheide, la Bundeswehr ha simulato un attacco armato contro un convoglio del trasporto pubblico, con scontri a fuoco, vittime e salvataggio dei feriti. L’esercitazione è una parte del piano di addestramento battezzato “Bollwerk Berlin III” (traduzione: baluardo Berlino): durerà una settimana e si svolgerà solo nella capitale, per preparare le forze armate alla difesa del governo. “In definitiva, dobbiamo pensare allo scenario peggiore. Si tratta di essere pronti a ciò che potrebbe accadere in quel caso”, ha dichiarato il tenente colonnello Maik Teichgraeber. Nessuna citazione della Russia, ma è chiara la percezione tedesca di une possibile escalation militare con Mosca. LO SCENARIO PEGGIORE: STRADE BLOCCATE A BERLINO E ATTACCO ALLA METROPOLITANA L’operazione ha coinvolto il Wachbataillon, il reparto con il compito di proteggere ministeri e sedi governative in caso di crisi. In tempi di pace invece è impegnato nei cerimoniali pubblici con gli ospiti di Stato, in divise impeccabili e tirate a lucido. Ma ieri i soldati sono tornati a indossare l’elmetto e la mimetica, con le armi in mano. L’esercitazione simulava uno scenario d’emergenza con le strade di Berlino bloccate: una squadra di militari, costretta a spostarsi in metropolitana, veniva attaccata nel vagone da un gruppo separatista. I commilitoni, intervenuti nella stazione con equipaggiamento da combattimento, hanno operato in gruppi ristretti in un ambiente angusto e con scarsa visibilità, tra fumo e simulazioni acustiche. Hanno affrontato uno scontro a fuoco con “feriti e vittime”, ricreati per rendere l’addestramento il più verosimile possibile. IL CAPORALE: “UN ESPERIENZA NUOVA, FORSE SERVONO PIÙ SOLDATI” Secondo il comandante del battaglione, Maik Teichgraeber, l’esercitazione riflette situazioni considerate “molto realistiche“, soprattutto nel contesto strategico attuale. Ecco il breve resoconto, firmato dalla testata Bild, dello scontro simulato: “A piccoli gruppi, i soldati assaltarono il vagone. Si udirono degli spari. Per molto tempo, la situazione rimase caotica, l’atmosfera estremamente tesa. Poi, a quanto pare, i separatisti furono uccisi. I primi feriti furono tratti in salvo e portati in salvo oltre i binari. Il giornale tedesco ha raccolto la testimonianza di un caporale di 23 anni, Bastian: “Un’esperienza completamente nuova, incredibilmente stressante”, dice. Bastian faceva parte della seconda squadra d’assalto. Il loro compito: interrompere la corrente elettrica ai binari, “attivare i vigili del fuoco, condurre scontri a fuoco e, una volta messa in sicurezza l’area, recuperare i feriti”. Secondo Bastian, “forse servono più soldati“. Ma né lui né i suoi compagni hanno commentato con la Bild il dibattito sulla coscrizione obbligatoria. UNA SETTIMANA DI ADDESTRAMENTO Per i militari del reparto Wachbataillon sarà una settimana di addestramento intensivo. Lo scopo è prepararsi alla guerra nel contesto urbano: bonifica delle vie di comunicazione, evacuazione delle forze alleate, arresto dei sabotatori, combattimento in condizioni di visibilità limitata. Un’esercitazione si svolgerà in un ex impianto chimico, plausibilmente per simulare un attacco con sostanze tossiche. “Ora stiamo effettivamente esercitando lo scenario estremo, lo scenario di tensione e difesa, perché, a mio avviso, questo rappresenta in definitiva il livello più alto di escalation per l’unità”, ha dichiarato Teichgraeber. PIÙ SOLDATI PER L’ESERCITO: STIPENDI SU AI VOLONTARI E COSCRIZIONE OBBLIGATORIA IN CASO DI CRISI C’è l’accordo politico tra i partiti moderati – Cdu/Csu e Spd – per portare la Germania ad aumentare i soldati dell’esercito. L’intesa è maturata durante un incontro del ministro della Difesa Boris Pistorius (Spd) con i capigruppo parlamentari Jens Spahn (CDU/CSU) e Matthias Miersch (Spd). La legge dovrebbe così entrare in vigore all’inizio del prossimo anno dopo l’approvazione delle due camere parlamentari. Intanto, nel 2026 saranno reclutati circa 20.000 volontari. Ma non basta a soddisfare le esigenze belliche. Per avere una mappa degli uomini adatti alla leva, da gennaio tornerà in vigore la registrazione militare di tutti i diciottenni. I ragazzi dovranno rispondere a un questionario per valutarne le motivazioni e l’idoneità al servizio. La compilazione sarà obbligatoria per gli uomini, volontaria per le donne. Non solo: dal 1° luglio 2027 circa 300 mila persone – i nati dal 1° gennaio 2008 – saranno sottoposti a visite obbligatorie per valutare l’idoneità alla leva. Neppure la coscrizione obbligatoria è esclusa, anzi. Per introdurla, il Parlamento potrà votare a maggioranza una nuova legge, se la situazione d’emergenza e la disponibilità di personale delle forze armate lo richiedesse. In tal caso verrebbe attuata una procedura di selezione casuale per entrare nell’esercito. Tuttavia, CDU, CSU e SPD descrivono questa misura come “ultima ratio”, e sottolineano che “non vi sarà alcuna attivazione automatica della coscrizione obbligatoria”. L'articolo Così la Germania si prepara alla guerriglia dentro Berlino: l’esercito si addestra simulando un attacco alla metro proviene da Il Fatto Quotidiano.
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