St3pny è stato assolto dall’accusa di evasione fiscale. La notizia arriva
direttamente dallo youtuber che ha raccontato la storia con un video sulla
piattaforma: “Non sapete quante volte in questi anni ho sperato di registrare
questo contenuto”. Stefano Lepri, il nome dello streamer all’anagrafe, ha
parlato delle difficoltà vissute dal 2021, quando in tribunale fu condannato a 8
mesi di reclusione per non aver dichiarato allo Stato 75 mila euro di Iva.
“Ieri era l’ultima data disponibile, poi il caso sarebbe caduto in prescrizione
e avrei lottato alla ricerca della verità invano”, ha detto il ragazzo, in
passato uno degli streamer con più visualizzazioni su YouTube.
“VI HO ODIATI”
St3pny si è sfogato, raccontando brevemente l’inizio della vicenda: “La notizia
è arrivata dai giornali prima che la ricevessi io, è stata disgustosa”. Il
31enne ha detto di essere stato “distrutto” e ha svelato che “i brand e le
persone mi hanno abbandonato“. Una storia non semplice, appesantita dalle
battute delle persone sul web.
Stefano Lepri, senza filtri, ha messo in chiaro che non perdonerà chi lo ha
denigrato: “Voi che avete fatto i meme a riguardo, vi ho odiati. Mi avete
portato al minimo della sopportazione umana. Non sono Dio, non vi perdono”. La
vicenda si è conclusa con un lieto fine: “Ieri c’è stato il processo e mi hanno
assolto. Sono ufficialmente innocente. Quando mi ha chiamato l’avvocato sono
rinato” ha dichiarato St3pny ai suoi followers.
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persone mi hanno abbandonato. Vi ho odiati”: lo streamer St3pny si sfoga su
YouTube proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il campione del mondo di kickboxing, Mattia Faraoni, si prepara a difendere il
titolo ISKA a Ostia contro il giapponese Akira Jr. Unemura. Un incontro cruciale
che, in caso di vittoria, potrebbe spalancare al fighter romano le porte della
fase finale del prestigioso torneo K1 in Giappone. A Faraoni, noto al grande
pubblico anche per il successo sui social e le collaborazioni con Cicalone su
YouTube, spetta il difficile compito di dare continuità a questo sport a pochi
giorni dall’addio alle scene di Giorgio Petrosyan, il più grande di tutti,
avvenuto a Milano.
Ora tocca a lei, Faraoni. Come vive questa eredità?
Ha smesso un dio della kickboxing. Un ‘GOAT’ e anche di più. La kickboxing,
comunque, continua a far parlare di sé: i palazzetti sono pieni e le TV
trasmettono i match. Certo, un altro Petrosyan sarà difficile da trovare nel
mondo, anche se di bravi atleti, pure in Italia, ce ne sono.
Come arriva a questo match al Pala Pellicone di Ostia?
Ci arrivo dopo un percorso costruito piano piano. Questo match con il giapponese
è determinante per il mio futuro, per tornare a combattere in Giappone e
disputare uno dei tornei più prestigiosi. Sono concentrato e determinato al
massimo.
Lei è laureato in Tecnica di Radiologia Medica, suo fratello minore Francesco
(pugile a un passo dal titolo italiano) in Statistica. Siete la dimostrazione
che i fighters non sono i ‘brutti, sporchi e cattivi’ di certi cliché?
Basta con questi cliché! Io e mio fratello andiamo nelle scuole a parlare di
bullismo con i ragazzi. I luoghi comuni sui fighters stanno pian piano
scomparendo, ma la cultura non cambia in un solo giorno. Siamo comunque sulla
strada giusta. Servono persone pulite e oneste. Basta anche con il cliché
dell’esaltato che deve redimersi: lo sport va fatto quando hai un obiettivo e il
fuoco dentro, un desiderio profondo e dei progetti, proprio come nella vita.
Lei è stato anche campione italiano dei massimi leggeri nella boxe. Tornerà mai
nella ‘noble art’?
Mai dire mai, ho una doppia identità. Ma ora sono concentrato nella kickboxing,
dove sono più forte, competitivo e con contratti importanti. Mi ha fatto sentire
in ‘Serie A’.
E suo fratello Francesco?
Mio fratello è un talento sia tecnicamente che psicologicamente; non gli pongo
limiti.
Ha mai provato paura quando ha prodotto per YouTube la serie “Quartieri
Criminali” con Simone Cicalone?
Paura no, anche se alcuni contesti erano borderline. È stato bello incontrare
ragazzi come noi, di periferia, che vivono in situazioni difficili. Nelle Vele
di Scampia, per esempio, abbiamo trovato persone accoglienti e affettuose,
impossibile rifiutarsi di prendere un caffè. Abbiamo testimoniato che il bello
c’è ovunque, solo che un contesto diverso può portare le persone ad agire in
maniera illegale. Un ragazzo che vive in un buco con altre quattro persone,
scale pericolanti e magari senza vetri alle finestre cresce con un concetto di
bene e male diverso.
Non crede che Cicalone si sia spinto troppo oltre e che la gestione delle
questioni di sicurezza debba restare di esclusiva competenza delle Forze
dell’Ordine e non di un content creator?
Conosco Cicalone da tantissimi anni. È stato uno dei primi divulgatori a Roma e
non solo della boxe e degli sport da contatto, con la sua ‘Scuola di Botte’ dove
spiegava il pugilato in modo tecnico, ma anche irriverente. Successivamente, si
è specializzato su temi ‘caldi’ della periferia romana, portando all’attenzione
di tutti questioni come il degrado e la microcriminalità, aspetti che, ci tengo
a sottolinearlo, affliggono purtroppo qualsiasi grande area metropolitana
moderna, sia in Italia che all’estero. Il pubblico romano lo segue e lo
apprezza. Ho visto di recente che c’è stato un sit-in con centinaia di romani
che gli hanno dimostrato vicinanza per quanto ha subito nei giorni scorsi. Detto
questo, è chiaro e indiscutibile che gli aspetti di pubblica sicurezza spettano
esclusivamente alle Forze dell’Ordine. Su questo non c’è neppure da discutere.
Tuttavia, è importante ricordare che anche le Forze dell’Ordine raccolgono
segnalazioni di atti criminali da comuni cittadini. Ho notato che Cicalone lo fa
sempre, collaborando (come nell’ultimo caso di cronaca con la Polmetro di
Ottaviano). Il suo essere uno youtuber di inchiesta non sempre valorizza
adeguatamente questo suo impegno civile e la sua collaborazione con le Forze
dell’Ordine.
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