È stato arrestato e portato in carcere il 45enne accusato di stupro e sequestro
di persona ai danni di una giovane turista a Roma, l’estate scorsa. L’uomo,
cittadino peruviano, è stato identificato dopo le indagini partite sulla base
della denuncia fatta partire dalla 24enne di origini colombiane. Il
provvedimento, eseguito dagli agenti del 1 Gruppo Centro della Polizia Locale di
Roma Capitale, è stato emesso dal Tribunale di Roma dopo le indagini degli
agenti.
Dalle ricostruzioni, la donna – non riuscendo a trovare l’albergo in cui
alloggiava e senza credito sul cellulare – si era rivolta all’uomo, dipendente
di un ristorante del Centro Storico. Il 45enne si sarebbe dimostrato
inizialmente disponibile e amichevole. Una volta fatta accomodare la ragazza nel
locale ha iniziato a versarle da bere bevande alcoliche. Diventato molesto e
insistente, il reo ha poi condotto la donna in un pub dove ha continuato a farla
bere e, fatta ubriacare, l’ha riportata nel locale con la promessa di cucinarle
qualcosa. Qui si sarebbe consumata non solo la violenza sessuale, ma anche il
sequestro.
La donna è rimasta segregata nel locale per un po’ di tempo ed è riuscita a
scappare soltanto approfittando della distrazione dell’aguzzino. Una volta
uscita – in preda al panico e con gli abiti sporchi del rosso del vino e del
sangue – la 24enne ha incontrato una pattuglia della Polizia Locale che le ha
fornito assistenza.
L'articolo Turista sequestrata e violentata in un locale del centro di Roma. In
carcere l’aggressore proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Violenza Sessuale
Aveva costruito la sua trappola online con sei profili social, approfittando
della sua presunta somiglianza con l’attore Keanu Reeves. Poi, una volta
conquistata la fiducia delle vittime, le drogava e le costringeva a subire
violenze sessuali, riprendendole a loro insaputa con il telefono. Per questo
modus operandi, Ubaldo Manuali, 61 anni, netturbino di Viterbo, è stato
condannato anche in appello 9 anni e 10 mesi di carcere. I giudici della Corte
d’appello di Roma hanno confermato la sentenza di primo grado.
Gli episodi contestati risalgono tra il settembre 2022 e il gennaio 2023, e
hanno avuto luogo in diversi comuni del Lazio: a Capranica, nel Viterbese, e a
Riano e Mazzano Romano, in provincia di Frosinone. Secondo la Procura di
Viterbo, Manuali avrebbe somministrato a tre donne sostanze narcotiche o
psicoattive, inducendole poi a subire rapporti sessuali. In due dei casi, le
vittime sarebbero state anche filmate a loro insaputa. Non solo violenza fisica:
Manuali avrebbe poi diffuso i video in chat con due amici, aggravando il danno
psicologico subito dalle donne.
L’indagine era partita dalla denuncia di una delle vittime e aveva portato
all’arresto del netturbino nel settembre 2023. Durante il processo, Manuali ha
sempre respinto le accuse, sostenendo che i rapporti fossero consenzienti.
All’uscita dal Tribunale dopo il verdetto di primo grado aveva dichiarato: “Sono
in mano ai miei avvocati, lo so che non ho fatto quello di cui sono accusato.
Non è una sentenza giusta. La verità uscirà fuori”. Ma anche in secondo grado i
magistrati lo hanno ritenuto responsabile.
L'articolo Drogava e stuprava donne adescate online: condannato a 9 anni e 10
mesi anche in appello proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un altro caso di violenza sessuale di gruppo a Roma. Una studentessa di 23 anni
ha denunciato di essere stata abusata vicino alla fermata Jonio della
metropolitana, sabato notte. L’allarme è scattato solo alcune ore dopo, quando
la giovane è andata ospedale raccontando di essere stata afferrata da due uomini
e poi aggredita sessualmente da un terzo. Sulla vicenda indagano i carabinieri,
coordinati dalla Procura di Roma, che stanno passando al vaglio le telecamere
della zona e raccogliendo testimonianze per ricostruire la dinamica e verificare
eventuali responsabilità.
È invece di qualche settimana fa l’episodio avvenuto al parco di Tor Tre Teste.
Qui una ragazza di 18 anni e il suo fidanzato di 24 erano appartati in auto la
notte del 25 ottobre, in via del Pergolato, un’area isolata vicino al vecchio
campo sportivo. All’improvviso, il finestrino è andato in frantumi: tre giovani,
poco più che ventenni, hanno assaltato la coppia. Prima la rapina, poi
l’aggressione. Il ragazzo è stato trascinato fuori dal veicolo e costretto ad
assistere mentre la ragazza veniva violentata da uno degli aggressori. In questo
caso sono stati eseguiti tre arresti.
L'articolo “Aggredita da tre uomini e violentata alla fermata Jonio della
metropolitana di Roma” proviene da Il Fatto Quotidiano.
di Luciano Sesta*
La recente modifica dell’art. 609 bis del codice penale, che disciplina i
comportamenti in materia di reati sessuali, recepisce l’orientamento generale
inaugurato dalla Convenzione di Istanbul (2011), per la quale c’è violenza
sessuale non solo in presenza di minaccia o coercizione fisica e morale, ma
anche quando la vittima, pur non opponendosi fisicamente all’atto, non vi ha
dato il proprio libero consenso. Tanto si è detto e scritto sugli aspetti
giuridici della riforma in questione – ferma in Commissione Giustizia al Senato
a causa di alcuni nodi critici sollevati nel dibattito che ne ha accompagnato e
seguito l’approvazione alla Camera – ma poco ci si è soffermati su cosa
significhi davvero “consenso” in un ambito delicato e complesso come quello
della sessualità umana.
Va detto, a tale riguardo, che l’insistenza sul consenso serve a escludere casi
di violenza o costrizione, ma di fatto, nella stragrande maggioranza delle
circostanze, i rapporti sessuali non si basano su un consenso puntuale e
verbalizzato, come se da una parte ci fosse chi chiede, e dall’altra chi
concede, ma sul desiderio reciproco. Il contesto in cui l’uomo chiede sesso, in
attesa che la donna lo conceda, presuppone una visione antiquata dei rapporti
sessuali. Oggi le statistiche ci dicono che il maschio è in “ritirata” sessuale
di fronte a una certa spavalderia, anche erotica, delle ragazze. Ciò non
implica, naturalmente, minimizzare il rischio di violenza sessuale, che, com’è
noto, vede come vittime sostanzialmente le donne, non certo gli uomini. Ma aiuta
a evitare di generalizzare un modello di “consenso” ritagliato ad hoc per i casi
di violenza, e che è troppo astratto e riduttivo per la stragrande maggioranza
dei casi in cui avvengono dei rapporti sessuali.
La natura dei rapporti sessuali, in effetti, è tale da rendere estremamente
fluidi e ambivalenti i concetti di volontà, consenso e rifiuto. A determinare la
grammatica dei rapporti è un arco di atteggiamenti e disposizioni emotive ai cui
estremi troviamo il desiderio e la ripugnanza. In mezzo una gamma di sfumature
intermedie: curiosità, voglia di sperimentare, testare autostima, ricerca di
conferme, bisogno di novità, persino regolamento dei conti e desiderio di
vendetta. Non solo verso il partner sessuale, ma anche verso terzi. In un ambito
così ambiguo, variegato, e ad alta densità di invischiamento emotivo, il
consenso è un concetto barriera, che non riesce a catturare la complessità della
pratica che protegge dalla violenza. Acconsentire a un eventuale rapporto
sessuale permette cioè di escludere abuso e violenza, ma non può essere
considerato espressione né di desiderio né di volontà, come peraltro dimostrano
i frequenti casi in cui ci si pente o non ci si riconosce più in ciò a cui, sul
momento, si era acconsentito.
Se a muovere le persone, in ambito sessuale, è un desiderio che non sempre
coincide con la volontà, è difficile definire qualcosa come un consenso
realmente libero. Spesso chi desidera un rapporto sessuale non sa nemmeno cosa
esattamente voglia, finendo talvolta per fare, sotto la spinta del desiderio,
qualcosa in cui successivamente non si riconosce. Una certa dissociazione fra
consenso, volontà e desiderio si attiva non solo quando il sesso è desiderato,
ma anche quando è indesiderato. Si pensi ai numerosi casi nei quali la donna
concede rapporti sessuali solo per “zittire” un marito o un partner troppo
insistente.
Quest’ultimo caso rappresenta un vero rompicapo etico-giuridico: assecondare una
richiesta indesiderata alla quale ci si potrebbe comunque opporre equivale a
subire violenza o a dare un consenso controvoglia? Se il sesso indesiderato
compromette la libertà del consenso, perché non dovrebbe farlo anche il sesso
fortemente desiderato? Ci si può chiedere, per esempio, quanto si è liberi di
non avere un rapporto sessuale che si desidera intensamente. La spinta del
desiderio, in certi casi, può essere così forte da indurre ad acconsentire anche
a ciò che, razionalmente, si preferirebbe evitare.
Nello stesso diritto penale in materia di sessualità, il consenso è un concetto
negativo e minimale, che serve più ad accertarsi che non vi sia stato reato che
a esprimere, in positivo, l’effettiva volontà dei partecipanti. La presenza di
consenso è cioè necessaria a escludere violenza, ma non è sufficiente a
esprimere la volontà. Il consenso non basta dunque a proteggere da ripensamenti,
sentimenti confusi e false interpretazioni retrospettive, spesso terreno fertile
anche di false accuse di violenza subita. Nell’ambito dei rapporti sessuali è
più facile capire ciò che non vogliamo che ciò che vogliamo. La centralità
giuridica del “consenso” serve a presidiare questo limite negativo, ma nulla
dice su ciò che, in positivo, vogliamo veramente quando chiediamo sesso o lo
concediamo.
Vero è dunque che “no means no”, ma non è altrettanto vero che “yes means yes”.
Più probabilmente, “yes means… maybe”.
*Docente di Filosofia Morale, Dipartimento SPPEFF dell’Università di Palermo
L'articolo Violenza sessuale, anche il concetto di consenso può essere riduttivo
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Quando la vicenda era stata scoperchiata, la scorsa estate, aveva fatto perdere
le proprie tracce. Irreperibile. Ma ha deciso di rientrare alla base e, appena
arrivato in città, è stato fermato e ammanettato. L’accusa è pesantissima:
violenza sessuale aggravata. Di questo dovrà rispondere un 34enne, ritenuto
dagli inquirenti il responsabile di quanto avvenuto a due giovani donne
all’interno di altrettanti centri estetici di sua proprietà a Terni.
Ad agosto era stato stato arrestato ai domiciliari un dipendente dell’uomo con
la stessa identica accusa formulata da una terza vittima. Dopo l’arresto del suo
collaboratore, il 34enne – straniero – aveva fatto perdere le proprie tracce
rientrando probabilmente nel Paese di origine e rendendosi irreperibile. Gli
investigatori della Squadra Mobile hanno ricostruito i suoi spostamenti
individuando il probabile momento del rientro in Italia e venerdì lo hanno
fermato in centro a Terni senza che l’uomo opponesse resistenza.
L’inchiesta era partita dalla denuncia di due giovanissime ragazze e dagli
approfondimenti realizzati con pedinamenti, testimonianze e acquisizioni di
documenti ne è emerso un quadro coerente con quanto riferito da altre vittime.
Le donne venivano avvicinate con pretesti professionali e indotte a entrare nei
negozi per un trattamento estetico dove si consumavano le violenze. Per entrambi
gli esercizi commerciali il questore di Terni ha disposto la sospensione della
licenza.
L'articolo Due donne stuprate nei centri estetici a Terni: arrestato il titolare
34enne proviene da Il Fatto Quotidiano.
Aggredita e poi violentata da un uomo che si era nascosto nella vegetazione di
un sentiero ciclo-pedonabile. I carabinieri della compagnia di Cesenatico hanno
arrestato un 26enne originario del Gambia con l’accusa di violenza sessuale
aggravata e lesioni personali. Lo stupro è avvenuto a San Mauro Pascoli, in
provincia di Forlì-Cesena. Venerdì mattina, la vittima stava correndo lungo un
sentiero ciclo-pedonale quando è stata assalita. Dopo averla immobilizzata,
l’uomo ha trascinato la ragazza in un’area appartata e l’ha violentata.
Dopo la fuga dell’uomo, la vittima ha chiamato i carabinieri ed è stata
soccorsa. Grazie alla precisa descrizione fornita, le pattuglie e gli elicotteri
degli agenti hanno rapidamente individuato il presunto aggressore in un capanno
poco distante. L’uomo aveva anche una ferita a una mano causata dalla resistenza
opposta dalla vittima. L’uomo, che è anche ritenuto responsabile di
palpeggiamenti commessi in precedenza nei confronti di un’altra donna, che ha
poi denunciato l’episodio ai carabinieri, è stato arrestato e, su disposizione
del sostituto procuratore di Forlì, portata in carcere, in attesa dell’udienza
di convalida.
L'articolo Aggredita mentre correva su un sentiero e stuprata: 26enne arrestato
per violenza e lesioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
Violenze sessuali, percosse e maltrattamenti avvenivano tra le docce e le stanze
12 e 15 della casa di riposo “San Giuseppe” a Capri. Vittime, quattro persone
anziane – un uomo e tre donne tra gli 82 e i 91 anni – affette da demenza
senile, Parkinson e altre patologie tipiche dell’età avanzata. Persone
particolarmente deboli e fragili, in evidente stato di inferiorità fisica e
psichica. Erano finite nelle grinfie di un operatore sanitario di 47 anni, in
servizio in questa struttura dal 2019. Con queste accuse l’uomo è stato
arrestato stamane su ordine del Gip di Napoli, Anna Tirone. La procura di
Napoli, sezione fasce deboli – procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Raffaello
Falcone, pm Monica Campese – aveva chiesto il carcere. Il giudice ha ritenuto
adeguati i domiciliari col braccialetto elettronico.
È stata un’indagine molto rapida, quella condotta dai carabinieri della stazione
di Capri e del nucleo investigativo della Compagnia di Sorrento. In poche
settimane, tra metà ottobre e fine novembre, i militari agli ordini del capitano
Mario Gioia hanno raccolto prove sufficienti per incastrare l’indagato. Grazie
agli audio e ai video delle cimici e delle telecamere nascoste nella struttura,
è stato possibile documentare le condotte sessualmente predatorie dell’operatore
socio sanitario, sul quale già gravavano alcuni sospetti. La struttura infatti
ospita 16 persone anziane ed alcune erano “riluttanti” a farsi assistere da lui,
l’unico operatore maschio in servizio.
Lo ha riferito una sua collega sentita dagli investigatori. Si tratta
dell’operatrice che ha lanciato l’allarme, riferendo alla direttrice, con una
telefonata del 16 ottobre scorso, di aver assistito ad un episodio di violenza
sessuale ai danni di un anziano.
L’uomo è accusato anche di aver preso a schiaffi un’anziana restìa a prendere
medicinali e di aver insultato e deriso le sue vittime. “Ti fa male la testa? E
tu tieni la merda dentro quella sta girando”. Questa è una delle frasi
pubblicabili, rivolta a un anziano. Impubblicabili quelle che diceva alle
anziane ospiti della casa di riposo mentre provvedeva alla loro igiene.
L'articolo Violenze sessuali e maltrattamenti in una casa di riposo a Capri:
arrestato un operatore sanitario proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mercoledì pomeriggio, una ragazza si trova nel parcheggio di un centro
commerciale, viene presa e caricata in macchina da tre sconosciuti. Sembra
l’inizio di un film poliziesco, invece è lo spaventoso episodio avvenuto lo
scorso 3 dicembre: una giovane di 28 anni è stata sequestrata nel parcheggio del
parco commerciale Grande Sud, a Giugliano, in provincia di Napoli. La polizia
sta indagando sul caso. Secondo le ricostruzioni, la ragazza è stata avvicinata
da tre uomini mentre si trovava nel parcheggio esterno. Uno dei tre, armato di
coltello, ha intimato alla vittima di entrare nella loro macchina, minacciandola
di morte se si fosse rifiutata.
I tre uomini si sono poi allontanati in macchina con la vittima a bordo e si
sono successivamente fermati in una stradina isolata non molto distante dal
punto di partenza. Qui il prosieguo della violenza. Secondo il racconto fornito
dalla vittima, due di loro sono scesi dalla vettura, lasciando la ragazza da
sola con il terzo sequestratore, che ha abusato sessualmente di lei.
Dopodiché, il gruppo ha riaccompagnato la ragazza al parcheggio del centro
commerciale. Ancora confusa e in stato di shock, la 28enne ha chiesto aiuto ed è
stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli, dove ha
ricevuto una prognosi di 30 giorni. I poliziotti del commissariato di Giugliano
hanno sentito la testimonianza della vittima e stanno cercando delle tracce per
arrivare all’identità dei tre sequestratori. È in corso anche l’analisi delle
immagini delle videocamere di sorveglianza del centro commerciale.
L'articolo Napoli, l’incubo di una 28enne: sequestrata nel parcheggio di un
centro commerciale e violentata da tre sconosciuti proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Il 2 dicembre il governo britannico ha annunciato una riforma epocale dei
processi per stupro in Inghilterra e Galles, con l’obiettivo dichiarato di
proteggere le vittime dallo stigma della serial liar, la “bugiarda seriale”. Una
volta implementata, la riforma limiterà la possibilità, per la difesa, di
utilizzare precedenti denunce di abusi sessuali, anche quelle mai arrivate a
condanna o archiviate per mancanza di prove, per dipingere la persona offesa
come inaffidabile davanti alla giuria. La norma aggiorna il Criminal Justice Act
2003 restringendo drasticamente l’ammissibilità in dibattimento della storia
sessuale passata della vittima o di sue segnalazioni pregresse di violenza
sessuale, elementi che potranno essere introdotti solo in circostanze
eccezionali, previa autorizzazione del giudice e solo quando esista un solido
valore probatorio e non un mero tentativo di alimentare stereotipi misogini.
Sarà anche più semplice ammettere in giudizio le condanne precedenti
dell’imputato per reati sessuali o di violenza domestica, inclusi abusi commessi
contro altre vittime, per dimostrare uno schema ripetuto di comportamenti
predatori senza dover più superare soglie quasi insormontabili di “analogia
sostanziale” con il caso in esame. Il governo punta a una progressiva entrata in
vigore a partire dal 2026, con una combinazione di modifiche legislative e
cambiamenti pratici nelle prassi di polizia, Crown Prosecution Service e
tribunali, anche attraverso progetti pilota nei principali centri giudiziari
prima della piena applicazione su scala nazionale. Sono stati annunciati
investimenti complessivi per circa 550 milioni di sterline in due anni per il
supporto alle vittime.
I numeri che hanno reso politicamente inevitabile la riforma sono drammatici. Da
marzo 2024 a marzo 2025 la polizia ha registrato 97.317 tra incidenti e reati di
stupro, un record assoluto e in forte crescita rispetto a dieci anni fa, a
conferma di una tendenza di lungo periodo all’aumento delle denunce formali di
violenza sessuale. Nonostante questo, solo il 2,8% dei reati di stupro
registrati dalla polizia arriva a incriminazione formale e ancora meno al
dibattimento vero e proprio davanti a una giuria. Il tasso di condanna nei
processi per stupro fra adulti è intorno al 55–60%: in quasi la metà dei casi
che arrivano a giudizio l’esito è l’assoluzione, spesso motivata con “mancanza
di prove”.
Briciole rispetto all’incidenza delle violenze. Il Crime Survey for England and
Wales stima che ogni anno circa 740.000 donne, all’incirca 1 su 30, subiscano
uno stupro, un tentato stupro o un’aggressione sessuale grave. Secondo Rape
Crisis e ONS, circa 5 vittime su 6 non denunciano mai alla polizia, per paura di
non essere credute o di subire umiliazioni nel percorso giudiziario. I tempi di
risposta: la media per arrivare a un’eventuale incriminazione supera ormai
l’anno, per molti reati sessuali i tempi d’attesa fino al processo sfiorano o
superano i quattro anni, periodo in cui moltissime vittime rinunciano o crollano
psicologicamente.
La “vittimizzazione secondaria” è documentata da anni dalle organizzazioni
specializzate. Una ricerca recente di Rape Crisis indica che circa il 70% delle
sopravvissute descrive l’esperienza in aula come se fosse lei stessa “sotto
processo”. Nella pratica, in una quota rilevante dei procedimenti per violenza
contro le donne le denunce precedenti, anche se archiviate o mai arrivate a
processo, sono state utilizzate per suggerire alla giuria che si tratti di
mitomania, e nel 2024 circa un caso su dieci si è chiuso per ritiro della parte
offesa. Le difese hanno spesso chiesto e ottenuto accesso a cartelle
terapeutiche, diari scolastici o messaggi privati risalenti anche a decenni
prima per cercare contraddizioni da usare in controesame, con un impatto
particolarmente pesante sulle donne nere e appartenenti a minoranze etniche, per
le quali la probabilità di revittimizzazione e sfiducia nel sistema risulta
significativamente più alta.
Per Maxime Rowson, responsabile delle politiche di Rape Crisis England & Wales,
se attuata correttamente questa legge dovrebbe finalmente impedire che le donne
vengano screditate e controinterrogate su esperienze passate irrilevanti e
profondamente dolorose, spostando l’attenzione sul comportamento dell’imputato
invece che sulla vita privata della vittima. Andrea Simon, direttrice della End
Violence Against Women Coalition, ha definito la riforma un “momento
spartiacque” per la giustizia in materia di violenza sessuale, ma ha
sottolineato che senza risorse adeguate e una formazione obbligatoria per
giudici e avvocati dell’accusa e della difesa il rischio è che la legge resti in
larga parte sulla carta. La coalizione “Bad Experiences Not Bad Character”,
considera la riforma una vittoria storica, ma chiede un’accelerazione
parlamentare immediata perché ogni mese di ritardo significa migliaia di
sopravvissute ancora esposte allo stesso trattamento umiliante in aula.
L’impatto simbolico è comunque enorme: per la prima volta il sistema penale
inglese e gallese inizia a mettere in discussione l’idea che la vulnerabilità
delle vittime sia una prova di menzogna, e riconosce che la violenza sessuale
ripetuta non dimostra che “non è successo niente”. Al contrario, è spesso la
tragica conseguenza di un sistema che non ha saputo proteggere le vittime
dall’inizio.
L'articolo Violenza sessuale, il Regno Unito verso una riforma epocale: le
vittime saranno protette in tribunale dall’accusa di essere “bugiarde seriali”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Sul poster dietro al lettino dello studio c’è scritto che l’idrocolonterapia è
“indolore, efficace e senza rischi”. Un’ambientazione quasi da film horror,
scoperta stamattina dai poliziotti della Squadra mobile. A Prato, un uomo di 53
anni è finito agli arresti domiciliari per il presunto servizio abusivo di
idrocolonterapia nello studio della moglie, medico endoscopista. Secondo le
indagini, poi, tre pazienti donne sarebbero state vittime di violenze sessuali
durante le sedute dell’uomo. Due di loro hanno trovato il coraggio di denunciare
gli abusi.
Sull’arrestato, ex guardia giurata, le ipotesi di reato sono esercizio abusivo
della professione medica e violenza sessuale. Anche sulla moglie, la titolare
dello studio, c’è l’ipotesi di esercizio abusivo della professione medica, per
aver indirizzato i pazienti alle sedute del marito. Gli arresti domiciliari del
50enne sono stati disposti dal gip su richiesta della Procura di Prato. Con un
comunicato, il procuratore Lusca Tescaroli invita chiunque abbia subìto degli
abusi o condotte prevaricatorie a esporre denuncia.
Lo studio è dall’altra parte di una tenda scura. Decorazioni e oggetti
orientaleggianti sulle pareti. Sempre sul poster si legge: “idricolonterapia,
l’acqua che depura, rivitalizza e dona benessere”. Accanto, il macchinario per
le sedute, che dai filmati sembrerebbe essere un’apparecchiatura prodotta da una
azienda tedesca. Le sonde utilizzate per i trattamenti erano conservate in
prossimità di bidoni della spazzatura, delle condizioni igienico-sanitarie
pericolose per i pazienti dello studio medico.
La titolare dello studio pubblicizzava l’idroncolonterapia sui social come una
pratica medica. L’idrocolonterapia consiste nel lavaggio dell’intestino
attraverso l’introduzione nel retto di acqua dolce filtrata. Secondo l’Iss,
questa pratica invasiva non ha nessuna utilità, ma può invece procurare danni
anche molto gravi come la perforazione del colon.
L'articolo Idrocolonterapia abusiva nello studio medico: 53enne ai domiciliari
per abusi sessuali proviene da Il Fatto Quotidiano.