Le ispezioni inviate dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe
Valditara, in alcune scuole toscane ed emiliane dov’è intervenuta Francesca
Albanese, la relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati,
interrogano il mondo dei genitori tra chi è convinto del rischio di far
diventare la scuola “un terreno di battaglia politica” e chi – come la Rete
degli Studenti Medi – difende comunque la libertà di parola della scrittrice.
Tutti, tuttavia, sono persuasi che mandare gli ispettori serva a poco o nulla.
Le associazioni che raggruppano mamme e papà, rispondono con un certo imbarazzo
alla questione, ma non si tirano indietro. Claudia di Pasquale, legale e
presidente dell’Associazione genitori, commenta: “La politica non deve entrare
nelle aule a gamba tesa. I nostri ragazzi devono avere un’opinione, ma non
dev’essere influenzata in maniera spacciata dai docenti. Un professore che va a
una manifestazione pro Palestina mostrandosi sui social in maniera fanatica
perde di credibilità”. Quanto al caso Albanese aggiunge: “La relatrice dell’Onu
sapendo che viene invitata in un’aula a parlare a dei ragazzi dovrebbe
moltiplicare la sensibilità e l’attenzione nell’uso del linguaggio nei loro
confronti. Tuttavia, mi lasci fare una domanda: a che serviranno le ispezioni di
Valditara? Così anche il ministro agisce schierandosi, trasformando tutto in una
guerra”.
Per la presidente di Genitori Democratici, Angela Nava, oltre ad Albanese
potrebbero esserci altri autorevoli relatori sul tema, ma aggiunge: “Ad oggi
l’esperta di diritto internazionale non ha compiuto alcun reato, non è indagata,
non è stata condannata quindi non vedo perché non possa parlare in una scuola.
Diciamolo chiaramente: le ispezioni fanno puzza di censura. Avanti di questo
passo nessun dirigente farà più nulla”.
Più cauto Antonio Affinita direttore del Moige, Movimento italiano genitori che
a ilfattoquotidiano.it rivendica “la centralità del ruolo dei genitori nella
scelta degli interlocutori chiamati a trattare temi di alta sensibilità etica e
politica nelle scuole. Riteniamo indispensabile che il sistema educativo
garantisca autentici momenti di confronto e contraddittorio, coinvolgendo
preventivamente le famiglie nelle decisioni che riguardano la formazione dei
propri figli. Solo attraverso il dialogo e il pluralismo delle posizioni si
possono affrontare i temi di attualità senza cadere nella politicizzazione e
nell’ideologizzazione, preservando l’imparzialità che deve caratterizzare
l’istruzione pubblica e il rispetto del patto educativo tra scuola e famiglia”.
A puntare il dito contro il ministro è, invece, Angela Verdecchia, coordinatrice
della Rete studenti medi: “È grave che Francesca Albanese non venga tutelata:
lei è la portavoce di un’occupazione ed è più che legittimata a parlare con dei
giovani. Purtroppo proseguono gli atteggiamenti di Valditara per delegittimare
la questione palestinese. Domandiamo al ministro: esiste o no l’autonomia della
scuola e dell’insegnamento?”. Quanto al pluralismo tanto evocato dal professore
di diritto romano, la studentessa replica: “In questo caso non può esistere un
contradditorio perché stiamo parlando di un esercito, quello israeliano, che
occupa un territorio che non gli appartiene”.
L'articolo Ispezioni nelle scuole che invitano Albanese, i genitori: “A cosa
servono?”. “Così nessun dirigente farà più nulla” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
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Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha esteso le
ispezioni ministeriali precedentemente richieste in Toscana ad altri due
istituti scolastici situati in Emilia Romagna. L’intervento fa seguito alle
polemiche suscitate dagli incontri tenuti dalla relatrice speciale dell’Onu per
i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, che aveva partecipato a
sessioni in videoconferenza con gli studenti mobilitando Fratelli d’Italia che
aveva presentato un’interrogazione al ministro.
Dopo una nuova circolare agli istituti per ribadire la necessità che ospiti e
relatori garantiscano il contraddittorio quando si tratta di tematiche di
rilevanza politica e sociale, e la richiesta di avviare ispezioni al Liceo
Montale di Pontedera (Pisa) e all’Istituto Comprensivo “Massa 6”, il ministro
conferma che la richiesta è stata fatta l’Emilia Romagna: “Credo che le
ispezioni siano partite anche in questi casi”, ha detto a Milano, a margine
della visita in una scuola. L’obiettivo delle verifiche è lo stesso: accertare
se, come dichiarato da alcuni dirigenti scolastici ai giornali, l’iniziativa sia
stata realizzata senza informali e senza coinvolgere i genitori. Le ispezioni,
aveva già spiegato il ministro, dovrebbero anche chiarire se Albanese abbia,
come riportato dal Giornale e dal Tempo, accusato l’attuale governo di essere
“fascista” o “complice di un genocidio”, o se sia vero che gli studenti siano
stati invitati a occupare le scuole. Accertamento che avverrà “con grande
serenità, ma anche con grande determinazione e fermezza”, ha assicurato il
ministro. Le eventuali conseguenze delle ispezioni saranno di competenza degli
uffici scolastici regionali, che potranno avviare procedimenti in base alla
relazione degli ispettori.
Valditara ha rilanciato sulla scuola “democratica e costituzionale” che deve
prevedere il pluralismo e non l’indottrinamento. Ha ribadito che a scuola si va
per imparare e crescere, acquisendo lo spirito critico e la capacità di leggere
i fatti “senza condizionamenti, senza indottrinamento e senza propaganda”. A chi
gli ha chiesto un commento sulle critiche mosse dal sindacato Cobas Scuola di
Bologna, che aveva parlato di “caccia alle streghe”, ha risposto che
“francamente dei Cobas non mi interessa assolutamente nulla”. Aggiungendo che
coloro che utilizzano l’espressione “caccia alle streghe” dimostrano di non aver
“ancora acquisito una maturità democratica e una consapevolezza dei valori della
nostra Costituzione”. Concludendo, il ministro ha ribadito la sua visione della
scuola: “Io amo la nostra Costituzione, credo nei valori di una scuola libera
che faccia crescere tutti i giovani. Chi non è d’accordo, libero di pensarla
diversamente, ma non mi interessa il suo pensiero”.
L'articolo Albanese, Valditara chiede ispezioni anche in Emilia Romagna. “Serve
contraddittorio. Chi non è d’accordo? Non m’interessa” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Trantran = andamento uguale e consueto di vita, di lavoro e simili: si torna in
ufficio e si comincia il solito «trantran».
(Dizionario Palazzi)
Il Trantran, uno dei racconti de Il libro degli errori, pubblicato da Gianni
Rodari presso Einaudi nel 1964, inizia così. Con la definizione del vocabolario
Palazzi di una scritta che compare su un cartello. Il vocabolario è lo strumento
al quale ci si affida, naturalmente. Quando si è in difficoltà. Oppure quando
non si vogliono alimentare incertezze.
“Il vocabolario è un punto di riferimento per l’accrescimento delle competenze
lessicali, per conoscere a fondo le parole e il loro significato”, ha spiegato
ad Adnkronos Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca
e professore emerito di Linguistica italiana all’Università Piemonte Orientale.
“Noi adulti siamo cresciuti con l’aiuto del vocabolario a casa e a scuola,
mentre tra le nuove generazioni e il vocabolario si è aperto un solco, direi
quasi un baratro”, ha dichiarato Valeria Della Valle, linguista e condirettrice
con Giuseppe Patota dei dizionari Treccani. “La ricerca solo in Rete del
significato delle parole potrebbe produrre effetti deleteri: per esempio, si
potrebbe perdere l’abitudine alla sequenza dell’alfabeto, visto che i motori di
ricerca trovano tutto da soli”, ha affermato Marazzini.
Insomma il vocabolario cartaceo è scomparso dai tavoli a casa degli studenti e
dai banchi, a scuola. Bene che va, rimane nelle librerie. Inutilizzato. Ed è un
peccato. Una inspiegabile ed autolesionistica scelta. Chi lascerebbe una
fuoriserie in garage, senza utilizzarla, mai? Nessuno, più che probabile. Invece
al vocabolario cartaceo, accade.
L’allontanamento da quel “librone” al quale ricorrere quando non si conosceva il
significato di qualche parola, è stato progressivo. Ovviamente la Rete ha le sue
responsabilità. Indiscutibili. “Se proprio devo cercare che significa
caleidoscopio preferisco farlo su un motore di ricerca, piuttosto che sfogliare
delle pagine. E poi con un dito supportato dallo sguardo, andare in alto e in
basso”, sostengono i ragazzi. Con la Rete è tutto più immediato. Più veloce.
“Nessuna perdita di tempo”, pensano i ragazzi. Non capendo che proprio
attraverso la ricerca della pagina “giusta” e al suo interno, della parola
ignota, si migliora.
Quindi una parte del problema è costituita dall’utilizzo non ponderato della
Rete. E’ innegabile, temo. Ma anche i cambiamenti che hanno interessato la
società, almeno negli ultimi 20-25 anni, hanno avuto un ruolo. In maniera quasi
generalizzata le famiglie a casa, e gli insegnanti, a scuola, hanno cominciato a
delegittimare le parole. A svuotarle di importanza. Ad abbassare il livello, più
o meno consapevolmente. La copia del quotidiano cartaceo che a casa,
difficilmente poteva mancare, a prescindere dal grado di istruzione dei
genitori, è stato soppiantato dalle notizie diffuse dalla rete. In alcuni casi
dai social. L’abitudine della gran parte delle famiglie di riunirsi la sera a
cena, ascoltando un tg, si è progressivamente persa. I ragazzi che per
generazioni hanno quanto meno sbirciato il quotidiano che trovavano a casa e
prestavano un qualche ascolto alle notizie del giorno trasmesse dal tg, hanno
perso strumenti di conoscenza. Di prima conoscenza. Una specie di pruriti
intellettuali che innescavano curiosità. Interesse. Che non di rado trovava
piena soddisfazione nella consultazione del vocabolario.
Le parole, contano. Eccome, se contano. Anche oggi. Per esprimersi. Per capire.
Per provare a farlo. Per cui acquisirne di nuove dovrebbe essere naturale. La
circostanza che non sia (più)così dovrebbe preoccupare. Le famiglie, la Scuola e
i nostri governanti.
Nel passato qualche insegnante di italiano, alle medie, faceva leggere con una
frequenza scadenzata il vocabolario. Una pagina. Due. Nelle quali potevano
alternarsi articoli e nomi, avverbi e complementi, verbi. Leggerli significa
farli proprii. Magari, non tutti. Ma almeno qualcuno. In questo modo si
arricchiva il proprio lessico, ovviamente. Ma s’imparava anche a soffermarsi
sulle parole. S’imparava a soffermarsi. A pensare. Nella convinzione che la
velocità, non sempre assicura buoni risultati. Che invece non di rado si
raggiungono con un qualche sforzo.
“Il vocabolario è un punto di riferimento per l’accrescimento delle competenze
lessicali, per conoscere a fondo le parole e il loro significato – ha detto
ancora Marazzini. – E poi il vocabolario è anche divertente. Giocare con il
vocabolario significa approfondire la conoscenza della nostra lingua con
informazioni grammaticali, esempi, sinonimi e contrari, anche perché i
vocabolari sono ormai molto generosi di dati e notizie”.
Non di rado ci sono alunni che ad una domanda riguardante qualche argomento
trattato nelle lezioni oppure una spiegazione di qualche parola, sostengono,
“Professore, lo so … ma non so spiegarmi”. In molti casi non si tratta di scuse.
Piuttosto dell’incapacità di elaborare una risposta utilizzando correttamente i
diversi termini. Quanto sia terribile questo, lo si può capire agevolmente.
Ritornare all’uso del vocabolario cartaceo aiuterebbe i ragazzi. Anche a
crescere con una maggiore consapevolezza di sé stessi e del mondo che abitano.
Reintroduciamone l’uso!
L'articolo Il vocabolario cartaceo è scomparso dai banchi degli studenti. Ed è
un vero peccato proviene da Il Fatto Quotidiano.
La catastrofe culturale conseguente alla riforma dell’accesso ai Corsi di Laurea
a numero programmato in Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria e
Odontoiatria si sta manifestando con l’esito degli esami di ammissione; una
ragione del disastro sta nell’imposizione dall’alto di metodi e tempistiche
inadatti al loro scopo.
Nel semestre cosiddetto aperto, preliminare agli esami di ammissione, le lezioni
delle tre materie previste (Fisica Medica, Chimica e Propedeutica Biochimica e
Biologia) si svolgevano tra l’inizio di settembre e la fine di ottobre. Le date
prestabilite per le due prove di esame, coincidenti su tutto il territorio
nazionale, erano il 20 novembre e il 10 dicembre. Poiché ciascun corso aveva un
carico didattico assegnato di 6 crediti formativi, ciascuno dei quali
corrisponde a 25 ore di impegno dello studente “medio”, la metà delle quali in
aula, è facile calcolare che l’impegno previsto era di 450 ore di studio.
Questo impegno, oltre ad essere molto gravoso, era basato su una tempistica
coercitiva che non lasciava allo studente margini per organizzare lo studio nel
modo da lui preferito. Ancora più coercitiva era la pretesa che si dovessero
sostenere tre esami nello stesso giorno, consecutivamente, con un quarto d’ora
di intervallo tra l’uno e l’altro.
Ogni docente (come ogni ex studente) sa che la maggioranza degli studenti
universitari, se appena ha la libertà di scegliere come organizzare e
pianificare i suoi esami, evita di prevedere due esami nello stesso giorno, e
cerca invece di distanziarli il più possibile nel corso della sessione. Lo
studente ha bisogno di alcuni giorni prima di ciascun esame per ripassare la
materia e mette in atto il “chiusone”, così chiamato perché nei giorni che
precedono l’esame si rifiutano feste, inviti, cinema, partite di calcetto e
altre distrazioni e ci si concentra invece nello studio. Il calendario
ministeriale non consente questa modalità: in primo luogo le lezioni
(obbligatorie) finivano piuttosto a ridosso delle date di esame; in secondo
luogo un chiusone di lunghezza triplicata, necessario per sostenere tre esami,
risulta insostenibile.
Il secondo caposaldo della preparazione dello studente medio è la “sbobina”, che
si pratica in genere in gruppo: uno studente a turno registra la lezione del
docente col telefonino e ne prepara un trascritto; la somma dei trascritti
costituisce la guida allo studio e per gli argomenti trattati con maggiore
dettaglio dal docente può arrivare a sostituire il libro di testo. Alcuni di noi
forniscono direttamente i trascritti, per evitare errori di interpretazione. La
sbobina, come il chiusone, può non essere un metodo di studio ideale, ma in
genere funziona perché gli argomenti di maggiore rilevanza per il corso,
spiegati con maggiore dettaglio, sono anche quelli più importanti per l’esame.
La riforma introdotta quest’anno dal Mur prevedeva che gli esami si svolgessero
su quesiti identici a livello nazionale e preparati da una commissione
ministeriale, della quale non facevano parte i docenti che tenevano i corsi.
Agli studenti che ci chiedevano come sarebbe stato l’esame, non potevamo dare
altra risposta che di guardare le norme pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale,
perché non saremmo stati noi a preparare le domande di esame.
Infine, per completare la costruzione della tempesta perfetta, la riforma
utilizza gli esami come prove di ammissione; mentre nelle prove concorsuali
usuali la graduatoria si basa sui punteggi ottenuti dai candidati qualunque essi
siano, negli esami esiste una soglia di sbarramento data dalla sufficienza: chi
non ha la sufficienza nelle tre materie non entra in graduatoria; questo fa sì
che soltanto una minima percentuale dei candidati appaia meritevole. Il metodo
precedentemente in vigore prevedeva un concorso di ammissione preliminare su
argomenti di logica o tratti dai programmi di liceo, costruiva una graduatoria
senza limiti di sufficienza e non pregiudicava il successivo svolgimento dei
corsi e la preparazione agli esami universitari.
E’ possibile imporre ad uno studente universitario, del quale noi cerchiamo di
valorizzare l’autonomia e l’iniziativa, un sistema rigido, nel quale i suoi
strumenti preferiti, chiusone e sbobina, sono vanificati e l’accesso alla
graduatoria di ammissione prevede una soglia di punteggio? Chi ha il potere, e
l’arroganza necessaria, può imporre molte cose, ma i risultati dell’attività
imposta saranno inferiori, spesso molto inferiori, a quelli che si sarebbero
ottenuti se si fosse lasciata allo studente una maggiore libertà: obbligare
qualcuno a lavorare in un modo piuttosto che in un altro non porta mai al
risultato migliore che quel qualcuno potrebbe produrre.
Inoltre, poiché lo studente lavora per se stesso, ottenere una preparazione
peggiore in un esame di ammissione costruisce un debito formativo che lo
studente, se ammesso, dovrà poi colmare.
L'articolo Così si è costruita la tempesta perfetta per la catastrofe degli
esami filtro a Medicina proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Il corso di educazione all’affettività si farà ma quando il disegno di legge
Valditara sul consenso informato sarà votato anche al Senato e diverrà norma
definitiva”. Laura Di Perna, la dirigente dell’istituto “Rita Levi Montalcini”
ha deciso di bloccare tutto in attesa del Parlamento, nonostante non ci fossero
state indicazioni in questo senso. “Scelta ingiustificata e eccessiva”, secondo
i genitori che protestano soprattutto perché la psicologa era già stata
individuata e il via libera di mamme e papà era già arrivato.
Detto in altre parole, si chiama effetto Valditara. Nei giorni scorsi, la
Camera, ha approvato con 151 voti favorevoli e 113 contrari, e il disegno di
legge sull’educazione alla sessualità e all’affettività che per quanto riguarda
le elementari (la classe in questione è una quinta ndr) è chiaro: “Per la scuola
dell’infanzia e la scuola primaria sono escluse, in ogni caso, le attività
didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto
temi attinenti all’ambito della sessualità”.
Ovvero, la riproduzione la puoi spiegare se fai il maestro di scienze ma
chiamare un consulente esterno non è più possibile. Alla “Levi Montalcini” hanno
da sempre valorizzato la dimensione affettiva e relazionale. Per la dirigente è
uno dei tanti fiori all’occhiello della scuola tant’è che quest’anno era già
stata individuata una psicologa che avrebbe dovuto fare degli interventi nelle
classi. Un percorso ben visto dai genitori che, tuttavia, nei giorni scorsi si
sono trovati di fronte ad una circolare della preside che annunciava
l’annullamento del corso. Uno stop che non è piaciuto a mamme e papà che
immediatamente hanno denunciato pubblicamente la scelta della preside.
A spiegare a ilfattoquotidiano.it la vicenda è proprio Di Perna: “Nessuna
cancellazione. Il 3 dicembre la Camera ha approvato il disegno di legge ora è
corretto attendere il passaggio definitivo al Senato prima di prendere decisioni
affrettate. Noi presidi dobbiamo attenerci alla norma e in questo caso ci
troviamo in difficoltà”. A onore del vero Di Perna non parla di un intervento
sull’educazione sessuale pertanto alla luce di quanto espresso nel ddl non ci
sarebbero problemi ma quel “temi attinenti all’ambito della sessualità” non
lascia in pace i capi d’istituto.
“Ora – sottolinea Di Perna – non voglio che il mio intervento venga preso come
una rinuncia. Ho già chiarito la mia posizione in un’ulteriore circolare ma allo
stato attuale non ci sono linee guida, non c’è nulla che ci permetta di compiere
una scelta in serenità”. La “Rita Levi Montalcini” è solo la prima delle realtà
che a fronte della nuove disposizioni ha fatto un passo indietro ma i sindacati
e le associazioni già prevedono che molte scuole assumano lo stesso
atteggiamento. Ovvero quello di evitare ogni possibile intervento che possa
scatenare l’attenzione del ministro o di qualche ispettore degli uffici
scolastici provinciali o regionali.
L'articolo Effetto Valditara, la preside blocca il corso all’affettività con la
psicologa (anche se i genitori erano già stati avvertiti) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha chiesto agli
organi competenti di avviare una immediata ispezione per verificare quanto
accaduto in alcune scuole in Toscana dove Francesca Albanese, relatrice speciale
dell’Onu per i territori palestinesi occupati, ha tenuto incontri durante
l’orario scolastico. Ne è seguita un’interrogazione di Fratelli d’Italia che ha
chiesto l’intervento del ministro, che ha dichiarato “di aver letto su organi di
stampa che la relatrice avrebbe rilasciato dichiarazioni che, se comprovate,
potrebbero costituire ipotesi di reato. Le ispezioni mirano a verificare la
realtà dei fatti e la eventuale responsabilità degli organi scolastici
coinvolti”. Le accuse sono quelle riassunte da un comunicato della Lega in
Toscana, riferendosi a quanto scritto sulle pagine dei quotidiani il Giornale e
il Tempo: “Come riportato da alcuni organi di stampa, sembrerebbe addirittura
che la relatrice speciale dell’Onu abbia accusato l’attuale governo di essere
‘fascista’, ‘complice di un genocidio’ e detto ai ragazzi di occupare le
scuole”. Mentre per il M5s le ispezioni richieste “puzzano di propaganda”.
L’iniziativa del ministro riguarda in particolare due istituti scolastici già al
centro dell’interrogazione parlamentare presentata dal deputato di FdI
Alessandro Amorese: “Alcune classi del Liceo Montale di Pontedera (Pisa), ed una
classe della seconda media dell’Istituto Comprensivo “Massa 6” avrebbero
partecipato ad un incontro proposto dalla rete di insegnanti “Docenti per Gaza”,
con la partecipazione di Francesca Albanese, incentrato sulle tematiche del suo
libro ‘Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite dalla Palestina’”,
evidenziava l’interrogazione. “Iniziative scolastiche di questo tipo, se svolte
in assenza di un adeguato contraddittorio, rischiano di assumere il carattere di
un indottrinamento ideologico, lontano dai principi di pluralismo, equilibrio
formativo e imparzialità che devono guidare l’attività educativa nelle scuole
italiane”. Da qui la richiesta a Valditara di “accertare che, pur nel rispetto
dell’autonomia scolastica, le modalità con cui è stato organizzato l’incontro
siano state svolte nel rispetto della salvaguardia dell’equilibrio formativo e
dell’imparzialità”. Il responsabile nazionale Cultura e innovazione di FdI,
Federico Mollicone, rincara: “Il numero di studenti italiani che hanno
partecipato a questi incontri sarebbe superiore a 11mila. Inaccettabile che sia
stato dato spazio ad una persona che ha, più volte, giustificato le azioni di
Hamas, ha partecipato a una conferenza con i volti più noti dell’organizzazione
terroristica e ha definito un ‘monito’ per i giornalisti le gravi azioni
vandaliche e intimidatorie contro la sede del quotidiano La Stampa”.
“Ci risiamo! Dopo Pisa e Massa, ora è il turno di Pontedera. Anche qui, infatti,
Albanese ha potuto fare la sua consueta propaganda in un liceo. Gli italiani
conoscono già il tristemente noto incontro virtuale – parte di una serie fornita
a oltre 150 scuole medie e superiori italiane, dalla chiara connotazione
politica – e siamo certi che la stragrande maggioranza di loro non voglia i
figli in una scuola ideologizzata”, dichiarano il commissario della Lega in
Toscana, Andrea Crippa, assieme ai deputati toscani del Carroccio Andrea
Barabotti, Elisa Montemagni, Tiziana Nisini ed Edoardo Ziello., che plaudono
alle ispezioni. “È inaccettabile che nelle scuole si svolgano lezioni
chiaramente orientate contro il Governo e prive di contraddittorio (come
previsto esplicitamente da una circolare ministeriale)”.
A dire invece che le ispezioni richieste “puzzano di propaganda” è il Movimento
5 stelle. “Non abbiamo certezze su cosa abbia detto Albanese, vedremo cosa
emergerà e se ci sono delle responsabilità. Però questa improvvisa operazione di
Valditara puzza parecchio, ancora una volta, di propaganda mascherata da zelo
istituzionale”, dichiarano gli esponenti M5S in commissione Cultura. “Forse
sarebbe più urgente farla in tutte quelle scuole utilizzate in questi anni come
passerella politica per campagne elettorali in stile Valditara. Oppure in quelle
in cui i lavori del Pnrr, arrivati grazie a Giuseppe Conte, sono ancora fermi a
causa della cattiva gestione di questo governo. Sarebbe interessante ispezionare
anche le scuole che si ritrovano a fare i conti con quasi 900 milioni di tagli
messi in manovra da questo governo. E, perché no, quelle in cui docenti e
dirigenti avrebbero attivato volentieri percorsi seri di educazione affettiva e
sessuale, se solo non fossero stati costretti a sottostare alla linea ideologica
della galassia Pro Vita di cui Valditara sembra essere ormai l’instancabile
alfiere”.
L'articolo Il ministro Valditara chiede ispezioni in due scuole che hanno
ospitato incontri con Francesca Albanese proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un centinaio di persone tra studenti, docenti e collaboratori scolastici sono
state evacuate per un’intossicazione causata dalla presenza nell’aria di una
sostanza urticante, probabilmente spray al peperoncino. Il fatto è accaduto alla
scuola superiore Gerolamo Cardano, nella zona Lampugnano di Milano.
Il secondo piano dell’edificio scolastico è stato evacuato per consentire
l’intervento dei vigili del fuoco, tra cui l’unità Nucleare biologico chimico
radiologico (NBCR): al termine delle operazioni di controllo e di bonifica non
sono emerse particolari criticità. Il 118 è intervenuto per curare cinque
persone che sono state lievemente intossicate. Già ieri mattina si è verificato
un episodio analogo, e alcuni studenti hanno dovuto ricorrere alle cure dei
sanitari.
Non è la prima volta che l’istituto in via Natta viene evacuato: a gennaio del
2023 per un principio di incendio, a ottobre dello stesso per una fuga di gas e
a novembre di quest’anno, quando uno spray urticante ha causato delle
intossicazioni a decine di studenti, con alcuni ricoveri in ospedale.
L'articolo Spray al peperoncino nell’aria, evacuato il secondo piano di una
scuola superiore di Milano: 5 intossicati proviene da Il Fatto Quotidiano.
Franco Palù è il sindaco di San Polo d’Enza, in questo comune della provincia di
Reggio Emilia, la scuola primaria “Renzo Pezzani” è stata demolita, rasa al
suolo per una speranza: costruirne una nuova, moderna, sicura e d’avanguardia
come vorrebbe la Missione del Pnrr che ne ha stanziato i fondi. Un’ottima
notizia per il piccolo comune: gli studenti sono stati dislocati in diversi
locali in attesa della fine dei lavori, la scadenza dei fondi del Piano di
Ripresa e resilienza, d’altronde, è al giugno 2026. I tempi, quindi, sarebbero
per forza di cose stati rispettati dato il rischio di perdere i fondi. E invece
così, a San Polo come in altri comuni, non è stato. I bambini rischiano di non
avere più la vecchia scuola e neanche quella nuova. O peggio, di avere una
scuola nuova ma non i fondi per pagarla perché, se i lavori non dovessero
chiudersi in tempo, il bilancio comunale non potrà sostenere lo sforzo
economico.
IL CANTIERE A RISCHIO
L’impresa che si è aggiudicata l’opera è stata selezionata da Invitalia,
racconta Palù durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati organizzata
dai parlamentari dem visto che il 12 dicembre sarà discussa in aula
l’interpellanza della vicepresidente della Camera Anna Ascani al ministro
dell’Istruzione Giuseppe Valditara, titolare della gestione dei fondi destinati
alle nuove scuole. I lavori della scuola romagnola sono stati aggiudicati con un
ribasso sensibile: il 32,58%. Circostanza che se da un lato favorisce gli
appalti, dall’altro diventa una barriera spesso insormontabile in caso di
problemi. La società aggiudicatrice, infatti, ha accumulato ritardi e gravi
inadempienze tra cui la non conformità della struttura prefabbricata.
“Nonostante le segnalazioni del comune – si legge nell’interpellanza – Invitalia
ha suggerito comunque di proseguire con l’operatore in essere, ritenendo troppo
lungo il procedimento per sostituirlo, situazione che ha creato forte incertezza
sul completamento dei lavori e sulla salvaguardia del finanziamento, la cui
eventuale revoca esporrebbe il comune a un rischio finanziario gravissimo”.
I RITARDI E IL SOVRACCARICO
“Avremmo dovuto avere il Progetto di fattibilità Tecnico-Economica entro
dicembre 2022 dal Ministero – spiega il sindaco – e invece è arrivato a marzo.
Tre mesi di ritardo in cui avremmo potuto redigere il progetto esecutivo e
indire la gara internamente. Per la mensa, ad esempio, abbiamo gestito noi la
gara e costruito in undici mesi. A causa di quei tre mesi ci siamo invece dovuti
appoggiare a Invitalia”. Invitalia è l’Agenzia nazionale per lo sviluppo che è
controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e che funge da
intermediario in casi come questo. Ha gestito circa l’80 per cento dei progetti
delle nuove scuole legati ai fondi del Pnrr. “Quando ci hanno detto che
l’impresa aveva vinto con quello sconto, ci siamo preoccupati – dice Palù – uno
sconto del genere non permette di rivolgersi alle maestranze locali se qualcosa
va storto perché avrebbero difficoltà ad accettarlo. Ed eravamo tanto più
preoccupati perché quella stessa azienda si era aggiudicata altri 22 bandi. Al
momento, infatti, non sappiamo se a settembre avremo una scuola”. Il Comune non
ha neanche realizzato i box provvisori per difficoltà economiche.
“LASCIATI DA SOLI”
A Città di Castello è invece stata demolita la scuola media “Dante Alighieri” e
il sindaco Luca Secondi racconta di aver dovuto rescindere il contratto con la
ditta che si era aggiudicata i lavori per gravi inadempienze. “Abbiamo parlato
di continuo con Invitalia – spiega il primo cittadino – mettendola al corrente
dei problemi costantemente. Ma l’agenzia ci ha detto che, avendo risolto il
contratto i primi di ottobre, l’accordo quadro (firmato con il Ministero
dell’Istruzione per la gara da 800 milioni di euro e la realizzazione di 136
nuove scuole, ndr) è scaduto e che quindi non ci forniranno un ulteriore
operatore economico. Eppure abbiamo progressivamente sempre informato Invitalia
dei problemi, aspettavamo il parere del Collegio Consultivo Tecnico per la
rescissione, trattandosi di un appalto da 12 milioni di euro. Ora abbiamo un
cumulo di macerie dove prima c’era una scuola, nessun operatore economico con
cui interagire e siamo nel silenzio assoluto del Governo nei nostri confronti.
Anzi, in una situazione di ferma chiusura. Non si può permettere che un ente
locale abbia una scuola demolita e non la possa ricostruire”. Tanto più che,
senza fondi, è improbabile che un comune possa sostenere i costi preventivati.
I RIBASSI VINCOLATI
Anche a Roseto degli Abruzzi il Comune rischia la richiesta di restituzione di
diversi milioni di euro a causa dei blocchi nei lavori della scuola media “F.
Romani” che dovrebbe essere consegnata tra il 31 marzo e il 6 agosto 2026 mentre
a Barberino Tavarnelle, i lavori iniziati nella nuova scuola primaria della
frazione di San Donato in Poggio, da completare entro marzo 2026, risultano
rallentati dal 2024 per l’abbandono e il fallimento della ditta appaltatrice.
L’opera, innovativa e sostenibile, destinata a 130 alunni e dotata di spazi
civici, vale 3,2 milioni (2,4 del PNRR): anche qui il comune ha dovuto
rescindere il contratto.
“SERVE UNA PROROGA”
Della necessità di una proroga nei tempi di scadenza del Pnrr ha invece parlato
Andrea Marrucci, sindaco di San Gimignano. La gara per la sua scuola primaria da
6 milioni di euro non ha avuto gli stessi problemi con Invitalia (mentre invece
li hanno, spiega, diversi comuni della provincia di Siena). Nonostante tutto si
fosse svolto regolarmente, a settembre 2024 ha dovuto rescindere il contratto
per la messa in sicurezza anche in questo caso per “gravissime inadempienze”
dopo un confronto con l’unità di missione del Ministero dell’Istruzione. A quel
punto, è stata selezionata una ditta di zona che proponeva un ribasso dell’8, 23
per cento, ma si sono accorti che la gara precedente si era svolta col vecchio
codice degli appalti e che con il nuovo codice non sarebbero potuti rientrare se
non a quello stesso ribasso. “Pur volendo, mi hanno detto dalla ditta, non si
riesce a rientrare nella spesa, tanto più in sei mesi e prendendosi la
responsabilità di eventuali danni”. Il Comune non può farsi carico della spesa e
pesa il rischio di perdere fondi. “Servono chiarezza e sicurezza: se non c’è la
proroga di 18 mesi per il Pnrr, il governo metta in campo una soluzione”. Ad
oggi, infatti, non è dato sapere se queste misure rientrino negli strumenti
finanziari previsti dall’ultima revisione del Pnrr per evitare i
de-finanziamenti.
I FONDI
Alla scuola sono stati destinati 17 miliardi di fondi Pnrr nel complesso: era
considerato settore strategico e i soldi servivano per gli istituti, gli asili
nido, le mense e le infrastrutture strategiche. “Ad oggi – spiega il deputato De
Luca con delega al Pnrr – la spesa è ferma al 50%. Il miliardo per realizzare le
nuove scuole (Missione 2, Componente 3, Investimento 1.1, ndr) era stato prima
già ridotto: gli istituti che hanno fatto accordi con Invitalia sono passati da
195 a 166. Ciononostante, ci sono cantieri ancora aperti e, come in questi casi,
fermi”. I target e milestone europei e nazionali fissavano al 30 giugno 2026 la
sostituzione di circa 195 edifici scolastici per un totale di almeno 410mila
metri quadrati, con benefici per circa 58mila studenti e una riduzione dei
consumi di energia finale di almeno il 50 per cento. La realizzazione degli
interventi è stata affidata totalmente al Ministero dell’istruzione e del
merito, che ha richiesto il supporto di Invitalia.
“RACCONTATECI I VOSTRI PROBLEMI
Anche per questo Ascani e i firmatari dell’interpellanza (Andrea Casu, Simona
Bonafè, Ilenia Malavasi, Irene Manzi) esortano i sindaci a comunicare i casi di
medesimi problemi in tutta Italia e chiedono al ministero di istituire un tavolo
tecnico con le amministrazioni e Invitalia, oltre che di conoscere la reale
situazione della spesa e dei lavori, tempistiche connesse. “Quando si tratta del
PNRR il governo celebra successi, ma la realtà è fatta di territori in
difficoltà con scuole ridotte in cumuli di macerie, contratti rescissi e nessuna
garanzia di riuscire a completare i lavori entro i termini stabiliti. – spiega
Ascani – Lanciamo un appello ai sindaci per raccogliere i casi problematici e
impegnare l’esecutivo a trovare una soluzione per non sprecare un’occasione
straordinaria per studentesse e studenti”. “La scuola è ancora una priorità solo
a parole” dice Manzi, con una “gestione dell’investimento superficiale da parte
del governo per Malvasi.
VENTI MILIONI MANCANTI
Simona Bonafè, infine, rileva come nonostante un emendamento del Pd al DL
25/2025 siano stati stanziati 20 milioni di euro per affrontare le situazioni di
difficoltà, “i decreti attuativi interministeriali non sono ancora stati
emanati” oltre al fatto che le risorse disponibili appaiono largamente
insufficienti. “Il governo acceleri l’emanazione dei decreti attuativi e preveda
stanziamenti adeguati”.
L'articolo Scuole demolite per il Pnrr ma non ricostruite, cantieri bloccati e
poche certezze: “Rischiamo di non fare in tempo” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Le cifre sull’espulsione dei precari dall’università italiana ultimamente sono
spaventose. Sappiamo tutti che il reclutamento del personale della ricerca e
dell’università in Italia da molto tempo è un problema gravissimo, affrontato
senza nessuna sistematicità dalle classi dirigenti che si sono succedute in
questo paese”. Anche lo storico Alessandro Barbero prende posizione a favore dei
precari dell’università italiana con un video messaggio pubblicato sulla pagina
social dell’Assemblea Precaria Universitaria di Torino. “Sappiamo che la
precarizzazione del lavoro non riguarda soltanto l’università, ma riguarda tutto
il mondo del lavoro – precisa Barbero – però qui, nel caso dell’università,
veramente si incrociano due delle dimensioni più perverse dell’Italia di oggi.
Mi fermo specificamente sull’Italia, anche se sono problemi che hanno
un’ampiezza maggiore, ma in Italia si presentano in modo particolarmente acuto.
E cioè, appunto, la precarizzazione del lavoro e il nessun interesse per le
persone che hanno lavorato e sono state sfruttate per anni e che poi vengono
buttate via”. Un post dottorando su quattro in tutta l’Università di Torino e
uno su tre in tutta Italia è rimasto senza contratto da inizio anno secondo i
dati citati dall’Assemblea Precaria che definisce il fenomeno come “la più
grande espulsione dal posto di lavoro della storia dell’università”. Ci sono poi
“le cifre incredibilmente basse degli investimenti che il nostro paese fa per
l’Università e la ricerca, e questo è un problema che determinerà la sempre
crescente arretratezza del nostro Paese in futuro”, conclude Barbero.
L'articolo “Persone sfruttate per anni e poi buttate via, cifre spaventose”:
anche il professor Barbero al fianco dei precari dell’Università proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Non sono poche le sorprese della quindicesima stagione di “MasterChef Italia”.
Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli da giovedì 11
dicembre in prima serata, in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now,
accenderanno la cucina più famosa d’Italia. Alle selezioni nuovi aspiranti
concorrenti con alle spalle storie spesso difficili, commoventi e con un 92enne
ex miliare più carico che mai.
Per conquistare la Masterclass selezione serrata: con 2 sì su 3 si accede ai
Creative Test. I cuochi possono giocarsi l’All-In. Torna la “vedetta” Chiara
Pavan, al lavoro a supporto dei giudici e poi, durante la gara, protagonista
delle nuove Green Mystery Box esterne spettacolari: aspiranti chef in campo
nello Juventus Stadium. In Norvegia per scoprire la cucina nordica, a Cagliari
tra le tante tradizioni della Sardegna, nella patria della salsiccia di Bra e in
quella del Parmigiano Reggiano in Emilia-Romagna. Tra i grandi ospiti: l’atteso
ritorno di Jeremy Chan, chef e co-fondatore di Ikoyi a Londra, Ciccio Sultano, 2
Stelle Michelin nel ristorante Duomo di Ragusa, la consueta e temuta prova di
pasticceria con Iginio e Debora Massari, Jessica Rosval, allieva di Bottura, con
le donne del suo progetto Roots, Ángel León, 3 Stelle Michelin con il ristorante
Aponiente a Cadice (Spagna).
“NON ESISTE INNOVAZIONE SENZA TRADIZIONE”
“Una cosa in cui siamo tutti d ‘accordo che non può esistere innovazione senza
tradizione. In questa edizione di MasterChef Italia abbiamo lavorato tantissimo
sulle basi. Ossia di comunicare la tradizione italiana, la grande
rappresentazione della nostra cultura gastronomica. Tutto questo serve per
essere creativi, contemporanei e soprattutto non vogliamo dire essere nuovi, ma
moderni”, hanno detto all’unisono i tre giudici.
Cannavacciuolo ha sottolineato come oggi sia “importante mettere in luce il
prodotto, la provenienza e l’ingrediente. Davanti all’ingrediente poi si parla
di tradizione e innovazione, di tecnica, di cottura, di maturazione, di
divisione, cioè tutte quelle che fanno venire fuori al 100% il sapor”e.
Locatelli ha aggiunto: “La cosa interessante è che si stanno re-introducendo nel
mercato quelli che erano dei prodotti che si erano un po’ persi nella storia. In
particolare i frutti come le pere volpine, le mele campanine… Si erano un po’
perse perché il mercato voleva un certo tipo di prodotti, devono essere tutti
uguali, tutti belli, ma la storia è un’altra, la nostra storia soprattutto è
un’altra. La forza di uno chef è conoscere gli ingredienti, quando tu conosci
gli ingredienti puoi disegnare, puoi dipingere una grande ricetta. Sennò tutti
prendiamo i libri di cucina e seguiamo le indicazioni passo dopo passo i grammi
e tutto il resto”.
“UN CAMBIAMENTO INCREDIBILE IN 15 STAGIONI DEL PROGRAMMA”
“C’è stato un cambiamento incredibile in questi quindici anni di programma anche
proprio nelle ambizioni dei concorrenti dalle prime puntate, dalle prime
edizioni. – ha affermato Barbieri – Ricordo nella prima edizione, come
cucinavano, ma soprattutto anche come aveva vinto il vincitore Spiros…E andate a
vedere come è cambiato negli anni, come sono cambiati concorrenti, come è
cambiato il cibo, come è cambiato l’approccio di queste persone. Oggi arrivano
che sono preparati, la gente sa tante più cose anche grazie a MasterChef. A
questo punto va cambiato lo stile della persona, il pensiero… Oggi tutti andiamo
a fare la spesa e la facciamo in un modo diverso, perché comunque MasterChef ha
raccontato delle storie estremamente importanti, vere… Ha raccontato davvero la
storia e l’evoluzione che c’è stata grazie davvero anche a tutto quello che c’è
in giro e c’è intorno perché in questo Paese c’è una grande possibilità per fare
questo tipo di lavoro e va sfruttata e va raccontato. Non solo da noi che siamo
dei cuochi, ma anche dagli addetti ai lavori e giornalisti”.
E ancora: “Dovremmo imparare davvero imparare a raccontare questo Paese, la
nostra storia perché attraverso il cibo ci sono delle cose meravigliose che
raccontano il territorio, i produttori. Si racconta chi va veramente ogni giorno
a lavorare nei campi, a mungere le vacche, a raccogliere i funghi… Perché non è
solo fare i piatti con quei quattro prodotti che girano, che diventano di moda”.
“BISOGNA INSEGNARE SIN DALLE ELEMENTARI ALL’EDUCAZIONE AL CIBO”
Cannavacciuolo poi ha tracciato un bilancio sulla cucina di oggi in Italia e nel
mondo: “Oggi si sono delle realtà che per tante esigenze hanno abbassato tanto i
prezzi, ma così facendo alla fine abbassi pure la materia prima, perché la
conosciamo. La materia prima costa, non può più arrivare sulle tavole con la
semplice trattoria, perché il pollo e il coniglio hanno i prezzi che non avevano
vent’anni fa. Dobbiamo fare un intervento già dalle scuole elementari per
cominciare a parlare di cibo, quello che oggi mangiamo domani può essere un
lavoro perché viviamo in un Paese dove c’è tutto”.
Infine: “Poi dobbiamo insegnare la lotta allo spreco, far capire che anche
dietro una semplice foglia di lattuga c’è un grande lavoro. Abbiamo un altro
problema di partenza: in casa non si cucina più. Una volta si entrava in una
casa e si sentiva per prima cosa, l’odore del cucinato oggi non si sente più.
Quindi ci sono bimbi abituati a mangiare sul piattino di plastica con wurstel e
patatine che fanno schifo. Qui dipende anche cosa trovano in mensa. E lì bisogna
intervenire anche investendo più soldi per il cibo nelle scuole. Infine ci vuole
l’educazione alle proteine alternative vegetali. Perché non insegnare ai bambini
a mangiare pasta e fagioli, ricchi di proteine?”.
L'articolo “Nelle mense scolastiche più soldi per evitare che i bimbi mangino
patatine schifose con wurstel sul piattino di plastica”: il ritorno di
MasterChef Italia proviene da Il Fatto Quotidiano.