Le ispezioni inviate dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe
Valditara, in alcune scuole toscane ed emiliane dov’è intervenuta Francesca
Albanese, la relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati,
interrogano il mondo dei genitori tra chi è convinto del rischio di far
diventare la scuola “un terreno di battaglia politica” e chi – come la Rete
degli Studenti Medi – difende comunque la libertà di parola della scrittrice.
Tutti, tuttavia, sono persuasi che mandare gli ispettori serva a poco o nulla.
Le associazioni che raggruppano mamme e papà, rispondono con un certo imbarazzo
alla questione, ma non si tirano indietro. Claudia di Pasquale, legale e
presidente dell’Associazione genitori, commenta: “La politica non deve entrare
nelle aule a gamba tesa. I nostri ragazzi devono avere un’opinione, ma non
dev’essere influenzata in maniera spacciata dai docenti. Un professore che va a
una manifestazione pro Palestina mostrandosi sui social in maniera fanatica
perde di credibilità”. Quanto al caso Albanese aggiunge: “La relatrice dell’Onu
sapendo che viene invitata in un’aula a parlare a dei ragazzi dovrebbe
moltiplicare la sensibilità e l’attenzione nell’uso del linguaggio nei loro
confronti. Tuttavia, mi lasci fare una domanda: a che serviranno le ispezioni di
Valditara? Così anche il ministro agisce schierandosi, trasformando tutto in una
guerra”.
Per la presidente di Genitori Democratici, Angela Nava, oltre ad Albanese
potrebbero esserci altri autorevoli relatori sul tema, ma aggiunge: “Ad oggi
l’esperta di diritto internazionale non ha compiuto alcun reato, non è indagata,
non è stata condannata quindi non vedo perché non possa parlare in una scuola.
Diciamolo chiaramente: le ispezioni fanno puzza di censura. Avanti di questo
passo nessun dirigente farà più nulla”.
Più cauto Antonio Affinita direttore del Moige, Movimento italiano genitori che
a ilfattoquotidiano.it rivendica “la centralità del ruolo dei genitori nella
scelta degli interlocutori chiamati a trattare temi di alta sensibilità etica e
politica nelle scuole. Riteniamo indispensabile che il sistema educativo
garantisca autentici momenti di confronto e contraddittorio, coinvolgendo
preventivamente le famiglie nelle decisioni che riguardano la formazione dei
propri figli. Solo attraverso il dialogo e il pluralismo delle posizioni si
possono affrontare i temi di attualità senza cadere nella politicizzazione e
nell’ideologizzazione, preservando l’imparzialità che deve caratterizzare
l’istruzione pubblica e il rispetto del patto educativo tra scuola e famiglia”.
A puntare il dito contro il ministro è, invece, Angela Verdecchia, coordinatrice
della Rete studenti medi: “È grave che Francesca Albanese non venga tutelata:
lei è la portavoce di un’occupazione ed è più che legittimata a parlare con dei
giovani. Purtroppo proseguono gli atteggiamenti di Valditara per delegittimare
la questione palestinese. Domandiamo al ministro: esiste o no l’autonomia della
scuola e dell’insegnamento?”. Quanto al pluralismo tanto evocato dal professore
di diritto romano, la studentessa replica: “In questo caso non può esistere un
contradditorio perché stiamo parlando di un esercito, quello israeliano, che
occupa un territorio che non gli appartiene”.
L'articolo Ispezioni nelle scuole che invitano Albanese, i genitori: “A cosa
servono?”. “Così nessun dirigente farà più nulla” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Giuseppe Valditara
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha esteso le
ispezioni ministeriali precedentemente richieste in Toscana ad altri due
istituti scolastici situati in Emilia Romagna. L’intervento fa seguito alle
polemiche suscitate dagli incontri tenuti dalla relatrice speciale dell’Onu per
i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, che aveva partecipato a
sessioni in videoconferenza con gli studenti mobilitando Fratelli d’Italia che
aveva presentato un’interrogazione al ministro.
Dopo una nuova circolare agli istituti per ribadire la necessità che ospiti e
relatori garantiscano il contraddittorio quando si tratta di tematiche di
rilevanza politica e sociale, e la richiesta di avviare ispezioni al Liceo
Montale di Pontedera (Pisa) e all’Istituto Comprensivo “Massa 6”, il ministro
conferma che la richiesta è stata fatta l’Emilia Romagna: “Credo che le
ispezioni siano partite anche in questi casi”, ha detto a Milano, a margine
della visita in una scuola. L’obiettivo delle verifiche è lo stesso: accertare
se, come dichiarato da alcuni dirigenti scolastici ai giornali, l’iniziativa sia
stata realizzata senza informali e senza coinvolgere i genitori. Le ispezioni,
aveva già spiegato il ministro, dovrebbero anche chiarire se Albanese abbia,
come riportato dal Giornale e dal Tempo, accusato l’attuale governo di essere
“fascista” o “complice di un genocidio”, o se sia vero che gli studenti siano
stati invitati a occupare le scuole. Accertamento che avverrà “con grande
serenità, ma anche con grande determinazione e fermezza”, ha assicurato il
ministro. Le eventuali conseguenze delle ispezioni saranno di competenza degli
uffici scolastici regionali, che potranno avviare procedimenti in base alla
relazione degli ispettori.
Valditara ha rilanciato sulla scuola “democratica e costituzionale” che deve
prevedere il pluralismo e non l’indottrinamento. Ha ribadito che a scuola si va
per imparare e crescere, acquisendo lo spirito critico e la capacità di leggere
i fatti “senza condizionamenti, senza indottrinamento e senza propaganda”. A chi
gli ha chiesto un commento sulle critiche mosse dal sindacato Cobas Scuola di
Bologna, che aveva parlato di “caccia alle streghe”, ha risposto che
“francamente dei Cobas non mi interessa assolutamente nulla”. Aggiungendo che
coloro che utilizzano l’espressione “caccia alle streghe” dimostrano di non aver
“ancora acquisito una maturità democratica e una consapevolezza dei valori della
nostra Costituzione”. Concludendo, il ministro ha ribadito la sua visione della
scuola: “Io amo la nostra Costituzione, credo nei valori di una scuola libera
che faccia crescere tutti i giovani. Chi non è d’accordo, libero di pensarla
diversamente, ma non mi interessa il suo pensiero”.
L'articolo Albanese, Valditara chiede ispezioni anche in Emilia Romagna. “Serve
contraddittorio. Chi non è d’accordo? Non m’interessa” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Le scuole non sono e non dovranno mai essere luoghi di indottrinamento, non
devono e non dovranno mai essere luoghi di propaganda politica. Le scuole devono
abituare lo studente allo spirito critico, al confronto plurale, alla crescita
nel pluralismo: questa è la scuola democratica. La scuola delle dittature, la
scuola totalitaria è quella che ti impone una visione senza nessun dibattito,
senza nessun confronto”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Giuseppe
Valditara, dal palco di Atreju. “Io temo che anche a leggere alcune reazioni di
ieri, di qualche esponente dell’opposizione, ci sia ancora una mentalità
totalitaria in alcuni esponenti della opposizione, perché quando mi si contesta
il fatto che io voglia fare chiarezza se effettivamente Francesca Albanese,
durante più lezioni curriculari, cioè obbligatorie, abbia veramente detto che
questo governo è costituito da fascisti, complice di genocidio, e abbia
veramente incitato a occupare le scuole, beh – continua – se mi si contesta la
necessità di fare chiarezza su un punto dirimente per quanto riguarda la
correttezza della formazione dei nostri giovani, vuol dire che non si ha
maturità democratica. E il ministro non si lascia intimidire da nessuno, il
ministro ha il dovere di far sì che la legge venga rispettata, la Costituzione
venga rispettata, il pluralismo venga rispettato, e che nelle scuole non si
faccia né propaganda né indottrinamento. Dopodiché, io non parto con alcun
pregiudizio, accerteranno gli ispettori e vedranno se eventualmente si sono
violate alcune regole e se c’è una responsabilità degli organi scolastici”.
L'articolo Valditara: “Ispettori nelle scuole che hanno ospitato Albanese? In
aula non si fa propaganda politica” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Il corso di educazione all’affettività si farà ma quando il disegno di legge
Valditara sul consenso informato sarà votato anche al Senato e diverrà norma
definitiva”. Laura Di Perna, la dirigente dell’istituto “Rita Levi Montalcini”
ha deciso di bloccare tutto in attesa del Parlamento, nonostante non ci fossero
state indicazioni in questo senso. “Scelta ingiustificata e eccessiva”, secondo
i genitori che protestano soprattutto perché la psicologa era già stata
individuata e il via libera di mamme e papà era già arrivato.
Detto in altre parole, si chiama effetto Valditara. Nei giorni scorsi, la
Camera, ha approvato con 151 voti favorevoli e 113 contrari, e il disegno di
legge sull’educazione alla sessualità e all’affettività che per quanto riguarda
le elementari (la classe in questione è una quinta ndr) è chiaro: “Per la scuola
dell’infanzia e la scuola primaria sono escluse, in ogni caso, le attività
didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto
temi attinenti all’ambito della sessualità”.
Ovvero, la riproduzione la puoi spiegare se fai il maestro di scienze ma
chiamare un consulente esterno non è più possibile. Alla “Levi Montalcini” hanno
da sempre valorizzato la dimensione affettiva e relazionale. Per la dirigente è
uno dei tanti fiori all’occhiello della scuola tant’è che quest’anno era già
stata individuata una psicologa che avrebbe dovuto fare degli interventi nelle
classi. Un percorso ben visto dai genitori che, tuttavia, nei giorni scorsi si
sono trovati di fronte ad una circolare della preside che annunciava
l’annullamento del corso. Uno stop che non è piaciuto a mamme e papà che
immediatamente hanno denunciato pubblicamente la scelta della preside.
A spiegare a ilfattoquotidiano.it la vicenda è proprio Di Perna: “Nessuna
cancellazione. Il 3 dicembre la Camera ha approvato il disegno di legge ora è
corretto attendere il passaggio definitivo al Senato prima di prendere decisioni
affrettate. Noi presidi dobbiamo attenerci alla norma e in questo caso ci
troviamo in difficoltà”. A onore del vero Di Perna non parla di un intervento
sull’educazione sessuale pertanto alla luce di quanto espresso nel ddl non ci
sarebbero problemi ma quel “temi attinenti all’ambito della sessualità” non
lascia in pace i capi d’istituto.
“Ora – sottolinea Di Perna – non voglio che il mio intervento venga preso come
una rinuncia. Ho già chiarito la mia posizione in un’ulteriore circolare ma allo
stato attuale non ci sono linee guida, non c’è nulla che ci permetta di compiere
una scelta in serenità”. La “Rita Levi Montalcini” è solo la prima delle realtà
che a fronte della nuove disposizioni ha fatto un passo indietro ma i sindacati
e le associazioni già prevedono che molte scuole assumano lo stesso
atteggiamento. Ovvero quello di evitare ogni possibile intervento che possa
scatenare l’attenzione del ministro o di qualche ispettore degli uffici
scolastici provinciali o regionali.
L'articolo Effetto Valditara, la preside blocca il corso all’affettività con la
psicologa (anche se i genitori erano già stati avvertiti) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Franco Palù è il sindaco di San Polo d’Enza, in questo comune della provincia di
Reggio Emilia, la scuola primaria “Renzo Pezzani” è stata demolita, rasa al
suolo per una speranza: costruirne una nuova, moderna, sicura e d’avanguardia
come vorrebbe la Missione del Pnrr che ne ha stanziato i fondi. Un’ottima
notizia per il piccolo comune: gli studenti sono stati dislocati in diversi
locali in attesa della fine dei lavori, la scadenza dei fondi del Piano di
Ripresa e resilienza, d’altronde, è al giugno 2026. I tempi, quindi, sarebbero
per forza di cose stati rispettati dato il rischio di perdere i fondi. E invece
così, a San Polo come in altri comuni, non è stato. I bambini rischiano di non
avere più la vecchia scuola e neanche quella nuova. O peggio, di avere una
scuola nuova ma non i fondi per pagarla perché, se i lavori non dovessero
chiudersi in tempo, il bilancio comunale non potrà sostenere lo sforzo
economico.
IL CANTIERE A RISCHIO
L’impresa che si è aggiudicata l’opera è stata selezionata da Invitalia,
racconta Palù durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati organizzata
dai parlamentari dem visto che il 12 dicembre sarà discussa in aula
l’interpellanza della vicepresidente della Camera Anna Ascani al ministro
dell’Istruzione Giuseppe Valditara, titolare della gestione dei fondi destinati
alle nuove scuole. I lavori della scuola romagnola sono stati aggiudicati con un
ribasso sensibile: il 32,58%. Circostanza che se da un lato favorisce gli
appalti, dall’altro diventa una barriera spesso insormontabile in caso di
problemi. La società aggiudicatrice, infatti, ha accumulato ritardi e gravi
inadempienze tra cui la non conformità della struttura prefabbricata.
“Nonostante le segnalazioni del comune – si legge nell’interpellanza – Invitalia
ha suggerito comunque di proseguire con l’operatore in essere, ritenendo troppo
lungo il procedimento per sostituirlo, situazione che ha creato forte incertezza
sul completamento dei lavori e sulla salvaguardia del finanziamento, la cui
eventuale revoca esporrebbe il comune a un rischio finanziario gravissimo”.
I RITARDI E IL SOVRACCARICO
“Avremmo dovuto avere il Progetto di fattibilità Tecnico-Economica entro
dicembre 2022 dal Ministero – spiega il sindaco – e invece è arrivato a marzo.
Tre mesi di ritardo in cui avremmo potuto redigere il progetto esecutivo e
indire la gara internamente. Per la mensa, ad esempio, abbiamo gestito noi la
gara e costruito in undici mesi. A causa di quei tre mesi ci siamo invece dovuti
appoggiare a Invitalia”. Invitalia è l’Agenzia nazionale per lo sviluppo che è
controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e che funge da
intermediario in casi come questo. Ha gestito circa l’80 per cento dei progetti
delle nuove scuole legati ai fondi del Pnrr. “Quando ci hanno detto che
l’impresa aveva vinto con quello sconto, ci siamo preoccupati – dice Palù – uno
sconto del genere non permette di rivolgersi alle maestranze locali se qualcosa
va storto perché avrebbero difficoltà ad accettarlo. Ed eravamo tanto più
preoccupati perché quella stessa azienda si era aggiudicata altri 22 bandi. Al
momento, infatti, non sappiamo se a settembre avremo una scuola”. Il Comune non
ha neanche realizzato i box provvisori per difficoltà economiche.
“LASCIATI DA SOLI”
A Città di Castello è invece stata demolita la scuola media “Dante Alighieri” e
il sindaco Luca Secondi racconta di aver dovuto rescindere il contratto con la
ditta che si era aggiudicata i lavori per gravi inadempienze. “Abbiamo parlato
di continuo con Invitalia – spiega il primo cittadino – mettendola al corrente
dei problemi costantemente. Ma l’agenzia ci ha detto che, avendo risolto il
contratto i primi di ottobre, l’accordo quadro (firmato con il Ministero
dell’Istruzione per la gara da 800 milioni di euro e la realizzazione di 136
nuove scuole, ndr) è scaduto e che quindi non ci forniranno un ulteriore
operatore economico. Eppure abbiamo progressivamente sempre informato Invitalia
dei problemi, aspettavamo il parere del Collegio Consultivo Tecnico per la
rescissione, trattandosi di un appalto da 12 milioni di euro. Ora abbiamo un
cumulo di macerie dove prima c’era una scuola, nessun operatore economico con
cui interagire e siamo nel silenzio assoluto del Governo nei nostri confronti.
Anzi, in una situazione di ferma chiusura. Non si può permettere che un ente
locale abbia una scuola demolita e non la possa ricostruire”. Tanto più che,
senza fondi, è improbabile che un comune possa sostenere i costi preventivati.
I RIBASSI VINCOLATI
Anche a Roseto degli Abruzzi il Comune rischia la richiesta di restituzione di
diversi milioni di euro a causa dei blocchi nei lavori della scuola media “F.
Romani” che dovrebbe essere consegnata tra il 31 marzo e il 6 agosto 2026 mentre
a Barberino Tavarnelle, i lavori iniziati nella nuova scuola primaria della
frazione di San Donato in Poggio, da completare entro marzo 2026, risultano
rallentati dal 2024 per l’abbandono e il fallimento della ditta appaltatrice.
L’opera, innovativa e sostenibile, destinata a 130 alunni e dotata di spazi
civici, vale 3,2 milioni (2,4 del PNRR): anche qui il comune ha dovuto
rescindere il contratto.
“SERVE UNA PROROGA”
Della necessità di una proroga nei tempi di scadenza del Pnrr ha invece parlato
Andrea Marrucci, sindaco di San Gimignano. La gara per la sua scuola primaria da
6 milioni di euro non ha avuto gli stessi problemi con Invitalia (mentre invece
li hanno, spiega, diversi comuni della provincia di Siena). Nonostante tutto si
fosse svolto regolarmente, a settembre 2024 ha dovuto rescindere il contratto
per la messa in sicurezza anche in questo caso per “gravissime inadempienze”
dopo un confronto con l’unità di missione del Ministero dell’Istruzione. A quel
punto, è stata selezionata una ditta di zona che proponeva un ribasso dell’8, 23
per cento, ma si sono accorti che la gara precedente si era svolta col vecchio
codice degli appalti e che con il nuovo codice non sarebbero potuti rientrare se
non a quello stesso ribasso. “Pur volendo, mi hanno detto dalla ditta, non si
riesce a rientrare nella spesa, tanto più in sei mesi e prendendosi la
responsabilità di eventuali danni”. Il Comune non può farsi carico della spesa e
pesa il rischio di perdere fondi. “Servono chiarezza e sicurezza: se non c’è la
proroga di 18 mesi per il Pnrr, il governo metta in campo una soluzione”. Ad
oggi, infatti, non è dato sapere se queste misure rientrino negli strumenti
finanziari previsti dall’ultima revisione del Pnrr per evitare i
de-finanziamenti.
I FONDI
Alla scuola sono stati destinati 17 miliardi di fondi Pnrr nel complesso: era
considerato settore strategico e i soldi servivano per gli istituti, gli asili
nido, le mense e le infrastrutture strategiche. “Ad oggi – spiega il deputato De
Luca con delega al Pnrr – la spesa è ferma al 50%. Il miliardo per realizzare le
nuove scuole (Missione 2, Componente 3, Investimento 1.1, ndr) era stato prima
già ridotto: gli istituti che hanno fatto accordi con Invitalia sono passati da
195 a 166. Ciononostante, ci sono cantieri ancora aperti e, come in questi casi,
fermi”. I target e milestone europei e nazionali fissavano al 30 giugno 2026 la
sostituzione di circa 195 edifici scolastici per un totale di almeno 410mila
metri quadrati, con benefici per circa 58mila studenti e una riduzione dei
consumi di energia finale di almeno il 50 per cento. La realizzazione degli
interventi è stata affidata totalmente al Ministero dell’istruzione e del
merito, che ha richiesto il supporto di Invitalia.
“RACCONTATECI I VOSTRI PROBLEMI
Anche per questo Ascani e i firmatari dell’interpellanza (Andrea Casu, Simona
Bonafè, Ilenia Malavasi, Irene Manzi) esortano i sindaci a comunicare i casi di
medesimi problemi in tutta Italia e chiedono al ministero di istituire un tavolo
tecnico con le amministrazioni e Invitalia, oltre che di conoscere la reale
situazione della spesa e dei lavori, tempistiche connesse. “Quando si tratta del
PNRR il governo celebra successi, ma la realtà è fatta di territori in
difficoltà con scuole ridotte in cumuli di macerie, contratti rescissi e nessuna
garanzia di riuscire a completare i lavori entro i termini stabiliti. – spiega
Ascani – Lanciamo un appello ai sindaci per raccogliere i casi problematici e
impegnare l’esecutivo a trovare una soluzione per non sprecare un’occasione
straordinaria per studentesse e studenti”. “La scuola è ancora una priorità solo
a parole” dice Manzi, con una “gestione dell’investimento superficiale da parte
del governo per Malvasi.
VENTI MILIONI MANCANTI
Simona Bonafè, infine, rileva come nonostante un emendamento del Pd al DL
25/2025 siano stati stanziati 20 milioni di euro per affrontare le situazioni di
difficoltà, “i decreti attuativi interministeriali non sono ancora stati
emanati” oltre al fatto che le risorse disponibili appaiono largamente
insufficienti. “Il governo acceleri l’emanazione dei decreti attuativi e preveda
stanziamenti adeguati”.
L'articolo Scuole demolite per il Pnrr ma non ricostruite, cantieri bloccati e
poche certezze: “Rischiamo di non fare in tempo” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Cari Genitori, nelle prossime settimane saranno avviate le procedure di
iscrizione per l’anno scolastico 2026/2027 e le nostre ragazze e i nostri
ragazzi potranno scegliere il percorso di studi da intraprendere al termine
della scuola secondaria di primo grado. Si tratta di un momento fondamentale: è
l’inizio di un percorso di vita, oltre che di studio, che dovrà servire a
valorizzare i talenti, le attitudini e le aspettative di ogni giovane. Per
questa ragione il sistema scolastico si impegna a offrirVi il suo supporto”.
Puntuale – come ogni anno da quando è al governo – nei giorni scorsi, il
ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha scritto alle mamme
e ai papà d’Italia che devono scegliere con i loro figli la scuola secondaria,
per fornire loro le prospettive lavorative dei diplomati, alcune tendenze del
mondo del lavoro e alcuni dati sulle possibilità di scelta dei percorsi di
studio dopo il diploma: Istituti Tecnologici Superiori Academy e Università. Una
missiva dove Valditara non nasconde più di tanto la “sponsorizzazione” per il
cosiddetto 4+2, battezzato dallo stesso professore.
Nella nota, infatti, dice: “Mi sembra utile evidenziare che sono ormai entrati a
pieno regime i percorsi della filiera tecnologico professionale che consentono
agli studenti dopo solo quattro anni di scuola tecnica o professionale di
entrare immediatamente nel mondo del lavoro con qualifiche particolarmente
richieste e ben retribuite, di iscriversi all’università ovvero di conseguire
con ulteriori due anni di studio il diploma di tecnico superiore rilasciato
dagli Its Academy, cioè un titolo di studio di livello terziario a cui
corrisponde un profilo di tecnologo che permette un rapido e appagante
inserimento lavorativo. A tal riguardo, i dati di monitoraggio a disposizione
evidenziano un tasso di occupazione molto alto, pari a circa l’84%, a un anno
dal diploma Its”.
A fronte delle venti righe dedicate al 4+2, spende quattro righe d’inchiostro
per i licei anche perché i percorsi tradizionali si dà per scontato che si
conoscano. Balza all’occhio, invece, come il liceo made in Italy (altra creatura
di questo Governo) tanto promosso negli scorsi anni, finisca in fondo alla
lettera riassunto in una riga e mezza. Negli allegati, molto dettagliati, il
ministero di viale Trastevere spinge molto l’acceleratore sui tecnici: “Nel
periodo 2025-2029, le aziende richiederanno complessivamente circa 1,6/1,8
milioni di lavoratori in possesso di un diploma di secondo grado, corrispondenti
a circa 310/360 mila in media all’anno. I posti di lavoro da coprire ogni anno
tra il 2025 e il 2029 con lavoratori in possesso di diploma tecnico
professionale saranno compresi tra 160mila e 186mila unità a fronte di circa
153mila giovani in uscita da questi indirizzi di studio che si metteranno alla
ricerca di un lavoro. Vi sarà, pertanto, una carenza di diplomati tecnici e
professionali che potrà variare tra 8mila e 33mila unità all’anno, interessando
trasversalmente quasi tutti i percorsi, anche se con diversa intensità”.
Sui licei, invece, il ministero è molto più prudente: “I posti di lavoro da
coprire nel periodo (2025-2029) con un diploma liceale vengono stimati tra
25mila e 30mila annui. Il dato conferma che i diplomi liceali di per sé non
rivestono una forte attrattività per il mercato del lavoro e richiedono
piuttosto una prosecuzione nell’istruzione terziaria. La rilevazione Excelsior
mette in evidenza che, comunque, circa 100mila neodiplomati liceali, ovvero il
triplo di quanti richiesti, proverà ad entrare nel mondo del lavoro”. Una spinta
verso le professioni tecniche e il mondo industriale legato all’innovazione
informatica che non solo Valditara ha premiato.
Lo stesso Romano Prodi, nel 2016, su “Il Sole24Ore” scriveva: “Il nostro Paese
ha bisogno di un forte rilancio dell’istruzione tecnica. Oggi siamo di fronte ad
un vero e proprio dramma: i nostri Istituti tecnici, che hanno formato la classe
di lavoratori e dirigenti dando certamente un forte impulso al nostro sistema
industriale vivono una profonda crisi. Dal 1990 sul totale dei diplomati della
scuola secondaria gli allievi degli istituti tecnici sono passati dal 44% al
35%, mentre quelli dei licei sono passati dal 30% al 45%: un calo drammatico
dell’istruzione tecnica che si è appena arrestato negli ultimi 3 anni. Occorre
mettere in chiara luce le cause di questo fenomeno. La prima causa è la
mentalità dei genitori che erroneamente ritengono gli istituti tecnici scuole di
serie B”.
Resta un problema, sollevato dalla Gilda in queste ore: la riforma della filiera
tecnico- professionale non è a tutt’oggi accompagnata dai decreti attuativi che
dovrebbero definire i quadri orari dei singoli indirizzi e i loro effetti
sull’organizzazione delle attività didattiche e del lavoro dei docenti. Molti
dirigenti scolastici – fa sapere il sindacato – stanno spingendo per una rapida
approvazione da parte dei collegi dei docenti della riforma senza avere un
quadro certo sui suoi effetti, soprattutto in termini di organici e di
didattica. Una fretta determinata dall’emanazione di un decreto del Mim che
fissa al 10 dicembre la scadenza per candidare le scuole che intendono far parte
dei percorsi 4+2 dal 2026-27. “Ci teniamo a ricordare che non è previsto alcun
obbligo di approvazione da parte delle scuole, per l’avvio della riforma e che i
collegi dei Docenti possono rifiutare di votare provvedimenti che risultano
incerti”, spiega il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti Vito
Carlo Castellana.
L'articolo Iscrizioni alla scuola secondaria, la lettera di Valditara
“sponsorizza” gli istituti tecnici. Ai licei solo quattro righe, ancora meno al
percorso “made in Italy” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dal 3 dicembre il disegno di legge “Valditara” sull’educazione alla sessualità e
all’affettività ha il via libera della Camera con 151 voti favorevoli e 113
contrari. Dopo lunghi dibattiti in Commissione e nell’Aula di Montecitorio ora
passerà al Senato. Ma cosa cambierà nei fatti, nella quotidianità della vita dei
nostri ragazzi, dei loro genitori e docenti?
Valditara rassicura che per quanto riguarda l’attività curriculare alla
primaria, alle medie e alle superiori nulla sarà diverso. Tradotto: ciò che è
previsto nelle Indicazioni nazionali sarà rispettato. Tradotto ulteriormente per
chi non è del mestiere: se il libro di geografia parla dell’apparato
riproduttore, spiegando anatomicamente quello maschile e femminile, il periodo
della pubertà, la gravidanza e l’ecografia, quello si farà senza bisogno di
alcun consenso. Stop.
Vietato, invece, alla scuola che un tempo veniva definita materna (3-5) anni e
alla primaria effettuare interventi di esperti esterni. Il comma quattro
dell’articolo uno non lascia spazio a fraintendimenti: “Per la scuola
dell’infanzia e la scuola primaria sono escluse, in ogni caso, le attività
didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto
temi attinenti all’ambito della sessualità”. La conseguenza è presto detta. Fino
ad oggi, gli istituti comprensivi si avvalevano spesso del supporto di
Consultori cattolici e non o di associazioni di esperti per approfondire il tema
previo il consenso dei genitori che, spesso, venivano coinvolti anche in
riunioni programmatiche. Ora il tutto sarà affidato solo all’insegnante di
classe.
Passiamo alla secondaria di primo e secondo grado. Qui l’articolo uno è molto
trasparente: “Le istituzioni scolastiche sono tenute a richiedere il consenso
informato preventivo dei genitori o degli studenti, se maggiorenni, per la
partecipazione a eventuali attività che riguardino temi attinenti all’ambito
della sessualità, nonché ad acquisire tale consenso previa messa a disposizione,
per opportuna visione, del materiale didattico che intendono utilizzare per le
attività medesime, secondo le disposizioni del presente articolo”. Ma
attenzione: stiamo parlando non della materia scienze ma della partecipazione
alle attività extracurricolari eventualmente previste dal Piano triennale
dell’offerta formativa che riguardino temi attinenti all’ambito della
sessualità. Il professore in classe avrà ancora la sua autonomia ma non potrà
più invitare liberamente un ginecologo o sessuologo a fare lezione.
E come funzionerà la richiesta del consenso? “Il consenso informato preventivo
deve essere richiesto entro il settimo giorno antecedente alla data prevista per
lo svolgimento delle attività e deve contenere le finalità, gli obiettivi
educativi e formativi, i contenuti, gli argomenti, i temi e le modalità di
svolgimento delle attività oltre che l’eventuale presenza di esperti esterni o
di rappresentanti di enti o di associazioni a vario titolo coinvolti”. In
pratica i ragazzi dovranno portare a casa – se veramente fosse così – un
malloppo di carte da far leggere a mamma e papà. Da sottolineare che qui il
legislatore non tiene in considerazione il fatto che potrebbero esserci la mamma
favorevole e il papà contrario. E che si fa? Si ricorre al Giudice? Un tema
fortemente criticato anche da “Save The Children”: “Riteniamo che l’introduzione
di un consenso preventivo obbligatorio da parte dei genitori per attività di
educazione alla sessualità rischi di produrre effetti controproducenti,
rafforzando diseguaglianze educative e culturali e limitando la libertà di
iniziativa delle ragazze e dei ragazzi, restringendo le loro possibilità di
esplorare e proporre con responsabilità temi che li riguardano. Grazie alle
richieste del mondo associativo e di parte del Parlamento – spiega Giorgia
D’Errico, Direttrice Relazioni Istituzionali – si è evitato un ulteriore
arretramento rispetto al testo originale che avrebbe vietato di svolgere
attività di educazione alla sessualità anche alle secondarie di primo grado, ma
nel suo complesso il disegno di legge non risponde alla necessità di un percorso
educativo obbligatorio strutturato e interdisciplinare sui temi dell’affettività
e della sessualità fin dall’infanzia per tutte le studentesse e gli studenti”.
Tra l’altro la questione del consenso – tanto sbandierata dalla destra – è già
oggi realtà. Non esiste una legge che dica in modo generico “serve sempre il
consenso per far entrare un esperto a scuola” ma il consenso è obbligatorio per
effetto di altre leggi, soprattutto sulla privacy, la tutela dei minori, la
responsabilità genitoriale e le attività non previste dal (Ptof) Piano triennale
dell’offerta formativa. Per la Legge sull’ Autonomia scolastica – Dpr 275/1999,
la scuola può organizzare attività con esperti solo se inserite nel Ptof, che è
approvato dal Collegio docenti e dal Consiglio d’istituto (dove siedono anche i
genitori). Se l’attività non è nel Ptof, allora serve il consenso delle
famiglie. Altra questione rilevante è che la Legge distingue tra le attività
extra curriculari (svolte fuori orario, facoltative) e quelle relative
all’ampliamento dell’offerta formativa eventualmente previste dal Ptof che
riguardino temi attinenti all’ambito della sessualità che richiedono il consenso
informato preventivo, in forma scritta, dei genitori o degli studenti, se
maggiorenni.
E in caso di mancata adesione? “L’istituzione scolastica garantisce, mediante i
propri strumenti di flessibilità e di autonomia didattica e organizzativa, la
fruizione di attività formative alternative, comunque comprese nel Piano
triennale dell’offerta formativa”. In altre parole: chi sta con questi ragazzi?
Allo stato attuale è difficile prevedere chi individuerà ogni preside.
La questione sollevata all’articolo due pare alquanto superflua visto che già
era così: “Il coinvolgimento di soggetti esterni nello svolgimento di attività
formative curricolari ed extracurricolari è subordinato alla deliberazione del
collegio dei docenti e all’approvazione del consiglio di istituto. Ai fini della
selezione dei soggetti esterni il collegio dei docenti definisce i criteri sulla
base dei quali procedere alla comparazione e alla valutazione dei titoli e della
comprovata esperienza professionale, scientifica o accademica”. L’ultimo periodo
è l’unico ulteriore vincolo anche perché non si capisce quali possano essere i
criteri e su che basi laureati in lettere o filosofia dovranno scegliere esperti
in educazione alla sessualità e all’affettività.
Il risultato potrebbe essere una netta diminuzione di questi progetti al fine di
non crearsi problemi. Decisamente critica, infatti, la segretaria generale della
Flc Cgil Gianna Fracassi: “Il ministro Valditara promotore del disegno di legge,
mentre sbandiera il principio della libertà di scelta educativa, continua in
realtà a diffondere sfiducia e gettare discredito sulla scuola. Circoscrivere
l’esclusivo perimetro familiare sui temi in ambito di sessualità è la prova di
una visione reazionaria che conferma l’arretratezza della compagine di governo.
Non si spiega diversamente questa ennesima ingerenza in materia di autonomia
scolastica e libertà di insegnamento, che nega, di fatto, che la formazione è un
diritto universale e uno straordinario strumento di prevenzione degli
stereotipi, delle discriminazioni, di tutte le forme di violenza di genere”.
L'articolo Ddl Valditara, cosa cambia davvero per le scuole. E il bluff del
consenso informato: era già così, ma ora i progetti extra saranno disincentivati
proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Aula della Camera ha approvato in prima lettura il ddl Valditara con 151 voti
a favore e 113 contrari e 1 astenuto (il deputato Fi Paolo Emilio Russo). Il
provvedimento riguarda l’educazione sessuo-affettiva e il consenso informato a
scuola. Alle medie e alle superiori si richiede per l’educazione sessuale il
consenso dei genitori dei minorenni. “Fermo restando quanto previsto dalle
indicazioni nazionali”, le attività in questione sono escluse per la scuola
dell’infanzia ed elementare. Al termine della seduta della Camera è stato
organizzato un flash-mob delle deputate e dei deputati del Pd, M5d, Avs, +Europa
e Azione davanti all’ingresso principale di Montecitorio.
Protestano le opposizioni. Per Nicola Fratoianni (Avs) questo provvedimento
“puzza di integralismo e fondamentalismo, sarebbe degno di un manipolo di adepti
di qualche setta esoterica. Ed è la fotografia di un’ ossessione: l’ossessione
del gender”. Gilda Sportiello (M5s), durante le dichiarazioni di voto, ha
dichiarato: “La gravità di questo provvedimento va oltre il mondo della scuola.
Noi non ci arrendiamo e continuiamo a combattere e vogliamo l’educazione
sessuo-affettivo in tutti i gradi dell’istruzione”. Per la dem Irene Manzi
“votando questo provvedimento vi state assumendo una responsabilità nei
confronti delle giovani generazioni in nome di una oscurantista battaglia
ideologica”.
Chi festeggia, dai banchi della maggioranza, è il leghista Rossano Sasso. “La
Lega e il governo di centrodestra restituiscono dignità alla famiglia e alla
libertà di scelta educativa”, ha detto. “La maggioranza delle famiglie sarebbe
incapace di educare i figli e andrebbero sostituiti dallo Stato e da attivisti
ideologica”, secondo Sasso come accade “a Cuba” e “in Iran”. “Lo Stato può
promuovere, sensibilizzare ma non sostituirsi ai genitori. Noi crediamo nel
primato della famiglia“. Con il ddl Valditara “vietiamo distorsioni ideologiche
di una sinistra che vorrebbe continuare a portare nella scuola i propri
attivisti politici ma anche Drag queen e porno attori”, ha proseguito. E
addirittura ha sconfessato le linee guida dell’Organizzazione mondiale della
sanità: “Ci hanno definito antiscientifici perché non rispettiamo le linee guida
dell’Oms. Ma qualcuno le ha lette le linee guida dell’Oms per l’educazione
sessuale nella fascia 0-4 anni? Prevedono la scoperta dei genitali e la
masturbazione infantile. E’ questo che volete per i nostri figli?”.
Esulta anche Fratelli d’Italia. “L’unico oscurantismo è quello di chi considera
la famiglia un problema da aggirare”, ha detto Grazia Di Maggio (FdI). “La norma
che stiamo votando introduce” solo “un consenso informato chiaro”, ha aggiunto.
“Non è rivoluzionaria e non è oscurantista”, ma introduce solo
“corresponsabilità educativa”. “Il progresso non è parlare di sessualità ai
bambini di quattro anni, la sinistra ci chiama arretrati, per noi è buon senso”.
“Una delle cose più scorrette è collegare questa legge ai femminicidi, è pura
malafede”, ha aggiunto Di Maggio.
L'articolo Educazione sessuo-affettiva a scuola solo se i genitori sono
d’accordo, la Camera approva il ddl Valditara proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Ministro lo sa che per andare a scuola uno studente deve spendere 1.170 euro?
Non risponde agli studenti?”. Con queste parole una ragazza si è avvicinata e ha
provato a “inseguire” il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe
Valditara, oggi in visita al salone Job&Orienta alla Fiera di Verona. Lo rende
noto La Rete degli Studenti Medi di Verona, che ha diffuso il video della breve
discussione con Valditara, il quale ha risposto che “la scuola è gratuita”.
“Oggi – afferma Zoe Zevio, coordinatrice della Rete di Verona – abbiamo scelto
di far sentire la voce di chi ogni giorno vive la scuola da dentro, perché non è
accettabile che gli studenti e le famiglie debbano affrontare spese di migliaia
di euro per veder riconosciuto quello che dovrebbe essere un diritto garantito
dalla costituzione. Il Ministro come spesso fa il Governo Meloni nega i dati e
l’evidenza, parandosi gli occhi davanti all’espressione concreta di un profondo
disagio”.
Secondo l’organizzazione “la scuola disegnata da Valditara non fa altro che
imporre un sistema meritocratico basato sulla concorrenza, che non tiene conto
delle condizioni di partenza, pesando in maniera gravosa sulle spalle delle
famiglie e deteriorando il benessere psicologico degli studenti”.
L'articolo Studentessa rincorre e contesta Valditara a Verona: “La scuola è
gratuita? Lo sa che spendiamo 1170 euro per andarci?” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Oltre trecento bambini e bambine di Genova dai tre ai sei anni che frequentano
quattro asili comunali, grazie alla giunta di centrosinistra e al Centro
antiviolenza “Mascherona”, faranno un’ora la settimana di educazione sessuale e
affettiva. Una risposta concreta al ministro dell’Istruzione e del Merito
Giuseppe Valditara che ha concesso solo a superiori e medie (primaria e infanzia
sono escluse) progetti su questo tema, previo consenso delle famiglie: “In
questo Paese – ha detto la prima cittadina Silvia Salis presentando l’iniziativa
– è impossibile pensare che non ci sia bisogno di educazione sessuo-affettiva
nelle scuole ed è anche impossibile sostenere che debba essere una
responsabilità a carico delle famiglie. Dicono che ci sono altri problemi:
delegittimare questi temi è una forma di violenza che va combattuta”.
LA SPERIMENTAZIONE DA GENNAIO
Si parte, dal prossimo gennaio, con i primi incontri che vedranno coinvolte le
famiglie, sotto la regia e l’organizzazione dei responsabili di ambito delle
scuole infanzia “Firpo” e “Mazzini” di Sampierdarena, “Monticelli” del Lagaccio
e “Santa Sofia” nel centro storico. “È un piccolo passo – ha sottolineato la
sindaca – ma con l’aria che tira in Italia, è un molto rappresentativo. Dai
territori può partire un movimento culturale che vada a scardinare il populismo
becero che ha invaso questo Paese”. I progetti verranno realizzati in
collaborazione, coprogettazione e, ovviamente, con il consenso dei genitori,
come tutta l’offerta formativa e pedagogica per i bambini dell’infanzia. Le
prime scuole comunali, che saranno coinvolte in questa fase sperimentale, hanno
già avviato iniziative di inclusione, intercultura, valorizzazione delle
diversità, anche confrontandosi con contesti complessi e che hanno visto la
forte partecipazione dei genitori.
LA RESPONSABILE: “FAREMO EDUCAZIONE ALLA NON VIOLENZA INSEGNANDO L’EMPATIA E LA
GESTIONE DELLE EMOZIONI”
Nelle scuole andranno alcuni volontari dei centri antiviolenza che si sono messi
a disposizione gratuitamente. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Manuela Caccioni,
la responsabile del centro antiviolenza “Mascherona” che gestirà la
sperimentazione. Caccioni ha alle spalle venticinque anni di impegno a favore
delle donne che hanno subito violenza ma anche ore ed ore di lezioni nelle
scuole di ogni ordine e grado: “Siamo convinti, sia noi che l’amministrazione,
che per interrompere la spirale di violenza sia necessario lavorare con i più
piccoli. Alle superiori è già tardi. Lo testimonia il fatto che ai nostri
centri, a differenza del passato, dopo il nostro lavoro nelle classi, arrivano
16-17enni che ancor prima di aver preso uno schiaffo si rivolgono a noi perché
si sentono oppresse, controllate”.
Ma di cosa parleranno i volontari? “Faremo educazione all’emozione, promozione
all’empatia in forma giocosa con storie che valorizzano la non violenza. Se dici
la parola ‘sesso’ tutti pensano a chissà cosa ma sappiamo che son bambini dai
tre ai sei anni: servono giochi di gruppo, è utile parlare con loro della paura,
della rabbia. La repressione delle emozioni porta ad un’aggressività che può
essere contenuta”. Caccioni, che con il suo team incontra circa 600 donne l’anno
e gestisce cinque “case rifugio”, ha un obiettivo: “Vogliamo coinvolgere non
solo i bambini ma anche gli insegnanti e le famiglie per promuovere un’ azione
da pari a pari senza gerarchie”.
L'articolo Genova, Salis sperimenta l’educazione sessuo-affettiva per quattro
asili: “Dai territori possiamo scardinare il populismo” proviene da Il Fatto
Quotidiano.