All’assemblea nazionale di Coldiretti, l’intervento di Massimo Cacciari viene
accolto da applausi ripetuti e non rituali. Non è una lectio accademica, ma una
requisitoria politica che tocca nervi scoperti dell’Europa contemporanea, con la
guerra in Ucraina come epicentro di una crisi che, secondo il filosofo, non è
solo militare o geopolitica, ma prima di tutto democratica.
Cacciari parte dalla struttura dell’Unione europea e ne denuncia lo svuotamento
politico: “Si parla della Commissione von der Leyen, ma di fatto quello che
dirige la baracca è l’apparato tecnocratico e burocratico: sono i funzionari,
sono quelli che fanno i dossier, che preparano le strategie, sono loro più che i
membri politici della Commissione”. È qui, sottolinea, che si consuma “un
deficit totale di democratizzazione degli organismi della Comunità europea”. Il
Parlamento europeo appare “sempre più fantasma”, la Commissione “non ha nessuna
diretta legittimazione democratica” e funziona “di fatto da esecutivo”, mentre
le decisioni finali restano in mano agli Stati, in un sistema che a 27 membri
rende “impossibile ogni decisione”.
Questo quadro, già fragile, viene aggravato drammaticamente dalla scelta europea
sulla guerra. Cacciari usa un’espressione che colpisce la platea: l’Europa ha
deciso “di andare alla guerra da sola”.
Il paradosso è evidente: “Ormai è chiaro come il sole che gli Stati Uniti non
ritengono più di avere il nemico da questa parte”, perché sanno bene che “la
Russia non rappresenta più nessun reale pericolo, almeno per loro”. La
competizione strategica americana, insiste, “si è spostata tutta sul fronte
dell’Oceano Pacifico” e il messaggio agli alleati europei è netto: “Volete fare
la guerra? Fatevela per conto vostro”.
Le conseguenze sono immediate e pesanti: “Questo significa che le nostre spese
già decise per il riarmo assorbiranno sempre di più le poche risorse che abbiamo
per welfare, per solidarietà, per tutte le politiche sociali ed economiche che
ci servirebbero”. La guerra in Ucraina, così come viene gestita dall’Europa,
diventa il simbolo di una scelta che sacrifica la coesione sociale sull’altare
della militarizzazione, senza una vera discussione politica e senza un mandato
democratico chiaro.
Cacciari non nega che l’Europa sia necessaria, anzi ribadisce il contrario:
“Possiamo fare a meno dell’Europa? No, l’Europa ci è sempre più necessaria
perché è l’unica dimensione all’interno della quale possiamo svolgere politiche
di sviluppo”.
Ma la domanda cruciale resta sospesa: “È possibile ancora, nella situazione in
cui ci troviamo?”. La sua risposta è radicale e spiazzante per il sistema
politico tradizionale: la ricostruzione dell’unità europea non può partire dai
partiti, ma dai corpi intermedi. “È possibile soltanto che i corpi intermedi
europei, e non i partiti, le rappresentanze dei grandi interessi economici,
produttivi, a partire dalla Coldiretti stessa o da organismi simili, da lì
riparte un discorso di ricostruzione dell’unità politica ed economica europea”.
Solo così, sostiene, può avviarsi “un processo di ridemocratizzazione
dell’Unione Europea”.
Il giudizio sulla classe politica continentale è impietoso. “Ma in tutta
l’Europa ci rendiamo conto della forza presunta di questa leadership europea?”,
chiede provocatoriamente. Macron, osserva, “se domani si va a votare prenderebbe
il 15%, forse neanche”; Merz “ha il fiato al collo addirittura di neonazisti”.
Il paradosso, aggiunge, è che “obiettivamente il leader più forte è la Meloni”,
l’unica che conserverebbe una legittimazione elettorale immediata. “Siamo in una
situazione disperante dal punto di vista della rappresentatività dei partiti e
delle forze politiche e questo non è una buona notizia per la democrazia”,
perché “la democrazia non c’è senza partiti, è conflitto e competizione tra
forze politiche organizzate”.
Quando la moderatrice Monica Giandotti chiede se la Russia possa rappresentare
un problema per l’Europa, la risposta di Cacciari è ironica e tagliente: “Certo,
se pensiamo che Putin abbia in testa di invadere l’Europa, è giusto riarmarsi,
anzi non basteranno certamente 100 miliardi, dovremmo dotarci magari anche di un
arsenale atomico adeguato”. Ma il filosofo chiede chiarezza politica. Se la
leadership europea sostiene che la Russia non si ferma a Donbass, Crimea e
Ucraina, ma ha “una volontà di potenza continentale”, allora lo dica
apertamente. “Se mi dicono che dall’altra parte dell’Ucraina non c’è Putin ma
c’è Hitler, va bene, ottimo, ma me lo devono dire nero su bianco”.
In assenza di questa verità esplicita, per Cacciari l’Europa tradisce se stessa
e i suoi fondamenti costituzionali. Ricorda che gli statisti europei avevano
inscritto nelle Costituzioni, “tra cui quella italiana, articolo 11”, un’idea
precisa: l’Europa non come centro egemonico del mondo, ma come spazio di
mediazione. “Capivamo di essere stati detronizzati come grande potenza globale,
però potevamo svolgere una funzione fondamentale di intermediazione, di
compromesso, di dialogo tra le diverse potenze”. Questa era, e dovrebbe essere,
la funzione europea: “l’elemento di rapporto, di dialogo tra mondo mediterraneo,
Maghreb, continente sub-sahariano, Medio Oriente, Russia, Stati Uniti”.
La guerra in Ucraina è la conferma di una rottura storica, che Cacciari fa
risalire a una data precisa: “Tutto cambia quando c’è un momento cruciale, l’11
settembre 2001”. Da lì partono le guerre e l’Europa “comincia a cambiare natura
sui principi fondamentali di pace, di solidarietà”. A determinare questo
slittamento è soprattutto “il crescente strapotere delle grandi corporazioni”,
dall’informazione alle tecnologie, dalla farmaceutica all’agricoltura, “una
dozzina di soggetti fondamentali che stanno inglobando in sé ogni forma
politica”.
Anche i tecnocrati più avvertiti, riconosce Cacciari, ne sono consapevoli:
“Mario Draghi queste cose le sa perfettamente”. Sa che l’annichilimento della
politica produce disastri, perché “conflitti sociali, disuguaglianze” non
possono essere affrontati dal solo punto di vista dell’interesse economico o
tecnico-finanziario. Ma i tecnocrati “non hanno nessun modo di affrontare la
questione, perché il loro linguaggio, la loro cultura è quella”.
Per questo, conclude tra nuovi applausi, la responsabilità ricade su altri
soggetti: “Sta a noi, sta in particolare nella crescita di dimensione politica e
di forza politica dei corpi intermedi”. È da lì, insiste Cacciari, che può
ancora nascere un’Europa capace di parlare di pace e di democrazia mentre
rischia di perderne la sostanza.
L'articolo Cacciari scuote Coldiretti: “Se l’Europa pensa che Putin sia il nuovo
Hitler, si riarmi pure. Ma abbia il coraggio di dimostrarlo” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
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“Non riarmo, ma pace!“. È il grido di Massimo Cacciari in uno dei passaggi più
incisivi del suo intervento a Dimartedì (La7), dove il filosofo icommenta il
nuovo scenario geopolitico delineato dalle parole di Donald Trump.
Di fronte alla domanda del conduttore Giovanni Floris, che gli chiede se la
nuova amministrazione Usa non identifica la Russia come nemico, Cacciari non
lascia zone grigie: “Significa semplicemente che gli Stati Uniti non ritengono
la Russia il nemico e quindi se l’Europa vuole fare la guerra alla Russia, si
arrangerà, la farà lei per conto suo, si riarmi, così moltiplicherà i populismi
e le estreme destre all’interno di ogni Stato. Se ritiene di farlo, si arrangi,
ne sconteremo noi le conseguenze“.
Il filosofo chiarisce subito la distinzione che considera fondamentale: “Nemici
di Putin sia chiaro, lo siamo tutti, perché Putin è un oligarca e il suo regime
non può piacere a nessun democratico e a nessun europeo. Un’altra cosa è la
Russia: se c’è rimasto un minimo di sale in zucca, dobbiamo sempre distinguere
Netanyahu da Israele, Putin dalla Russia, l’Italia dalla Meloni. O no?”.
Il cuore del ragionamento, ripete, è la necessità di non confondere un leader
politico con un intero Paese, e di non trasformare la Russia in un nemico
strutturale dell’Europa. Per Cacciari, infatti, l’idea stessa di considerare la
Russia un avversario strategico è “una follia“. La politica europea, sostiene,
non può prescindere da rapporti “sani, commerciali ed economici con la Russia”.
E a dimostrarlo, afferma, sono i costi delle fratture apertisi con la guerra in
Ucraina: “Adesso che siamo in guerra ne stiamo subendo le conseguenze
economiche”.
Il filosofo richiama anche una prospettiva più ampia, quella del declino
economico europeo: “Ma ci rendiamo conto che l’Europa nel ’90 aveva il 26% del
Pil mondiale e oggi siamo al 14? Ce ne rendiamo conto o no?”.
In un contesto di crisi profonda, ribadisce, l’Europa “avrà bisogno di
commerciare con tutti, di avere rapporti economici, finanziari buoni con tutti”,
ritrovando una vocazione diplomatica “di pace”.
Sul fronte ucraino, Cacciari non nega le responsabilità russe: “È giusto
appoggiare l’Ucraina, è giusto difendere la sovranità dell’Ucraina, è giusto
riconoscere la grande colpa della Russia nell’avere attaccato e invaso
l’Ucraina”. Ma a suo avviso la via d’uscita resta una sola: tornare agli accordi
di Minsk.
“Questa guerra – osserva – dopo tragedie, migliaia di morti, distruzioni, se
finirà o se non continuerà all’infinito, naturalmente tra Europa e Russia,
perché gli Stati Uniti non la continuano certamente questa guerra, si concluderà
con gli accordi di Minsk, sottoscritti dal presidente della Francia, dalla
Merkel e dal presidente dell’Ucraina di allora”.
Il filosofo, infine, ricorda che gli accordi offrivano una soluzione pragmatica
per le regioni russofone, “una situazione di relativa autonomia amministrativa e
finanziaria”. Non erano, insiste, un’imposizione del Cremlino: “Gli accordi di
Minsk sono stati sottoscritti anche dal presidente di allora dell’Ucraina, non
imposti da Putin. Questa è la storia. Vorremmo ricordarcela oppure veramente non
abbiamo memoria, non abbiamo raziocinio, non abbiamo più un piffero di niente,
noi europei?”.
L'articolo Cacciari a La7: “Essere nemici della Russia è una follia che
compromette ogni politica europea degna di questo nome” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“La guerra si fa anche con la disinformazione sistematica. E in Italia molti
organi di stampa e molti media sono entrati in guerra, disinformando. Se scendi
in campo e punti il nemico, spargi fake news col fine di danneggiare quel
nemico. Il 90% dei media italiani ha lavorato così“. Sono le parole pronunciate
dal filosofo Massimo Cacciari, ospite di Battitori Liberi, su Radio Cusano
Campus, intervenendo sulla situazione della guerra tra Russia e Ucraina.
L’ex sindaco di Venezia fa un parallelismo su come funzionava la stampa
italiana, francese e tedesca durante la seconda guerra mondiale. E stigmatizza
la narrazione del conflitto offerta dalla stampa e dai media mainstream: “Non
c’è stata nessuna indagine sulle cause della guerra, nessuna analisi di come
erano le strutture in Russia e in Ucraina che si confrontavano, nessun giudizio
sul comportamento della Nato, tantomeno su quello del governo europeo, nessuna
notizia fondata. Quindi, siamo arrivati adesso al punto che la Russia è a un
passo da Kiev dopo che i nostri giornali per mesi sono andati avanti dicendo che
gli ucraini stavano vincendo e che bastava armarli perché vincessero“.
Altrettanto ferma è la sua analisi del conflitto. Massimo Cacciari descrive un
continente incapace di incidere diplomaticamente e sempre più trascinato in una
spirale di riarmo e propaganda: “Per raggiungere una forma di patto occorre che
le due parti trovino un punto d’accordo. Che non ci sarà mai, se la Russia
ritiene di aver vinto e vuole dettare i termini del trattato e l’Ucraina non si
rende conto che la situazione è quella che è e che tutti vedono al di là dei
fumi di propaganda, cioè che sul campo non poteva che perdere, come tutte le
persone ragionevoli, alle quali mi vanto di appartenere, hanno detto dal primo
giorno. E cioè che l’Ucraina da sola non può vincere la Russia. O c’è una guerra
di tutta l’Europa, una guerra guerra, o se no…”.
E aggiunge: “Bbisogna che entrambi assumano una posizione realistica: la Russia
non può pretendere una vittoria sul campo e l’Ucraina deve riconoscere di non
poter continuare la guerra da sola senza travolgerci tutti in una guerra
mondiale. L’Unione Europea non ha fatto altro che peggiorare la situazione, non
proponendo alcuna linea precisa di trattativa, limitandosi a riarmare l’Ucraina,
appunto come se l’Ucraina, anche riarmata fino ai denti, potesse da sola vincere
la Russia. La posizione dell’Europa è folle da un punto di vista strategico,
dannosissima per gli interessi dei nostri paesi, perché ci siamo auto-sanzionati
e continuiamo ad auto-sanzionarci. E questa posizione della Ue adesso è anche
improvvida perché è in rotta di collisione con la posizione americana, che bene
o male punta alla trattativa”.
Cacciari punta il dito contro i “volenterosi”, come Macron e Merz, accusandoli
di essere “leader debolissimi”, condizionati dalle rispettive destre interne e
inclini a “esaltare la funzione del nemico” per sopravvivere politicamente. In
questo quadro, giudica Giorgia Meloni “la meno peggio”, perché almeno riconosce
qualche limite della linea più oltranzista.
La critica si allarga rapidamente alla struttura della Ue. Cacciari parla
esplicitamente di un “regime antidemocratico”, dominato da una Commissione che
“può fare tutto quello che vuole” e da comitati tecnici “educati alle scuole
neoliberiste”. Il Parlamento europeo, afferma, è “un fantasma”. Una dinamica che
allontana Bruxelles dai bisogni dei cittadini e che riguarda anche i settori
chiave della vita nazionale: “”Metà dei nostri destini sono in mano all’Europa,
vedi tutta la politica agricola e industriale”.
Il filosofo riconosce anche un conflitto interno al potere americano. “Gli Stati
Uniti non sono un monolite”, sostiene. Da una parte ci sarebbero forze
politiche, rappresentate oggi da Donald Trump, che spingono per ridurre il
coinvolgimento europeo e concentrare l’attenzione sulla Cina. Dall’altra,
settori che vogliono mantenere viva la contrapposizione con la Russia. La Nato,
in questo scenario, “sembra soffiare sul fuoco”.
Circa la posizione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Cacciari
la definisce “pallida”: “Non credo che Sergio Mattarella sia nella posizione del
‘facciamo la guerra alla Russia’. ma certamente sarebbe stato augurabile una sua
posizione più netta a salvaguarda dell’articolo 11 della Costituzione.
Mattarella è un presidente di mediazione, di compromesso, un presidente che non
farebbe mai esternazioni evidentemente polemiche nei confronti del suo governo”.
Ma aggiunge: “La contraddizione, in realtà, è all’interno del governo. Ed è
destinata a crescere perché più l’Italia si schiera su chi vuole riarmare, su
chi vuole spendere soldi per le armi piuttosto che per la sanità, più il ceto
medio di questo paese soffre di inflazione e perdita di valore dell’acquisto dei
propri salari e delle proprie pensioni – prosegue – più la Meloni, che viene da
una destra sociale e non da quella liberista o trumpiana, è destinata a essere
in crisi. La contraddizione è palese, la sua base sociale è una destra sociale:
fino a che punto riuscirà a far finta di non vivere in una contraddizione? È
pazzesco”.
Cacciari conclude con un attacco frontale al sistema decisionale europeo e
nazionale: “È stato chiesto ai cittadini se sono d’accordo sul nucleare e
verranno interpellati sulla separazione delle carriere dei magistrati, cioè su
temi specifici e tecnici la gente è chiamata a votare, mentre sarebbe stato il
caso che decidessero altri e non l’opinione pubblica – chiosa – Sulla politica
di riarmo, invece, non si consulta nessuno. Perché non viene chiesto ai
cittadini se preferiscono spendere 90 miliardi per il riarmo o investirli in
scuole, sanità e ricerca?”.
L'articolo Ucraina, Cacciari: “Il 90% dei media italiani sparge fake news.
Perché Meloni non consulta i cittadini sul riarmo?” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Secondo me fanno un errore, non è con sistemi di censura che si combattono le
idee, per quanto pericolose siano.” Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo
(La7) dal filosofo Massimo Cacciari, a proposito delle polemiche relative alla
fiera della piccola e media editoria, Più libri più liberi, che oggi apre i
battenti in un clima di tensione per la presenza, tra gli editori ammessi, di
Passaggio al Bosco, sigla fiorentina nata nell’orbita della “Destra
identitaria”.
Contro la partecipazione della casa editrice si sono mobilitati storici,
associazioni antifasciste e centinaia di scrittori, che nella lettera aperta del
2 dicembre parlano di un “pantheon nazifascista e antisemita” e chiedono all’AIE
di revocare l’ammissione, evocando il precedente Altaforte del 2019.
Nel dibattito interviene Cacciari, rovesciando il punto di vista. Per il
filosofo, concentrare l’attenzione sull’espositore controverso significa
ignorare il terreno su cui si alimentano i fenomeni neofascisti: “La battaglia
politica-culturale contro i fenomeni fascisti la fai nella scuola, studiando,
all’università, discutendo, dialogando, la fai con una politica seria. Se
crescono le forze di destra, anche fasciste, in Europa, non è colpa di una casa
editrice che esponga o non esponga i suoi libri, è colpa di una cattiva, pessima
politica europea“.
Quando Lilli Gruber commenta contrariata (“Non so, l’Europa cosa c’entra?”),
Cacciari ribadisce: “Certo, la cattiva politica europea. Se ci fosse stata una
seria politica europea, non ci sarebbe l’alleanza per la Germania, non ci
sarebbe la Le Pen. Mussolini per caso è stato portato con le armate e dai
marziani oppure è stato portato dalla cattiva politica precedente, da errori
fatti da socialisti, da comunisti, da liberali? Che cos’è che produce il
fascismo e il nazismo? Si autoproducono?“.
Di fronte all’obiezione della conduttrice (“Questa casa editrice pubblica
Mussolini”), Cacciari replica: “Mussolini è sempre stato pubblicato, anche il
Mein Kampf. Sono sempre state le case editrici che hanno pubblicato alcuni testi
canonici del fascismo, con altri, magari sotto mentite spoglie.”
E aggiunge: “Certo, la prospettiva politica è quella, ma sono libri che si sono
sempre trovati, case editrici che le hanno sempre pubblicate.”
La sua posizione insiste sull’inefficacia concreta dei divieti: “Fatto sta che
questi libri si sono sempre trovati, che differenza fa nella sostanza che si
trovino in una libreria o che si trovino al festival più libri, più liberi? Che
differenza fa? Nessuna. Perché questi testi si trovano in tutta Europa,
dappertutto, in tutte le librerie, o se no le ordini. Su Amazon le ordini,
tutti. Anche i peggiori, tutti.”
E conclude: “Cosa vuoi che conti nel mondo attuale la censura? Cosa vuoi che
fermi la censura? È solo cultura, scuola, educazione che può servire a
qualcosa.”
L'articolo Cacciari a La7: “Se crescono le destre è colpa della pessima politica
europea, non di libri esposti a una fiera” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Massimo Cacciari, ospite di Accordi&Disaccordi, il talk condotto da Luca Sommi
con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi, in onda il sabato su
Nove ha parlato della manovra che il governo si prepara ad approvare prima di
Natale, una manovra da 18,7 miliardi di euro in rapporto a quanto l’Europa ha
speso per le armi in Ucraina dal 2022, cioè 178 miliardi di euro pari a circa
dieci volte la manovra finanziaria italiana. Secondo il professore ed ex sindaco
di Venezia il quadro è desolante. “Un Paese come il nostro, con un indebitamento
folle, che cresce quotidianamente, anche se in altri Paesi europei non si sta
tanto meglio, ma sicuramente da noi si sta relativamente peggio, è difficile che
possa fare grandi finanziarie, finanziarie con un minimo di prospettiva e di
audacia – ha detto Cacciari – Per quanto riguarda il peso economico della guerra
in Ucraina, mi pare evidente che un Paese la cui energia e il cui fabbisogno
energetico dipende sostanzialmente dall’estero, una volta che appunto viene meno
anche soltanto questo, lasciando perdere la spesa per le armi – che è un
capitolo diverso perché attiene a una decisione politica strategica – insomma su
questa questione è palese. Quanto può incidere? Lo diranno gli economisti, ma
sicuramente con costi energetici ridotti noi non saremmo in una condizione di
inflazione crescente come quella in cui ci troviamo”.
Sulle armi il professore “parla per assurdo, fa l’avvocato del diavolo” e dice:
“Vogliamo fare la guerra in Ucraina? Bene. Facciamo la guerra in Ucraina?
Vogliamo pensare di vincere la guerra in Ucraina armando gli ucraini? Bene,
armiamo gli ucraini. Vogliamo dargli le armi agli ucraini? Bene, ma vivaddio! Ma
scelte di questo genere dovranno pure sostenersi su una politica estera davvero
comune! Ma tutti i paesi europei dicono cose diverse. E dovranno pure sostenersi
su una strategia militare unica europea, cioè il tema dell’esercito europeo.
Senza un esercito europeo, senza una strategia comune europea, ma cosa spendiamo
i soldi in armi a fare? Ma cosa spendiamo soldi in armi a fare? Ma vivaddio, io
spendo se ho un esercito, se c’è una strategia comune, se c’è un c’è un ponte di
comando unico: questo è il punto fondamentale. Insomma, qui si tratta soltanto
di sostenere degli interessi industriali ed economici e nella fattispecie
soprattutto americani perché le armi poi andiamo a comprarle anche da loro.
Almeno le facessimo noi queste armi: in parte le facciamo perché l’Italia è il
massimo Paese produttore di armi in Europa. In parte le facciamo le armi, ma
almeno le facessimo tutte noi queste armi. Invece no, le dobbiamo comprare anche
dagli americani“.
L'articolo Cacciari sul Nove: “Senza un esercito e una strategia comune europea,
cosa spendiamo i soldi in armi a fare?” proviene da Il Fatto Quotidiano.