“Ho ricevuto un messaggio da Mosca ora“, “aspettiamo di essere…” lontani dalle
telecamere. È lo scambio intercorso tra il presidente serbo Alexander Vucic e la
presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che ieri lo ha accolto
al Berlaymont insieme al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Nel
video, disponibile sui canali della Commissione europea, si vede il presidente
serbo riferire del messaggio russo in entrata e la leader dell’esecutivo Ue, in
imbarazzo, invitarlo ad aspettare un secondo momento, sottinteso quando saranno
lontani dalle telecamere, mentre tutti e tre posano davanti ai flash per le
fotografie di rito. “È stato un piacere incontrare Alexander Vucic per fare il
punto sui progressi della Serbia nel suo percorso verso l’Ue. Abbiamo discusso
dell’importanza di accelerare le riforme, in particolare nei settori dello Stato
di diritto e della libertà dei media. Abbiamo sottolineato che l’allargamento è
un imperativo geostrategico e la necessità per la Serbia di allinearsi
ulteriormente alla politica estera e di sicurezza dell’Ue”, scrive poi la sera
sui social.
L'articolo “Ho appena ricevuto un messaggio da Mosca”, il fuorionda del
presidente serbo che imbarazza von der Leyen – Video proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Ursula Von Der Leyen
Via libera degli eurodeputati in commissione LIBE (Giustizia, Libertà Civili e
Affari Interni) alla bozza sulla prima lista Ue dei Paesi di origine sicuri. Via
libera anche al mandato negoziale sull’applicazione delle norme relative ai
Paesi terzi sicuri. I due testi allegati al Patto su migrazione e asilo sono
passati grazie ad una maggioranza tra il Ppe e le destre, sterzando nuovamente
dalla “maggioranza Ursula”, la sempre più fragile base parlamentare che sostiene
la Commissione europea della presidente tedesca von der Leyen. In minoranza sono
rimasti i Socialisti, che hanno votato contro.
“Oggi abbiamo approvato in Commissione LIBE il dossier sulla lista Ue dei Paesi
di origine sicura, di cui sono relatore, confermando il lavoro che abbiamo
svolto nelle ultime settimane e segnando il primo passo concreto del percorso
parlamentare su un file di grande rilevanza politica”. Lo dichiara Alessandro
Ciriani, eurodeputato di FdI-Ecr relatore della Modifica del regolamento Ue
2024/1348 per l’istituzione di un elenco di paesi di origine sicuri a livello
dell’Unione. Ancora, sul dato politico: “Il voto odierno in LIBE certifica che
il Parlamento è pronto a mettere in campo una posizione organica e responsabile.
Confido che in plenaria si procederà con lo stesso senso di responsabilità,
affinchè l’Europa possa dotarsi di un impianto normativo solido e credibile
nella gestione dei flussi migratori”.
“Grazie al sì di popolari ed estrema destra son passati dei testi che fanno a
pezzi il sistema d’asilo in Europa. Stiamo validando la possibilità di spedire
le persone in Paesi Terzi con cui non hanno alcun legame”, dichiara Cecilia
Strada, eurodeputata Pd e relatrice ombra di entrambi i dossier, confermando
quanto raccontato al Fatto alla vigilia del voto. “Tutto ciò è sbagliato e
insostenibile, come lo è ritenere sicuri Paesi di origine tipo la Tunisia, dove
la situazione dei diritti umani è drammatica come dimostra l’ok del Parlamento,
la settimana scorsa, a una risoluzione d’urgenza, passata anche coi voti dei
popolari. La Lega ha provato a inserire ulteriori Paesi di origine sicuri alla
lista, cosa che siamo riusciti a impedire. Siamo davanti a un gioco
profondamente cinico e incoerente, che si consuma sulla pelle dei più
vulnerabili e in nome di un’urgenza che non è tale: stando ai più aggiornati
dati Frontex e Eurostat, i flussi degli arrivi e le richieste di protezione
continuano a diminuire. Stiamo solo facendo un regalo ai governi che con le loro
cosiddette ‘soluzioni innovative’ erodono i diritti fondamentali”.
L'articolo Ue, sui migranti il Ppe vota con l’ultradestra. Strada: “Totalmente
allineati, sui Paesi sicuri norme tremende” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Altro che sanare il Protocollo Italia-Albania: la proposta della Commissione Ue
– sostenuta da popolari ed estrema destra – ha ben altri piani. Cambiando la
definizione di “Paese terzo sicuro”, punta a rendere inammissibili le domande
d’asilo e a trasferire i richiedenti, mettendo a rischio i diritti fondamentali
e la stessa convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Una deriva
“palesemente illegittima”, secondo l’esperto di migrazioni internazionali
Gianfranco Schiavone, che mira a liberare l’Unione dai suoi obblighi giuridici
violando le norme sul funzionamento dell’Ue, e destinata quindi a un inevitabile
scontro nelle aule di tribunale e fino alla Corte di giustizia.
L’esperimento italiano in Albania ha già mostrato i suoi limiti ai partner
europei. Con la giurisdizione italiana resta in vigore il diritto Ue, ma il
patto con Tirana non consente di garantire le tutele che, almeno sulla carta, si
possono rivendicare in Italia. Nemmeno l’atteso Patto europeo sull’asilo,
operativo da giugno, supera l’ostacolo. Per questo la proposta della Commissione
guidata da Ursula von der Leyen vuole affidare i richiedenti direttamente a
Paesi terzi. Basterà che, nel viaggio verso l’Europa, siano passati da un Paese
considerato sicuro per dichiarare inammissibili le loro domande di asilo e
trasferirli altrove, anche senza un reale legame con quello Stato. E se il
transito non è dimostrabile, basterà un accordo – anche informale – con un Paese
terzo. Al voto mercoledì 3 dicembre in Commissione Libertà civili, Giustizia e
Affari interni (LIBE), la proposta ha i voti del Partito popolare europeo, dei
conservatori di ECR, ma anche dei Patrioti e dei sovranisti dell’ESN. Difficile
che le cose cambino in plenaria a Strasburgo.
Lo scontro, prevedibilmente, si sposterà nei tribunali. Ma su quali basi? La
convenzione del 1951 prevede la possibilità di collaborazione tra Stati quando
si tratta di alleggerire un Paese da un onere che non può ragionevolmente
sostenere in modo adeguato. Ma se lo scopo è liberarsi degli obblighi di
protezione, si tratta di esternalizzazione ed è illecito. Col 73% dei rifugiati
in Paesi a medio o basso reddito, il Commissario per i diritti umani del
Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, ricorda che gli Stati europei sono
spesso tra i Paesi col più alto Pil pro capite, hanno sistemi di asilo più
solidi e un numero relativamente basso di rifugiati e richiedenti: “Difficile
capire come il trasferimento dagli Stati europei in altri Paesi – soprattutto se
questi non hanno le capacità di accoglienza e i mezzi di protezione necessari –
non equivalga a un trasferimento di responsabilità”.
Certo, i Paesi terzi riceveranno ingenti finanziamenti. Ma pagare non basta,
come ha dimostrato la Corte Suprema britannica bocciando il memorandum tra Regno
Unito e Ruanda. “Anche con investimenti pesanti nel sistema di asilo del Paese
terzo, si tratterebbe di un’impresa complessa che richiederebbe molto tempo per
produrre risultati sufficienti”, avverte il Commissario O’Flaherty. Anche
l’Unhcr, l’Agenzia Onu custode della convenzione di Ginevra, ammette che, in
condizioni specifiche, un trasferimento può essere legale, ma ribadisce che
servono garanzie concrete e standard elevati. Senza tali garanzie – ha sempre
precisato – “l’Unhcr rimane fermamente contrario agli accordi che mirano a
trasferire rifugiati e richiedenti asilo”. Peggio ancora se si tratta di accordi
informali: “Gli accordi di trasferimento dovrebbero essere accessibili al
pubblico e incorporati nell’ordinamento giuridico degli Stati partecipanti”, ha
scritto l’Unhcr ad agosto nella guida ‘Accordi internazionali per il
trasferimento di rifugiati e richiedenti asilo’.
Quanto a garanzie, il nuovo regolamento Ue sembra adottare una nozione piuttosto
debole di “protezione effettiva“, considerandola valida anche in Stati che non
hanno ratificato la convenzione o che non garantiscono uno status giuridico di
protezione e l’accesso ai diritti, “ma solo la possibilità di essere
temporaneamente tollerati”, spiega Schiavone. “Senza la garanzia di uno status
giuridico le persone rischiano di finire in un limbo senza limiti di tempo”.
Pericolo tanto più concreto se gli accordi non sono giuridicamente vincolanti e
le persone vengono trasferite in Paesi coi quali non hanno alcun legame. Nel
commentare la proposta della Commissione, l’Unhcr ha chiesto accordi vincolanti,
procedure rigorose, tutele legali come la sospensione automatica del
trasferimento in caso di ricorso giuridico e protezioni specifiche per i
soggetti vulnerabili, tutte condizioni oggi assenti. Ma le destre non hanno
sentito ragioni e il testo è rimasto praticamente invariato.
Inascoltata in Parlamento, che ruolo potrà avere l’Agenzia quando si tratterà di
controllare? Se Donald Trump le ha tagliato i fondi, l’Ue finanzia l’Unhcr solo
per progetti coerenti con le proprie politiche migratorie, per lo più in Nord
Africa. E mentre la capacità dell’Agenzia di vigilare si riduce, i governi la
usano spesso come una foglia di fico. Così non resta che il controllo
giurisdizionale. Senza modifiche, avverte Schiavone, “le nuove norme non
potranno non essere impugnate davanti ai tribunali nazionali”. I possibili
rilievi vanno dalla violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che
garantisce, tra gli altri, il diritto d’asilo “nel rispetto delle norme
stabilite dalla convenzione di Ginevra”, al contrasto col Trattato sul
funzionamento dell’Unione, che impone piena conformità alla convenzione.
Toccherà ai giudici, ancora una volta, decidere se fermare i trasferimenti e
rinviare tutto alla Corte di giustizia europea.
L'articolo Migranti, l’Ue vota sui Paesi terzi sicuri. Ma la “fortezza”
immaginata da von der Leyen finirà nei tribunali, ecco perché proviene da Il
Fatto Quotidiano.
La maggioranza Giorgia batte di nuovo la maggioranza Ursula. Il Parlamento
europeo, poco prima delle 13 del 26 novembre, ha respinto le tre obiezioni di
The Left, Socialisti e Verdi al regolamento che modifica la definizione di armi
vietate. Nel testo presentato da Palazzo Berlaymont nell’ambito del Libro Bianco
sulla difesa europea Readiness 2030, si è deciso di sostituire il
termine “armi controverse” con il termine “armi vietate”. Non un cambiamento da
poco, secondo i partiti progressisti dell’emiciclo, dato che, spiegano, questo
“limita l’ambito di applicazione dei tipi di armi esclusi a sole quattro
categorie, nello specifico le mine antipersona, le munizioni a grappolo, le armi
biologiche e le armi chimiche”, nonostante queste siano “vietate dalle
convenzioni internazionali sulle armi di cui la maggior parte degli Stati membri
è parte e sono elencate nel pertinente allegato”. Un problema che, però, non
sembra sussistere per il Partito Popolare Europeo che cerca, e trova, di nuovo
la sponda dell’estrema destra per respingere le tre risoluzioni e mantenere
invariata la proposta della Commissione von der Leyen.
Articolo in aggiornamento
L'articolo Riarmo Ue, ok alla proposta della Commissione di non escludere le
“armi controverse”: Ppe vota con l’estrema destra proviene da Il Fatto
Quotidiano.
L’Unione europea è ancora in cerca dei fondi necessari a fornire sostegno
economico all’Ucraina per i prossimi anni. Ma sul tavolo della Commissione, come
hanno spiegato i portavoce di Palazzo Berlaymont nel corso del consueto midday
briefing con la stampa, ci sono tre opzioni: prestiti erogati dagli Stati
membri, prestiti congiunti a livello Ue o l’utilizzo dei beni russi congelati
con una formula, però, non ancora precisata.
I portavoce Paula Pinho e Balasz Ujvari non hanno comunque chiarito, nel loro
intervento, se la Commissione guidata da Ursula von der Leyen abbia intenzione
di presentare la proposta prima o dopo il Consiglio europeo di dicembre. La
presidente ha inviato una lettera ai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi
membri nella quale ha però presentato le tre opzioni al vaglio dei tecnici: “La
prima, un sostegno basato su prestiti che verrebbero erogati dagli Stati membri.
La seconda opzione si baserebbe su prestiti congiunti a livello Ue, mentre la
terza opzione sarebbe una soluzione basata sui beni russi immobilizzati
all’interno della giurisdizione dell’Ue”.
La lettera, ricorda Ujvari, arriva dopo “molti mesi di duro lavoro su questo
argomento. Siamo pronti a continuare a interagire con gli Stati membri. Ci sono
quattro principi che sono alla base delle tre opzioni che abbiamo identificato.
Prima di tutto, il sostegno deve essere disponibile rapidamente, cosa molto
importante. In secondo luogo, la sostenibilità del debito dell’Ucraina deve
essere salvaguardata”. In terzo luogo, prosegue, “il finanziamento deve
mantenere la flessibilità richiesta in condizioni incerte e, in quarto luogo,
l’approccio deve essere basato su una giusta condivisione degli oneri con i
partner internazionali”.
Sulle tempistiche, però, i portavoce hanno spiegato che non c’è al momento “una
risposta a questa domanda, vi diremo di più una volta che ci arriveremo”. Prima
di presentare ai capi di Stato e di governo le tre opzioni, la Commissione ha
consultato anche la Bce.
L'articolo La Commissione Ue presenterà tre opzioni agli Stati membri per
finanziare l’Ucraina: ecco quali sono proviene da Il Fatto Quotidiano.