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“Mio cognato è morto prima che arrivasse un fegato, per questo ho donato il mio rene a una sconosciuta”
Il dottor Giuseppe Feltrin, il direttore generale del Centro nazionale trapianti, l’ha definita una scelta “generosa e inconsueta”. Il riferimento è all’ultimo caso italiano di donazione samaritana, una donazione di organi in cui una persona sceglie di sottoporsi a un intervento di prelievo del rene per offrirlo in dono a una persona sconosciuta. All’Azienda ospedale-università di Padova (AOUP), una donna in lista d’attesa è riuscita a recuperare una piena qualità di vita grazie al rete di uno sconosciuto. Il trapianto è stato eseguito lo scorso ottobre. In precedenza, il donatore samaritano era già stato sottoposto a un percorso clinico, immunologico e psicologico necessario per essere ammesso al programma della Rete nazionale trapianti. Dopo l’autorizzazione del magistrato, il Centro nazionale trapianti, guidato da Feltrin, ha accettato la donazione del rene da parte del donatore samaritano, poiché non era stato possibile avviare la procedura ordinaria di trapianti incrociati. Nell’arco di una sola giornata, l’equipe medica guidata dalla direttrice del Centro trapianti rene e pancreas di Padova, la professoressa Lucrezia Furian, ha effettuato le procedure di donazione e trapianto del rene. Nel giro di pochi giorni dopo l’intervento, sia l’uomo che la donna sono stati dimessi: sono in ottime condizioni di salute. Cosa ha spinto l’uomo a donare il proprio rene a una persona sconosciuta? Lo ha spiegato lui stesso durante la conferenza stampa che ha raccontato l’intervento: “Il percorso è iniziato quando ho fatto l’ultima donazione di sangue, che poi non ho più potuto fare per raggiunti limiti di età. Vivendo l’esperienza di mio cognato che è morto prima che arrivasse un fegato utile a farlo sopravvivere, ho maturato l’idea di diventare donatore samaritano”. Oltre alle motivazioni biografiche, c’entra anche la sua fede religiosa: “Ascoltando il Vangelo in chiesa, in uno dei passaggi su San Giovanni Battista, ho avuto una sorta di illuminazione, e ho pensato: se le tuniche di cui parla il Battista fossero nel mio caso i reni?”. Fa notare il dottor Feltrin: “Le donazioni samaritane sono sicuramente inconsuete, ma la donazione dopo la morte è una scelta alla portata di tutti: oggi, con 8mila persone in attesa di trapianti, dare il proprio consenso alla donazione è più che mai fondamentale”. In Italia ci sono circa 8mila persone in attesa di un trapianto di organo. FOTO DI ARCHIVIO L'articolo “Mio cognato è morto prima che arrivasse un fegato, per questo ho donato il mio rene a una sconosciuta” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il cuore che non si ferma: da Atene a Torino il trapianto diventa “rivoluzione” e apre una frontiera
Non è la prima volta che i medici delle Molinette di Torino stupiscono con i loro traguardi nel campo dei trapianti. E nei giorni in cui ricorre il 40° anniversario del primo trapianto di cuore eseguito in Italia, una nuova frontiera è stata superata: il cuore da trapiantare viene tenuto battente non solo nella fase del trasporto, ma anche mentre viene impiantato nel ricevente. È avvenuto pochi giorni fa al Centro Trapianti di Cuore e di Polmone dell’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino. Il cuore – dettaglia una nota dell’ospedale – che poi sarebbe stato trapiantato nelle sale operatorie della Cardiochirurgia ha ripreso a battere a 1600 km di distanza (tanto è la distanza da Torino di Atene, dove si trovava la donatrice) e non è più stato fermato neanche durante il suo impianto nel torace del ricevente, per un totale di 8 ore. Una vera rivoluzione che permette di superare la barriera del tempo perché il cuore è artificialmente perfuso durante tutte le fasi del trapianto (trasporto ed impianto) senza soffrire per l’ischemia legata alla mancanza di sangue (di solito l’organo ha un tempo massimo di ischemia di 4 ore per essere trapiantato). Una donatrice greca in un ospedale di Atene viene segnalata dal Centro Nazionale Trapianti (diretto da Giuseppe Feltrin) e dal Centro Regionale Trapianti del Piemonte (diretto da Federico Genzano Besso) al Centro di Trapianto di Cuore della Città della Salute e della Scienza di Torino (diretto da Mauro Rinaldi). Un’équipe prelievo delle Molinette, formata da Erika Simonato, Matteo Marro, Andrea Costamagna Domitilla Di Lorenzo, partita da Torino nel tardo pomeriggio raggiunge la Grecia con un jet privato. A mezzanotte inizia il prelievo. Il cuore viene prelevato e, dopo essere stato alloggiato in una macchina che permette di ripristinare la sua perfusione durante il trasporto (OCS Heart, Transmedics) viene fatto ripartire. Il cuore ricomincia a battere nella macchina di perfusione ad Atene e trasportato in questo stato (battente) a Torino. Nel frattempo un paziente di 65 anni, affetto da una grave cardiomiopatia dilatativa post-infartuale in attesa del trapianto da circa un anno, viene portato nella sala operatoria della cardiochirurgia e preparato a ricevere il trapianto. Il cuore arriva in sala operatoria battendo nella macchina di perfusione per circa sei ore. Il ricevente è in circolazione extracorporea e il suo vecchio cuore malandato è già stato espiantato. A differenza della pratica abituale, il cuore da trapiantare non viene fermato, ma viene collegato alla circolazione extracorporea che sta mantenendo in vita il paziente. In questo modo il cuore nuovo può essere staccato dalla macchina di perfusione usata per il trasporto mantenendo la perfusione stessa e il battito cardiaco. Il trapianto eseguito con successo da Massimo Boffini, Antonino Loforte e Barbara Parrella, coadiuvati dall’anestesista Rosetta Lobreglio, viene quindi condotto con il cuore che batte naturalmente, prima sorretto dalle mani dei chirurghi ed infine nella sua posizione naturale, ovvero nel cavo pericardico del paziente. Il decorso post-trapianto si è svolto in maniera regolare ed il paziente è stato trasferito dalla Terapia Intensiva (coordinata da Anna Trompeo) al reparto di degenza ordinaria della Cardiochirurgia dopo pochi giorni. Questo trapianto rappresenta un ulteriore importante traguardo abbattendo la sofferenza dell’organo prima del suo impianto ed aprendo nuovi scenari prima impensabili alla trapiantologia moderna. “La bravura dei nostri professionisti ha reso possibile questo intervento che apre una nuova frontiera nei trapianti di cuore. Una storia a lieto fine che ancora una volta diventa esempio delle eccellenze della nostra Città della Salute e della Scienza a livello europeo e del valore dei nostri operatori” dichiara il Direttore generale Cdss Livio Tranchida. FOTO DI ARCHIVIO L'articolo Il cuore che non si ferma: da Atene a Torino il trapianto diventa “rivoluzione” e apre una frontiera proviene da Il Fatto Quotidiano.
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