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Spagna, i Socialisti travolti da uno scandalo di abusi sessuali. E gli alleati di Sumar chiedono il rimpasto di governo
Il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) attraversa una delle fasi più complesse e contraddittorie della sua recente traiettoria di governo. A una crisi politica latente, legata alla fragilità della maggioranza parlamentare e ai rapporti sempre più tesi con gli alleati indipendentisti, si è sommata nelle ultime settimane una crisi morale e di credibilità provocata dall’emersione di diversi casi di presunte molestie e abusi sessuali che coinvolgono dirigenti ed esponenti del partito. Una vicenda che colpisce al cuore l’identità pubblica del PSOE, forza che da anni rivendica un ruolo di avanguardia nella lotta contro la violenza maschilista e che adesso mette a rischio, di nuovo, la tenuta dell’esecutivo, con gli alleati di Sumar che chiedono un rimpasto di governo. I casi emersi hanno avuto un forte impatto mediatico e politico perché riguardano figure inserite, a vario titolo, nei gangli del potere socialista. Il primo a esplodere a livello nazionale è stato quello di Francisco Paco Salazar, ex consigliere politico di lunga esperienza e considerato vicino agli ambienti della presidenza del governo. Diverse donne, militanti o lavoratrici in ambiti collegati al partito, lo hanno accusato di comportamenti sessisti, commenti sul corpo, messaggi inappropriati e pressioni per incontri fuori dall’orario di lavoro. Secondo quanto ricostruito dalla stampa, almeno due denunce formali sono state presentate attraverso i canali interni del PSOE, senza però ricevere risposta per mesi. Una gestione che ha alimentato l’accusa più grave rivolta al partito: non tanto l’esistenza di singoli comportamenti abusivi, quanto la tendenza a minimizzare e ritardare l’intervento per proteggere l’organizzazione. Salazar ha sempre respinto le accuse, ma ha infine lasciato i suoi incarichi in un clima segnato dalla percezione di una reazione tardiva e difensiva. Un secondo caso riguarda Antonio Navarro, segretario generale del PSOE a Torremolinos, accusato da una donna del partito di molestie attraverso messaggi WhatsApp e commenti ritenuti umilianti. Dopo la pubblicazione delle accuse, la direzione socialista lo ha sospeso dal ruolo, in attesa degli sviluppi giudiziari. In Galizia, è stato invece José Tomé, presidente della Deputazione di Lugo e figura influente del socialismo locale, a dimettersi dopo segnalazioni interne di comportamenti inappropriati. Tomé ha parlato di un attacco politico e di un tentativo di “incastrarlo”, ma la pressione interna e l’attenzione mediatica hanno reso inevitabile il passo indietro. Il caso più recente è quello di Javier Izquierdo, senatore ed esponente della Commissione Esecutiva Federale del PSOE, che ha rassegnato le dimissioni dopo una nuova denuncia per molestie sessuali. In un messaggio pubblico ha parlato di “motivi personali”, ma il contesto ha reso evidente il legame tra il suo ritiro e la vicenda. La risposta del PSOE ha suscitato critiche trasversali. Da più parti si accusa il partito di aver agito con lentezza, scarsa trasparenza e insufficiente attenzione alle vittime. “Non basta dichiarare tolleranza zero, servono azioni immediate e verificabili”, ha ammesso la dirigente socialista Rebeca Torró dando voce a un malessere diffuso anche all’interno del partito. Le associazioni femministe socialiste, come Femes, hanno parlato di un sistema di tutela che, nei fatti, continua a scoraggiare la denuncia. Critiche durissime proprio contro chi, negli ultimi anni, ha promosso alcune delle politiche più avanzate in Europa contro la violenza maschilista. Tra queste figurano la legge sul consenso sessuale (“solo sì è sì”), il rafforzamento delle misure di protezione per le vittime di violenza di genere, l’estensione dei diritti economici e sociali alle donne che denunciano abusi, l’aumento dei fondi per i centri contro la violenza sulle donne e una strategia statale che riconosce la violenza maschilista come un problema strutturale, non privato. Sánchez ha più volte ribadito che “la durezza contro lo stalking e l’abuso ha delle sigle, e sono quelle del PSOE”, rivendicando la coerenza dell’azione legislativa socialista. Eppure, proprio questa distanza tra l’impianto normativo e la gestione concreta dei casi interni rischia di minare la credibilità dell’intero progetto politico. La crisi ha avuto effetti immediati anche sulla stabilità dell’esecutivo. Il partner di coalizione Sumar ha preso pubblicamente le distanze dalla gestione socialista della vicenda. La vicepremier Yolanda Díaz ha parlato di una situazione “insostenibile”, chiedendo un rimpasto di governo come segnale politico di discontinuità. Una richiesta che ha aperto una frattura evidente nella maggioranza. Pedro Sánchez ha respinto l’ipotesi di un rimpasto profondo e ha escluso elezioni anticipate, ribadendo la volontà di proseguire l’azione di governo “nonostante circostanze complesse”. Ma la crisi arriva in un momento particolarmente delicato: il PSOE governa grazie a una maggioranza parlamentare fragile, fondata sull’appoggio esterno di partiti indipendentisti catalani e baschi, con i quali i rapporti si sono recentemente deteriorati su dossier chiave. La rottura di alcuni canali di dialogo con gli indipendentisti riduce i margini di manovra del governo e rende Sánchez ancora più restio a concedere spazio agli alleati di sinistra all’interno dell’esecutivo. La strategia socialista, coerente con una tradizione consolidata, resta quella di mantenere una gestione fortemente centralizzata del governo, cercando appoggi esterni caso per caso piuttosto che ridefinire gli equilibri interni. In questo quadro, la crisi degli scandali sessuali non è solo una questione etica o reputazionale: è un fattore che si intreccia con la fragilità parlamentare, le tensioni nella coalizione e il difficile rapporto con gli indipendentisti. Un nodo politico che il PSOE non potrà sciogliere solo con dichiarazioni di principio, ma che richiederà scelte strutturali, sia sul piano interno sia su quello della tenuta dell’esecutivo. L'articolo Spagna, i Socialisti travolti da uno scandalo di abusi sessuali. E gli alleati di Sumar chiedono il rimpasto di governo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Il film patrocinato dagli esorcisti scala le classifiche negli Stati Uniti: “Abbiamo evitato il sensazionalismo”
Un fenomeno da botteghino, la sorpresa dell’anno, il successo che non t’aspetti. Tra mille possibili frase fatte, un unico dato certo: nessuno – sbagliando – avrebbe mai scommesso un euro sull’exploit di un’opera del genere. Al centro del caso cinematografico il docu-film indipendente patrocinato dall’Associazione internazionale esorcisti (Aie) Libera Nos – Il Trionfo sul Male, diretto da Giovanni Ziberna e Valeria Baldan. “Sorprendentemente, sta scalando le classifiche oltreoceano e continua il suo percorso internazionale tra successi, nuove uscite e un interesse crescente da parte di un pubblico globale”, fa sapere l’Aie. Dopo l’uscita nelle sale della Spagna e dei Paesi dell’America Latina, il film ha debuttato negli Stati Uniti con il titolo ‘Triumph over evil – battle of the exorcists‘ ottenendo risultati inaspettati: nella settimana di lancio ha raggiunto l’8° posto al box office Usa tra le uscite indipendenti. “Il film – spiegano gli esorcisti – affronta con rigore e sensibilità il tema complesso dell’azione demoniaca straordinaria e del ministero dell’esorcistato attraverso le testimonianze reali degli esorcisti e un linguaggio visivo di forte impatto che evita il facile sensazionalismo”. Il film uscirà in Francia nel 2026. L'articolo Il film patrocinato dagli esorcisti scala le classifiche negli Stati Uniti: “Abbiamo evitato il sensazionalismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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In Spagna sono allibiti: “Sinner disprezzato nel suo paese, l’atleta dell’anno è Musetti. Ma perché?”
La scelta de La Gazzetta dello Sport di assegnare il “premio sportivo dell’anno 2025” a Lorenzo Musetti è un caso. Più che in Italia, in Spagna. E il motivo è semplice: in tanti si chiedono perché sia stato votato Musetti e non Jannik Sinner, che quest’anno ha rivinto le Atp Finals e ha ottenuto il primo storico successo sull’erba di Wimbledon. Sia il quotidiano As che la versione spagnola di Eurosport hanno infatti commentato la decisione con grande stupore. “Sinner, disprezzato in patria: Musetti nominato sportivo italiano dell’anno”, titola As in un suo recente articolo. “L’Italia dimentica Jannik Sinner: Lorenzo Musetti nominato miglior sportivo dell’anno da La Gazzetta dello Sport“, scrive invece Eurosport. Una scelta che stona se si considerano le vittorie di uno e dell’altro nel 2025. Musetti – che è stato autore di una stagione straordinaria, senza dubbio – quest’anno non è riuscito a vincere alcun titolo e i suoi punti più alti sono stati tre finali perse: Atene, Chengdu e Monte Carlo, oltre alla qualificazione in extremis per le Atp Finals, dove non è però riuscito a superare la fase a gironi. Al contrario, Sinner ha lottato per il numero uno nel ranking Atp fino alla fine (dopo esserlo stato per larghi tratti) e ha vinto sei tornei – tra cui l’Australian Open, Wimbledon e le già citate Atp Finals – nonostante i tre mesi di sospensione per il caso Clostebol. L’altoatesino ha anche raggiunto la finale agli Australian Open e agli US Open, dove è stato sconfitto da Carlos Alcaraz. Una differenza notevole, che però non è bastata a Sinner per replicare la vittoria del trofeo “sportivo dell’anno” per La Gazzetta dello Sport, già vinto l’anno scorso. E in Spagna provano a darsi delle spiegazioni: tra le possibili cause – secondo Eurosport – ci sarebbe la rinuncia alla Coppa Davis da parte di Sinner. Rinuncia che il quotidiano italiano aveva già rimarcato più volte sia quest’anno che nel 2023, con un emblematico: “Non si fa così”. Ma la tesi non regge: in primis perché è una scelta legittima, soprattutto dopo le due vittorie – grazie anche e soprattutto all’altoatesino – del 2023 e del 2024. In secondo luogo perché anche Musetti ha comprensibilmente rinunciato dopo esser arrivato stanco alla fine dell’anno (e visto il figlio in arrivo in quel periodo). Sempre secondo i quotidiani spagnoli, un’altra motivazione potrebbe essere la sospensione di tre mesi per il caso Clostebol, dove Sinner però – ed è già stato accertato – non ha responsabilità. Il quotidiano italiano ha motivato così la decisione: “Lorenzo Musetti, entrato quest’anno nella top ten mondiale, è l’ultimo poeta ancora con una racchetta in mano. È la prova vivente di ciò che si può ottenere con una combinazione di classe e perseveranza. È stato definito un talento incompiuto, come se entrare nella top 20 della classifica – cosa che ha ottenuto nel 2023, a meno di 21 anni – fosse un gioco da ragazzi”. E se in Italia il dibattito è arrivato timidamente sui social (in particolare su X), in Spagna non riescono ancora a darsi una spiegazione. Intanto Sinner è stato eletto dall’Atp come “atleta più amato dell’anno dai tifosi“. Riconoscimento che il tennista ha condiviso sui social, scrivendo “Grazie“, con un cuore. L'articolo In Spagna sono allibiti: “Sinner disprezzato nel suo paese, l’atleta dell’anno è Musetti. Ma perché?” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Scandalo corruzione e molestie in Spagna: Sanchez esclude il rimpasto chiesto dalla vicepremier Diaz
La vicepremier del governo spagnolo e ministra del Lavoro Yolanda Díaz che chiede al premier Pedro Sanchez un rimpasto di governo, mentre i partiti che fanno parte della piattaforma progressista, tra cui Izquierda Unida, Mas Madrid, e Movimiento Sumar, hanno esortato il Psoe a promuovere azioni contro la corruzione e le molestie, oltre a concordare con la richiesta di Diaz. Il capo dell’esecutivo spagnolo respinge però la richiesta, e si dice al contrario “soddisfatto dei suoi ministri”, ribadendo che nessuno di questi è coinvolto nei casi di presunta corruzione o molestie sessuali che hanno riguardato esponenti del Psoe. Dalla Moncloa trasmettono quindi un messaggio di “tranquillità”. Il Partito socialista spagnolo è stato scosso in questi giorni dalle accuse di molestie sessuali rivolte da alcune donne contro dirigenti ed esponenti della formazione politica. Il caso più noto è quello dell’ex consigliere della Moncloa, Francisco ‘Paco’ Salazar, considerato vicino a Sanchez. Altre accuse riguardano il presidente della provincia di Lugo, José Tomé, e il segretario generale di Torremolinos, Antonio Navarro. Inoltre ieri si è dimesso Javier Izquierdo, un membro di spicco della leadership del partito, e il Psoe ha riferito di aver aperto un procedimento interno per fare luce sulla vicenda. Le dichiarazioni di Yolanda Diaz -“Non possiamo continuare così”, ha detto Díaz in un’intervista all’emittente LaSexta, “è ora di agire”. La vicepremier seconda ha detto di aver espresso allo stesso Sanchez la sua posizione. L’esecutivo può resistere così?, ha chiesto il conduttore tv, “così no”, ha risposto Diaz, il cui partito Sumar governa in coalizione con il Psoe di Sanchez. “E’ finita l’epoca delle riflessioni, dei cambiamenti e delle riforme cosmetiche, c’è un punto e a capo ed è ora di agire”, ha sostenuto la vicepremier seconda, sottolineando che è “necessario un cambiamento assolutamente profondo nella squadra di governo”. “Non si può continuare così, quello che sta succedendo è molto grave”, “è insopportabile quello che stiamo vivendo, la corruzione e il machismo”, ha proseguito. Rispondendo alla domanda su cosa farà Sumar se Sanchez non dovesse rispondere alle richieste del partito, Diaz ha risposto: “Valuteremo il da farsi”. La vicepremier seconda ha quindi chiesto “misure immediate e severe, per evitare e prevenire la corruzione” che, ha detto, “non è nè di sinistra nè di destra” e ha affermato che il Psoe e Sanchez dovrebbero “dare spiegazioni” su quanto sta accadendo. I cambi nell’esecutivo che probabilmente verranno effettuati saranno legati alle elezioni regionali. L’attuale portavoce e ministra dell’Istruzione e dello Sport Pilar Alegria sarà la candidata del Psoe in Aragona, dove è ormai quasi sicuro che verranno convocate elezioni anticipate, mentre la vicepremier e ministra delle Finanze María Jesús Montero, è la candidata nelle prossime elezioni in Andalusia. Díaz, della piattaforma progressista Sumar, che governa insieme al Psoe, ha chiesto oggi a Sanchez una riforma “radicale del governo”, dopo gli scandali di corruzione e molestie sessuali che hanno visto coinvolti esponenti del Psoe. Lo scandalo molestie – La segretaria dell’organizzazione Rebeca Torro ha tenuto una conferenza stampa nella sede del Psoe per fare il punto sulla situazione e riferire in particolare sul caso di Salazar. L’ex consigliere della Moncloa è stato accusato da alcune donne sul media eldiario.es di molestie sessuali. Poi sono state presentate denunce anonime contro Salazar all’apposito organo anti-molestie del Psoe. Dopo cinque mesi le denuncianti hanno lamentato di non aver avuto aggiornamenti sul caso. Torro, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha affermato che nessuno nel partito ha mai voluto “coprire” il caso, ha detto che l’organo anti-molestie ha continuato a svolgere il suo lavoro per redigere un rapporto sulla vicenda, e ha però ammesso un “errore nella comunicazione” con le denuncianti. “Alle donne che hanno sporto denuncia, chiedo scusa a nome mio e del partito”, ha detto, annunciando misure per migliorare il funzionamento del meccanismo ‘anti-molestie’ nel Psoe. “Saremo implacabili”, ha detto Torro, tenendo a sottolineare che il machismo è un problema trasversale che non riguarda solo il Psoe ma l’intera società. “Quello che stiamo vivendo segna un prima e un dopo. Mancare di rispetto alle donne e mettere in atto comportamenti maschilisti è incompatibile con l’essere socialisti”, ha detto Torro, sostenendo che il Psoe è diverso dagli altri partiti poiché “impara dagli errori e agisce di conseguenza”. “Non accettiamo lezioni da chi nega la violenza di genere“, ha affermato, in riferimento all’ultradestra, sostenendo poi che “oggi la Spagna è un Paese femminista grazie ai governi del Psoe”. Torro ha ripercorso le tappe della vicenda di Paco Salazar. Ha ricordato che la notte prima del Comitato federale del Psoe del 5 luglio, che avrebbe dovuto segnare un punto di svolta nel partito dopo lo scandalo di corruzione, il media eldiario.es ha pubblicato testimonianze di donne che accusavano di molestie Salazar, che avrebbe dovuto essere nominato allora vice segretario dell’organizzazione. Torro ha detto che fino a quel momento il partito non aveva ricevuto denunce sul comportamento del dirigente e che nonostante questo Salazar non è stato nominato come vice segretario dell’organizzazione e ha lasciato l’incarico alla Moncloa. Successivamente, il 7 luglio, il Psoe ha abilitato un canale specifico per far arrivare le denunce all’apposito ‘organo anti-molestie’ del partito. “L’1 dicembre abbiamo saputo attraverso elDiario.es che c’erano deficit nella comunicazione con le denuncianti”, ha proseguito, sostenendo che “l’organo ha lavorato dal momento in cui ha ricevuto le denunce anche se non c’è stata una buona comunicazione con le donne”. Torro ha riferito che l’organo anti-molestie ha concluso il suo lavoro ed emesso un rapporto, che è confidenziale, e per questo ha detto di non poterne rivelare i dettagli. Si è limitata a dire che il Psoe ha rilevato che “il comportamento di Salazar costituisce una grave violazione dello statuto federale ed è contrario al codice etico del partito”. Il Psoe non denuncerà direttamente i casi alla procura ma “darà tutto l’appoggio giuridico” alle donne che vogliono intraprendere azioni legali. Torro ha annunciato poi che il Psoe ha aperto un fascicolo su Antonio Hernandez, braccio destro di Salazar e possibile conoscitore della vicenda, per chiarire i fatti. Hernandez, che ricopriva l’incarico di direttore del dipartimento del coordinamento politico nel gabinetto della presidenza del governo, è stato silurato da Sanchez nei giorni scorsi. L'articolo Scandalo corruzione e molestie in Spagna: Sanchez esclude il rimpasto chiesto dalla vicepremier Diaz proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Spagna, allarme peste suina africana in Catalogna: trema il settore delle esportazioni
Da oltre una settimana, in Catalogna non si parla d’altro: alcuni cinghiali trovati morti nel Parco Naturale di Collserola, alle porte di Barcellona, sono risultati positivi alla peste suina africana (PSA). Il parco si trova a poca distanza dal campus dell’Università Autonoma di Barcellona e dal comune di Cerdanyola del Vallès, dove il 25 e 26 novembre sono stati registrati i primi casi. Inizialmente i casi confermati erano sei, ma nel giro di pochi giorni il numero è salito a tredici. Le autorità – regionali e nazionali – hanno risposto immediatamente con un piano di emergenza: è stata chiusa al pubblico l’area del parco, sospese le attività ricreative, venatorie e forestali, imposto un perimetro di contenimento del contagio (prima un raggio di 6 km, poi esteso con una zona di controllo più ampia di 20km) e attivata una vigilanza massiccia. Volontari, agenti forestali e personale militare sorvegliano la zona, mentre protezioni e divieti di accesso sono stati installati anche per scoraggiare qualsiasi contatto con fauna selvatica. Si teme infatti che il virus possa andare in zone con maggior densità di cinghiali e in regioni di maggior produzione suina. In parallelo, la Commissione Europea, su proposta della regione, ha ordinato l’espansione della “zona di restrizione” a ben 91 Comuni nella provincia di Barcellona, coprendo circa un terzo dei municipi: le misure comprendono un blocco alle esportazioni di suino fuori da tale area e una serie di “misure di emergenza provvisorie” per fermare la diffusione del virus. Le conseguenze per l’industria suinicola catalana rischiano di essere enormi. I dati più recenti mostrano che le esportazioni di carne suina da Catalogna verso paesi extra-UE ammontavano lo scorso anno a circa 1.144 milioni di euro. Quelle esportazioni , essenziali per la filiera suinicola locale, sono state praticamente sospese. Su scala nazionale, la situazione non è più serena dal 1994: con questo focolaio, la Spagna perde temporaneamente lo status di “Paese libero da PSA”, e già un terzo dei certificati di esportazione suinicola sono stati bloccati, con effetti ad a catena su decine di mercati internazionali. Dal lato del mercato interno, l’impatto si vede sulle tavole dei macellai e allevatori. Il prezzo del maiale, già in sofferenza, è crollato drasticamente, scendendo a circa 1,20 €/kg nei listini del mercato all’ingrosso di riferimento, quando il costo di produzione si aggira tra 1,40 e 1,45 €/kg. Alcuni allevatori stimano perdite nell’ordine di decine di milioni di euro solo in Catalogna. L’IMPORTANZA DEL COMPARTO: SUINI COME PILASTRO DELL’ECONOMIA CATALANA E SPAGNOLA Il settore suinicolo non è di secondo piano: l’industria suina spagnola è una delle principali in Europa. A livello nazionale, le esportazioni di carne di maiale valgono circa 8,8 miliardi di euro all’anno verso oltre cento paesi. Per la Catalogna, la suinicoltura rappresenta un pilastro dell’economia agroalimentare: la carne suina era prima del blocco una voce fondamentale nelle esportazioni alimentari, coprendo circa il 19% dell’export totale agroalimentare regionale. Inoltre, il settore dà lavoro a decine di migliaia di persone , tra allevamenti, trasformazione, logistica e commercio , e coinvolge una lunga filiera che tocca allevatori, industria, trasformazione e distribuzione. In una dichiarazione recente, la dirigenza del settore ha già chiesto misure di aiuto e l’attivazione di linee di credito d’emergenza per sostenere le aziende colpite. COSA STA SUCCEDENDO ADESSO E COSA RISCHIA IL COMPARTO Al momento, non sono state rilevate infezioni in allevamenti domestici vicini ai focolai: tutti i casi confermati riguardano cinghiali selvatici. Questo è un dato incoraggiante, ma le autorità mantengono un allarme alto, perché il salto da fauna selvatica ad allevamenti domestici rappresenta sempre un rischio gravissimo. Allo stesso tempo, la chiusura delle esportazioni extra UE, il crollo dei prezzi, la perdita di mercati strategici (come Cina, Messico, Giappone, Sud-Est asiatico e Americhe) e i costi legati ai controlli e alla bio-sicurezza possono trasformare il focolaio attuale in una crisi strutturale per molti operatori del settore. I prossimi giorni, come sottolineato dal governo, saranno cruciali: si deciderà se il focolaio resterà confinato o se dovrà essere dichiarato “epidemia nazionale”, con conseguenze ancora più pesanti. L'articolo Spagna, allarme peste suina africana in Catalogna: trema il settore delle esportazioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Urla, rumori e insulti in sala stampa: “Ha aggredito un dirigente su sedia a rotelle”. Ma gli avversari rispondono: “Tutto falso, vi denunciamo” | Video
Attimi concitati, rumori fortissimi e urla di terrore udibili in tutta la sala stampa: nel video diventato virale della conferenza stampa di Marc García Puig c’è di tutto. Il match in questione è quello del 7 dicembre tra Real Avila e Coruxo, quarta serie spagnola, terminato 1-1. Nel post gara l’allenatore del Real Avila – Marc García Puig – discute con un giornalista, membro del consiglio direttivo del Coruxo con disabilità fisica, che lavora nel settore delle comunicazioni. “La Federazione non decide le partite. Tu lavori nel giornalismo, amico, non diffondere informazioni false, questo è importante. Ognuno ha la propria opinione e tu sei un giornalista e io un allenatore, questa è la differenza”, ha spiegato il tecnico prima di abbandonare la sala stampa. A quel punto è accaduto l’impensabile: la telecamera rimane fissa sul tavolo della conferenza stampa dove ormai non c’è più nessuno, ma in sottofondo si sentono urla e rumori, con anche alcuni insulti. Cosa sia realmente accaduto verrà chiarito dalle autorità giudiziarie, ma secondo la denuncia del Coruxo, ci sarebbe stata “un’aggressione fisica subita da un nostro dirigente nella zona destinata alla conferenza stampa. La violenza non ha posto nella nostra istituzione né nello sport. Le autorità competenti stanno svolgendo l’indagine necessaria al fine di determinare la portata dei fatti”, scrive il club. Dirigente che si trova su una sedia a rotelle. Di parere contrario è invece il Real Avila, che ha preso le distanze dalla versione del club avversario: “Il club nega categoricamente tali accuse, che sono completamente false e infondate. Inoltre, diversi testimoni presenti sulla scena hanno confermato che la situazione descritta non si è mai verificata, confutando così categoricamente le affermazioni fatte. Il nostro allenatore è un professionista esemplare con un curriculum impeccabile sia dentro che fuori dal campo”. Il club non solo si è dissociato, ma ha annunciato di voler agire per vie legali: “Data la gravità di queste accuse, e al fine di difendere il suo onore e la sua reputazione, l’allenatore, accompagnato dai dirigenti del Real Ávila CF, presenterà una denuncia per diffamazione non appena la squadra tornerà ad Ávila, recandosi presso la stazione di polizia competente per avviare le necessarie azioni legali. Il Real Ávila CF manterrà sempre il rispetto, la sportività e la lealtà e agirà con fermezza contro qualsiasi tentativo di diffamazione dei suoi professionisti”. > El entrenador del Real Ávila y el jefe de prensa del Coruxo mantuvieron una > fuerte discusión. > > El periodista, que está en silla de ruedas, denunció que el entrenador le > agredió. El entrenador lo niega y anunció acciones legales. > > Nada te prepara para lo del segundo 0:37. pic.twitter.com/0aXRa3doFU > > — Albert Ortega (@AlbertOrtegaES1) December 10, 2025 L'articolo Urla, rumori e insulti in sala stampa: “Ha aggredito un dirigente su sedia a rotelle”. Ma gli avversari rispondono: “Tutto falso, vi denunciamo” | Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Spagna, in Catalogna dopo lo sciopero degli affitti la Generalitat acquista 1.700 appartamenti: li manterrà come alloggi sociali
Uno sciopero degli affitti ha spinto le istituzioni a intervenire contro la crisi abitativa in Catalogna. La Generalitat ha infatti annunciato l’acquisto di 1.700 appartamenti di InmoCaixa, il ramo immobiliare di La Caixa, una delle principali banche catalane. Una decisione che mette fine a un processo di privatizzazione che minacciava la stabilità abitativa di centinaia di famiglie. Con questa operazione, il patrimonio pubblico incorpora definitivamente alloggi che, pur essendo stati costruiti come edilizia di protezione ufficiale, rischiavano di essere sottratti ai vincoli pubblici e immessi sul mercato libero, con conseguenze pesanti per gli inquilini. Secondo il Sindicat de Llogateres (il sindacato degli inquilini), si tratta di “un risultato storico reso possibile solo dalla pressione popolare e dalla determinazione delle famiglie in lotta”. Per capire la portata di questa decisione, occorre ricordare che molti immobili gestiti da InmoCaixa erano stati realizzati grazie a fondi pubblici e sottoposti per anni al regime di “casa di protezione ufficiale”, l’equivalente delle case popolari. Questo regime impone affitti calmierati, limiti sul prezzo e obblighi di destinazione sociale. Tuttavia, allo scadere del periodo di protezione — che varia di solito tra 20 e 30 anni — gli alloggi possono essere “desqualificati”, cioè liberati dai vincoli pubblici. A quel punto la proprietà è libera di vendere gli appartamenti a prezzi di mercato o aumentare drasticamente gli affitti. Si tratta di un meccanismo legale, ma che negli ultimi anni ha aggravato la crisi abitativa in molte città catalane, trasformando progressivamente un patrimonio nato come sociale in merce immobiliare destinata alla speculazione. InmoCaixa ha gestito questa transizione come molti altri operatori finanziari: in prossimità della scadenza dei vincoli, ha smesso di rinnovare i contratti agevolati, ha aumentato la pressione sugli inquilini e, secondo numerose testimonianze, ha scaricato su di loro persino il pagamento dell’IBI, l’imposta sugli immobili. Quando è apparso chiaro che interi blocchi residenziali sarebbero stati venduti o che gli affitti sarebbero cresciuti in modo insostenibile, la tensione sociale è esplosa. In questo contesto il Sindicat de Llogateres ha messo in piedi una strategia complessa e tenace. Organizzando le famiglie minacciate dalla privatizzazione, ha promosso una mobilitazione senza precedenti: uno sciopero degli affitti. In diverse città colpite dal processo — tra cui Banyoles, Mollet, Sitges e Palau-solità i Plegamans — decine di nuclei familiari hanno aderito, trattenendo migliaia di euro di canoni come forma di pressione. La loro richiesta era semplice e radicale: che quegli alloggi, costruiti con fondi pubblici, rimanessero patrimonio pubblico e venissero sottratti definitivamente alla speculazione. Ora la Generalitat ha scelto di rispondere acquistando gli immobili e “blindandoli” come alloggi sociali permanenti. Una scelta politica di peso, che non risolve solo un conflitto locale ma interviene sulla concezione stessa della casa come diritto. Per molte famiglie l’annuncio rappresenta la fine di un incubo. “Senza la lotta degli inquilini questa operazione non sarebbe mai esistita”, sottolinea il Sindicat, che parla apertamente di una vittoria popolare ottenuta contro uno dei maggiori attori finanziari del Paese. “Abbiamo dimostrato che quando le istituzioni non intervengono, l’organizzazione dal basso diventa l’unica difesa del diritto all’abitare”. Il governo catalano ha presentato l’acquisto come parte di una strategia più ampia per ampliare rapidamente il parco di alloggi sociali, considerata una via più efficace rispetto alla sola costruzione di nuove case. Ma il Sindicat avverte che la battaglia non è finita: chiede il ritiro delle cause giudiziarie contro gli scioperanti, la revisione dei contratti a condizioni eque, la garanzia di una manutenzione adeguata e il rimborso delle somme pagate indebitamente negli anni precedenti. Nonostante le questioni ancora aperte, la portata materiale e simbolica della decisione è enorme. In una Catalogna in cui la crisi abitativa è diventata una delle emergenze sociali più gravi, il “salvataggio” di 1.700 appartamenti significa molto più che proteggere alcune famiglie: rappresenta un precedente politico che dimostra come la logica del mercato possa essere contrastata dall’intervento pubblico — purché sostenuto, e questo è il punto decisivo, dalla forza organizzata di chi quelle case le abita ogni giorno. L'articolo Spagna, in Catalogna dopo lo sciopero degli affitti la Generalitat acquista 1.700 appartamenti: li manterrà come alloggi sociali proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Lo strano caso accaduto in Spagna: un arbitro ha espulso un altro arbitro | Domeniche Bestiali
Accadono cose strane nelle domeniche bestiali e questo ormai lo abbiamo appurato da più di dieci anni. Chissà che qualche regista ci faccia una serie televisiva: che hanno da invidiare gli strani personaggi o esseri che muovono attorno al pallone provinciale e periferico rispetto a quel che accade in X-Files o in Stranger Things? Nulla, se pure le cose riescono a darsi un tono e spacciarsi per dirigente, se l’acqua diventa un’arma, se un arbitro arriva a espellere un arbitro o se si arriva a una situazione di “doppleganger” in panchina stile Dale Cooper. CHI E’ IL MISTER? Sì, chi è l’allenatore del Camerun? Al momento non si sa, perché ce ne sono due. Quello ufficiale è il belga Marc Brys, nominato dal Ministero dello Sport: lui avrebbe dovuto condurre la nazionale in Coppa d’Africa. Tuttavia, senza che nessuno lo sapesse, in conferenza stampa per la presentazione delle convocazioni per la competizione c’è andato David Pagou, nominato dal presidente della Federazione calcistica Samuel Eto’o. Brys ha dichiarato che non accetterà questa scelta, completamente illegale, Pagou ha presentato i convocati. Chi andrà in panchina, se l’uno, l’altro o addirittura entrambi, al momento non si sa. ATTENZIONE, ACQUA! Eh sì, nelle categorie dilettantistiche italiane l’acqua può incutere timore: abituati a cicchetti e anche oltre giocatori, dirigenti e tifosi possono rifuggirla. Perciò è stato squalificato per due gare Damiano Anelli del Castelvetro Asd (Eccellenza Emilia – Romagna): “al termine della gara, in modo provocatorio, lanciava dell’acqua addosso ai calciatori e dirigenti avversari, minacciandoli”. UFO Ormai tutti si spacciano per direttore sportivo, persino le cose. Una situazione paradossale e misteriosa che arriva da Pinerolo, Eccellenza Piemonte, con la società multata di 300 euro perché: “Per aver consentito o comunque non impedito l’accesso all’area degli spogliatoi ad un oggetto qualificatosi come “direttore sportivo” (carica che in realtà non è indicata nei ruoli ufficiali) che insultava e minacciava a più riprese il direttore di gara”. Un oggetto millantatore e pure scostumato dunque: roba da Man in Black. ARBITRO, VADA FUORI! Sì, può accadere che l’arbitro possa espellere… l’arbitro. È quanto accaduto in Liga, durante Getafe-Elche: l’arbitro Alejandro Hernandez ha espulso un suo collega, Enrique Mejuto Gonzalez, ex internazionale (arbitrò la finale di Champions tra Milan e Liverpool del 2005) oggi delegato del Getafe, per non essere riuscito a coordinare al meglio i raccattapalle, rei di aver perso tempo più volte e in maniera scientifica per favorire la squadra di casa. LE PARTITE, QUELLE BELLE Se in Spagna i calciatori in campo sono talmente corretti che tocca cacciare gli arbitri diverso è il caso della Bolivia. 17 espulsi nella gara dei quarti di finale di Coppa nazionale tra Real Oruro e Blooming. È intervenuta anche la polizia con lacrimogeni e spray al peperoncino. L'articolo Lo strano caso accaduto in Spagna: un arbitro ha espulso un altro arbitro | Domeniche Bestiali proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Roland Araujo si è dovuto fermare: il rosso contro il Chelsea è solo la punta dell’iceberg. Il tecnico Flick: “Chiedo rispetto”
Espulso contro il Chelsea nel primo tempo, assente contro l’Alaves ufficialmente per un “virus intestinale” e non convocato nel big match contro l’Atletico Madrid in programma oggi, 2 dicembre. In casa Barcellona monta sempre di più il mistero di Ronald Araujo, difensore centrale blaugrana che si è fermato a tempo indeterminato per problemi personali. “Ronald non è pronto, è una situazione privata e non voglio dire di più. Vi chiedo rispetto“, ha dichiarato l’allenatore Hans Flick nel corso della conferenza stampa pre partita contro l’Atletico Madrid. Non si sanno con certezza i motivi, ma pare che il difensore voglia “recuperare serenità“, a maggior ragione dopo le critiche e gli insulti spietati ricevuti in seguito all’espulsione contro il Chelsea in Champions League. Araujo è stato spesso criticato nel corso di questi mesi (lo fu anche dopo l’ultima semifinale di Champions League contro l’Inter) e adesso non sta bene, già da qualche giorno. Non è però dato sapere cosa gli sia accaduto nello specifico: secondo quanto riportato in Spagna – soprattutto da Marca – l’espulsione contro il Chelsea sarebbe stata soltanto la punta dell’iceberg di un periodo complicato da un punto di vista mentale per il calciatore. Questi ultimi sette giorni sono stati molto complessi per il difensore, rimasto particolarmente colpito da un punto di vista emotivo dal post espulsione. I suoi agenti si sono recati lunedì alla Ciudad Deportiva del club per parlare con i dirigenti e affrontare tutti insieme il problema. Anche lo spogliatoio stesso ha mostrato il suo pieno sostegno a uno dei giocatori più rappresentativi negli ultimi anni. Sulla questione – dall’interno – continua a esserci massimo silenzio, in attesa poi di capire se sarà lo stesso calciatore – che non si sta ancora allenando con la squadra, nonostante sia presente al centro sportivo – a spiegare l’accaduto. L'articolo Roland Araujo si è dovuto fermare: il rosso contro il Chelsea è solo la punta dell’iceberg. Il tecnico Flick: “Chiedo rispetto” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Aliança Catalana, l’ultradestra “esplode” in Catalogna: se si votasse oggi sarebbe il 3° partito
Fino a un anno fa era una forza marginale, con l’1,3% alle municipali e il 3,8% alle regionali. Oggi, secondo gli ultimi sondaggi del Centre d’Estudis d’Opinió (CEO), Aliança Catalana (AC) è la formazione che cresce più rapidamente in Catalogna: arriverebbe a 19-20 seggi, praticamente alla pari con Junts per Catalunya, storico partito del catalanismo di destra moderata. Un salto che, se confermato alle urne, ridisegnerebbe completamente l’equilibrio politico nella comunità autonoma. Il risultato ha del sorprendente. Da due seggi a quasi venti nel giro di pochi mesi: una progressione “quintupla”, che molti analisti definiscono una vera e propria “rivoluzione silenziosa”. AC diventerebbe la terza forza della Catalogna, subito dietro socialisti (PSC) ed Esquerra Republicana (ERC), e davanti a Junts. Un terremoto politico che sta attirando l’attenzione anche fuori dalla Spagna. Aliança Catalana è guidata da Sílvia Orriols, sindaca di Ripoll, comune dell’entroterra pirenaico dove il partito è nato e dove ha consolidato il suo primo nucleo militante. Ideologicamente, AC rappresenta una novità nel panorama catalano: non è la destra unionista alla Vox, né la sinistra indipendentista della CUP. È qualcosa di diverso: una miscela di nazionalismo catalano radicale, identitarismo culturale e populismo di destra, con una marcata attenzione ai temi di immigrazione, sicurezza e identità. AC si colloca, inoltre, nel campo dell’indipendentismo. Ma con molte differenze: parla di “nazione catalana” in termini etnici e culturali, denuncia la “minaccia islamica”, chiede il divieto del velo nelle scuole, critica il multiculturalismo e propone una Catalogna “laica ma protetta” contro ciò che definisce “derive comunitariste”. Una posizione che l’ha portata a essere classificata come estrema destra catalanista, un unicum nel quadro politico spagnolo. Il boom di AC non è omogeneo: è più forte nelle aree interne che nelle metropoli costiere. Ripoll resta il cuore del movimento, ma negli ultimi mesi il partito ha aperto comitati in quasi tutte le comarche catalane, con particolare forza nelle province rurali e semi-rurali di Lleida, Girona e nelle zone meno dinamiche dell’entroterra di Barcellona. Si tratta di territori segnati da spopolamento, precarietà, taglio dei servizi pubblici e cambiamenti demografici rapidi. Là dove l’identità catalana è sentita in modo più viscerale e dove l’immigrazione recente ha modificato il tessuto sociale, il messaggio “difensivo” di AC trova terreno fertile. È l’altra Catalogna, lontana dalla capitale e dalla sua immagine cosmopolita. Nelle zone metropolitane AC fatica di più, ma sta cercando di espandersi, puntando su un elettorato giovane e disilluso. A spiegare la crescita fulminea di Aliança Catalana concorrono diversi fattori che si intrecciano. Il primo è il declino dell’indipendentismo tradizionale: a seguito della pesante repressione e da anni di promesse non mantenute, tentativi falliti e compromessi istituzionali, Junts ed ERC appaiono logorati e incapaci di dare una direzione chiara al movimento indipendentista. Una parte consistente dei loro elettori, delusa e frustrata, cerca un’alternativa più radicale, e AC si presenta come la risposta più netta. Accanto a questo, pesa molto la natura stessa dell’offerta politica del partito, che combina nazionalismo catalano e indipendenza con una piattaforma di destra identitaria, incentrata su sicurezza, immigrazione e ordine pubblico. È una formula che intercetta un sentimento crescente di insicurezza sociale e culturale, in Catalogna come nel resto d’Europa. Per molti, AC incarna la promessa di protezione che i partiti tradizionali non offrono più. La terza dinamica è l’effetto “rottura”: AC si propone come forza anti-establishment, contro l’intero sistema politico catalano, affaticato da anni di scandali, divisioni interne e paralisi. Il linguaggio diretto, polarizzante, quasi brutale del partito funziona tra gli scontenti e tra chi si sente abbandonato dalle élite barcellonesi. A tutto questo si aggiunge la frammentazione del fronte indipendentista. Per la prima volta, la frattura politica non passa solo tra indipendentisti e unionisti o tra sinistra e destra. AC introduce un nuovo terreno di scontro, quello identitario, che rimescola le appartenenze e crea un panorama strategicamente più liquido, dove è più facile emergere rompendo schemi consolidati. Infine, non va sottovalutata la crescita organizzativa e comunicativa del partito. In pochi mesi AC ha costruito comitati territoriali, strutture locali e una macchina propagandistica molto attiva sui social. L’arrivo di figure mediatiche e un uso sapiente dei conflitti identitari e delle paure sociali le hanno garantito una visibilità che fino a un anno fa sarebbe stata impensabile. Nonostante l’esplosione nei sondaggi, restano punti interrogativi cruciali. AC potrebbe essere un fenomeno “di protesta”, difficile da mantenere nel tempo. Il sistema elettorale catalano premia i partiti radicati e penalizza chi ha consenso disperso. Inoltre, quasi tutte le altre forze politiche hanno già evocato la possibilità di un cordone sanitario: AC rischia di restare politicamente isolata anche con molti seggi. Senza dimenticare un problema diretto nello scenario politico: gli argomenti politici AC sono in concorrenza con Vox, l’estrema destra spagnola. Avere due attori con lo stesso discorso e parole d’ordine su tematiche come immigrazione puó portare una spostamento facile di voti a chi ha già piú presenza nazionale. E poi c’è un ultimo nodo: la capacità di governare. Finora il partito non ha esperienza amministrativa oltre Ripoll. È un movimento giovane, senza una struttura consolidata e con un discorso ideologico difficile da tradurre in politiche pubbliche. (Foto da Facebook) L'articolo Aliança Catalana, l’ultradestra “esplode” in Catalogna: se si votasse oggi sarebbe il 3° partito proviene da Il Fatto Quotidiano.
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