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Sciopero Cgil, Rizzetto attacca Landini. Fassina: “Polemica surreale, abbia rispetto dei lavoratori”. Su La7
Botta e risposta a Omnibus (La7) tra Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Lavoro della Camera, e Stefano Fassina, economista ed ex viceministro dell’Economia, oggi leader dell’associazione politica Patria e Costituzione. Al centro del confronto lo sciopero generale proclamato dalla Cgil contro la manovra del governo Meloni, con il segretario Maurizio Landini nel mirino dell’esponente della maggioranza e difeso, invece, da Fassina, che ribalta il piano del dibattito. Rizzetto apre l’affondo mettendo in discussione l’esito stesso della mobilitazione: “Mi sembra che lo sciopero non sia andato bene. Almeno quest’anno di oltre 1.000-1.200 scioperi proclamati ne sono stati celebrati oltre 600, quindi si sciopera molto. Abbiamo visto un Landini in splendida solitudine“. Secondo il presidente della Commissione Lavoro, la responsabilità è tutta del leader Cgil: “Landini di fatto è il principale promotore della rottura del fronte sindacale“. L’ex esponente del M5s sostiene che il primo errore di Landini sia quello di aver “demolito l’unità sindacale”, ricordando come la Uil di Pierpaolo Bombardieri, pur inizialmente critica verso il governo, abbia deciso di non scioperare dopo aver letto la legge di bilancio. E aggiunge: “Landini, drammaticamente per lui, è stato sorpassato a sinistra da un altro sindacato che si chiama Usb”. Infine, il giudizio sul metodo: “Oramai tutti questi scioperi proclamati il venerdì, come scrive Franco Bechis questa mattina in modo intelligente, sono diventati un rito stanco”. Fassina replica con toni fermi, definendo l’impostazione del dibattito “abbastanza surreale”. L’ex viceministro contesta innanzitutto la narrazione dell’isolamento sindacale: “Oggi la Cisl è in piazza per lo stesso motivo per cui si è scioperato ieri, l’ha fatto la Uil con altre modalità. Attenzione, la protesta non è solo contro la legge di bilancio. Al centro ci sono le questioni salariali e la questione della guerra, che è molto molto rilevante per le condizioni del lavoro e delle piccole imprese”. Sul tema dello sciopero del venerdì, Fassina sottolinea: “Trovo davvero surreale questa polemica sullo sciopero del venerdì: per un lavoratore scioperare lunedì, martedì o venerdì costa sempre una giornata di stipendio. Bisognerebbe avere più rispetto delle persone che vanno in piazza o che comunque scioperano. Le lavoratrici e i lavoratori vanno rispettati“. L’economista poi accusa il governo di non affrontare la questione salariale: “È un fatto che c’è una questione salariale che il governo non solo non affronta ma utilizza come una leva di politica economica per continuare a competere sul costo del lavoro. Non è un caso che non vogliono fare il salario minimo. Il salario minimo non si fa perché questo governo, come tanti altri precedenti, continua a puntare sulla competizione di costo”. Fassina punta il dito contro il ministro delle Imprese: “Non c’è uno straccio di politica industriale. Sono tre anni che stanno al governo. Urso è una figura imbarazzante, sa solo presiedere i tavoli di crisi. Non c’è una misura che riguarda la politica industriale”. Poi il passaggio sui conti pubblici: “Quei 18 miliardi della legge di bilancio di maggiori spese o minori entrate per un terzo vengono coperti da tagli agli investimenti pubblici. In una fase in cui l’Italia è a zero virgola negli ultimi tre anni e i documenti di finanza pubblica del governo indicano zero virgola di crescita anche nei prossimi tre anni, la manovra si copre con 6 miliardi di tagli agli investimenti pubblici. Ci intratteniamo su quello che fa Landini, ma Landini è una conseguenza, non la causa”. Le cause per Fassina hanno nomi precisi: stagnazione economica e impoverimento del lavoro. “I lavoratori hanno perso nove punti di salario reale negli ultimi tre anni e sono un sacco di soldi. Su uno stipendio di 1.200 euro sono 110-120 euro al mese. Queste sono le questioni. Se non affronti questi nodi, di che cosa parliamo?”. L'articolo Sciopero Cgil, Rizzetto attacca Landini. Fassina: “Polemica surreale, abbia rispetto dei lavoratori”. Su La7 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Senza stipendio da due mesi, i giornalisti di Telesud annunciano lo sciopero: “Situazione già complessa, aggravata dalle incertezze sul futuro”
Telesud – emittente televisiva trapanese di Valerio Antonini, presidente del Trapani Calcio e Trapani Shark, anche queste in situazioni complicate – ha annunciato uno sciopero per lunedì 15 dicembre. Alla base della decisione e dello stato d’agitazione dichiarato oggi c’è una situazione economica difficile: i dipendenti non ricevono stipendio da due mesi e aspettano ancora la tredicesima del 2024. A comunicarlo è stata proprio la redazione con un documento indirizzato al direttore responsabile Nicola Baldarotta e al direttore generale Ignazio Grimaldi: “La redazione giornalistica di Telesud entra da oggi in stato di agitazione. Alla base della decisione c’è il mancato pagamento degli ultimi due stipendi, a cui si aggiunge la tredicesima del 2024. Una situazione già complessa, aggravata dalle incertezze sul futuro dell’emittente e dalla prospettiva di possibili tagli al personale“, si legge all’inizio della lettera. “A nulla sono valsi, finora, i tentativi di dialogo. In seguito alla comunicazione ricevuta oggi dalla Società, prendiamo atto della risposta fornita alle richieste avanzate dalla redazione. Una risposta che, tuttavia, non può essere ritenuta soddisfacente né risolutiva rispetto alla grave situazione in atto”, prosegue la nota. La società ha infatti confermato il mancato pagamento di due mensilità, della tredicesima 2024 e ha annunciato che, entro il 24 dicembre, verrà corrisposta esclusivamente la retribuzione del mese di ottobre, rinviando i pagamenti successivi a tempi e modalità indefiniti. “Una prospettiva che lascia i lavoratori in una condizione di totale incertezza economica e personale, tanto più grave in prossimità delle festività natalizie. Ancora più preoccupante è la comunicazione relativa alla cosiddetta ‘totale riorganizzazione aziendale‘, che prevede il mancato rinnovo dei contratti in scadenza al 31/12/2025 e l’abbattimento dei costi del personale”, prosegue la presa di posizione dei dipendenti. “Le difficoltà economiche dell’Azienda non possono e non devono ricadere esclusivamente sui lavoratori, che continuano a garantire quotidianamente informazione, professionalità e presenza, nonostante mesi di sacrifici, ritardi e silenzi”, si legge. Infine i dipendenti di Telesud concludono: “Per queste ragioni, pur prendendo atto della risposta ricevuta, la redazione giornalistica di Telesud la ritiene inadeguata e ribadisce la necessità di un piano certo e immediato per il pagamento di tutte le spettanze arretrate; chiarezza sul futuro dell’emittente e sui livelli occupazionali e l’avvio di un confronto reale e trasparente con i lavoratori”. LA NOTA DELL’AZIENDA Stato d’agitazione e sciopero che sono arrivati dopo una nota dell’azienda: “Purtroppo la mancanza di ricavi – si legge nella stessa , così come l’impossibilità di ottenere gli auspicabili finanziamenti agevolati in favore delle emittenti locali, ha generato una crisi totale di liquidità, tant’è che, sino ad ora, si è reso necessario, il ricorso a consistenti finanziamenti da parte del socio, per far fronte alle spese correnti”. Infine il comunicato della società si conclude: “Stiamo facendo uno sforzo gigantesco che mette tutti a dura prova, è con l’alto spirito di servizio e di abnegazione di tutti che, insieme, stiamo riuscendo a fronteggiare questi difficili momenti. Confidando nella vostra piena comprensione, auspica una pacifica soluzione di qualsivoglia questione”. IL DOCUMENTO SCOMPARSO Poche ore dopo la diffusione della nota, la stessa è sparita dal sito di Telesud. Troppo tardi, però, visto che tra screenshot e salvataggi pregressi, la stessa è ancora consultabile sui vari social e su varie pagine locali. Una vicenda che diventa sempre più complessa e che si arricchisce di ulteriori sfaccettature. L'articolo Senza stipendio da due mesi, i giornalisti di Telesud annunciano lo sciopero: “Situazione già complessa, aggravata dalle incertezze sul futuro” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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I giovani di Atreju deridono lo sciopero Cgil e ne inscenano uno finto contro Donzelli: “Con noi sono arrivati i venerdì di Landini”
I volontari di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, hanno inscenato un sit-in per ironizzare contro lo sciopero della Cgil di oggi. “Lasciamo perdere cosa si chiede in questi scioperi perché sono abbastanza banali dopo vent’anni di governi non eletti dal popolo hanno anche il coraggio di scioperare, ma chiediamo a Landini di prenderci la sua ala protettiva”. La finta protesta è contro Giovanni Donzelli. Tra le finte rivendicazioni birra gratis. Il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia arriva al sit-in e viene accolto da urla di finta contestazione. L'articolo I giovani di Atreju deridono lo sciopero Cgil e ne inscenano uno finto contro Donzelli: “Con noi sono arrivati i venerdì di Landini” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sciopero generale, a Milano in piazza anche i lavoratori della Paramount: “Per noi sarà un Natale con 35 licenziamenti”
“Per noi sarà un Natale con 35 licenziamenti”. Al corteo per lo sciopero generale di Milano, ci sono anche le lavoratrici e i lavoratori della Paramount che stanno lottano contro la decisione della casa di produzione e distribuzione internazionale Paramount di lasciare a casa 35 persone. “Tra queste ci sono 22 donne, di cui una in maternità – racconta la delegata sindacale della Slc Cgil – ad oggi abbiamo trovato un muro di fronte e non abbiamo risposte”. Il motivo della decisione? “La strategia è quella di eliminare il lavoro e puntare sull’intelligenza artificiale” prosegue la delegata che sottolinea un altro dato che inquieta. “Il Ceo ha fatto un’acquisizione ostile verso Warner Bros per una cifra astronomica dunque da una parte ci sono queste fusioni gigantesche, dall’altra ci siamo noi lavoratori che rimaniamo senza lavoro e paghiamo sempre noi il prezzo”. L'articolo Sciopero generale, a Milano in piazza anche i lavoratori della Paramount: “Per noi sarà un Natale con 35 licenziamenti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La solidarietà dei metalmeccanici ai lavoratori del gruppo Gedi. De Palma (Fiom): “È la deindustrializzazione: dalle rendite all’editoria”
Dal corteo dello sciopero generale di Milano, il segretario generale della Fiom Michele De Palma esprime la solidarietà del sindacato dei metalmeccanici ai lavoratori e alle lavoratrici del gruppo Gedi. “Il processo di deindustrializzazione e di finanziarizzazione delle rendite è questo: si comincia con le rendite e si finisce con l’editoria – ha detto De Palma – bisogna contrastare con tute le forze necessarie le scelte che gli Elkann stanno facendo cioè di andare via dal nostro paese costruendosi una rendita sulle spalle dei lavoratori italiani” L'articolo La solidarietà dei metalmeccanici ai lavoratori del gruppo Gedi. De Palma (Fiom): “È la deindustrializzazione: dalle rendite all’editoria” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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I giornalisti della Stampa dopo la notizia della vendita: “Attacco umiliante senza precedenti alla nostra dignità”. Il governo convoca Gedi
“L’esito è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione”. Così la rappresentanza sindacale (cdr) dei giornalisti della Stampa ha definito quello che è emerso da un incontro con i vertici del gruppo Gedi, che hanno confermato l’intenzione di vendere la testata piemontese così come La Repubblica, Huffington Post e Sentinella del Canavese. Probabile acquirente il gruppo greco Antenna1 della famiglia Kyriakou, che però è interessato solo a Repubblica e alle radio per cui si appresterebbe subito dopo a fare a uno “spezzatino” vendendo parte del pacchetto. Giovedì pomeriggio, dopo che le opposizioni hanno chiesto al governo di riferire in Aula sulla “fuga dell’amico Elkann” – numero uno di Exor attraverso cui la famiglia controlla Gedi – e il presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito “giustificate” le preoccupazioni della redazione, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini ha convocato i vertici di Gedi e i cdr di Stampa e Repubblica. IL COMUNICATO DEI GIORNALISTI: “CI DIFENDEREMO CON OGNI MEZZO” “La nostra è una decisione sofferta, presa al termine di una lunga giornata drammatica per la storia della nostra testata”, scrive il cdr in un comunicato, spiegando che per la protesta dei giornalisti oggi il giornale non è in edicola e il sito non è stato aggiornato fino alle 7 di giovedì mattina. “L’esito (dell’incontro, ndr) è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione. Con nostro grande sconcerto è stato confermato che tutte le attività editoriali che fanno capo a Exor tramite Gedi sono in vendita. È in corso da tempo una trattativa con il gruppo greco AntennaUno e in parallelo si sta cercando un compratore per La Stampa a fronte del dichiarato disinteresse degli investitori greci per la nostra testata”. “L’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel giro di due mesi. Rispetto alle nostre richieste non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo fatto fino a oggi”. In gioco, ricordano i giornalisti, “c’è una testata che ha scritto la storia del giornalismo con un forte radicamento territoriale e una proiezione internazionale che non può essere né svenduta né scaricata a un qualsiasi compratore. La redazione metterà in campo tutte le sue forze per difendersi con ogni mezzo da quello che considera un attacco senza precedenti alla sua dignità e a 150 anni di storia”. Il documento si chiude con un appello “a tutti coloro che conoscono e apprezzano il modo in cui La Stampa fa giornalismo, e anche a tutti coloro che hanno provato a colpire questo giornale”: La Stampa, si legge, “continuerà a informare i suoi lettori come ha sempre fatto con rigore, serietà e indipendenza, diceva John Elkann meno di due settimane fa. Al contrario dell’editore, noi crediamo ancora in queste parole”. LE OPPOSIZIONI: “ALLARMANTE, IL GOVERNO RIFERISCA” “Le informazioni che circolano sulla vendita del gruppo Gedi sono allarmanti”, è stato il commento della segretaria del Pd Elly Schlein. “Le preoccupazioni espresse dai Comitati di Redazione sono anche nostre. Dopo anni di scelte finanziarie che hanno progressivamente indebolito l’azienda, si arriva oggi alla cessione a un soggetto straniero che non offre garanzie su occupazione, prospettive future, qualità e pluralismo dell’informazione. Siamo estremamente preoccupati dai rischi di indebolimento o addirittura di smantellamento di un presidio fondamentale della democrazia, fondato su testate che hanno segnato la storia del giornalismo italiano e che rappresentano un patrimonio unico anche per il radicamento territoriale. Per questo siamo al fianco dei giornalisti e sosterremo ogni iniziativa volta a mantenere alta l’attenzione e ottenere chiarimenti su una vicenda che tocca direttamente la salute del sistema democratico”. Anche Chiara Appendino del M5s e il vicepresidente di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera Marco Grimaldi hanno chiesto all’esecutivo di riferire. “I giornalisti sono stati colpiti e umiliati. Trattati come merce. Usa e getta. Siamo di fronte all’ennesimo piano di svendita italiana scelto da un imprenditore che sa fare bene una cosa: prendersi i dividendi e fuggire”, l’attacco di Grimaldi. L'articolo I giornalisti della Stampa dopo la notizia della vendita: “Attacco umiliante senza precedenti alla nostra dignità”. Il governo convoca Gedi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Agenzia Dire, nuovo sciopero dei giornalisti: “Stipendi a rate da luglio”. Solidarietà dall’Fnsi
Fatica a rientrare alla normalità la situazione d’incertezza in cui vivono ormai da anni i giornalisti dell’agenzia Dire. Il comitato di redazione ha indetto – su mandato dell’assemblea – un nuovo pacchetto di 5 giorni di sciopero e ha proclamato l’astensione dal lavoro per martedì 9 dicembre. La protesta, non la prima di questo autunno, è scattata perché i lavoratori dell’agenzia ricevono da mesi lo stipendio a tranche, percependo solo un terzo della retribuzione ogni mese. L’azienda proprietaria dell’agenzia, ricorda il cdr in una nota, sta attraversando “un periodo di grossa difficoltà economica, dovuta anche alla mala gestione della proprietà precedente” ma è un costo che “non può essere scaricato sulle lavoratrici e i lavoratori”. I dipendenti hanno dovuto affrontare “due anni di contratti di solidarietà tra il 2021 e il 2023, a cavallo del cambio di proprietà; pesanti tagli al personale attuati tra dicembre 2023 e luglio 2024; la vicenda degli ex sospesi di gennaio 2024 (non ancora del tutto risolta); il mancato pagamento degli stipendi di gennaio e febbraio 2025 (poi recuperati a rate)” oltre al fatto che “dal mese di agosto (quindi a valere sullo stipendio di luglio), le lavoratrici e i lavoratori dell’agenzia stanno ricevendo le loro retribuzioni a tranche, percependo ogni mese solamente circa un terzo del dovuto”. L’azienda, dal canto suo, ha assicurato che gli stipendi di luglio e agosto arriveranno entro la metà di dicembre e ha detto di voler presentare un piano di rientro per gli arretrati maturati, ovvero una parte di settembre e ottobre e tutto novembre. Il cdr precisa però che al tavolo sindacale del 4 dicembre “nessuna certezza è stata fornita sul ritorno alla regolarità stipendiale e, soprattutto, su una serena continuità aziendale nel prossimo futuro, a causa della sospensione della convenzione con Palazzo Chigi e l’assenza del decreto di omologa in merito al piano di rientro con l’Agenzia delle Entrate (atteso dall’azienda dopo l’udienza del 20 ottobre scorso)”. Il comitato di redazione ha rinnovato quindi la richiesta all’azienda “di saldare subito gli stipendi arretrati e tornare alla regolarità retributiva, con un impegno in prima persona dell’editore più consistente di quanto fatto finora” oltre ad aver richiesto “appello alle autorità preposte, perché si trovi una soluzione rapida rispetto ai nodi aziendali ancora da sciogliere, e al Dipartimento per l’Editoria perché mantenga alta l’attenzione sulla vicenda Dire e riattivi la convenzione non appena ci saranno le condizioni per farlo”. La Federazione nazionale della Stampa italiana ha espresso solidarietà ai giornalisti dell’agenzia. Il sindacato ha chiesto un impegno diretto da parte dell’editore per il saldo degli arretrati e per il pagamento regolare degli stipendi, rinnovando la propria disponibilità per una soluzione che possa fornire “certezze e futuro ai giornalisti”, definiti “un importante presidio che va tutelato”. Solidale anche il Partito Democratico che attraverso Sandro Ruotolo – responsabile Informazione della segreteria – specifica il proprio sostegno per ogni iniziativa utile a “garantire continuità e tutela del lavoro” e conclude dicendo che “pagare gli stipendi e assicurare stabilità ai lavoratori non è solo un dovere contrattuale: è una responsabilità verso l’informazione e la democrazia”. L'articolo Agenzia Dire, nuovo sciopero dei giornalisti: “Stipendi a rate da luglio”. Solidarietà dall’Fnsi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Metro regolari a Roma nonostante lo sciopero Atac, ma il 12 dicembre c’è quello generale
A Roma le metropolitane sono regolarmente aperte nel giorno dello sciopero Atac proclamato dal sindacato Sul. L’azienda, attraverso i propri canali informativi, fa sapere che il servizio procede senza interruzioni sulle linee A, B/B1, C e sulla ferrovia Termini-Centocelle, mentre si registrano e si attendono riduzioni sulle linee di superficie — bus, tram e filobus — che potrebbero protrarsi fino alle ore 17. L’agitazione della durata di 24 ore riguarda esclusivamente il personale Atac ed è stata indetta dal Sul per denunciare una serie di criticità interne: dai cambi turno individuali degli autisti ai problemi legati al disagio del pasto, fino alle presunte discriminazioni premiali tra i diversi settori aziendali. Nel documento sindacale si parla anche di valorizzazione delle professionalità, sicurezza nelle rimesse, applicazione della sentenza di Cassazione relativa alla IV area, e riorganizzazione del comparto biglietteria. UNA SETTIMANA DI SCIOPERI Lo stop di oggi è soltanto il primo appuntamento di una settimana complessa per la mobilità romana e per i servizi pubblici nazionali. Il 10 dicembre toccherà all’igiene ambientale. Lo sciopero nazionale di 24 ore, indetto da Fp Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Fiadel, rilancia la protesta del 17 ottobre e punta l’attenzione su salute e sicurezza, classificazione professionale, difesa del potere d’acquisto, tutele negli appalti e sostegno al diritto di sciopero. Venerdì 12 dicembre si arriverà infine allo sciopero generale proclamato dalla Cgil, a cui in diversi settori aderiranno altre sigle sindacali. La mobilitazione coinvolgerà pubblico e privato — anche appalti e servizi strumentali — per l’intera giornata. Nel settore ferroviario la protesta si terrà dalle 00:01 alle 21:00, mentre il personale Rfi dell’unità territoriale sud e nord Doit Verona incrocerà le braccia dalle 9:01 alle 17:00. Le motivazioni dello sciopero generale toccano temi economici e sociali: aumenti salariali e pensionistici, stop all’innalzamento dell’età pensionabile, opposizione al riarmo e investimenti in sanità e istruzione, lotta alla precarietà e riforma fiscale equa e progressiva. SERVIZI GARANTITI Per ciascuna delle giornate di mobilitazione saranno assicurati i servizi minimi e il rispetto delle fasce di garanzia previste dalle normative di settore. Nel frattempo, nella capitale i treni della metro continuano a circolare, mentre Roma si prepara ad affrontare una settimana di disagi annunciati. L'articolo Metro regolari a Roma nonostante lo sciopero Atac, ma il 12 dicembre c’è quello generale proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sciopero all’Ikea, lavoratori in corteo tra gli scaffali: “Un’ora di lavoro non raggiunge il costo di un tavolino che dentro è di cartone”
“Una nostra ora di lavoro fatica a raggiungere il costo di un tavolino che dentro è fatto di cartone. Vorremmo avere una dignità salariale che ci permetta di vivere”. A parlare è uno dei lavoratori dell’Ikea di Carugate che oggi ha aderito allo sciopero nazionale indetto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. Il motivo? “Il contratto integrativo non viene rinnovato dal 2019 nel quale le nostre professionalità vengono schiacciate – racconta un’altra lavoratrice arrivata da Ancona – ci sono grosse disparità tra vecchi e nuovi assunti che devono aspettare 24 mesi per avere le maggiorazioni, e in questo momento molti negozi non hanno potuto avere il premio che era una boccata di ossigeno per molti di noi”. E così le lavoratrici e i lavoratori si sono dati appuntamento di fronte allo stabilimento di Carugate improvvisando un corteo tra gli scaffali. “Ikea occupa oltre 7500 dipendenti in tutta Italia con un uso molto forte di figure part time molto spinto spesso e volentieri indipendente” racconta Roberto Brambilla, Filcams Cgil nazionale. Quanto prendono? “Con un part time da 30 ore prendo 1100 euro al mese” racconta una lavoratrice. Per questo il contratto integrativo così come il sistema premiale rappresenta “una boccata di ossigeno” per i dipendenti. “Nel corso dell’ultimo incontro, l’Azienda ha respinto ogni proposta delle organizzazioni sindacali, rifiutando perfino di definire gli elementi economici già condivisi – come maggiorazioni domenicali e trattamento della malattia – rimandando tutto a un confronto senza contenuti reali” scrivono in una nota le organizzazioni sindacali confederali. E la multinazionale del mobile risponde così: “Ikea ha costantemente ricercato un confronto con le sigle sindacali e conferma la propria disponibilità a sottoscrivere il contratto in qualsiasi momento, anche con una durata ridotta rispetto alla normale vigenza, sulla base della proposta aziendale, la quale si presenta evidentemente migliorativa. Ikea Italia intende inoltre ribadire che la propria strategia di business rimane saldamente allineata all’obiettivo di rendere il brand accessibile alla maggioranza delle persone, anche in un contesto storico in cui tutti i consumi sono significativamente influenzati”. L'articolo Sciopero all’Ikea, lavoratori in corteo tra gli scaffali: “Un’ora di lavoro non raggiunge il costo di un tavolino che dentro è di cartone” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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