Botta e risposta a Omnibus (La7) tra Walter Rizzetto, deputato di Fratelli
d’Italia e presidente della Commissione Lavoro della Camera, e Stefano Fassina,
economista ed ex viceministro dell’Economia, oggi leader dell’associazione
politica Patria e Costituzione. Al centro del confronto lo sciopero generale
proclamato dalla Cgil contro la manovra del governo Meloni, con il segretario
Maurizio Landini nel mirino dell’esponente della maggioranza e difeso, invece,
da Fassina, che ribalta il piano del dibattito.
Rizzetto apre l’affondo mettendo in discussione l’esito stesso della
mobilitazione: “Mi sembra che lo sciopero non sia andato bene. Almeno quest’anno
di oltre 1.000-1.200 scioperi proclamati ne sono stati celebrati oltre 600,
quindi si sciopera molto. Abbiamo visto un Landini in splendida solitudine“.
Secondo il presidente della Commissione Lavoro, la responsabilità è tutta del
leader Cgil: “Landini di fatto è il principale promotore della rottura del
fronte sindacale“.
L’ex esponente del M5s sostiene che il primo errore di Landini sia quello di
aver “demolito l’unità sindacale”, ricordando come la Uil di Pierpaolo
Bombardieri, pur inizialmente critica verso il governo, abbia deciso di non
scioperare dopo aver letto la legge di bilancio.
E aggiunge: “Landini, drammaticamente per lui, è stato sorpassato a sinistra da
un altro sindacato che si chiama Usb”.
Infine, il giudizio sul metodo: “Oramai tutti questi scioperi proclamati il
venerdì, come scrive Franco Bechis questa mattina in modo intelligente, sono
diventati un rito stanco”.
Fassina replica con toni fermi, definendo l’impostazione del dibattito
“abbastanza surreale”. L’ex viceministro contesta innanzitutto la narrazione
dell’isolamento sindacale: “Oggi la Cisl è in piazza per lo stesso motivo per
cui si è scioperato ieri, l’ha fatto la Uil con altre modalità. Attenzione, la
protesta non è solo contro la legge di bilancio. Al centro ci sono le questioni
salariali e la questione della guerra, che è molto molto rilevante per le
condizioni del lavoro e delle piccole imprese”.
Sul tema dello sciopero del venerdì, Fassina sottolinea: “Trovo davvero surreale
questa polemica sullo sciopero del venerdì: per un lavoratore scioperare lunedì,
martedì o venerdì costa sempre una giornata di stipendio. Bisognerebbe avere più
rispetto delle persone che vanno in piazza o che comunque scioperano. Le
lavoratrici e i lavoratori vanno rispettati“.
L’economista poi accusa il governo di non affrontare la questione salariale: “È
un fatto che c’è una questione salariale che il governo non solo non affronta ma
utilizza come una leva di politica economica per continuare a competere sul
costo del lavoro. Non è un caso che non vogliono fare il salario minimo. Il
salario minimo non si fa perché questo governo, come tanti altri precedenti,
continua a puntare sulla competizione di costo”.
Fassina punta il dito contro il ministro delle Imprese: “Non c’è uno straccio di
politica industriale. Sono tre anni che stanno al governo. Urso è una figura
imbarazzante, sa solo presiedere i tavoli di crisi. Non c’è una misura che
riguarda la politica industriale”.
Poi il passaggio sui conti pubblici: “Quei 18 miliardi della legge di bilancio
di maggiori spese o minori entrate per un terzo vengono coperti da tagli agli
investimenti pubblici. In una fase in cui l’Italia è a zero virgola negli ultimi
tre anni e i documenti di finanza pubblica del governo indicano zero virgola di
crescita anche nei prossimi tre anni, la manovra si copre con 6 miliardi di
tagli agli investimenti pubblici. Ci intratteniamo su quello che fa Landini, ma
Landini è una conseguenza, non la causa”.
Le cause per Fassina hanno nomi precisi: stagnazione economica e impoverimento
del lavoro. “I lavoratori hanno perso nove punti di salario reale negli ultimi
tre anni e sono un sacco di soldi. Su uno stipendio di 1.200 euro sono 110-120
euro al mese. Queste sono le questioni. Se non affronti questi nodi, di che cosa
parliamo?”.
L'articolo Sciopero Cgil, Rizzetto attacca Landini. Fassina: “Polemica surreale,
abbia rispetto dei lavoratori”. Su La7 proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Sciopero
Telesud – emittente televisiva trapanese di Valerio Antonini, presidente del
Trapani Calcio e Trapani Shark, anche queste in situazioni complicate – ha
annunciato uno sciopero per lunedì 15 dicembre. Alla base della decisione e
dello stato d’agitazione dichiarato oggi c’è una situazione economica difficile:
i dipendenti non ricevono stipendio da due mesi e aspettano ancora la
tredicesima del 2024.
A comunicarlo è stata proprio la redazione con un documento indirizzato al
direttore responsabile Nicola Baldarotta e al direttore generale Ignazio
Grimaldi: “La redazione giornalistica di Telesud entra da oggi in stato di
agitazione. Alla base della decisione c’è il mancato pagamento degli ultimi due
stipendi, a cui si aggiunge la tredicesima del 2024. Una situazione già
complessa, aggravata dalle incertezze sul futuro dell’emittente e dalla
prospettiva di possibili tagli al personale“, si legge all’inizio della lettera.
“A nulla sono valsi, finora, i tentativi di dialogo. In seguito alla
comunicazione ricevuta oggi dalla Società, prendiamo atto della risposta fornita
alle richieste avanzate dalla redazione. Una risposta che, tuttavia, non può
essere ritenuta soddisfacente né risolutiva rispetto alla grave situazione in
atto”, prosegue la nota.
La società ha infatti confermato il mancato pagamento di due mensilità, della
tredicesima 2024 e ha annunciato che, entro il 24 dicembre, verrà corrisposta
esclusivamente la retribuzione del mese di ottobre, rinviando i pagamenti
successivi a tempi e modalità indefiniti.
“Una prospettiva che lascia i lavoratori in una condizione di totale incertezza
economica e personale, tanto più grave in prossimità delle festività natalizie.
Ancora più preoccupante è la comunicazione relativa alla cosiddetta ‘totale
riorganizzazione aziendale‘, che prevede il mancato rinnovo dei contratti in
scadenza al 31/12/2025 e l’abbattimento dei costi del personale”, prosegue la
presa di posizione dei dipendenti.
“Le difficoltà economiche dell’Azienda non possono e non devono ricadere
esclusivamente sui lavoratori, che continuano a garantire quotidianamente
informazione, professionalità e presenza, nonostante mesi di sacrifici, ritardi
e silenzi”, si legge.
Infine i dipendenti di Telesud concludono: “Per queste ragioni, pur prendendo
atto della risposta ricevuta, la redazione giornalistica di Telesud la ritiene
inadeguata e ribadisce la necessità di un piano certo e immediato per il
pagamento di tutte le spettanze arretrate; chiarezza sul futuro dell’emittente e
sui livelli occupazionali e l’avvio di un confronto reale e trasparente con i
lavoratori”.
LA NOTA DELL’AZIENDA
Stato d’agitazione e sciopero che sono arrivati dopo una nota dell’azienda:
“Purtroppo la mancanza di ricavi – si legge nella stessa , così come
l’impossibilità di ottenere gli auspicabili finanziamenti agevolati in favore
delle emittenti locali, ha generato una crisi totale di liquidità, tant’è che,
sino ad ora, si è reso necessario, il ricorso a consistenti finanziamenti da
parte del socio, per far fronte alle spese correnti”.
Infine il comunicato della società si conclude: “Stiamo facendo uno sforzo
gigantesco che mette tutti a dura prova, è con l’alto spirito di servizio e di
abnegazione di tutti che, insieme, stiamo riuscendo a fronteggiare questi
difficili momenti. Confidando nella vostra piena comprensione, auspica una
pacifica soluzione di qualsivoglia questione”.
IL DOCUMENTO SCOMPARSO
Poche ore dopo la diffusione della nota, la stessa è sparita dal sito di
Telesud. Troppo tardi, però, visto che tra screenshot e salvataggi pregressi, la
stessa è ancora consultabile sui vari social e su varie pagine locali. Una
vicenda che diventa sempre più complessa e che si arricchisce di ulteriori
sfaccettature.
L'articolo Senza stipendio da due mesi, i giornalisti di Telesud annunciano lo
sciopero: “Situazione già complessa, aggravata dalle incertezze sul futuro”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
I volontari di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia,
hanno inscenato un sit-in per ironizzare contro lo sciopero della Cgil di oggi.
“Lasciamo perdere cosa si chiede in questi scioperi perché sono abbastanza
banali dopo vent’anni di governi non eletti dal popolo hanno anche il coraggio
di scioperare, ma chiediamo a Landini di prenderci la sua ala protettiva”. La
finta protesta è contro Giovanni Donzelli. Tra le finte rivendicazioni birra
gratis. Il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia arriva al sit-in e
viene accolto da urla di finta contestazione.
L'articolo I giovani di Atreju deridono lo sciopero Cgil e ne inscenano uno
finto contro Donzelli: “Con noi sono arrivati i venerdì di Landini” proviene da
Il Fatto Quotidiano.
“Per noi sarà un Natale con 35 licenziamenti”. Al corteo per lo sciopero
generale di Milano, ci sono anche le lavoratrici e i lavoratori della Paramount
che stanno lottano contro la decisione della casa di produzione e distribuzione
internazionale Paramount di lasciare a casa 35 persone. “Tra queste ci sono 22
donne, di cui una in maternità – racconta la delegata sindacale della Slc Cgil –
ad oggi abbiamo trovato un muro di fronte e non abbiamo risposte”. Il motivo
della decisione? “La strategia è quella di eliminare il lavoro e puntare
sull’intelligenza artificiale” prosegue la delegata che sottolinea un altro dato
che inquieta. “Il Ceo ha fatto un’acquisizione ostile verso Warner Bros per una
cifra astronomica dunque da una parte ci sono queste fusioni gigantesche,
dall’altra ci siamo noi lavoratori che rimaniamo senza lavoro e paghiamo sempre
noi il prezzo”.
L'articolo Sciopero generale, a Milano in piazza anche i lavoratori della
Paramount: “Per noi sarà un Natale con 35 licenziamenti” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Dal corteo dello sciopero generale di Milano, il segretario generale della Fiom
Michele De Palma esprime la solidarietà del sindacato dei metalmeccanici ai
lavoratori e alle lavoratrici del gruppo Gedi.
“Il processo di deindustrializzazione e di finanziarizzazione delle rendite è
questo: si comincia con le rendite e si finisce con l’editoria – ha detto De
Palma – bisogna contrastare con tute le forze necessarie le scelte che gli
Elkann stanno facendo cioè di andare via dal nostro paese costruendosi una
rendita sulle spalle dei lavoratori italiani”
L'articolo La solidarietà dei metalmeccanici ai lavoratori del gruppo Gedi. De
Palma (Fiom): “È la deindustrializzazione: dalle rendite all’editoria” proviene
da Il Fatto Quotidiano.
L'articolo Sciopero generale della Cgil, da Firenze a Genova e Palermo: le
proteste e i cortei. Tutti i settori coinvolti proviene da Il Fatto Quotidiano.
“L’esito è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione”. Così
la rappresentanza sindacale (cdr) dei giornalisti della Stampa ha definito
quello che è emerso da un incontro con i vertici del gruppo Gedi, che hanno
confermato l’intenzione di vendere la testata piemontese così come La
Repubblica, Huffington Post e Sentinella del Canavese. Probabile acquirente il
gruppo greco Antenna1 della famiglia Kyriakou, che però è interessato solo a
Repubblica e alle radio per cui si appresterebbe subito dopo a fare a uno
“spezzatino” vendendo parte del pacchetto. Giovedì pomeriggio, dopo che le
opposizioni hanno chiesto al governo di riferire in Aula sulla “fuga dell’amico
Elkann” – numero uno di Exor attraverso cui la famiglia controlla Gedi – e il
presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito “giustificate” le
preoccupazioni della redazione, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini ha convocato i
vertici di Gedi e i cdr di Stampa e Repubblica.
IL COMUNICATO DEI GIORNALISTI: “CI DIFENDEREMO CON OGNI MEZZO”
“La nostra è una decisione sofferta, presa al termine di una lunga giornata
drammatica per la storia della nostra testata”, scrive il cdr in un comunicato,
spiegando che per la protesta dei giornalisti oggi il giornale non è in edicola
e il sito non è stato aggiornato fino alle 7 di giovedì mattina. “L’esito
(dell’incontro, ndr) è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la
redazione. Con nostro grande sconcerto è stato confermato che tutte le attività
editoriali che fanno capo a Exor tramite Gedi sono in vendita. È in corso da
tempo una trattativa con il gruppo greco AntennaUno e in parallelo si sta
cercando un compratore per La Stampa a fronte del dichiarato disinteresse degli
investitori greci per la nostra testata”.
“L’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel
giro di due mesi. Rispetto alle nostre richieste non è stata data alcuna
garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del
potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di
gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza
nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come
abbiamo fatto fino a oggi”.
In gioco, ricordano i giornalisti, “c’è una testata che ha scritto la storia del
giornalismo con un forte radicamento territoriale e una proiezione
internazionale che non può essere né svenduta né scaricata a un qualsiasi
compratore. La redazione metterà in campo tutte le sue forze per difendersi con
ogni mezzo da quello che considera un attacco senza precedenti alla sua dignità
e a 150 anni di storia”. Il documento si chiude con un appello “a tutti coloro
che conoscono e apprezzano il modo in cui La Stampa fa giornalismo, e anche a
tutti coloro che hanno provato a colpire questo giornale”: La Stampa, si legge,
“continuerà a informare i suoi lettori come ha sempre fatto con rigore, serietà
e indipendenza, diceva John Elkann meno di due settimane fa. Al contrario
dell’editore, noi crediamo ancora in queste parole”.
LE OPPOSIZIONI: “ALLARMANTE, IL GOVERNO RIFERISCA”
“Le informazioni che circolano sulla vendita del gruppo Gedi sono allarmanti”, è
stato il commento della segretaria del Pd Elly Schlein. “Le preoccupazioni
espresse dai Comitati di Redazione sono anche nostre. Dopo anni di scelte
finanziarie che hanno progressivamente indebolito l’azienda, si arriva oggi alla
cessione a un soggetto straniero che non offre garanzie su occupazione,
prospettive future, qualità e pluralismo dell’informazione. Siamo estremamente
preoccupati dai rischi di indebolimento o addirittura di smantellamento di un
presidio fondamentale della democrazia, fondato su testate che hanno segnato la
storia del giornalismo italiano e che rappresentano un patrimonio unico anche
per il radicamento territoriale. Per questo siamo al fianco dei giornalisti e
sosterremo ogni iniziativa volta a mantenere alta l’attenzione e ottenere
chiarimenti su una vicenda che tocca direttamente la salute del sistema
democratico”. Anche Chiara Appendino del M5s e il vicepresidente di Alleanza
Verdi Sinistra alla Camera Marco Grimaldi hanno chiesto all’esecutivo di
riferire. “I giornalisti sono stati colpiti e umiliati. Trattati come merce. Usa
e getta. Siamo di fronte all’ennesimo piano di svendita italiana scelto da un
imprenditore che sa fare bene una cosa: prendersi i dividendi e fuggire”,
l’attacco di Grimaldi.
L'articolo I giornalisti della Stampa dopo la notizia della vendita: “Attacco
umiliante senza precedenti alla nostra dignità”. Il governo convoca Gedi
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Fatica a rientrare alla normalità la situazione d’incertezza in cui vivono ormai
da anni i giornalisti dell’agenzia Dire. Il comitato di redazione ha indetto –
su mandato dell’assemblea – un nuovo pacchetto di 5 giorni di sciopero e ha
proclamato l’astensione dal lavoro per martedì 9 dicembre. La protesta, non la
prima di questo autunno, è scattata perché i lavoratori dell’agenzia ricevono da
mesi lo stipendio a tranche, percependo solo un terzo della retribuzione ogni
mese.
L’azienda proprietaria dell’agenzia, ricorda il cdr in una nota, sta
attraversando “un periodo di grossa difficoltà economica, dovuta anche alla mala
gestione della proprietà precedente” ma è un costo che “non può essere scaricato
sulle lavoratrici e i lavoratori”. I dipendenti hanno dovuto affrontare “due
anni di contratti di solidarietà tra il 2021 e il 2023, a cavallo del cambio di
proprietà; pesanti tagli al personale attuati tra dicembre 2023 e luglio 2024;
la vicenda degli ex sospesi di gennaio 2024 (non ancora del tutto risolta); il
mancato pagamento degli stipendi di gennaio e febbraio 2025 (poi recuperati a
rate)” oltre al fatto che “dal mese di agosto (quindi a valere sullo stipendio
di luglio), le lavoratrici e i lavoratori dell’agenzia stanno ricevendo le loro
retribuzioni a tranche, percependo ogni mese solamente circa un terzo del
dovuto”.
L’azienda, dal canto suo, ha assicurato che gli stipendi di luglio e agosto
arriveranno entro la metà di dicembre e ha detto di voler presentare un piano di
rientro per gli arretrati maturati, ovvero una parte di settembre e ottobre e
tutto novembre. Il cdr precisa però che al tavolo sindacale del 4 dicembre
“nessuna certezza è stata fornita sul ritorno alla regolarità stipendiale e,
soprattutto, su una serena continuità aziendale nel prossimo futuro, a causa
della sospensione della convenzione con Palazzo Chigi e l’assenza del decreto di
omologa in merito al piano di rientro con l’Agenzia delle Entrate (atteso
dall’azienda dopo l’udienza del 20 ottobre scorso)”. Il comitato di redazione ha
rinnovato quindi la richiesta all’azienda “di saldare subito gli stipendi
arretrati e tornare alla regolarità retributiva, con un impegno in prima persona
dell’editore più consistente di quanto fatto finora” oltre ad aver richiesto
“appello alle autorità preposte, perché si trovi una soluzione rapida rispetto
ai nodi aziendali ancora da sciogliere, e al Dipartimento per l’Editoria perché
mantenga alta l’attenzione sulla vicenda Dire e riattivi la convenzione non
appena ci saranno le condizioni per farlo”.
La Federazione nazionale della Stampa italiana ha espresso solidarietà ai
giornalisti dell’agenzia. Il sindacato ha chiesto un impegno diretto da parte
dell’editore per il saldo degli arretrati e per il pagamento regolare degli
stipendi, rinnovando la propria disponibilità per una soluzione che possa
fornire “certezze e futuro ai giornalisti”, definiti “un importante presidio che
va tutelato”.
Solidale anche il Partito Democratico che attraverso Sandro Ruotolo –
responsabile Informazione della segreteria – specifica il proprio sostegno per
ogni iniziativa utile a “garantire continuità e tutela del lavoro” e conclude
dicendo che “pagare gli stipendi e assicurare stabilità ai lavoratori non è solo
un dovere contrattuale: è una responsabilità verso l’informazione e la
democrazia”.
L'articolo Agenzia Dire, nuovo sciopero dei giornalisti: “Stipendi a rate da
luglio”. Solidarietà dall’Fnsi proviene da Il Fatto Quotidiano.
A Roma le metropolitane sono regolarmente aperte nel giorno dello sciopero Atac
proclamato dal sindacato Sul. L’azienda, attraverso i propri canali informativi,
fa sapere che il servizio procede senza interruzioni sulle linee A, B/B1, C e
sulla ferrovia Termini-Centocelle, mentre si registrano e si attendono riduzioni
sulle linee di superficie — bus, tram e filobus — che potrebbero protrarsi fino
alle ore 17.
L’agitazione della durata di 24 ore riguarda esclusivamente il personale Atac ed
è stata indetta dal Sul per denunciare una serie di criticità interne: dai cambi
turno individuali degli autisti ai problemi legati al disagio del pasto, fino
alle presunte discriminazioni premiali tra i diversi settori aziendali. Nel
documento sindacale si parla anche di valorizzazione delle professionalità,
sicurezza nelle rimesse, applicazione della sentenza di Cassazione relativa alla
IV area, e riorganizzazione del comparto biglietteria.
UNA SETTIMANA DI SCIOPERI
Lo stop di oggi è soltanto il primo appuntamento di una settimana complessa per
la mobilità romana e per i servizi pubblici nazionali. Il 10 dicembre toccherà
all’igiene ambientale. Lo sciopero nazionale di 24 ore, indetto da Fp Cgil, Fit
Cisl, Uiltrasporti e Fiadel, rilancia la protesta del 17 ottobre e punta
l’attenzione su salute e sicurezza, classificazione professionale, difesa del
potere d’acquisto, tutele negli appalti e sostegno al diritto di sciopero.
Venerdì 12 dicembre si arriverà infine allo sciopero generale proclamato dalla
Cgil, a cui in diversi settori aderiranno altre sigle sindacali. La
mobilitazione coinvolgerà pubblico e privato — anche appalti e servizi
strumentali — per l’intera giornata. Nel settore ferroviario la protesta si
terrà dalle 00:01 alle 21:00, mentre il personale Rfi dell’unità territoriale
sud e nord Doit Verona incrocerà le braccia dalle 9:01 alle 17:00.
Le motivazioni dello sciopero generale toccano temi economici e sociali: aumenti
salariali e pensionistici, stop all’innalzamento dell’età pensionabile,
opposizione al riarmo e investimenti in sanità e istruzione, lotta alla
precarietà e riforma fiscale equa e progressiva.
SERVIZI GARANTITI
Per ciascuna delle giornate di mobilitazione saranno assicurati i servizi minimi
e il rispetto delle fasce di garanzia previste dalle normative di settore. Nel
frattempo, nella capitale i treni della metro continuano a circolare, mentre
Roma si prepara ad affrontare una settimana di disagi annunciati.
L'articolo Metro regolari a Roma nonostante lo sciopero Atac, ma il 12 dicembre
c’è quello generale proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Una nostra ora di lavoro fatica a raggiungere il costo di un tavolino che
dentro è fatto di cartone. Vorremmo avere una dignità salariale che ci permetta
di vivere”. A parlare è uno dei lavoratori dell’Ikea di Carugate che oggi ha
aderito allo sciopero nazionale indetto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e
Uiltucs. Il motivo? “Il contratto integrativo non viene rinnovato dal 2019 nel
quale le nostre professionalità vengono schiacciate – racconta un’altra
lavoratrice arrivata da Ancona – ci sono grosse disparità tra vecchi e nuovi
assunti che devono aspettare 24 mesi per avere le maggiorazioni, e in questo
momento molti negozi non hanno potuto avere il premio che era una boccata di
ossigeno per molti di noi”.
E così le lavoratrici e i lavoratori si sono dati appuntamento di fronte allo
stabilimento di Carugate improvvisando un corteo tra gli scaffali. “Ikea occupa
oltre 7500 dipendenti in tutta Italia con un uso molto forte di figure part time
molto spinto spesso e volentieri indipendente” racconta Roberto Brambilla,
Filcams Cgil nazionale. Quanto prendono? “Con un part time da 30 ore prendo 1100
euro al mese” racconta una lavoratrice. Per questo il contratto integrativo così
come il sistema premiale rappresenta “una boccata di ossigeno” per i dipendenti.
“Nel corso dell’ultimo incontro, l’Azienda ha respinto ogni proposta delle
organizzazioni sindacali, rifiutando perfino di definire gli elementi economici
già condivisi – come maggiorazioni domenicali e trattamento della malattia –
rimandando tutto a un confronto senza contenuti reali” scrivono in una nota le
organizzazioni sindacali confederali.
E la multinazionale del mobile risponde così: “Ikea ha costantemente ricercato
un confronto con le sigle sindacali e conferma la propria disponibilità a
sottoscrivere il contratto in qualsiasi momento, anche con una durata ridotta
rispetto alla normale vigenza, sulla base della proposta aziendale, la quale si
presenta evidentemente migliorativa. Ikea Italia intende inoltre ribadire che la
propria strategia di business rimane saldamente allineata all’obiettivo di
rendere il brand accessibile alla maggioranza delle persone, anche in un
contesto storico in cui tutti i consumi sono significativamente influenzati”.
L'articolo Sciopero all’Ikea, lavoratori in corteo tra gli scaffali: “Un’ora di
lavoro non raggiunge il costo di un tavolino che dentro è di cartone” proviene
da Il Fatto Quotidiano.