L’attrice comica Valentina Barbieri, che per lo show della Gialappa ha prestato
volto e voce a personaggi come Chiara Ferragni, Michelle Hunziker e Giulia De
Lellis, ha comunicato la scorsa settimana ai fan che si è dovuta fermare: Sono
stati mesi di fortissimo stress. Il mio corpo ha chiesto uno stop e ora è giusto
ascoltarlo”.
L’attrice è poi riapparsa sui social per spiegare meglio il suo stato d’animo
durante la degenza in ospedale: “Tachicardia, respiro corto, mal di testa,
sangue, febbre, pianti, panico. Queste sono solo alcune delle immagini offuscate
che ricordo del giorno in cui sono stata ricoverata d’urgenza al pronto soccorso
per anemia. ‘Ti dobbiamo tenere qui’. Queste le uniche parole che continuava a
ripetere il medico”.
E ancora: “Thomas (Basilico, il fidanzato attore e content creator, ndr) se lo
aspettava. Aveva capito fin da subito che non sarebbe stata una semplice visita
e così, di nascosto, aveva già preparato uno zaino con l’essenziale: un pigiama
e qualcosa per lavarmi. Io pensavo solo: perché a me? Che cosa mi sta accadendo?
Mi sentivo inerme. Ero in preda al terrore, che sfogavo continuamente col
pianto. Da lì sono iniziati questi 13 giorni in ospedale. Tredici“.
“13 giorni di preoccupazione, di rassegnazione, 13 giorni di cure e di amore. –
ha continuato – 13 giorni di sveglie alle 6 del mattino con il classico:
“dobbiamo fare il prelievo” (e potete immaginare quanto suoni bene dirlo ad
un’inguaribile agofobica). Una delle cose che mi ha emozionata di più è stata,
dopo giorni, sentirmi stabile sulle mie gambe, sentirmi rinascere, piano piano”.
La Barbieri ha poi aggiunto: “In ospedale ho avuto il tempo di soffermarmi su
quelle piccole cose che, presi come siamo a correre ogni giorno più velocemente
del nostro stesso battito cardiaco, spesso non notiamo nemmeno. Mi sono
emozionata per il calore dei raggi del sole che entravano dalla finestra, per il
sapore di una fetta di ciambellone la mattina dopo giorni di digiuno, per i
volti così belli dei miei familiari venuti a trovarmi, per le infermiere che mi
tenevano la mano”.
E infine: “Non vi nego che ho ancora paura. Quello che mi è successo è stato
forte. Ora sono fuori, ma devo stare a riposo per riprendermi al meglio. Dovrò
fare altri accertamenti, ma sono fiduciosa. Ringrazio il mio ragazzo, le nostre
famiglie, i medici, gli infermieri, i donatori. Mi ritrovo a scrivere tutto
questo con le lacrime agli occhi, ma ci tenevo ad esprimere la mia enorme
gratitudine nei vostri confronti. Vi assicuro che mi avete inondata di amore. Ho
ricevuto messaggi da chiunque, scusate se non sono riuscita a rispondere a
tutti. Il vostro affetto è prezioso e non lo dimenticherò mai. Tornerò presto”.
L'articolo “Mal di testa, sangue, febbre, pianti, panico. Ecco perché sono stata
ricoverata d’urgenza al pronto soccorso per anemia”: Valentina Barbieri riappare
sui social proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Attori
Anna Valle è in scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 21 dicembre con la
piece “Scandalo“, una commedia scritta e diretta da Ivan Cotroneo. L’attrice
interpreta Laura che ha cinquant’anni ed è una scrittrice. È stata la “sposa
bambina” di uno scrittore molto famoso e molto più grande di lei, che è
recentemente scomparso. Nella sua villa sull’Appia Antica è sola. Fino a quando
in casa non arriva Andrea (Gianmarco Saurino) un giovane uomo che suo marito
Goffredo prima di morire aveva assunto per riorganizzare la loro grande
libreria.
“Il desiderio femminile, sessuale, può essere considerato eccessivo. – ha
raccontato l’attrice a Io Donna – Imbarazza, so- prattutto se a essere più
grande è la donna. È un retaggio della cultura patriarcale. Il tema che
affrontiamo crea tensione. Sul palco percepisco l’attenzione del pubblico. La
seduzione? È un gioco a due. Improvvisamente si crea un’apertura…
intellettuale, di testa. Che si manifesta con un reciproco lancio di sguardi. La
seduzione l’ho imparata facendo le prove a teatro per Scandalo“.
“I 50 anni li vivo, mi godo una nuova consapevolezza di me, come donna e come
artista. – ha continuato la Valle – Il ruolo di Laura in Scandalo è arrivato
nel momento giusto. Laura è stata bellissima, e oggi è ancora una bella donna
che non ha paura di desiderare. Io ho la fortuna di sentirmi amata, da mio
marito e dalla mia famiglia. I miei primi piani nelle Stagioni del cuore, girato
quando avevo 30 anni, è ovvio che non li ritrovo nello specchio. Ma
l’intensità del mio sguardo è cresciuta. Ma forse la vedo solo io… Ho una
maturità maggiore. Se una persona rimane curiosa il tempo non passa”.
Le rughe sul volto? “Aspettiamo che arrivino. La mia paura è quella, tra
qualche anno, di non riconoscermi. La chirurgia estetica? Sto bene così, ma non
la escludo”.
INFORMAZIONI – Teatro Manzoni di Milano, Martedì – sabato: 20:45. Domenica:
15:30. Sabato 20 dicembre: 15:30 e 20:45. Prezzi da 18 a 37 euro (esclusa
prevendita). Durata: 90 min. Non è previsto intervallo.
(Foto Fabrizio Cestari)
L'articolo “La mia paura è quella, tra qualche anno, di non riconoscermi. La
chirurgia estetica? Sto bene così, ma non la escludo”: lo rivela Anna Valle
proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Cam-caminì, cam-caminì, spazzacamin…Allegro e felice pensieri non ho” cantava
felice e spensierato nel film cult “Mary Poppins” lo spazzacamino Bert, nel
lontano 1964. L’attore che ha dato il volo al celebre personaggio, Dick Van
Dyke, compie oggi 13 dicembre 100 anni. Una cosa è certa, Dick Van Dyke non ha
intenzione di cedere: “Cent’anni non sono abbastanza. Vuoi vivere di più, e io
ho intenzione di farlo. Ho una gamba malandata, non so per quale motivo ma provo
ancora a ballare”. Per il compleanno si stanno svolgendo celebrazioni in tutti
gli Stati Uniti, incluso un flash mob a Malibu, dove vive l’attore.
È stato inserito nella Hollywood Walk of Fame nel 1993 e successivamente nella
Television Hall of Fame nel 1995. Nel 2017, ha ricevuto il Britannia Award for
Excellence in Television e si è scusato ironicamente con i membri della Bafta
“per aver inflitto loro il più atroce accento cockney nella storia del cinema”
con la sua interpretazione di Bert in “Mary Poppins”.
Nato il 13 dicembre 1925 a West Plains, Missouri, l’attore si è interessato al
mondo dello spettacolo in tenera età dopo aver visto i film di Stanlio e Ollio
(Laurel and Hardy). La sua popolarità come annunciatore radiofonico lo portò a
firmare un contratto con la Cbs e, dopo alcuni programmi tv, si affermò come un
nome familiare al grande pubblico grazie alla sua interpretazione nel musical
“Bye Bye Birdie”, che gli valse la vittoria di un Tony Award nel 1961.
Al programma di informazione statunitense “Good Morning America (Gma), ha
confidato: “Ho interpretato spesso uomini anziani come arrabbiati e brontoloni,
ma non è affatto così. Non conosco altri centenari, ma posso parlare per me
stesso”.
Van Dyke è anche il soggetto di un nuovo documentario e ha pubblicato un libro
intitolato “100 Rules For Living To 100: An Optimist’s Guide To A Happy Life”
(100 Regole per Vivere fino a 100 Anni: la Guida di un Ottimista a una Vita
Felice). L’attore attribuisce parte della sua longevità alla moglie Arlene
Silver, di 46 anni più giovane, sposata nel 2012. “È un privilegio e un onore
prendermi cura di lui e renderlo felice”, ha dichiarato lei a Gma. Van Dyke ha
quattro figli – Barry, Carrie, Christian e Stacy – avuti dalla sua prima moglie,
Margie Willett, dalla quale ha divorziato nel 1984 dopo 36 anni di matrimonio.
Ha poi avuto una relazione trentennale con Michelle Triola Marvin, scomparsa
nell’ottobre 2009 all’età di 76 anni. Tra il 1961 e il 1966, l’attore è stato
protagonista della sitcom “The Dick Van Dyke Show”, che lo ha reso una star
della TV. Ha inoltre trovato il successo con la serie televisiva “Diagnosis:
Murder” (in Italia “Un detective in corsia”), andata in onda dal 1993 al 2001 e
da cui sono stati tratti alcuni film per la TV.
L'articolo “Cent’anni non sono abbastanza. Vuoi vivere di più e io lo faccio. Ho
una gamba malconcia, ma ballo”: festa per Dick Van Dyke, lo spazzacamino di
“Mary Poppins” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Commenti disgustosi, orribili, cattivi e brutali”. Kelly Osbourne, figlia di
Ozzy scomparso a luglio all’età di 76 anni, non ci sta e ha deciso di rispondere
a muso duro agli haters.
C’è chi ha accusato la star dei reality in lutto di apparire “malata”. Altri
hanno commentato la sua perdita di peso. Ma in una serie di videoclip, Kelly ha
detto con aria di sfida ai suoi oltre 4 milioni di follower: “Sono qui seduta e
penso: ‘Cosa vi aspettate da me, che aspetto vi aspettate che abbia in questo
momento?’ Il fatto che io mi alzi dal letto, affronti la mia vita e ci provi
dovrebbe essere più che sufficiente, e dovrei essere lodata per questo”.
E ancora: “Ad esempio, dite che sembro malata. Beh, in questo momento lo sono.
La mia vita è completamente capovolta. Non capisco perché la gente si aspetti
che mi riprenda e che sembri che vada tutto bene quando non è così”.
“Sono onesta al 100%. – ha continuato – Condivido le mie difficoltà con le
persone e le persone condividono le loro difficoltà con me. Mi aiutano e io
aiuto loro, ma questi commenti cattivi non aiutano nessuno. Ti fanno solo
sentire grande e intelligente e come se avessi raggiunto qualcosa, ma tutto ciò
che hai ottenuto è stato essere un bullo, è malato, come se fossi mentalmente
malato. A tutti coloro che lasciano questi commenti cattivi, dovete fare
un’analisi profonda di voi stessi, perché la maggior parte delle cose che dite
di me rispecchiano ciò che provate voi stessi”.
Poi è tornata sulla questione: “Un’altra cosa strana è che si confrontano le mie
foto di adesso, a 41 anni, con una mia foto di quando ne avevo 18. I volti delle
persone cambiano quando si invecchia”.
Ma Kelly ha detto che la cosa che ha trovato “più deludente” degli abusi
ricevuti è che la maggior parte dei commenti provenivano da “donne adulte.
Queste sono donne che si definiscono ‘counselor’, donne madri, donne che
sembrano avere problemi di peso a loro volta. È devastante che le donne non
possano sostenere altre donne, preferiscano distruggerle quando il loro padre è
appena morto. È disgustoso e ne ho abbastanza, quindi andate a farvi fottere”.
L'articolo “Andate a farvi fot**re! Sono malata. La mia vita è capovolta, non va
tutto bene”: Kelly Osbourne risponde agli haters sul suo fisico dopo la morte
del padre Ozzy proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il mondo del cinema è in lutto. Peter Greene, noto al grande pubblico per i
ruoli di cattivo in film cult come “Pulp Fiction” e “The Mask – Da zero a mito”,
è stato trovato morto nel pomeriggio di venerdì 12 dicembre nel suo appartamento
nel Lower East Side di Manhattan. Aveva 60 anni. A confermare la notizia è stato
il suo manager Gregg Edwards al “New York Daily News”.
Secondo quanto riferito dalla polizia, Greene è stato rinvenuto privo di sensi
nella sua abitazione di Clinton Street intorno alle ore 15.25 ed è stato
dichiarato morto sul posto. Le autorità hanno escluso al momento segni di
violenza, le cause del decesso saranno stabilite dopo l’esame del medico legale.
“Era una persona straordinaria”, ha dichiarato Edwards.
Nato a Montclair, nel New Jersey, l’8 ottobre 1965, Peter Greene aveva avuto
un’adolescenza segnata da grandi difficoltà. Fuggito di casa a 15 anni, aveva
vissuto per strada a New York, cadendo nel vortice della droga, come raccontò in
un’intervista alla rivista “Premier” nel 1996. Dopo un tentativo di suicidio
nello stesso anno, aveva intrapreso un percorso di cura per superare le
dipendenze. “Ha combattuto i suoi demoni e li ha superati”, ha ricordato il
manager.
“Uno dei grandi attori della nostra generazione. Aveva un cuore enorme. Era un
grande amico e mi mancherà molto”. Il manager ha raccontato che Greene era
prossimo a iniziare, nel mese di gennaio, le riprese di un thriller indipendente
intitolato “Mascots”, accanto a Mickey Rourke. La notizia della sua scomparsa ha
profondamente scosso anche il regista e sceneggiatore del film, Kerry Mondragón.
Greene si era costruito negli anni Novanta una solida reputazione come
interprete di personaggi oscuri e disturbanti. Indimenticabile il ruolo di Zed,
la guardia sadica e serial killer in “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino (1994),
così come quello del crudele gangster Dorian Tyrell in “The Mask – Da zero a
mito” (1994), accanto a Jim Carrey e Cameron Diaz, considerato da molti il suo
miglior lavoro. Nonostante la fama di attore difficile, Edwards lo ha descritto
come un perfezionista capace di dare tutto se stesso a ogni interpretazione. Nel
corso della sua carriera ha lavorato con alcuni dei più importanti registi e
attori di Hollywood, collezionando circa 95 crediti tra cinema e televisione.
Tra i titoli più noti figurano anche “I soliti sospetti”, “Trappola sulle
Montagne Rocciose”, “La moglie di un uomo ricco”, “Fine della corsa”, “Congiura
mortale”, “Laws of Gravity”, “Clean”, “Shaven”, “Blue Streak” e “Training Day”.
L'articolo È morto Peter Greene, l’attore è stato trovato senza vita nel suo
appartamento. Era il cattivo di “Pulp Fiction” e “The Mask – Da zero a mito”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’attrice Wenne Alton Davis è morta a 60 anni, lunedì 8 dicembre, dopo essere
stata investita da un’auto mentre attraversava la strada a New York. L’incidente
le ha causato “gravi traumi alla testa e al corpo”, ha riferito la polizia a
People. Wenne Alton Davis era nota per la sua apparizione come poliziotta in un
episodio della quinta stagione di “The Marvelous Mrs. Maisel” su Amazon Prime.
Secondo la polizia di New York, una Cadillac XT6 nera del 2023, guidata da un
uomo di 61 anni, stava svoltando a sinistra all’incrocio tra West 53rd Street e
Broadway a Midtown Manhattan quando ha investito la Davis.
“La Davis ha riportato gravi traumi alla testa e al corpo. – ha detto la polizia
– I soccorsi sono intervenuti e l’hanno trasportata al Mount Sinai West, dove è
stato dichiarato il decesso. L’autista della Cadillac XT6 del 2023 è rimasto sul
posto e non è rimasto ferito a seguito dell’incidente. Al momento non ci sono
arresti e le indagini sono ancora in corso da parte della Squadra Investigativa
Collisioni del Distretto Stradale della Polizia di New York“.
La Davis era nota per il suo ruolo nella quinta stagione della serie di successo
di Amazon Prime, “La fantastica signora Maisel”, in cui interpretava un’agente
di polizia. L’episodio, andato in onda nel 2023, ha segnato la sua ultima
apparizione sullo schermo.
L'articolo Wenne Alton Davis è morta: è stata stata investita da un’auto mentre
attraversava la strada a New York. Era l’attrice di “La fantastica signora
Maisel” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Brutalmente onesto onesto e sincero. L’ex attore di “Grey’s Anatomy” Eric Dane
ha parlato della sua condizione di salute. Lo scorso aprile infatti ha
dichiarato ai media di aver ricevuto la diagnosi di SLA, mentre da giugno, come
lo stesso Dane ha ammesso, da giugno ha un solo “braccio funzionante”.
“Non ho motivo di essere di buon umore in nessun momento, in nessun giorno – ha
dichiarato l’attore e ambasciatore dell’organizzazione no-profit I AM ALS
durante una conversazione virtuale -. Non credo che nessuno mi biasimerebbe se
salissi di sopra in camera mia, mi infilassi sotto le lenzuola e passassi le due
settimane successive a piangere”.
“Penso che sia fondamentale condividere il mio percorso con quante più persone
possibile, perché non sento più che la mia vita ruota attorno a me – ha
continuato Dan – Ed è qualcosa con cui ho dovuto lottare perché sono una persona
piuttosto egoista e mi piacerebbe che la mia vita ruotasse tutta intorno a me,
ma non ci riesco. Non credo che sarei in grado di andare avanti se fosse così. È
una questione fondamentale garantire che le persone siano informate sulla SLA e
su cosa possiamo fare per combatterla e migliorare la situazione. Perché è tutto
così instabile e disseminato di ostacoli, burocrazia e tutte queste altre
assurdità che stiamo cercando di superare per arrivare a un punto in cui
possiamo iniziare a lavorare sulle soluzioni”.
Il 53enne ha dichiarato a giugno di avere un solo “braccio funzionante”, a causa
della sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come morbo di Lou Gehrig. La
Johns Hopkins Medicine la descrive come una “malattia dei motoneuroni ad esito
fatale” che causa “la degenerazione progressiva delle cellule nervose nel
midollo spinale e nel cervello“. Alla fine, i sintomi possono includere paralisi
e difficoltà respiratorie e di deglutizione.
L'articolo “Non ho motivo di essere di buon umore e positivo”: Eric Dane parla
della SLA. L’ex attore di “Grey’s Anatomy” da giugno ha un solo “braccio
funzionante” proviene da Il Fatto Quotidiano.
È una delle attrici più brave e iconiche di Hollywood. Ma pochi sanno che dietro
l’infanzia di Glenn Close si celano momenti difficili, come lei stessa ha
ammesso in una intervista The Guardian. La Close ha rivelato, infatti, di aver
vissuto per un periodo della sua vita in una setta: “È assurdo che ciò che
accade in un certo momento della tua infanzia rimanga proprio qui dentro di te“.
In particolare l’attrice si riferisce al movimento cristiano Riarmo Morale (MRA)
è stato un movimento morale e spirituale internazionale che, nel 1938, fondato
dal Gruppo di Oxford del ministro americano Frank Buchman. Buchman ha guidato
l’MRA per 23 anni, fino alla sua morte nel 1961. Nel 2001, il movimento è stato
ribattezzato Iniziative per il Cambiamento. L’attrice lo bolla come “una sorta
di abuso psicologico mascherato da una misoginia latente”. Negli Anni 50 il
trasferimento in Svizzera per aderire al Riarmo Morale (MRA) e rimanerci 15
anni.
“Questo gruppo ha avuto un profondo impatto su ognuno di noi. – ha affermato
Glenn Close – Mentre cercavamo di salvare il mondo, lottavamo per sopravvivere
alle pressioni di una cultura che dettava ogni nostra mossa. I nostri vestiti,
il nostro comportamento e ogni nostra parola. Essendo facilmente influenzabile,
volevo compiacere ed essere accettata. Così sono diventata una brava soldatina,
negando i sentimenti fragili che provavo verso me stessa per il bene superiore
del gruppo.
E ancora: “Ciò che mi ha sostenuta è il paesaggio della mia infanzia, che
diventa il tuo DNA. Uno dei miei primi ricordi è quello di essere stata nella
fattoria di mio nonno nell’entroterra di Greenwich, che all’epoca era molto
bucolica. Ed ero solo una bambina selvaggia. Il mio intestino ha bisogno della
natura”.
A 22 anni la Close torna in America per iscriversi all’Università ma l’impatto
col mondo reale non è stato facile: “Ho consultato uno specialista in traumi
infantili. Ti dici: ‘Non sono stata picchiata, non sono stata lasciata morire di
fame, né buttata in mezzo alla strada’. Ma questa manipolazione mentale ti
distrugge. Ti distrugge. Perdi ogni individualità, a parte quella che ti è stata
imposta Immaginate di essere giovani e di dover confessare le vostre malefatte a
qualcuno, solo per essere all’altezza delle aspettative. È un profondo
sentimento di umiliazione e degradazione, e una terribile fonte di trauma”.
Buchman e l’MRA sono stati criticati per le opinioni su Hitler, il nazismo e il
fascismo. Nel 1951, la Chiesa cattolica ha ordinato ai suoi membri di non
aderire all’MRA perché sosteneva “l’eresia dell’illuminismo”.
L'articolo “Ho vissuto 15 anni in una setta. Una sorta di abuso psicologico
mascherato da una misoginia latente”: la confessione choc di Glenn Close
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Due volumetti pubblicati di recente da due importanti attori italiani mi
spingono a trattare un argomento che mi appassiona da tempo:
l’attore-che-scrive, nozione non del tutto sovrapponibile a quella di
attore-autore. Nonostante un luogo comune duro a morire, che li vorrebbe per lo
più inconsapevoli e illetterati, gli attori (non tutti ovviamente), pensano e
scrivono parecchio. In realtà, l’hanno sempre fatto, fin dagli albori del
professionismo.
La “divina” Isabella Andreini, forse la nostra attrice più grande prima della
Duse, nella sua breve vita (1562-1604) fu drammaturga e poetessa capace di
rivaleggiare con i maggiori poeti dell’epoca. E per molto tempo i comici
dell’Arte furono più preoccupati a legittimarsi come letterati che come attori,
nel tentativo di nobilitare il nuovo mestiere. A riprova, non solo la
drammaturgia ma anche la trattatistica li vede protagonisti fra ‘500 e ‘600.
A partire dal ‘700, le preoccupazioni letterarie degli attori cominciano a
cambiare. Ottenuto ormai il riconoscimento sociale, essi sentono il bisogno di
rivolgersi ad una cerchia più ampia di lettori, offrendo un’immagine più o meno
idealizzata di sé e della propria carriera. Nasce il genere dell’autobiografia,
che conosce la sua età d’oro nell’800, quando ormai quasi più nessun attore,
compresi quelli di secondo piano, resiste alla tentazione di scriverne una. E’
per questo che fece tanto rumore il rifiuto della grande Eleonora.
Nel ‘900, con l’avvento della regia, gli attori continuano a scrivere ma
cambiano considerevolmente destinatari, contenuti e finalità dei loro
interventi. L’autobiografia non scompare mai del tutto, ovviamente, ma adesso
gli attori pensano sempre meno a generici lettori assetati di conoscere dettagli
intimi delle loro vite private, rivolgendosi invece a un più ristretto e
qualificato pubblico di colleghi, aspiranti tali, spettatori appassionati,
critici.
Per la prima volta, essi riflettono sugli aspetti tecnici del loro mestiere. E
se non tutti sono arrivati, come Stanislavskij, Michail Cechov, Mejerchol’d,
Strasberg, a elaborare veri e propri metodi o sistemi di recitazione, resta il
fatto che, lungo il secolo scorso, gli attori hanno rivendicato il diritto di
mettere su carta quanto appreso di un’arte così effimera e aleatoria, a prima
vista, condensandolo spesso in forma di consigli utili a chi voglia avvicinarsi
a questa professione o anche soltanto recitare per diletto.
I nomi da fare sarebbero troppi per questa sede. Tuttavia, mi piace ricordare
almeno l’importanza del contributo femminile. In primo luogo, Franca Rame,
coautrice, assieme a Dario Fo, di un doppio Manuale minimo dell’attore (1987,
2015). E poi le attrici storiche dell’Odin Teatret: Iben Nagel Rasmussen,
Roberta Carreri e Julia Varley, autrici ciascuna di uno o più libri sul loro
lavoro, dal training agli spettacoli. Infine, spicca oggi la produttività di
Ermanna Montanari (cofondatrice del Teatro delle Albe), da anni impegnata –
anche con l’aiuto di interlocutori di valore: da Laura Mariani a Enrico Pitozzi
– a indagare in profondità i vari aspetti del suo alto artigianato teatrale in
una con l’ascolto del proprio passato e soprattutto delle origini. Cito almeno
l’”autobiografia” L’abbaglio del tempo (La Nave di Teseo) e – con Pitozzi –
Cellula. Anatomia dello spazio scenico (Quodlibet), entrambi del 2021.
Mi resta poco spazio per parlare dei due scritti recenti che hanno offerto lo
spunto di questo post: Piccolo almanacco dell’attore (Baldini+Castoldi), di
Fabrizio Bentivoglio, e Caninità del cane. Un manuale per l’attore (Marsilio),
di Roberto Latini.
A parte le piccole dimensioni, non hanno molto altro in comune, come del resto
le carriere degli autori. Versatile e efficace interprete soprattutto di cinema,
anche se formatosi in teatro, Bentivoglio; tra i più talentuosi attori e registi
di teatro della scena attuale, Latini.
Il piccolo almanacco del primo, fatto di pensieri, ricordi e consigli legati
agli incontri artistici di una lunga carriera, parte dalla convinzione che
quello dell’attore “non […] sia un mestiere insegnabile”. Il manualetto del
secondo è invece il risultato dello sforzo compiuto nella “trasmissione di un
sapere”, che lo porta a precisare: “Non credo che il teatro si possa insegnare,
ma si può insegnare a imparare a imparare”.
La cosa più interessante, tuttavia, non sono le ovvie differenze quanto
piuttosto le assonanze. Venendo da due artisti tanto diversi per formazione e
scelte professionali, ciò conferma che la cultura dell’attore è alla fine una
sola e si sedimenta su tempi lunghi, che prescindono almeno in parte dalle
biografie individuali.
Mi limito a due esempi: la messa in guardia sul mito dell’improvvisazione e la
critica dell’attore preoccupato di farsi vedere in scena a tutti i costi.
Bentivoglio lo dice in termini più tradizionali: “l’attore deve scomparire nel
personaggio, fidarsi di lui e lasciarlo solo in scena. L’attore deve sapersi
rendere invisibile”. Latini in modo più tranchant: “A parte nostra madre,
nessuno viene a vedere noi. Nessuno paga per vederci. Gli spettatori vogliono
vedere lo spettacolo”. Solo così, nell’incontro, può accadere, quando accade, il
Teatro.
L'articolo Attori che scrivono: una tradizione che mi appassiona, da Isabella
Andreini ai giorni nostri proviene da Il Fatto Quotidiano.
Emma Heming Willis è tornata a parlare il 20 novembre, alla conferenza End Well
2025 dedicata alle storie di resilienza e cura, del marito Bruce Willis.
L’attore, a cui è stata diagnosticata la demenza frontotemporale (FTD) nel 2023,
“amava il Natale e noi adoriamo festeggiarlo con lui”, dice Emma. Le vacanze con
la famiglia sono “diverse quindi ci siamo in un certo senso adattati”.
Emma Heming Willis attende con ansia le feste con il marito Bruce Willis e tutta
la famiglia allargata. La modella, attrice e scrittrice 47enne a People ha
confermato: “È gioioso. È semplicemente diverso. Bruce amava il Natale e noi
adoriamo festeggiarlo con lui. È semplicemente diverso, quindi ci siamo, in un
certo senso, adattati”.
All’attore 70enne è stata diagnosticata l’afasia nel 2022, seguita dalla demenza
frontotemporale (FTD) poi il ritiro dal cinema. Emma da sempre ha sensibilizzato
l’opinione pubblica sulla FTD attraverso interviste, social media e nel suo
libro “The Unexpected Journey: Finding Strength, Hope, and Yourself on the
Caregiving Path“. Alla conferenza End Well 2025, ha continuato a parlare di
assistenza alla demenza sul palco con Yvette Nicole Brown.
“Penso che sia importante mettere in onda durante le nostre vacanze ‘Die Hard’
perché è un film di Natale – ha detto ridendo -. Bisogna imparare, adattarsi e
creare nuovi ricordi, riportando con sé le stesse tradizioni di prima. La vita
continua. Continua e basta. La demenza è dura, ma c’è ancora gioia. Penso che
sia importante non dipingere un’immagine così negativa della demenza. Stiamo
ancora ridendo. C’è ancora gioia. Sembra solo diverso”.
La vita della famiglia, ha concluso Emma, ”è molto semplice, in realtà lo è
sempre stata. Credo che il solo fatto di poter essere presente con lui, questa
sia la gioia. Il fatto di poter essere sua moglie con lui. Questi sono i momenti
più belli”.
Emma e Bruce sono sposati dal 2009 e hanno le figlie Mabel Ray Willis di 13 anni
e Evelyn Penn Willis di 11 anni. La star di “Il Sesto Senso” è anche padre di
altre tre figlie: Rumer Glenn Willis di 37 anni, Scout LaRue Willis di 34 anni e
Tallulah Belle Willis di 31 anni, che ha avuto con l’ex moglie Demi Moore.
L'articolo “Il Natale con Bruce Willis è ancora gioioso, ma diverso. Demenza è
una parola dura, ma non significa assenza di felicità”: così la moglie Emma
Heming proviene da Il Fatto Quotidiano.