Sei milioni e mezzo di aiuti pubblici, anche dalla Regione Puglia, alla società
fondata dall’ex assessore regionale e amministrata dall’imprenditore, entrambi
indagati per corruzione. Si chiama Eka la società di cui era socio e fondatore
il golden boy di Emiliano, l’ex assessore Alessandro Delli Noci, dimesso dopo
l’inchiesta della procura di Lecce che lo vede indagato per corruzione insieme a
Maurizio Laforgia, che di Eka era amministratore fino allo scoppio
dell’inchiesta giudiziaria, in cui i magistrati salentini contestano trattamenti
di favore a imprenditori amici in cambio di assunzioni, finanziamenti e cene
elettorali. Nell’inchiesta leccese, va detto, Eka non è in alcun modo coinvolta
ma i protagonisti sono gli stessi: se davvero c’è stata una lobby che ha
condizionato le scelte del Comune di Lecce e della Regione Puglia, come
sostengono i pm, e se sono vere le affermazioni intercettate di Laforgia in cui
diceva “tengo al guinzaglio Delli Noci”, le premesse sarebbero nate da quello
spin-off universitario poi generosamente beneficiato da fondi pubblici.
LA CARRIERA DI DELLI NOCI
Riassunto delle puntate precedenti: nel 2010, sotto il rettorato di Domenico
Laforgia, l’Università del Salento diede vita a numerosi spin-off, società che
servono a commercializzare i risultati della ricerca scientifica. Tra i circa 30
spin-off costituiti, uno si chiama Eka e ha come amministratore il figlio
dell’allora rettore, Maurizio Laforgia, e come socio Alessandro Delli Noci, che
all’epoca era un attivista di belle speranze saldamente collocato a destra.
L’Università del Salento sostiene la loro iniziativa: fa da incubatore d’impresa
e in cambio ha diritto a una quota del 10% del capitale sociale. L’oggetto
sociale è vago: Eka si occupa di “consulenza organizzativa, tecnologica e
sistemistica per la realizzazione di procedure aziendali e sistemi informativi
volti alla creazione di metodologie e/o prodotti software innovativi”. Negli
anni a seguire storia imprenditoriale e politica si intrecciano. Nel 2012
Alessandro Delli Noci diventa assessore nella giunta di centrodestra di Lecce e
nel 2018 vende le sue quote di Eka a un consigliere comunale di area (e vecchio
amico), Cristian Filieri. Una mossa opportunistica, stando a una intercettazione
di Maurizio Laforgia agli atti dell’inchiesta per corruzione (“per opportunità
politica lo abbiamo fatto uscire appena ha preso l’attività politica però di
fatto in un modo o nell’altro lui c’è sempre”). Quando non viene candidato a
sindaco dal centrodestra, si converte al centrosinistra e si prepara al gran
salto in Regione diventando il golden boy dell’emilianesimo.
IL “PROGETTO LOBBY” E LA PIOGGIA DI VOTI
“Abbiamo preso un ragazzo di destra e ne abbiamo fatto il vicesindaco di Lecce”
rivendicherà Emiliano. Parole che fanno il paio con quelle dell’ex socio:
“Alessandro lo abbiamo ripulito dal fatto che era andato a destra” spiega ancora
Maurizio Laforgia nelle intercettazioni, nelle quali spiega di voler mettere in
piedi “una specie di lobby” ovvero “una fondazione per sostenerlo dal punto di
vista sia economico ma anche dal punto di vista proprio delle relazioni”. E al
di là delle parole ci sono i fatti: l’amministratore di Eka ha ampiamente
finanziato la sterzata a sinistra di Delli Noci, come documentato dell’inchiesta
della procura e confermato nell’interrogatorio di garanzia dallo stesso
Laforgia: i contributi economici del figlio dell’ex rettore (e degli
imprenditori amici) sono decisivi per mettere in piedi la macchina da voti che
nel 2020 incorona Delli Noci come consigliere regionale più votato del Salento e
lo fa approdare nella giunta Emiliano, con la delega all’assessorato allo
Sviluppo economico. Nel quale trova una vecchia conoscenza: il principale
dirigente è proprio Domenico Laforgia, l’ex rettore che Delli Noci chiama
“maestro” e padre del suo ex socio Maurizio. Una postazione in cui Laforgia
senior rimarrà pochi mesi perché nel 2021 Michele Emiliano lo promuove
mandandolo a presiedere la più importante partecipata regionale: l’Acquedotto
Pugliese.
GLI ANNI DEL BOOM DI EKA
Sono gli anni in cui Eka vive un vero e proprio boom: gli utili diventano
milionari, anche grazie a contributi pubblici, alcuni dei quali passano anche
dalla Regione Puglia. Nel gennaio 2022 la Regione Puglia, ad esempio, destina
892.426 euro a Eka per l’ampliamento della sede produttiva mentre l’ultimo caso
risale a maggio 2025: la Regione Puglia bandisce l’avviso RETI, Eka si presenta
a braccetto dell’Università del Salento e si aggiudica 303.782 euro. Tutto
grazie a bandi pubblici, beninteso, che prevedono importanti premialità per chi
ha un legame forte con gli enti di ricerca universitaria. È proprio su questo
punto, il legame con l’università salentina, che si sta combattendo un braccio
di ferro in questi giorni in ateneo. Negli ultimi anni, infatti, l’ateneo
salentino ha dismesso la sua partecipazione in quasi tutti gli spin-off, secondo
un principio sancito dal regolamento interno (che fissa in cinque anni il limite
massimo di permanenza nel capitale sociale di uno spin-off) in conformità alle
norme europee che vietano aiuti di Stato alle imprese private. Eka, però, sembra
fare eccezione a quei regolamenti: su circa 30 spin-off, l’Università del
Salento è uscita da 26 ed è rimasta in 4, tra cui la società amministrata dal
figlio dell’ex rettore.
LA DELIBERA RINVIATA DI ANNO IN ANNO
Il consiglio di amministrazione ha deliberato già nel 2020 la vendita della
partecipazione in Eka ma di anno in anno la decisione è stata rinviata con le
motivazioni più svariate mentre Maurizio Laforgia fa pressioni affinché
l’Università rimanga nella compagine sociale: nel febbraio 2024 addirittura
invia un parere legale al nuovo rettore spiegando testualmente di scrivere “da
amministratore diligente e anche da figlio di ex rettore”. Una lettera rimasta
nel cassetto del rettore Fabio Pollice fino a quando oltre un anno dopo non è
stata scoperta da Luigi Melica, docente di diritto pubblico comparato
nell’Università del Salento, che nel settembre scorso ha preso carta e penna e
ha inviato un esposto ai revisori dei conti in cui nella sostanza formula una
domanda: dopo quindici anni cosa ci fa l’Università del Salento ancora dentro
Eka? Il compito dell’ateneo, che sarebbe quello di incubare l’impresa ma poi
lasciarla camminare sulle sue gambe, sembrerebbe finito. Eppure l’Università del
Salento continua a essere socia, con indiscutibili vantaggi per la srl:
nell’esposto di Melica è contenuto anche il conteggio (estratto dal database del
registro nazionale aiuti di stato) che quantifica in 6.422.394 euro i fondi
pubblici ricevuti da Eka dal 2017 a oggi.
LAFORGIA: “UN VALORE AGGIUNTO PER L’ATENEO”
A questo interrogativo risponde Maurizio Laforgia, che precisa di essersi
dimesso da amministratore dopo l’indagine che lo ha coinvolto (e che non
riguarda Eka ma altri fatti). “Io reputo che sia un valore aggiunto per
l’Università avere una partecipata che ha tanti dipendenti, quasi tutti
ingegneri. Deciderà l’università ovviamente, ma secondo me è un peccato
dismettere questa partecipazione che tra l’altro genera utili”. Dai bilanci in
realtà risulta che l’Università del Salento in questi quindici anni ha ricevuto
50mila euro nel 2021 e 30mila euro nel 2022 mentre la gran parte degli utili va
a ingrossare il patrimonio della società, che oggi ammonta a quasi 9 milioni di
euro. Un fiume di denaro che è dovuto anche ai sostanziosi fondi pubblici,
compresi quelli regionali, arrivati nelle casse della srl fondata dall’ex
assessore regionale Delli Noci. Che nel frattempo, dopo essersi dimesso da
assessore regionale, avrebbe voluto ritentare la corsa in Regione ma è stato
stoppato da Antonio Decaro, che non ha voluto “impresentabili” nelle sue liste.
Contattato a più riprese sui contenuti di questa inchiesta, ha preferito non
commentare.
L'articolo Alla società dell’ex golden boy di Emiliano 6,5 milioni di aiuti
pubblici (anche dalla Regione Puglia) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Regione Puglia
Era stata una candidatura sbandierata, difesa a oltranza, anche a rischio di
strappare e far saltare ciò che era considerato cosa ovvia, il nome di Antonio
Decaro come aspirante governatore. Si è trasformata nella caporetto di Alleanza
Verdi Sinistra e nel tramonto politico definitivo dell’uomo che in Regione
Puglia ha aperto la stagione cavalcata poi da Michele Emiliano e ora dall’ex
sindaco di Bari. Il partito di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, altri due
figli dell’entusiasmo e dei temi di quel tempo, è fuori dal Consiglio regionale
e resta a casa Nichi Vendola. La “Primavera pugliese” ha subito numerose
metamorfosi ma continua nella sua sostanza, invece per l’uomo che la fece
sbocciare è arrivato il grande inverno. Una gelata, un flop, chiamatelo come
volete. Triste, solitario y final.
AVS SOTTO LA SOGLIA DI SBARRAMENTO
L’elezione che doveva consacrare il suo ritorno dopo l’addio alla scena politica
e il grande imbarazzo – mai dimenticato da molti – legato alle intercettazioni
sull’Ilva svelate dal Fatto (La Corte di Cassazione ha confermato in estate che
non fu diffamazione) si è trasformato nel ballo d’addio. Avs è rimasta fuori dal
Consiglio nonostante la decisione di candidare Vendola in tre circoscrizioni
(Bari, Brindisi e Lecce) nella speranza di trainare la lista. La sinistra ha
invece raccolto 54.358 preferenze, il 4,09% degli 831.315 voti espressi per i
partiti. Ma la legge elettorale pugliese prevede che ai fini dello sbarramento
le percentuali si calcolino sui voti espressi ai candidati presidenti. E Decaro
ne ha presi ben 919.665, così Avs è scivolata sotto il 4 per cento.
NESSUN “EFFETTO VENDOLA”: MENO DI 10MILA VOTI
Addio seggi e niente “effetto Vendola”. In 9.698 hanno scritto il nome dell’ex
presidente sulla scheda, un risultato tutt’altro che eccezionale se paragonato
ai recordman di preferenze e alla sua presenza in più collegi (due terzi sono
arrivati nel Barese). E pensare che Fratoianni, la cui culla politica è stata la
giunta Vendola dove fu assessore, e Bonelli, che negli anni ha impostato le sue
battaglie sulla “e” di Sel che stava per ecologia, si erano letteralmente
imputati sulla candidatura difendendola dall’aut-aut di Decaro che aveva
minacciato di rimanere a Bruxelles se si fossero presentati lui e Michele
Emiliano.
IL GRADIMENTO PERSONALE DI DECARO AFFONDA AVS
Alla fine, lo strappo era stato formalmente ricucito. Ma Decaro si era coperto
“a sinistra” nelle sue liste. Il resto lo hanno fatto il gradimento personale
del neo-governatore, capace di convogliare 88mila voti sul solo presidente, e la
legge elettorale pugliese che prevede di calcolare le percentuali su quel monte
di preferenze. Un sistema nato proprio quando Vendola governava. La
ciliegina-beffa sull’epitaffio politico del vendolismo.
L'articolo Puglia, il “grande inverno” di Vendola: è fuori dal Consiglio. Così
il successo di Decaro ha svuotato Avs proviene da Il Fatto Quotidiano.
Calo dell’affluenza diffuso in tutte le tre Regioni chiamate ad eleggere i nuovi
presidenti e i consiglieri regionali. Alle 12 in Campania si è recato alle urne
l’8,25% degli aventi diritto, -3,07% rispetto al 2020 quando alla stessa ora
aveva votato l’11,32%. In Puglia i dati dell’affluenza alle 12 si fermano
all’8,53%, percentuale in calo di 3,5 punti rispetto al 12,04% di cinque anni
fa. Leggermente superiore il dato del Veneto. Alle 12 ha votato il 10,10% degli
aventi diritto, segnando però un calo dell’affluenza superiore rispetto alle
altre due Regioni: -4,64%, nel 2020 infatti alle 12 si era già recato alle urne
il 14,74%.
SI VOTA ANCHE LUNEDÌ FINO ALLE 15
Le urne sono aperte fino alle 23 di oggi. Si vota anche domani dalle ore 7 alle
15, poi via allo spoglio. Si conosceranno così i nomi dei tre nuovi governatori
di Veneto, Campania e Puglia. L’unico dato certo è che si chiude l’era di Luca
Zaia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano alla guida delle rispettive Regioni.
Se il Veneto arriva da 15 anni a guida centrodestra con Zaia, il centrosinistra
punta alla riconferma nelle due elezioni regionali in programma al Sud.
Quest’anno, nel duello a distanza tra le coalizioni, si parte dal 2-1 per la
maggioranza di governo, vincente in Calabria e nelle Marche con gli uscenti
Roberto Occhiuto (Fi) e Francesco Acquaroli (Fdi). Mentre il campo progressista
è tornato al successo in Toscana con la riconferma del dem Eugenio Giani.
VENETO
In Veneto Alberto Stefani, 33enne vicesegretario e deputato della Lega, punta a
essere il successore di Zaia a Palazzo Balbi e il governatore più giovane
d’Italia. Il “Doge”, presidente uscente, che nel 2020 era stato riconfermato con
il 77% delle preferenze, sarà capolista della Lega in tutte le Province venete,
per provare a dare la spinta al Carroccio nel derby tutto interno alla destra
con i meloniani di Fratelli d’Italia. Sono sette le liste che sostengono il
campo progressista guidato da Giovanni Manildo, ex sindaco Pd di Treviso. Gli
altri tre candidati sono Marco Rizzo (Democrazia Sovrana Popolare), Fabio Bui
per la lista “Popolari per il Veneto” e Riccardo Szumski per “Resistere Veneto”.
CAMPANIA
In Campania si vota, invece, per il post Vincenzo De Luca, per dieci anni alla
guida della Regione. Il centrosinistra sostiene Roberto Fico, ex presidente
della Camera del M5s. Per il centrodestra, invece, è in corsa Edmondo Cirielli,
viceministro degli Esteri e deputato di Fratelli d’Italia. Alla poltrona più
alta di Palazzo Santa Lucia ambiscono anche Stefano Bandecchi, sindaco di Terni,
con ‘Dimensione Bandecchi”, Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo,
Carlo Arnese per “Forza del Popolo” e Nicola Campanile, candidato della lista
“Per – per le persone e la comunità”.
PUGLIA
La terza sfida alle urne è in Puglia, dove Antonio Decaro, europarlamentare del
Pd ed ex sindaco di Bari, guida la coalizione del centrosinistra e punta a
subentrare al governatore uscente dem Michele Emiliano (presidente della Regione
dal giugno del 2015). Per il centrodestra, invece, il nome scelto è quello
dell’imprenditore barese, Luigi Lobuono, civico di Forza Italia ed ex presidente
della Fiera del Levante. In corsa ci sono anche altre due candidati: Ada Donno
con “Puglia Pacifista e Popolare” e Sabino Mangano, ex consigliere comunale M5s
di Bari, con la lista “Alleanza Civica per la Puglia”.
LE COMUNALI
Contemporaneamente alle Regionali si tiene anche il turno elettorale
straordinario nei comuni sciolti: Monteforte Irpino (Avellino), Caivano
(Napoli), Acquaro e Capistrano (Vibo Valentia).
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votato l’ 8,25%, in Puglia l’8,53% e il 10,10% in Veneto proviene da Il Fatto
Quotidiano.