Tag - Avvocati

Avvocati per il clima, i nuovi professionisti che sfidano l’industria fossile: così BigOil trema
C’è una nuova generazione di avvocati che sta crescendo ai quattro angoli del pianeta con in testa, ma soprattutto nel cuore, un obiettivo molto chiaro: fare terra bruciata, professionalmente parlando, intorno all’industria fossile. Possiamo chiamarli “avvocati per il clima”. A livello internazionale vengono di solito indicati come climate conscious lawyers. È un fenomeno che si sta sviluppando su sentieri per certi versi intrecciati con quelli delle climate litigation, le cause climatiche. Quelle che hanno fatto sì che il clima irrompesse nelle corti di giustizia di più alto grado del mondo, come la Corte europea dei Diritti dell’Uomo o la Corte Internazionale di Giustizia. Ma c’è molto di più. Perché l’impatto che avvocati e studi legali hanno sulla società va evidentemente molto al di là delle aule dei tribunali. Da tempo avevo maturato la convinzione che gli avvocati per il clima potessero diventare un fattore (molto!) rilevante nella lotta alla crisi climatica. Ne sono diventato ancora più convinto, e penso che potrebbe accadere più rapidamente di quanto si possa pensare, dopo aver seguito un evento incredibilmente stimolante organizzato da Lsca-Law Students for Climate Accountability: è l’iniziativa, di cui ho già parlato su questo blog, con cui una rete di studenti di legge statunitensi ha preso a monitorare e valutare le relazioni fra i più grandi studi legali Usa e le società fossili. Il cui business – repetita iuvant – è di gran lunga il principale responsabile del collasso climatico in atto. Checché ne dica la signora Ursula von der Leyen, che oltre a non aver mosso un dito per fermare il genocidio a Gaza se n’è uscita giorni fa con un’affermazione che la dice lunga sul modo totalmente distorto in cui intende la lotta alla crisi climatica: non dobbiamo combattere le fossili, ipsa dixit, ma le emissioni. Per dirla con Al Gore, ci prende per stupidi? Stendendo un pietoso velo su chi per nostra sciagura ci guida in Europa, l’evento in questione è la zoomathon organizzata da Lsca il 17-18 novembre scorsi in occasione del Global Day of Action for Climate Justice, un’iniziativa lanciata nel 2019 dalla Baroness Hale Legal Clinic della York Law School. Un evento di 25 ore filate, una sorta di giro del mondo virtuale (il programma è recuperabile sull’account Instagram di Lsca) che ha dato voce alle tante iniziative in essere di avvocati per il clima. > Visualizza questo post su Instagram > > > > > Un post condiviso da LSCA (@lawstudents4climate) Lsca ha dichiarato che al centro dell’evento c’era la campagna con cui a suon di lettere gli studenti di legge di mezzo mondo, specie di area anglosassone, stanno pressando le organizzazioni di riferimento e le authority di settore (International Bar Association, American Bar Association, la Solicitors Regulation Authority britannica) per chiedere una cosa molto precisa: chiarire le obbligazioni etiche, i doveri degli avvocati non solo verso i propri clienti ma anche verso il pubblico, i tribunali, lo stato di diritto in generale, nel contesto della crisi climatica. Detto altrimenti: cosa devono o non devono, possono o non possono fare gli avvocati nell’era della crisi climatica conclamata? Quanto è ampia la loro libertà di azione? Ci sono dei limiti? E se sì, dove vanno posti? Le realtà che hanno preso la parola durante l’evento provenivano da Europa, Africa, Nord e Sud America, Sud-est asiatico, Australia. Stanno nascendo studi legali specializzati sull’ambiente e il clima. Esistono già i capitoli di Lsca in Australia e Sudafrica. L’ultimo report curato da LSCA, con la climate scorecard degli studi legali Usa, è il primo con un respiro globale, perché getta lo sguardo su cosa sta accadendo in quest’ambito in altre giurisdizioni: Australia, Canada, Sudafrica e – in Europa – Francia, Germania, Olanda, Uk e anche l’Italia. Di noi il report ricorda che siamo il Paese con di gran lunga il maggior numero di avvocati al mondo, oltre 230mila (dati 2023). Un bacino in cui potrebbero fiorire legioni di avvocati per il clima. E in cui, chissà, potrebbe nascere il prossimo capitolo di Lsca. Chapeau a studenti come quelli di Lsca. Com’è stato giustamente sottolineato nella zoomathon, ci vuole grande coraggio a sfidare un settore, tra l’altro assai potente e temibile, in cui si spera in futuro di trovare lavoro, lottando perché contribuisca non ad esacerbare la crisi climatica ma a contrastarla. Almeno, però, chi ha deciso che da grande sarà un climate conscious lawyer ha la certezza granitica di stare dalla parte giusta della storia. L'articolo Avvocati per il clima, i nuovi professionisti che sfidano l’industria fossile: così BigOil trema proviene da Il Fatto Quotidiano.
Blog
Mondo
Cambiamenti Climatici
Avvocati
Referendum, gli avvocati ora chiedono ai giudici di “aiutarli” nella campagna per il Sì: Nordio non ha saputo fornire i dati
In nome della “sensibilità istituzionale“, capita pure che gli avvocati chiedano ai “nemici” magistrati di aiutarli nella campagna per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere. È successo nei giorni scorsi con una lettera inviata da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali – il “sindacato” degli avvocati penalisti – ai presidenti dei Tribunali e ai coordinatori degli uffici Gip di tutta Italia: “Mi pregio di sottoporre alla Vostra cortese attenzione una questione di particolare rilievo per la trasparenza e la comprensione del funzionamento del nostro sistema giudiziario”. Un tono ossequioso per ottenere un dato importantissimo per la strategia comunicativa del Sì: la percentuale con cui i giudici accolgono le richieste di misure cautelari – arresti, interdittive, ma anche sequestri – avanzate dai pubblici ministeri. Se questa percentuale fosse particolarmente alta, sopra l’80 o il 90%, i sostenitori della riforma potrebbero usarla come argomento principe per avvalorare la tesi della presunta sudditanza dei giudici nei confronti dei pm. A questo scopo il deputato di Forza Italia Enrico Costa aveva chiesto il dato con un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Carlo Nordio, che però non aveva saputo ricostruirlo: “Allo stato, per quanto concerne le misure cautelari, e fino alla piena operatività del Datalake, non è possibile ottenere evidenza delle percentuali di accoglimento e rigetto delle richieste del pubblico ministero”, era stata la risposta. Ma sapere in quanti casi i gip dicano di sì ai pm, evidentemente, è un’autentica ossessione per i penalisti. Così Petrelli non ha potuto fare altro che rivolgersi direttamente ai magistrati, cioè alle controparti della campagna referendaria: “Con la presente sono a richiederVi di voler cortesemente fornire ovvero, qualora non ne aveste la diretta disponibilità, di voler indicare le modalità per ottenerli – i dati statistici aggregati relativi agli anni 2022, 2023 e 2024, concernenti la percentuale di accoglimento” delle richieste di misure cautelari “da parte dell’Ufficio gip da Voi coordinato. Certo di un Vostro cortese riscontro e confidando nella Vostra sensibilità istituzionale, porgo i miei più distinti saluti”, recita il testo, datato 24 novembre, inviato ai 165 presidenti. Non è dato sapere quanti di loro abbiano risposto alla richiesta – a quanto risulta al Fatto, alcuni non l’hanno ancora ricevuta – né se siano astrattamente in grado di farlo. Di certo il fronte del Sì mostra di essere alla spasmodica ricerca di numeri utili alla propria campagna: nei giorni scorsi i sostenitori della riforma hanno citato più volte il dato – fornito in risposta all’interrogazione di Costa – secondo cui i gip accolgono le richieste di intercettazioni dei pm nel 94% dei casi e quelle di proroga degli ascolti addirittura nel 99% dei casi. Ma molti magistrati hanno contestato la genuinità di quelle percentuali, sostenendo che sia impossibile ricostruirle sulla base delle statistiche trasmesse dagli uffici al ministero: sul tema i deputati Debora Serracchiani (Pd) e Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) hanno depositato interrogazioni parlamentari. L'articolo Referendum, gli avvocati ora chiedono ai giudici di “aiutarli” nella campagna per il Sì: Nordio non ha saputo fornire i dati proviene da Il Fatto Quotidiano.
Referendum
Giustizia
Avvocati
Unione Camere Penali
Violenza sulle donne, quando lo Stato non paga le spese legali: M5s propone il gratuito patrocinio anche in sede civile
Servono soldi, per combattere la piaga della violenza sulle donne, almeno per le spese legali. Ma non tutte possono permettersele senza finire sul lastrico, dunque sovente la denuncia resta nel cassetto e proseguono gli abusi maschili. Per questo i senatori M5s hanno depositato un disegno di legge che chiede allo Stato di farsi carico delle parcelle degli avvocati senza oneri per la donna che denuncia, anche nelle cause civili (come il divorzio) e senza limiti di reddito. Un contributo decisivo alla proposta è giunto dal magistrato Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano e fondatore dell’Osservatorio violenza sulle donne. Sarebbe “un grande passo avanti contro la violenza sulle donne”, dice il giudice a ilfattoquotidiano.it. “Certo comporterà risorse da parte dello Stato”, avvisa la toga, “a costo zero le leggi vanno bene ma fino a un certo punto”. Il ddl, depositato in Senato il 21 ottobre, quantifica l’esborso per le casse pubbliche: 500mila euro l’anno. La prima firmataria è Sabrina Licheri, con i colleghi a 5 stelle Cataldi, Nave, Damante, Naturale, Croatti e Sironi. I LIMITI DEL GRATUITO PATROCINIO IN SEDE CIVILE: REDDITO E BUROCRAZIA Oggi il patrocinio gratuito – quando lo Stato paga le spese legali al posto dei cittadini – è senza limiti di reddito solo per tre reati: maltrattamenti contro famigliari e conviventi, violenza sessuale, atti persecutori. In questi casi, lo Stato copre sempre la somma, anche al posto di persone ricche o benestanti. Ma quando una madre di famiglia, sposata con figli, denuncia il marito per violenze, si apre anche il fronte spinosissimo della cause civili: divorzio, affidamento dei minori, spese di mantenimento per i figli. Oggi una donna vittima di violenza sostiene da sola quel pesante fardello. Paga lo Stato solo se il suo reddito è sotto i 13.659,64 euro. Se i suoi guadagni sono sotto l’asticella, serve il via libera del Consiglio nazionale dell’Ordine degli avvocati: il patrocinio gratuito scatta solo dopo la verifica della “non manifesta infondatezza”. Dunque due vincoli frenano il patrocinio per le donne, nelle cause civili: lo stipendio e la pratica al Consiglio dell’Ordine. Quest’ultima non è così semplice. “Richiede tempo, documenti, prove e non è neppure certo che vada a buon fine”, dice la senatrice M5s Sabrina Licheri che si è occupata di violenza di genere come sindaca di Assemini (Cagliari). “Donne e assistenti sociali lamentavano spesso la burocrazia eccessiva per ottenere il gratuito patrocinio in sede civile”, racconta Licheri. Così è nata l’idea di abolire i vincoli: niente soglie di reddito e stop alla valutazione del Consiglio dell’Ordine; i due pilastri del disegno di legge. Per certificare la “non manifesta infondatezza” dell’esposto penale, basta la denuncia. Non servirà neppure consegnarne la copia: è sufficiente un attestato rilasciato dalle forze dell’ordine. L’obiezione pare ovvia: senza verificare la “fondatezza” della denuncia di violenza, come si evitano abusi e sperperi? Secondo il giudice Roia, basta il deterrente di una causa per calunnia, a scongiurare il pericolo di una falso esposto per violenza, con lo scopo di accollare allo Stato spese legali del divorzio, oppure dell’affidamento dei figli. LA SPERIMENTAZIONE IN LOMBARDIA Intanto, alcune donne rinunciano alla battaglia legale. Quante non si sa. “Non abbiamo dati, ma certamente sono un numero consistente”, dice il magistrato esperto di violenza di genere. “A Milano, quella del patrocinio gratuito anche nel civile è un’esigenza avvertita”. Tanto da indurre la Regione Lombardia a stanziare fondi e scrivere un protocollo, per aprire la sperimentazione già da un anno: all’ombra del Pirellone le donne che denunciano violenza possono già contare sul sostegno dello Stato anche in sede civile, senza limiti di reddito e la verifica dell’Ordine degli avvocati. Ora il beneficio potrebbe estendersi a tutta Italia. Stamattina il ddl sarà presentato in conferenza stampa, nella sala Nassirya del Senato. Con Sabrina Licheri interverranno Alessandra Maiorino e Roberto Cataldi (M5s), oltre alla senatrice Pd Cecilia D’Elia, vicepresidente della commissione femminicidio. Tra il Movimento e il Pd, incontri ufficiali per discutere del provvedimento non ci sono stati. Il ddl andrà calendarizzato nei lavori parlamentari: da oggi inizia il lavoro per portarlo a meta. L'articolo Violenza sulle donne, quando lo Stato non paga le spese legali: M5s propone il gratuito patrocinio anche in sede civile proviene da Il Fatto Quotidiano.
Diritti
Violenza sulle Donne
Avvocati
Ordine degli Avvocati