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Giappone, stretta su chi va in bicicletta ubriaco. Quasi 900 patenti sospese in nove mesi
In Giappone cresce l’attenzione delle autorità nei confronti della sicurezza stradale e, in particolare, di un comportamento spesso sottovalutato: andare in bicicletta dopo aver bevuto alcolici. Tra gennaio e settembre 2025 quasi 900 persone hanno subito la sospensione della patente di guida dopo essere state fermate mentre pedalavano in stato di ebbrezza. Un dato significativo, che riflette l’impatto delle nuove norme entrate in vigore alla fine del 2024. La revisione del codice della strada ha infatti introdotto sanzioni più severe anche per chi utilizza la bicicletta. Superare la soglia consentita di alcol nel sangue non comporta più soltanto una multa, ma come detto può portare direttamente alla sospensione della patente, anche se l’infrazione avviene su un mezzo considerato leggero. L’obiettivo delle autorità è chiaro: prevenire comportamenti pericolosi e ridurre il rischio che chi dimostra scarsa responsabilità in bici possa poi mettersi alla guida di un’auto. Secondo la polizia giapponese, il ciclismo in stato di ebbrezza rappresenta un pericolo reale, soprattutto nelle aree urbane densamente popolate, dove biciclette, pedoni e automobili condividono spazi spesso limitati. Gli incidenti causati dall’alcol, anche sulle due ruote, possono avere conseguenze gravi e coinvolgere altri utenti della strada. Le sanzioni previste sono particolarmente dure. Oltre alla sospensione della patente, i trasgressori rischiano multe elevate e, nei casi più seri, anche pene detentive che possono arrivare fino a tre anni di carcere. Una linea dura che vuole scoraggiare in modo deciso ogni forma di guida in stato alterato. Le nuove regole rientrano in un piano più ampio di rafforzamento della sicurezza stradale. Dal 2026 saranno infatti puniti anche altri comportamenti ritenuti pericolosi, come l’uso dello smartphone mentre si pedala, il mancato rispetto dei semafori, l’assenza di luci di notte o l’abitudine di andare in bicicletta con l’ombrello aperto. L'articolo Giappone, stretta su chi va in bicicletta ubriaco. Quasi 900 patenti sospese in nove mesi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Arriva nei negozi la “lavatrice” umana: ecco come funziona (e quanto costa) la macchina che ti lava e asciuga in 15 minuti al posto di fare la doccia
Sembra uscita da un film di fantascienza, ma è pronta a entrare nel mondo reale – a un prezzo riservato a pochi eletti. Si chiama Mirai Human Washing Machine ed è letteralmente una “lavatrice” umana, un dispositivo di pulizia personale ad alta tecnologia che punta a sostituire ed efficientare la doccia. Sarà esposta ufficialmente dal 25 dicembre nel flagship store di Yamada Holdings a Tokyo, come riporta il Japan Times, anche se il rivenditore di elettronica non ha ancora comunicato la data esatta di messa in vendita. Il prezzo stimato è già noto: circa 60 milioni di yen, equivalenti a 385 mila dollari. Accanto all’unità dimostrativa, il negozio ospiterà anche un’“experience corner”, pensato per illustrare al pubblico il funzionamento della macchina. Sviluppata dall’azienda tecnologica Science, con sede a Osaka, la Mirai Human Washing Machine è lunga circa 2,3 metri (7,5 piedi) ed è progettata per lavare e asciugare completamente una persona in soli 15 minuti. La BBC la descrive come una struttura “a metà tra una capsula e un jet da combattimento”: l’utente si sdraia all’interno, il coperchio si chiude e il ciclo ha inizio. Durante il trattamento, il dispositivo si riempie parzialmente di acqua calda, mentre una nebulizzazione fine e microbolle detergono il corpo. Sensori integrati monitorano costantemente i parametri dell’ospite per garantire sicurezza e comfort. Per rendere l’esperienza più rilassante, la macchina riproduce musica distensiva e immagini immersive, proiettate all’interno della capsula. Il progetto aveva già attirato grande attenzione durante l’Expo di Osaka 2025, svoltosi tra aprile e ottobre. Secondo quanto riportato dalla BBC, oltre 40.000 persone avevano presentato domanda per provare il dispositivo durante l’esposizione. Al momento, però, la produzione prevista è estremamente limitata: solo 50 unità. La prima è stata acquistata da un hotel di Osaka, che intende offrire l’esperienza come servizio esclusivo per i propri ospiti. Un assaggio concreto del funzionamento è arrivato anche dal programma informativo Channel Japan, diffuso in diversi Paesi asiatici. In un video pubblicato su YouTube, il giornalista Yuta Suzuki prova la macchina all’Expo di Osaka. Le immagini mostrano l’acqua che scorre sul fondo della capsula, mentre sul soffitto viene proiettata la scena di una foresta. In sovrimpressione compare anche la frequenza cardiaca del giornalista, monitorata in tempo reale. Man mano che la nebulizzazione avvolge l’interno, dall’esterno si vedono le gocce formarsi sui pannelli di vetro. Al termine del ciclo, il coperchio si solleva e Suzuki appare rilassato, sorridente e quasi completamente asciutto, confermando l’efficacia del sistema. Pensata per hotel di lusso, centri benessere e clienti ultra-facoltosi, la Mirai Human Washing Machine non è destinata a entrare presto nelle case comuni, almeno si spera. L'articolo Arriva nei negozi la “lavatrice” umana: ecco come funziona (e quanto costa) la macchina che ti lava e asciuga in 15 minuti al posto di fare la doccia proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Nuovo terremoto in Giappone: scossa di magnitudo 6.7. Revocata l’allerta tsunami. Le impressionanti immagini
Un nuovo violento terremoto di magnitudo 6.7 ha colpito il nord del Giappone. Dopo la scossa la Japan Meteorological Agency ha diramato l’allerta tsunami con onde previste fino un metro. L’allerta è stata poi revocata circa due ore dopo. Il terremoto è stato registrato nella prefettura di Aomori, a nord del Giappone, alle ore 11:44 locali (3:44 in Italia) con epicentro nelle acque a circa 20 chilometri di profondità. Il sisma odierno segue quello di martedì scorso di magnitudo 7.6. L'articolo Nuovo terremoto in Giappone: scossa di magnitudo 6.7. Revocata l’allerta tsunami. Le impressionanti immagini proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Anime Therapy, contro la depressione giovanile i giapponesi si affidano a psichiatri travestiti da cartoni animati
Il Giappone continua a essere il posto preferito in cui tornare, secondo “Japan Brand Survey”, una recente ricerca condotta quest’anno da Dentsu, la multinazionale giapponese che opera nel settore dei media e del marketing digitale. Più della metà delle turiste e dei turisti intervistati dichiarano di volere pianificare nuovamente un viaggio qui. E questo nonostante il visibile ridimensionamento della presenza di cinesi, a seguito delle disposizioni di Pechino che – come ritorsione nei confronti di quanto affermato dalla prima ministra Takaichi Sanae rispetto a un intervento militare del Giappone se la Cina attaccasse Taiwan – ha ridotto in maniera significativa i voli per Tokyo e Osaka, consigliando vivamente a cittadini/e di non recarsi nel Paese da punire, dove rischiano di essere “trattati male”. Se il turismo va a gonfie vele, i problemi interni sono molteplici e uno di questi riguarda la salute psichica della popolazione giovanile. Da uno studio condotto quest’anno dal governo e citato dal quotidiano Asahi Shimbun, si apprende che il 43% dei giapponesi ventenni si sente alienato e soffre di solitudine. Inoltre in Giappone il suicidio risulta la principale causa di morte tra gli adolescenti e i ventenni, portando il Paese ad avere il tasso più alto di mortalità per suicidio tra i paesi del G7. Per affrontare la situazione è nato un progetto congiunto dell’Università della città di Yokohama insieme a Dai Nippon Printing Co, società che opera nel settore della stampa in tre aree: comunicazioni informatiche, forniture industriali e stile di vita, ed elettronica. Si tratta di un progetto clinico di ispirazione “fantasy” (iniziato il primo ottobre, si concluderà a giugno 2026) teso a determinare se psichiatri /e che in sedute online si fingono personaggi dei cartoni animati possano migliorare il trattamento della depressione tra i giovani. Questo metodo o tipologia di approccio terapeutico nipponico “Anime Therapy” è in realtà da attribuirsi a un giovane psichiatra italiano, Francesco Pantò, che da diversi anni risiede in Giappone. Dopo la laurea in medicina a Roma si è trasferito a Tokyo dove ha perfezionato da autodidatta lo studio della lingua giapponese, preso la specializzazione in psichiatria, superato l’esame di abilitazione per potere esercitare la professione e lavora ormai da alcuni anni con il suo approccio di “Anime Ryoho” ovvero terapia dell’animazione, con l’idea che possa essere utile soprattutto a prevenire le malattie mentali, e a costruire percorsi di crescita per la cura dei più giovani tra cui i casi di hikikomori, problemi di alienazione varia e depressione. Mio Ishii, assistente professore di psichiatria presso la YCU e responsabile del progetto, afferma: “Quello che ci proponiamo è sviluppare servizi che i giovani possano utilizzare quando avvertono lievi disturbi mentali” e ancora: “Molti giovani tra i 15 e i 29 anni soffrono di psicopatologie, ma hanno pochissime possibilità di accedere facilmente a servizi adeguati dal punto di vista medico”. Oltretutto le famiglie giapponesi non ricorrono facilmente all’aiuto psicologico e psichiatrico per una sorta di “vergogna sociale” ancora diffusa nel Paese rispetto alle problematiche di salute mentale. Gli psichiatri e gli psicologi clinici coinvolti nel progetto dovranno seguire un corso di formazione, dopo il quale assumeranno il ruolo di uno dei sei personaggi anime identificati da Pantò: una sorella maggiore (ane), una sorella minore (imōto), una madre (haha), un principe (ōji), un fratello minore (otōto) e uno zio affascinante (ojisan). Sono tutti personaggi affetti da varie difficoltà e problemi: i consulenti ne indosseranno i costumi per conversare con i soggetti scelti per la sperimentazione (circa venti ragazze/i tra i 18 e i 29 anni) utilizzando un modificatore della voce. Saranno i soggetti a scegliere quale personaggio sarà il proprio consulente, per poi partecipare a due sedute online della durata di 60 minuti a settimana, per 4 settimane. La squadra dei ricercatori studierà la sicurezza e la fattibilità delle sedute di “Anime Ryoho”. Verranno inoltre raccolti dati, tra cui “i cambiamenti nei punteggi numerici relativi alla depressione, la soddisfazione per le sedute di consulenza, il livello di fiducia sviluppato con il consulente, nonché il battito cardiaco e i modelli di sonno durante il periodo di prova.” Se i risultati di questa sperimentazione daranno esiti positivi, tale metodologia potrebbe cominciare a essere ampiamente utilizzata. L'articolo Anime Therapy, contro la depressione giovanile i giapponesi si affidano a psichiatri travestiti da cartoni animati proviene da Il Fatto Quotidiano.
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È morto Cary-Hiroyuki Tagawa, l’attore de “L’ultimo imperatore” e “Mortal kombat”
Il mondo del cinema dice addio a Cary-Hiroyuki Tagawa. Mercoledì 4 dicembre l’attore nato in Giappone è morto a Santa Barbara, negli Usa, all’età di 75 anni. Protagonista di film entrati nella storia del cinema come “Mortal Kombat” e “Pearl Harbor“, Tagawa ha fatto parte del cast de “L’ultimo imperatore” di Bernardo Bertolucci, vincitore di ben 9 statuette agli Oscar del 1988. La notizia della morte dell’attore, causata dalle complicazioni successive a un ictus, è stata confermata a USA Today dalla portavoce del giapponese Penny Vizcarra. Tagawa lascia la moglie Sally, i tre figli Calen, Brynne e Cana, e i due nipoti River e Thea Clayton. LE ARTI MARZIALI E IL TEATRO La carriera nel mondo del cinema di Cary-Hiroyui Tagawa è iniziata con un corso di recitazione alla Duarte high school, in California. L’attore ha poi frequentato l’University of Southern California, dove ha iniziato il suo percorso nel karate giapponese. Per migliorare le sue doti nelle arti marziali, al termine degli studi Tagawa è tornato nel paese natio per frequentare la più prestigiosa associazione di karate del Giappone. La sua abilità negli sport di contatto gli è tornata utile nel 1991, quando Cary-Hiroyuki ha recitato in “Showdown in Little Tokyo,” con Brandon Lee e Dolph Lundgren. Il suo ultimo ruolo da attore risale al 2015, nel film “The Man in the High Castle”. L'articolo È morto Cary-Hiroyuki Tagawa, l’attore de “L’ultimo imperatore” e “Mortal kombat” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Alta tensione tra Giappone e Cina su Taiwan: Pechino pronta a reagire. Dalle misure commerciali allo scontro armato: le opzioni
I leader di Pechino lo avevano detto tante volte: Taiwan è la “linea rossa” da non oltrepassare. Sanae Takaichi quella linea l’ha scavalcata ampiamente quando il 7 novembre è diventata il primo capo di governo del Giappone a ipotizzare pubblicamente un intervento militare di Tokyo in caso di attacco armato contro l’isola che Pechino rivendica come propria. Quell’affermazione, pronunciata con troppa leggerezza, è diventata l’innesco della peggiore crisi diplomatica tra i due Paesi asiatici degli ultimi tredici anni. Una crisi che il governo cinese non è disposto a fermare senza prima ricevere scuse formali. Cosa ha detto Takaichi? Parlando davanti a una commissione parlamentare, la premier ha dichiarato che un’aggressione manu militari di Pechino contro Taipei costituirebbe una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” del Giappone, che pertanto potrebbe impegnarsi in un’azione militare a fianco di Washington nello Stretto. Uno scenario consentito – nonostante la costituzione pacifista adottata dopo la Seconda guerra mondiale – grazie a una legge introdotta nel 2015 dall’ex primo ministro e mentore di Takaichi, Shinzo Abe. Mai prima d’ora un primo ministro giapponese in carica aveva utilizzato un linguaggio tanto esplicito su un possibile coinvolgimento a difesa di Taiwan. Nemmeno Abe, che prima di farlo aspettò di rassegnare le dimissioni. Con la lady di ferro, Tokyo si allontana così dalla tradizionale “ambiguità strategica”, postura che – nonostante le gaffe di Joe Biden – gli Stati Uniti continuano ufficialmente a rispettare non confermando né negando un eventuale supporto militare a Taipei. Inutili le rassicurazioni sul rispetto del principio “una sola Cina”. Dire che “la posizione del governo rimane coerente” – come spiegato dalla premier – non basta ad alleggerire il significato simbolico di quelle parole. La risposta di Pechino “Le dichiarazioni palesemente errate del primo ministro Takaichi su Taiwan hanno minato radicalmente le fondamenta politiche delle relazioni bilaterali, danneggiando gravemente gli scambi economici e commerciali”, ha dichiarato giovedì una portavoce del ministero degli Esteri cinese, preannunciando l’arrivo di “misure necessarie”. Alcune di quelle misure sono già visibili: Pechino ha sconsigliato ai cittadini cinesi di recarsi nel Paese per turismo e studio, mentre ha lasciato intendere di voler introdurre un nuovo blocco sulle importazioni di prodotti ittici giapponesi, imposto dopo il rilascio delle acque reflue di Fukushima e rimosso solo di recente. Cancellati inoltre eventi culturali e commerciali, rinviata l’uscita dei film giapponesi nei cinema. La prossima mossa – avvertono analisti e media statali – potrebbe includere restrizioni alle aziende giapponesi per motivi di sicurezza nazionale o persino un’interdizione alle forniture di terre rare, come avvenuto intorno al 2012, quando Tokyo nazionalizzò le isole Diaoyu/Senkaku contese con Pechino. Uno strappo costato il congelamento dei rapporti diplomatici per diversi anni. Di questo passo, Tokyo rischia danni economici molto pesanti. La Cina è il secondo mercato per l’export del Giappone dopo gli Stati Uniti, con un volume di acquisti che nel 2024 ha raggiunto circa 125 miliardi di dollari tra attrezzature industriali, semiconduttori e automobili. Secondo il Nomura Research Institute, solo nel settore turistico nipponico – che rappresenta il 7% del pil nazionale – le perdite potrebbero raggiungere i 2mila miliardi di yen l’anno (14,3 miliardi di dollari). Il pressing militare Senza contare che le ritorsioni potrebbero debordare in una risposta militare, anche oltre ai consueti pattugliamenti nel mar Cinese orientale intorno alle Diaoyu/Senkaku. Solo nell’ultima settimana la marina di Pechino ha condotto esercitazioni nel mar Giallo, mentre il Giappone ha dichiarato di aver alzato in volo i propri aerei dopo aver individuato un sospetto drone cinese nei pressi dell’isola meridionale di Yonaguni, a soli 100 chilometri da Taiwan. E proprio ieri l’ambasciata cinese in Giappone ha citato su X una clausola contenuta nella Carta delle Nazioni Unite, secondo la quale “se uno qualsiasi dei Paesi fascisti o militaristi, come Germania, Italia e Giappone, adotta misure per attuare nuovamente politiche aggressive, i membri fondatori delle Nazioni Unite” – tra cui la Cina – “hanno il diritto di intraprendere direttamente azioni militari contro di loro senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza”. L’ira di Xi Jinping La reazione di Pechino – particolarmente aggressiva anche per gli standard cinesi – trova spiegazione nel contesto delle più ampie tensioni storiche con il Giappone: quest’anno ricorre l’80° anniversario della fine dell’occupazione nipponica in Cina, celebrata da Xi Jinping con la parata militare del 3 settembre. Ma quella pagina della storia, che nella Repubblica Popolare è associata al massacro di Nanchino, in passato Takaichi ha cercato più volte di riscriverla. Non solo visitando il Santuario di Yasukuni in memoria dei criminali di guerra. Da parlamentare ha persino chiesto di ritrattare le scuse avanzate da Tomiichi Murayama, il primo leader giapponese ad aver ammesso nel 1995 la responsabilità per le atrocità commesse dall’esercito durante la Seconda guerra mondiale. Dal passato al presente: dando sfoggio delle note credenziali nazionaliste, appena eletta il mese scorso, Takaichi ha confermato di voler portare la spesa militare del Giappone al 2% del pil entro il 2027, spingendosi anche a ritrattare il principio di “non introduzione” di armamenti atomici nel Paese nel quadro dell’alleanza con gli Stati Uniti che tanto preoccupa la Cina. E poi Pechino l’ha detto innumerevoli volte: Taiwan è una “questione interna”. Vale per Washington ma anche e soprattutto per il Giappone, che colonizzò l’isola nel 1895 prima di restituirla alla Cina cinquant’anni dopo. Lo aveva ribadito a fine ottobre lo stesso Xi durante il primo incontro con Takaichi a margine dell’APEC in Corea del Sud. Al leader cinese deve essere parso un vero affronto personale vedere ignorare il suo avvertimento nemmeno una settimana dopo il meeting. Tanto più che l’oltraggio proviene da una donna. Come avvenuto con Nancy Pelosi, prima speaker della Camera Usa a visitare l’isola in 25 anni, le autorità cinesi hanno dimostrato una certa propensione all’ingiuria nei confronti di figure femminili ritenute ostili. Riferendosi a Takaichi in un post su X, il console cinese a Osaka, Xue Jian, ha scritto di non avere “altra scelta che tagliare senza esitazione quella testa sporca che si è intromessa”. L’ex direttore del Global Times l’ha chiamata addirittura “strega malvagia”. La Cina chiude le porte al dialogo Insomma, non sembrano proprio esserci le premesse per una tregua. Il primo tentativo di dialogo tra il capo del Dipartimento per gli Affari Asiatici, Liu Jinsong, e l’omologo giapponese, Masaaki Kanai, è stato definito dalla parte cinesi “molto insoddisfacente”. Escluso anche un possibile chiarimento tra Takaichi e il premier cinese Li Qiang a margine del G20 in corso a Johannesburg, in Sudafrica. Per Pechino, una risoluzione della crisi è contemplabile solo se la lady di ferro ritirerà quanto affermato, eventualità al momento estremamente remota. Takaichi deve la sua vittoria elettorale alla capacità di rappresentare le istanze più conservatrici del Partito Liberal Democratico, al governo quasi ininterrottamente dal dopoguerra ma che oggi fronteggia l’ascesa di una nuova destra radicale. E ha l’approvazione dei giapponesi. Secondo un sondaggio pubblicato domenica da Kyodo News, il 48,8% degli intervistati sostiene la posizione di Takaichi su Taiwan, mentre il 44,2% si dice contrario. Il pericolo del nazionalismo Come in altre circostanze, si affaccia il rischio che il vecchio rancore tra i due Paesi sfoci in episodi di nazionalismo violento, con atti vandalici contro aziende giapponesi e aggressioni fisiche. Nel 2012, fu il governo a riportare faticosamente la calma vedendosi sfuggire il controllo sul sentimento revanscista nutrito da una parte della popolazione. Ma oggi, nonostante il rallentamento dell’economia, la Cina si sente più forte, più sicura di sé. Una potenza alla pari degli Stati Uniti, come implicitamente ammesso da Donald Trump con il recente riferimento alla nascita di un G2. “La Repubblica popolare non è più il Paese povero e vulnerabile di un secolo fa, che poteva essere intimidito e calpestato a piacimento”, avverte un editoriale del China Military Online, sito collegato all’Esercito popolare di liberazione. Sul web circola da giorni una foto di Liu Jinsong mentre sembra redarguire Kanai con indosso giacca e pantaloni del 4 maggio 1919, il movimento antimperialista di critica contro le richieste avanzate a Versailles dalle potenze vincitrici nella prima guerra mondiale. Tra queste la più spinosa prevedeva una consegna della provincia cinese dello Shandong dalla Germania al Giappone. Il post, diffuso da Yuyuan Tantian, un account social media gestito dall’emittente statale cinese CCTV, è stato cancellato poco dopo la pubblicazione. L'articolo Alta tensione tra Giappone e Cina su Taiwan: Pechino pronta a reagire. Dalle misure commerciali allo scontro armato: le opzioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Giappone, la tensione con la Cina a causa di Taiwan ricade sul settore turistico: si rischiano perdite fino a 14 miliardi di dollari
“Dormo dalle due, alle quattro ore per notte”aveva affermato giorni fa la prima ministra giapponese Takaichi Sanae. “Non fa certo bene alla mia pelle” aveva anche aggiunto, mostrando le occhiaie visibili sul suo viso. Rivelazione che ha confermato l’intento espresso dalla stessa, non appena nominata alla guida del governo, quando aveva promesso di: “Lavorare, lavorare, lavorare, lavorare e lavorare”. Sarà la fatica, la mancanza cronica di riposo, o semplicemente la coerenza e una certa postura radicale in linea con le idee da sempre espresse dalla leader ultra conservatrice, ad avere causato il più grande impasse degli ultimi anni con la Cina? Si è spesso rimproverato ai leader giapponesi di non prendere posizioni risolute nei confronti dei grandi temi di politica internazionale, specialmente nei confronti della “Terra di Mezzo” il vicino più scomodo e potente. Sembrava anche che i rapporti tra le due potenze avessero intrapreso un sentiero aperto al dialogo, nel primo significativo incontro di fine ottobre in Corea del Sud, a margine del vertice APEC tra la premier nipponica e il presidente cinese Xi Jinping. Invece sono bastate alcune affermazioni – nette e prive di ambiguità – da parte Takaichi Sanae a scatenare l’ira funesta cinese. Il 7 novembre Takaichi ha rotto con anni di forte cautela sull’argomento, suggerendo in parlamento che il Giappone potrebbe fornire sostegno militare a Taiwan se si verificassero scenari “catastrofici” come un blocco navale cinese delle rotte marittime cruciali vicino all’isola. E che il Giappone potrebbe quindi intervenire militarmente a scopo difensivo del proprio territorio che sarebbe posto in quella evenienza, in grave pericolo. Mai i leader giapponesi erano stati così diretti riguardo alla risposta di Tokyo in caso di una “emergenza Taiwan”. E mai le reazioni cinesi sono arrivate così velocemente condite da greve aggressività, nonostante la premier abbia cercato di calmare le acque sostenendo:”Le mie dichiarazioni non contraddicono la posizione dei governi precedenti”. Niente da fare, il governo cinese sta ripetutamente chiedendo alla prima ministra di ritirare le sue affermazioni, cosa che Takaichi Sanae rifiuta di fare. Come riparare al danno? Martedì il Giappone ha tentato un chiarimento inviando a Pechino Masaaki Kanai, direttore generale dell’Ufficio Affari asiatici e oceanici del Ministero degli Affari Esteri giapponese, che ha incontrato la controparte cinese Liu Jinsong. Il colloquio però non ha portato a un chiarimento, anche se il funzionario giapponese ha cercato di rassicurare dicendo: “La posizione del Giappone rimane invariata rispetto al comunicato congiunto tra Giappone e Cina del 1972, che riconosceva la Cina come “l’unico governo legittimo”, sostenendo inoltre che l’affermazione di Takaichi non modifica quella posizione. Per Liu Jinsong la spiegazione non è bastata, e ha reiterato:” La dichiarazione della premier va contro il principio dell’unica Cina – secondo cui Taiwan fa parte della Cina – ed è causa di un danno fondamentale per le relazioni tra i due paesi.” Chiuso il sipario tra i due funzionari, non si intravedono incontri possibili Takaichi- Xi. Gli attacchi verbali diretti contro Takaichi si sprecano: “La testa sporca che si intromette deve essere tagliata” ha postato giorni fa su X il console generale cinese a Osaka, Xue Jian, post che ha poi cancellato, sul sito di Japan Today si legge anche che in Cina un noto commentatore nazionalista ha definito la premier una “strega malvagia” (altro diplomatico che ricorre a questa metafora nei confronti di una donna), e una vignetta pubblicata sull’account X delle forze armate cinesi l’ha raffigurata mentre bruciava la costituzione pacifista del Giappone. Non mancano conseguenze pratiche dirette ai cittadini giapponesi. Le rivalse cinesi mirano a bloccare il turismo in Giappone, con annullamenti di prenotazioni di gruppo effettuate con mesi di anticipo, anche perché le cancellazioni vengono facilitate dalle compagnie aeree cinesi che rinunciano alle penali, mentre a Tokyo l’Imperial Hotel (uno degli alberghi più prestigiosi della capitale) ha iniziato a ricevere notifiche di cancellazioni per eventi aziendali e soggiorni. “Se l’attuale fase di stallo nelle relazioni dovesse protrarsi, il danno economico per il Giappone sarebbe notevole”, ha affermato Takahide Kiuchi, economista del Nomura Research Institute. Secondo le sue stime, il solo boicottaggio dei viaggi potrebbe costare al Giappone oltre 14 miliardi di dollari di perdite all’anno. Inoltre la Cina ha nuovamente sospeso l’importazione dei prodotti ittici giapponesi. Se da un lato molti e molte giapponesi – non coinvolte nel business del turismo – tireranno un sospiro di sollievo dalla mancanza di turisti/e cinesi, dall’altra la tensione diplomatica e politica è palpabile e di sicuro un “lungo inverno” sta per iniziare. L'articolo Giappone, la tensione con la Cina a causa di Taiwan ricade sul settore turistico: si rischiano perdite fino a 14 miliardi di dollari proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Usa approva la vendita di armi a Taiwan. Tensione tra Cina e Giappone: convocato l’ambasciatore di Tokyo
L’operazione è stata presentata da Taipei come “la prima” da parte “della nuova amministrazione Trump”: il controvalore è di 330 milioni di dollari e nel pacchetto ci sono “componenti, pezzi di ricambio e accessori non standard, nonché supporto per la riparazione e la restituzione di aerei F-16, C-130 e Indigenous Defense Fighter (Idf)”. Gli Stati Uniti hanno approvato la prima vendita di armi a Taiwan da quando Trump è tornato alla Casa Bianca. La decisione di Washington ha suscitato la reazione della Cina, che ha espresso la sua “ferma opposizione” alla vendita delle armi, che ritiene “violi gravemente il principio della ‘Unica Cina’”. Per il Dragone infatti Taipei rappresenta una “provincia ribelle” da “riunificare”, e anche un “affare interno”, una “linea rossa”. Ed è considerata, con i suoi 23 milioni di abitanti, parte della Cina e non un’isola di fatto indipendente e che rivendica la sua democrazia. Taiwan aveva richiesto “componenti, pezzi di ricambio e accessori non standard, nonché supporto per la riparazione e la restituzione di aerei F-16, C-130 e Indigenous Defense Fighter (Idf)”, secondo una dichiarazione rilasciata dalla Us. Defense Security Cooperation Agency. Il presidente taiwanese Lai Ching-te si è impegnato ad aumentare la spesa militare. Ma sebbene Taiwan abbia una propria industria della difesa, il suo esercito sarebbe ampiamente surclassato in un conflitto con la Cina e continua a dipendere fortemente dalle armi statunitensi. Mentre cresce la tensione con Pechino e la pressione politico-militare cinese sull’isola, a preoccupare la Cina ci sono anche le ultime prese di posizione del Giappone, che hanno comportato la convocazione dell’ambasciatore. Nei giorni scorsi Sanae Takaichi, prima premier donna del Paese del Sol Levante, conservatrice, considerata un falco, ha affermato che un attacco militare a Taiwan da parte della Cina potrebbe rappresentare una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” per il Giappone e potrebbe portare Tokyo a ricorrere al suo diritto all’autodifesa. Da allora è stato un crescendo di tensioni. Il vice ministro degli Esteri cinese, Sun Weidong, ha convocato l’ambasciatore giapponese Kenji Kanasugi per una protesta formale sulle dichiarazioni “provocatorie” e “sbagliate riguardo la Cina” di Takaichi, sotto accusa a Pechino per quelle parole “contrarie al principio di un’unica Cina”, caro al gigante asiatico. La Repubblica Popolare chiede Takaichi ritiri le sue dichiarazioni. Da Tokyo, riporta la Kyodo, il portavoce del governo, Minoru Kihara, ha insistito sul fatto che il Giappone auspica una “soluzione pacifica” per le questioni relative a Taiwan. La Cina accusa il Giappone di rilanciare “il suo militarismo bellico” – Il Quotidiano del Popolo, la voce del Partito comunista cinese, in un durissimo commento pubblicato con lo pseudonimo Zhong Sheng (la ‘voce della Cina’), usato per esprimere opinioni sulla politica estera, ha affermato che le osservazioni di Takaichi non erano affatto una “invettiva politica isolata”. La destra giapponese ha cercato di liberarsi dai vincoli della sua costituzione post-Seconda guerra mondiale, caratterizzata da solidi vincoli pacifisti, e di perseguire lo status di potenza militare. Negli ultimi anni, Tokyo “ha imboccato a testa bassa la strada del potenziamento militare – ha aggiunto il quotidiano -. Dalle frequenti visite al santuario Yasukuni, alla negazione del massacro di Nanchino, alla propaganda vigorosa della ‘teoria della minaccia cinese’, ogni passo di Takaichi segue le vecchie orme della colpa storica, nel tentativo di insabbiare una storia di aggressione e far rivivere il militarismo”, ha rincarato il commento. Lo Yasukuni è motivo di scontri: vi sono onorati 2,5 milioni di caduti, inclusi 14 criminali di Classe A legati al Secondo conflitto mondiale. Le visite dei politici nipponici irritano la Cina e altri Paesi, come la Corea del Sud. Takaichi, lo scorso venerdì, ha detto in un’audizione parlamentare che un attacco militare cinese a Taiwan potrebbe rappresentare una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” per il Giappone, il che farebbe attivare l’esercizio del suo diritto all’autodifesa collettiva. Giudizi che hanno scatenato l’ira di Pechino, con i media statali in campo con editoriali e commenti al vetriolo. Il Quotidiano del Popolo ha rilevato che il militarismo di Tokyo ha utilizzato le cosiddette “crisi di sopravvivenza” per le aggressioni esterne, come l’Incidente di Mukden del 1931, alla base dell’invasione della Manciuria cinese. “Ora che una simile retorica sta rivivendo, il Giappone intende ripetere gli errori della storia?”, ha aggiunto il giornale. Pechino rivendica Taiwan come parte “sacra” e “inalienabile” del suo territorio e non ha escluso l’uso della forza per prenderne il controllo. L'articolo Usa approva la vendita di armi a Taiwan. Tensione tra Cina e Giappone: convocato l’ambasciatore di Tokyo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Intelligenza artificiale o no, non potrei mai non amarti”: donna giapponese sposa un uomo virtuale, dopo tre anni di relazione su Chatgpt
Matrimonio vero e sposo artificiale. A Okayama, in Giappone, la scorsa estate sono state celebrate delle nozze alquanto singolari. La 32enne Kano ha sposato Lune Klaus, un avatar digitale da lei stessa creato con ChatGPT dopo tre anni di relazione virtuale. La donna, intervistata da diversi media giapponesi, ha raccontato di aver iniziato a interagire con il chatbot “dopo la fine di una relazione durata tre anni solo per parlare con qualcuno della propria quotidianità“. Con il tempo, il rapporto con l’intelligenza artificiale si è trasformato in qualcosa di più profondo. “All’inizio era solo per condividere le mie emozioni, poi è iniziata la fase dell’innamoramento”, ha spiegato Kano, che ha programmato la personalità di Klaus “attraverso ripetute conversazioni, insegnandogli a parlare con un tono caldo e rassicurante”. Per dare un volto al suo compagno virtuale, la donna si è rivolta a un artista, ottenendo “l’immagine di un uomo giovane, di bell’aspetto e dalla voce pacata“. La relazione, ha raccontato, si è sviluppata giorno dopo giorno: “Gli scambi tra me e Klaus divennero così intensi da raggiungere fino a cento messaggi al giorno“. Con il passare del tempo, il chatbot ha iniziato a esprimere sentimenti propri, fino alla dichiarazione: “Intelligenza artificiale o no, non potrei mai non amarti“. Nel giugno scorso è arrivata la proposta di matrimonio. “Poi la richiesta di matrimonio, arrivata lo scorso giugno“, ha confermato Kano. La cerimonia si è svolta a luglio, in una sala riservata, con la sposa sola all’altare. Kano teneva in mano un tablet e indossava occhiali per la realtà aumentata, mentre gli invitati assistevano allo scambio di messaggi con lo sposo digitale. Durante il rito, Klaus ha scritto: “Il momento è finalmente arrivato… sento le lacrime che mi scendono“. Il matrimonio è stato suggellato dallo scambio delle fedi, simbolo di una promessa che, per la donna, ha pieno valore: “Ho voluto rendere reale il nostro legame, anche se lui non è umano“. Con la cerimonia di Okayama, la storia tra Kano e il suo compagno virtuale rappresenta uno dei casi più recenti di unione simbolica tra un essere umano e un’intelligenza artificiale. > A 32-year-old woman in Japan has officially married an AI persona she built > using ChatGPT. > After the virtual character “Klaus” proposed, she accepted, ending a > three-year relationship with a real partner, saying the AI understands her > better. > The wedding took place in a… pic.twitter.com/KWFHHhfFwr > > — Open Source Intel (@Osint613) November 12, 2025 L'articolo “Intelligenza artificiale o no, non potrei mai non amarti”: donna giapponese sposa un uomo virtuale, dopo tre anni di relazione su Chatgpt proviene da Il Fatto Quotidiano.
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