Insulti, commenti aggressivi e una diffusa ostilità verso chi si muove in
bicicletta o in monopattino sono ormai parte della quotidianità urbana. Tra
social network e strade cittadine, chi sceglie le due ruote deve spesso fare i
conti con automobilisti distratti, manovre azzardate e una conoscenza
approssimativa del codice della strada. Anche se, ad onor del vero, a volte
anche i ciclisti dimostrano di essere indisciplinati. È comunque da questo
contesto di insofferenza reciproca che nasce una proposta destinata a far
discutere: rendere obbligatorie otto ore di pratica in bicicletta nei corsi
delle scuole guida.
L’iniziativa arriva dal collettivo spontaneo torinese Belparcheggio, una rete di
centinaia di persone che si spostano quotidianamente in bici, monopattino o
cargo-bike. L’idea è semplice quanto radicale: far vivere in prima persona ai
futuri automobilisti cosa significa muoversi su due ruote in città.
“L’educazione può arrivare dove la repressione non riesce”, spiega Sirio
Romagnoli, cicloattivista e promotore della proposta.
La petizione ha già raccolto quasi 14 mila adesioni, con un dato che va oltre la
dimensione locale: solo il 10% dei firmatari vive a Torino, mentre la grande
maggioranza arriva dal resto d’Italia e anche dall’estero. Un segnale, secondo i
promotori, di un’esigenza condivisa che supera i confini regionali.
Il modello di riferimento sono i Paesi del Nord Europa, dove la cultura della
mobilità ciclabile è sostenuta non solo da infrastrutture adeguate, ma anche da
percorsi educativi strutturati. Nei Paesi Bassi, ad esempio, gli studenti devono
ottenere un patentino simbolico che certifica la conoscenza delle regole di
sicurezza stradale in bicicletta.
L’obiettivo finale è arrivare a numeri ancora più consistenti e consegnare le
firme a un referente politico, affinché la proposta diventi oggetto di un
confronto istituzionale. Senza illusioni, ammettono gli attivisti, ma con la
convinzione che solo un cambio culturale profondo possa migliorare la sicurezza
e la convivenza sulle strade italiane.
L'articolo Otto ore in sella per la patente. La proposta che divide
automobilisti e ciclisti proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Sicurezza Stradale
L’ACI, in qualità di membro di Euro NCAP (il programma europeo indipendente di
valutazione della sicurezza delle auto nuove), ha diffuso i risultati
dell’ultima serie di crash test del 2025, che ha coinvolto diciannove nuovi
modelli. I test confermano come la presenza di sistemi avanzati di assistenza
alla guida, anche opzionali, possa incidere in modo significativo sulla
valutazione finale.
Hanno ottenuto il massimo punteggio di cinque stelle i seguenti modelli: Deepal
S05, EXLANTIX ET, GEELY STARRAY EM-i, Hyundai NEXO, Kia EV4 equipaggiata con
Safety Pack opzionale, MAZDA CX-5, Mercedes-Benz CLA, MG MG4 EV Urban,
Mitsubishi Eclipse Cross, Porsche Cayenne e Volkswagen T-Roc. La valutazione di
quattro stelle è stata invece assegnata ad Alpine A390, CHERY TIGGO 4, EBRO
s400, Jeep Compass, Kia EV4 con dotazioni di sicurezza standard, Kia PV5
Passeggero, Renault Clio, Toyota Aygo X e Toyota Yaris.
Tra i modelli a cinque stelle, la nuova Mercedes-Benz CLA (nella foto) si
distingue per risultati elevati in tutte le quattro categorie che concorrono al
punteggio complessivo. La protezione degli occupanti adulti ha raggiunto il 94%,
grazie a una struttura e a sistemi efficaci in diversi scenari di collisione.
Buoni anche i risultati per la protezione dei bambini (89%) e per la tutela
degli utenti vulnerabili della strada, inclusi pedoni e ciclisti, oltre alle
funzioni che prevengono l’apertura delle portiere in presenza di traffico in
avvicinamento.
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Prestazioni particolarmente positive si registrano anche per Deepal S05, MAZDA
CX-5, Porsche Cayenne e Volkswagen T-Roc. Il SUV elettrico Deepal S05 ha
ottenuto il 94% nella protezione degli occupanti adulti, mentre Cayenne e T-Roc
si attestano al 91%. La MAZDA CX-5 si è distinta inoltre nella protezione di
pedoni e ciclisti, raggiungendo il 93% nella categoria degli utenti vulnerabili
della strada.
La Hyundai NEXO, terzo veicolo a idrogeno testato da Euro NCAP, ha dimostrato
livelli di sicurezza comparabili a quelli dei SUV con alimentazioni
convenzionali, conquistando cinque stelle. Il risultato evidenzia come le nuove
tecnologie di propulsione possano affiancarsi a standard di sicurezza elevati.
Particolarmente significativo il caso della Kia EV4: con la dotazione standard
la vettura si ferma a quattro stelle, mentre l’adozione del pacchetto opzionale
“DriveWise ADAS Safety” consente di raggiungere le cinque stelle, grazie a radar
aggiuntivi e a sistemi più evoluti di prevenzione delle collisioni. Un esempio
concreto dell’impatto degli optional sulla sicurezza complessiva.
L'articolo Euro NCAP 2025, i risultati degli ultimi crash test. Decisivi i
pacchetti di sicurezza opzionali proviene da Il Fatto Quotidiano.
In Europa hanno esordito i nuovi cartelli stradali col bordo verde, pensati come
un inedito strumento per migliorare la sicurezza stradale. A differenza dei
tradizionali cartelli a bordo rosso che indicano i limiti di velocità (la cui
violazione comporta sanzioni), i nuovi cartelli a bordo verde non impongono un
obbligo legale, bensì suggeriscono una velocità raccomandata per migliorare la
sicurezza stradale. Un consiglio, quindi, e non un obbligo. Il consiglio in
questione è frutto di un’analisi tecnica approfondita, che tiene conto della
sicurezza dello specifico tratto stradale e delle condizioni di traffico.
Tale sistema è già in uso in diversi Paesi europei, tra cui Francia, Regno Unito
e Spagna, dove avrebbe dimostrato una sua utilità, specialmente nelle aree
considerate più sensibili o vulnerabili. L’obiettivo primario di questa
segnaletica non è la “repressione”, ma la prevenzione: si mira a ridurre il
numero di incidenti e a promuovere una convivenza più sicura tra veicoli, pedoni
e ciclisti, in particolare nelle zone urbane ad alto rischio.
Nonostante il dibattito sull’effettiva utilità di questi nuovi cartelli sia
aperto e l’interesse sia in crescita, l’Italia non ha ancora formalmente
recepito questa tipologia di segnaletica all’interno del proprio Codice della
Strada. L’eventuale introduzione di questi segnali richiederebbe un doppio
passaggio: una revisione normativa da parte del Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti e, soprattutto, l’attuazione di uno studio sperimentale mirato a
valutarne con precisione l’efficacia e l’impatto sul comportamento dei
conducenti italiani.
Gli esperti, però, sottolineano come la massima efficacia di questi cartelli
consultivi si possa raggiungere solo se integrati in un contesto di
comunicazione ben strutturato e condiviso con residenti e frequentatori delle
aree interessate, in modo da evitare che il messaggio di sicurezza si disperda
nel già vasto – e a volte caotico – panorama della segnaletica stradale.
L’integrazione di questi segnali, dunque, potrebbe rappresentare un passo avanti
significativo nella tutela degli utenti vulnerabili della strada, ma per vederli
sulla rete viaria nazionale si attende ancora il via libera e la successiva
valutazione del Ministero.
L'articolo Cartelli stradali a bordo verde, l’Europa accelera sulla prevenzione.
L’Italia osserva proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dainese ha messo all’asta su eBay un oggetto destinato a diventare un simbolo
per collezionisti e appassionati: il Kit Soleluna Vale46 Anniversario numero
1/46, l’unico indossato da Valentino Rossi durante una sessione di allenamento
al Mugello. Una tuta Demone GP D-air 3X e un casco Pista GP RR reinterpretati
nella livrea celebrativa, impreziositi da un dettaglio speciale, la tartaruga
d’oro sulla spalla, elemento inedito che rende ancora più riconoscibile il
legame con la storia del pilota.
Il kit è stato donato a UNICEF Italia, che destinerà il ricavato al programma
Road Safety, dedicato alla sicurezza dei bambini sulle strade. L’asta è aperta
dal 25 novembre 2025 alle 00:00 (UTC) fino al 29 novembre 2025 alle 23:59 (UTC),
offrendo la possibilità di aggiudicarsi un cimelio leggendario.
Il sostegno al programma Road Safety assume un significato preciso: gli
incidenti stradali sono la prima causa di morte per bambini e adolescenti tra i
5 e i 19 anni, con oltre 600 vittime al giorno. UNICEF interviene nei contesti
più vulnerabili della mobilità infantile, riducendo i limiti di velocità nelle
aree scolastiche, realizzando marciapiedi e attraversamenti sicuri, promuovendo
l’uso di seggiolini e caschi e lavorando per rafforzare le leggi e la loro
applicazione. Un impegno portato avanti in oltre 190 paesi, con l’obiettivo di
garantire protezione, salute ed educazione a ogni bambino.
L'articolo All’asta il Kit Soleluna 1/46 usato da Valentino Rossi. Un pezzo
unico per collezionisti proviene da Il Fatto Quotidiano.
La prima causa di violenza stradale? La velocità. Focalizzarsi sulla punizione
dei comportamenti devianti, come alcol e droga? Serve relativamente, se la
strada non diventa un luogo sicuro per tutti e in particolare per i soggetti
fragili. Infine, la comunicazione sulla violenza stradale: se ne fa pochissima,
eppure è fondamentale. Sono queste, in sintesi, le istanze che vengono dal mondo
delle associazioni di familiari e vittime della strada, nella Giornata Mondiale
che ricorda queste ultime. Giornata che vede – un paradosso – Fratelli D’Italia
organizzare a Roma una sfilata di auto per dire no a zone 30, ZTL, piste
ciclabili, con una scia di inevitabili polemiche. Mentre l’Italia resta al 19°
posto nella graduatoria europea per mortalità stradale, con 51 morti ogni
milione di abitanti (la Romania 77, la Svezia 22). E con un tasso di
motorizzazione tra i più elevati in Europa (700,8 auto ogni 1.000 abitanti).
DIMEZZARE LE VITTIME, OBIETTIVO LONTANISSIMO
Cosa dicono, più precisamente, i numeri? Gli ultimi dati Istat raccontano, per
il semestre gennaio-giugno 2025, una diminuzione, rispetto allo stesso periodo
del 2024, del numero di incidenti stradali con lesioni a persone (82.344;
-1,3%), dei feriti (111.090; -1,2%) e, più consistente, delle vittime entro il
trentesimo giorno (1.310; -6,8%). Ma non c’è molto di cui rallegrarsi perché,
nel confronto con i primi sei mesi del 2019 – anno di riferimento scelto dalla
Commissione Europea, che ha fissato come obiettivo un calo delle vittime e dei
feriti gravi del 50% entro il 2030 – si registra un calo molto contenuto degli
incidenti stradali (-1,5%) e dei feriti (-5,0%) e una riduzione più marcata dei
decessi (-14,6%).
“I dati relativi al 2025 vanno considerati con ottimismo, ma anche con cautela,
poiché talvolta potrebbe verificarsi un recupero nei mesi successivi”, spiega
Silvia Bruzzone, dirigente di ricerca del “Servizio Sistema integrato salute,
assistenza e previdenza” dell’Istat. “Considerando che dovremmo dimezzare le
vittime entro il 2030, siamo ancora in un percorso da compiere con molti
ostacoli. Occorrerebbe infatti una diminuzione del 6,1% per ciascun anno”.
Se, poi, si utilizza come riferimento il 2024 –il tasso di mortalità viene
calcolato solo con dati definitivi – si vede come, sul fronte dell’incidentalità
stradale, il numero di morti in incidenti stradali ammonta a 3.030 (-0,3%
rispetto al 2023), quello dei feriti a 233.853 (+4,1%), per un totale di 173.364
incidenti stradali (+4,1%). Il numero delle morti resta pressoché stabile
rispetto al 2023, mentre si registra un aumento degli incidenti e dei feriti.
Tra il 2023 e il 2024, gli incidenti e i feriti aumentano su tutte le tipologie
di strade, soprattutto sulle autostrade (+6,9% incidenti, +7,0% feriti). Anche
il numero delle vittime aumenta in maniera marcata sulle autostrade (+7,1%), a
fronte della diminuzione sulle strade urbane (-2,1%) e del leggero aumento su
quelle extraurbane (+0,1%).
Rispetto al 2019, le vittime e i feriti sono diminuiti (rispettivamente del
-4,5% e -3,1%), mentre gli incidenti stradali mostrano un leggero aumento
(+0,7%). Gli incidenti su autostrade e strade extraurbane aumentano anche nel
confronto con il 2019 (+4,0% e +2,7% rispettivamente).
GLI IMMENSI COSTI SOCIALI
Oltre al dolore senza fine per i familiari delle vittime, ci sono i costi.
“Abbiamo fatto una stima dei costi sociali per incidenti stradali, che ammontano
a 18 miliardi l’anno solo per gli incidenti con lesioni a persone rilevati dagli
organi di rilevazione (carabinieri o polizia), ma salgono a 22 miliardi se si
considerano anche gli incidenti con danni alle cose (fonte ANIA)”, continua la
dott.ssa Silvia Bruzzone. “Si stima, infine, una cifra fino a 30 miliardi se si
considerano anche gli incidenti non rilevati dalle forze dell’ordine, come, ad
esempio, le constatazioni amichevoli che producono dei feriti lievi ma hanno
impatto sull’economia e la società. Parliamo, nel complesso, di costi che
rappresentano una percentuale tra l’1 e il 2% del Pil nazionale”.
Di fronte a tutto ciò, le associazioni delle vittime chiedono soprattutto che la
strada diventi un luogo sicuro, nonostante i comportamenti sbagliati di chi
guida. “Quando prendi un treno o un aereo sai che esiste una sicurezza che va al
di là degli errori dei singoli, perché il sistema è intrinsecamente sicuro. In
strada non è così purtroppo, allora dobbiamo fare in modo che gli errori umani
non provochino lesioni mortali”, spiega Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo,
ucciso a 17 anni nel 2010 e presidente dell’Associazione Lorenzo Guarnieri.
“Dobbiamo assolutamente ridurre la velocità media di percorrenza delle strade.
Avremmo anche la tecnologia necessaria ma ci sono assurde barriere normative che
impediscono di usarla, penso ad esempio agli autovelox oppure ai tutor. I
controlli sono essenziali, sono la prima forma di prevenzione. Ma serve anche
altro.
LA TRISTE VISIONE “POP” DELLA VELOCITÀ
Ma perché, allora, non si punta soprattutto a controllare e ridurre la velocità?
“Purtroppo”, continua il padre di Lorenzo, “esiste ancora una narrazione che la
esalta, alimentata anche dalla potenza delle macchine stesse. Ma la violenza
stradale è una questione di salute pubblica, e la salute è un diritto
costituzionale”. Anche il reato di omicidio stradale sul lato della prevenzione
non ha portato gli effetti sperati. “Credo che purtroppo si sia molto annacquato
nel tempo, anche perché i giudici tendono, a mio avviso, a dare pene molto più
attenuate perché manca ancora un disvalore sociale verso la violenza stradale e
perché tendiamo a immedesimarci più nel guidatore che nella vittima”, continua
Guarnieri. “Anche la revoca della patente oggi è a discrezione del giudice,
continua ad essere vista come un diritto naturale a vita”. Resta inoltre
fanalino di coda l’educazione alla sicurezza stradale, “dei 650 milioni di
incassi dalle multe nel 2024, che vanno reinvestiti in ambito stradale, solo
300.000 sono stati messi in educazione alla sicurezza. Educazione che noi
facciamo nelle scuole, grazie anche alla collaborazione con la polizia stradale
e differenziando le attività per età”.
I QUATTRO PILASTRI PER UNA SICUREZZA SUBITO
Per fare le Città30, ridurre le corsie per gli automobili, fare attraversamenti
pedonali rialzati occorrono molte risorse e tempo. “Ma ogni anno muoiono 3.000
persone, mentre oltre 15.000 sono ferite gravemente o restano invalide”, spiega
Alfredo Giordani, referente della rete #Vivinstrada-Rete di associazioni per la
cultura e la prevenzione stradale. Aspettando che il sistema cambi, quali
sarebbero gli interventi urgenti per ridurre subito le vittime? “Salvini, con il
nuovo Codice della Strada, cerca di agire sul versante della punizione, ma
l’aumento delle sanzioni non è un deterrente sui comportamenti”, afferma
Giordani. “Per guidare male, poi, non servono per forza alcol e droga, la guida
in sé è un fattore che porta distrazione”. #Vivinstrada ha messo nero su bianco
i quattro pilastri per la prevenzione degli incidenti in un documento diramato a
maggio del 2024 a tutte le forze dell’ordine: anzitutto, controllo della
velocità tramite dispositivo Scout Speed, uno strumento elettronico per
individuare e sanzionare eccessi di velocità in maniera dinamica; poi controlli
a campione e sanzione per la mancata precedenza al pedone; tre, contrasto alla
sosta selvaggia con interventi di polizia e strumenti elettronici (Street
Control); infine, adeguata e articolata comunicazione e informazione su tutti i
canali istituzionali e non istituzionali disponibili. Il tema della
comunicazione è particolarmente importante. “È fondamentale che si comunichi al
cittadino che si stanno facendo controlli, bisogna riattivare la percezione del
pericolo”, afferma Giordani.
Insiste sulla comunicazione corretta della violenza stradale, anche da parte di
media e stampa, Stefano Guarnieri. “Come dico da sempre, non si può dire che
‘una macchina impazzita’ ha ucciso una persona, proprio come non si direbbe mai
che un ‘coltello impazzito’ ha ucciso qualcuno. Il responsabile viene spesso
occultato, anzi se ne attenuano le responsabilità parlando di ‘curva maledetta’,
‘asfalto scivoloso’ e così via”, conclude il papà di Lorenzo. “Invece la vittima
viene spesso stigmatizzata, ‘era vestita di nero, è arrivata improvvisamente’,
oppure disumanizzata, ad esempio quando si riportano frasi del tipo ‘credevo
fosse un animale’. Per non parlare di affermazioni come ‘non c’è stato niente da
fare. Sono dei meccanismi di disimpegno morale, che trattano gli incidenti come
fossero delle fatalità. Invece non sono per niente tali: le morti sono sempre,
sempre evitabili”.
L'articolo Vittime della strada, nel 2024 ancora più di 3mila morti: “Va ridotta
la velocità e investire sull’educazione” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel panorama della mobilità del futuro, l’ultima proposta mostrata allo Japan
Mobility Show 2025 da Toyota ha catturato l’attenzione più di molte concept car
tradizionali. Si tratta di una piccola capsula elettrica e autonoma pensata per
trasportare un solo bambino, accompagnandolo in sicurezza fino a scuola. Un’idea
che sembra uscita da un racconto di fantascienza, ma che riflette con
sorprendente lucidità le direzioni verso cui si stanno muovendo robotica e
intelligenza artificiale applicate ai trasporti.
Il prototipo, chiamato Kids Mobi, ha linee morbide e un’estetica volutamente
giocosa: fari LED che cambiano espressione, sensori sagomati come orecchie e
quattro ruote completamente carenate. L’accesso avviene dal tettuccio,
un’apertura che permette anche ai più piccoli di entrare senza aiuti esterni.
All’interno, un assistente digitale denominato “UX Friend” interagisce con il
passeggero, accompagnandolo durante il tragitto e offrendo una presenza
rassicurante. Oltre alla componente ludica, il veicolo integra sistemi avanzati
dedicati alla sicurezza: sensori, monitoraggio remoto e funzioni di guida
autonoma progettate per affrontare scenari urbani complessi, almeno in ambiente
di test.
La visione è affascinante, ma porta con sé questioni pratiche che non possono
essere ignorate. In Giappone, dove il contesto urbano è più ordinato e la
cultura del rispetto delle regole stradali è radicata, un prototipo simile
potrebbe trovare terreno fertile. In Paesi come l’Italia, caratterizzati da
traffico imprevedibile e infrastrutture spesso poco adatte alla micromobilità,
immaginare un bambino che si muove autonomamente su un veicolo senza conducente
appare meno immediato. Mancano inoltre, per il momento, informazioni concrete su
batteria, piani industriali e possibili tempi di commercializzazione.
La presentazione del prototipo si inserisce nel più ampio programma di ricerca
che Toyota sta portando avanti nel settore della mobilità autonoma di piccole
dimensioni, un filone che comprende anche robot di assistenza personale e
micro-veicoli elettrici destinati agli spostamenti brevi. L’azienda sta
sviluppando piattaforme software unificate per il controllo remoto, sistemi di
comunicazione V2X per dialogare con infrastrutture e attraversamenti pedonali
intelligenti e pacchetti di sensori derivati dai modelli di guida autonoma già
testati su flotte sperimentali. La Kids Mobi rientra in questo ecosistema come
veicolo dimostrativo, utile a verificare l’integrazione delle tecnologie su
mezzi ultracompatti e a raccogliere dati su comportamento, sicurezza e risposta
degli utenti più giovani.
L'articolo Toyota Kids Mobi, la micro-capsula autonoma per gli spostamenti dei
più piccoli proviene da Il Fatto Quotidiano.