Botta e risposta a Omnibus (La7) tra Walter Rizzetto, deputato di Fratelli
d’Italia e presidente della Commissione Lavoro della Camera, e Stefano Fassina,
economista ed ex viceministro dell’Economia, oggi leader dell’associazione
politica Patria e Costituzione. Al centro del confronto lo sciopero generale
proclamato dalla Cgil contro la manovra del governo Meloni, con il segretario
Maurizio Landini nel mirino dell’esponente della maggioranza e difeso, invece,
da Fassina, che ribalta il piano del dibattito.
Rizzetto apre l’affondo mettendo in discussione l’esito stesso della
mobilitazione: “Mi sembra che lo sciopero non sia andato bene. Almeno quest’anno
di oltre 1.000-1.200 scioperi proclamati ne sono stati celebrati oltre 600,
quindi si sciopera molto. Abbiamo visto un Landini in splendida solitudine“.
Secondo il presidente della Commissione Lavoro, la responsabilità è tutta del
leader Cgil: “Landini di fatto è il principale promotore della rottura del
fronte sindacale“.
L’ex esponente del M5s sostiene che il primo errore di Landini sia quello di
aver “demolito l’unità sindacale”, ricordando come la Uil di Pierpaolo
Bombardieri, pur inizialmente critica verso il governo, abbia deciso di non
scioperare dopo aver letto la legge di bilancio.
E aggiunge: “Landini, drammaticamente per lui, è stato sorpassato a sinistra da
un altro sindacato che si chiama Usb”.
Infine, il giudizio sul metodo: “Oramai tutti questi scioperi proclamati il
venerdì, come scrive Franco Bechis questa mattina in modo intelligente, sono
diventati un rito stanco”.
Fassina replica con toni fermi, definendo l’impostazione del dibattito
“abbastanza surreale”. L’ex viceministro contesta innanzitutto la narrazione
dell’isolamento sindacale: “Oggi la Cisl è in piazza per lo stesso motivo per
cui si è scioperato ieri, l’ha fatto la Uil con altre modalità. Attenzione, la
protesta non è solo contro la legge di bilancio. Al centro ci sono le questioni
salariali e la questione della guerra, che è molto molto rilevante per le
condizioni del lavoro e delle piccole imprese”.
Sul tema dello sciopero del venerdì, Fassina sottolinea: “Trovo davvero surreale
questa polemica sullo sciopero del venerdì: per un lavoratore scioperare lunedì,
martedì o venerdì costa sempre una giornata di stipendio. Bisognerebbe avere più
rispetto delle persone che vanno in piazza o che comunque scioperano. Le
lavoratrici e i lavoratori vanno rispettati“.
L’economista poi accusa il governo di non affrontare la questione salariale: “È
un fatto che c’è una questione salariale che il governo non solo non affronta ma
utilizza come una leva di politica economica per continuare a competere sul
costo del lavoro. Non è un caso che non vogliono fare il salario minimo. Il
salario minimo non si fa perché questo governo, come tanti altri precedenti,
continua a puntare sulla competizione di costo”.
Fassina punta il dito contro il ministro delle Imprese: “Non c’è uno straccio di
politica industriale. Sono tre anni che stanno al governo. Urso è una figura
imbarazzante, sa solo presiedere i tavoli di crisi. Non c’è una misura che
riguarda la politica industriale”.
Poi il passaggio sui conti pubblici: “Quei 18 miliardi della legge di bilancio
di maggiori spese o minori entrate per un terzo vengono coperti da tagli agli
investimenti pubblici. In una fase in cui l’Italia è a zero virgola negli ultimi
tre anni e i documenti di finanza pubblica del governo indicano zero virgola di
crescita anche nei prossimi tre anni, la manovra si copre con 6 miliardi di
tagli agli investimenti pubblici. Ci intratteniamo su quello che fa Landini, ma
Landini è una conseguenza, non la causa”.
Le cause per Fassina hanno nomi precisi: stagnazione economica e impoverimento
del lavoro. “I lavoratori hanno perso nove punti di salario reale negli ultimi
tre anni e sono un sacco di soldi. Su uno stipendio di 1.200 euro sono 110-120
euro al mese. Queste sono le questioni. Se non affronti questi nodi, di che cosa
parliamo?”.
L'articolo Sciopero Cgil, Rizzetto attacca Landini. Fassina: “Polemica surreale,
abbia rispetto dei lavoratori”. Su La7 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Stop dalle fabbriche alla scuola, dalla sanità ai trasporti. La Cgil oggi scende
in piazza per lo sciopero generale contro la manovra “ingiusta” e “balorda”,
come la definisce Maurizio Landini. Che va cambiata. E alla vigilia della
protesta riesplode la polemica a distanza tra il sindacato e il governo. Al
centro del botta e risposta torna anche l’accusa, rigettata, sul weekend lungo.
“Guarda caso su 24 scioperi generali, 17 sono di venerdì”, ha ironizzato il
vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ritenendo “irresponsabile
bloccare il Paese” e fare “una battaglia ideologica sulla pelle dei lavoratori”.
Landini ha ribattuto: la protesta “non è politica” e la scelta del venerdì,
spiega, aiuta le persone a partecipare alle manifestazioni. In ogni caso “i
cittadini vivono i disagi tutti i giorni, Salvini pensi a risolvere i problemi
della mobilità“, gli ha replicato anche il segretario generale della Filt,
Stefano Malorgio.
CHI SCIOPERA
Lo sciopero riguarda tutti i settori, pubblici e privati, per l’intera giornata.
Salvo il trasporto aereo, perché già interessato da uno sciopero precedentemente
indetto per il 17 dicembre. Escluso anche il personale Atac a Roma, che ha
incrociato le braccia martedì scorso. Nel trasporto pubblico locale – bus, metro
e tram -, lo stop è di 24 ore nel rispetto delle fasce di garanzia, stabilite a
livello locale. Per le ferrovie lo stop del personale è da mezzanotte alle 21 di
domani. Sono garantiti i treni a lunga percorrenza secondo gli accordi con le
aziende (Trenitalia, Italo) e quelli programmati nelle fasce orarie 6-9 e 18-21
del trasporto regionale.
LE MANIFESTAZIONI
Organizzate manifestazioni in tutte le città: Landini partecipa al corteo di
Firenze. Il numero uno dei metalmeccanici della Fiom, Michele De Palma, a
Milano; a Roma il segretario generale degli edili della Fillea, Antonio Di
Franco, con il corteo che arriva alla Torre dei Conti, dove un mese fa è morto
un operaio.
LE RICHIESTE
Al centro la richiesta di aumentare i salari (“un’emergenza, ancora più al Sud
dove quasi la metà dei lavoratori è sotto i 15mila euro annui”), di fermare
l’aumento dell’età pensionabile (“la porta a 70 anni, altro che cancellare la
legge Fornero”); dire no al riarmo e investire invece su sanità e istruzione;
mettere in campo vere politiche industriali e una riforma fiscale equa, senza
condoni. Le risorse? Per il sindacato si possono trovare prevedendo un
contributo di solidarietà dell’1,3% su 500mila persone con redditi di almeno 2
milioni: si recupererebbero 26 miliardi all’anno. Una patrimoniale sulle grandi
ricchezze.
Uno sciopero, il quarto consecutivo contro la Manovra del governo Meloni, che la
Cgil fa da sola: la Uil, al suo fianco nei precedenti tre, ha scelto la
manifestazione di sabato (il 29 novembre), così come la Cisl che invece va in
piazza sabato 13 dicembre per chiedere di migliorare la legge di Bilancio e
costruire un nuovo Patto sociale, “della responsabilità” con i riformisti. Al di
là delle spaccature, Landini si dice convinto che piazze “saranno molto piene,
nelle assemblee c’è un grande consenso”.
L'articolo Sciopero della Cgil contro la manovra: ecco i settori coinvolti.
Salvini: “Irresponsabili” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Qui c’è un punto: l’incoerenza totale. Non si può dire una cosa e poi, quando
vai al governo, fai esattamente l’opposto, perché significa che stai prendendo
in giro gli italiani”. È l’accusa rivolta alla presidente del Consiglio Giorgia
Meloni dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, commentando la
manovra economica del governo. Ospite di Dimartedì (La7), il sindacalista
commenta un elenco di incoerenze ormai celebri della premier rispetto alle sue
posizioni passate.
Il nodo focale è il pacchetto di misure fiscali al centro del dibattito
parlamentare: accise su gasolio e sigarette, tasse sugli affitti brevi, sulle
banche, sui dividendi delle holding, imposta di soggiorno sugli alloggi
turistici, fino alla stretta sui piccoli pacchi extra-Ue e all’innalzamento dei
limiti all’uso del contante. Ed è proprio su accise e contante che il leader
sindacale richiama due episodi emblematici.
“Se penso alle accise su gasolio e sigarette, ricordo ancora i video di quella
che oggi è presidente del Consiglio che spiegava che lei non l’avrebbe mai
fatto”, afferma Landini, rievocando il filmato del 25 maggio 2019 in cui Giorgia
Meloni, allora all’opposizione, attaccava il governo Conte I e l’allora ministro
dell’Economia Giovanni Tria per l’ipotesi di aumenti sulla benzina. Oggi,
osserva Landini, il quadro si ribalta.
Lo stesso vale per l’uso del contante: “Non giriamoci attorno. Il nero esiste
perché ci sono i contanti. Nell’era del digitale, se uno vuole fare davvero una
battaglia contro l’evasione fiscale, dovrebbe rendere tracciabile tutto”.
Il segretario torna sulle parole pronunciate da Meloni il 31 marzo 2023 negli
“Appunti di Giorgia”, quando la premier smentì l’esistenza di qualsiasi
sanatoria: “L’opposizione dice che abbiamo introdotto un condono tributario
penale: è falso, noi condoni non ne facciamo”.
In realtà, la sequenza di misure di “pace fiscale” adottate dal governo dal 2022
è lunga, così come gli emendamenti sul condono edilizio avanzati da Fratelli
d’Italia.
Il sindacalista richiama anche il giudizio tecnico delle istituzioni: “Nelle
audizioni parlamentari, la Banca d’Italia e la Corte dei Conti hanno proprio
detto che quei condoni lì non servono a nulla. Anzi, danno uno schiaffo in
faccia a chi paga le tasse e da un certo punto di vista lo Stato diventa
sovventore di chi le tasse non le paga”.
L’effetto, sostiene Landini, è corrosivo: “Passa l’idea che se io non pago le
tasse non mi succede nulla. Siamo alla frutta, perché anziché avere una visione
e ragionare in modo molto serio sul futuro, stanno tentando di prendere soldi a
cavolo”.
L’ultimo capitolo riguarda una dichiarazione televisiva del 2011, quando Meloni,
da ministra della Gioventù, si dichiarava favorevole a tassare rendite e
patrimoni nell’ambito di una manovra di austerità.
La chiosa di Landini è sarcastica: “Dicono che il vino che invecchiando
migliora. Qui ho la sensazione che passando il tempo si peggiora. E soprattutto
questa è la cosa pericolosa: quando si va al potere si liscia il pelo a quelli
che stanno meglio e non a quelli che stanno peggio”.
E conclude: “Bisogna che lo sappiano i cittadini italiani, i lavoratori, i
pensionati, perché questo governo sta in realtà peggiorando la condizione. Per
questo noi abbiamo proclamato lo sciopero generale venerdì 12 dicembre”.
L'articolo Landini a La7: “Meloni? Il vino invecchiando migliora, qui si
peggiora. Incoerenza totale, prende in giro gli italiani” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Botta e risposta a In onda (La7) tra il segretario dela Cgil Maurizio Landini e
il giornalista Paolo Mieli sullo sciopero generale del 12 dicembre contro la
Legge di Bilancio 2026 del governo Meloni, ritenuta “ingiusta, sbagliata e
insufficiente” perché non affronta le emergenze sociali e lavorative del paese.
Durante la trasmissione, Landini spiega le ragioni della contestazione: il
mancato aumento dei salari e delle pensioni, l’innalzamento dell’età
pensionabile, la precarietà nel lavoro, i tagli a sanità pubblica, istruzione e
welfare, la mancanza di giustizia fiscale e il focus su misure che premiano i
redditi alti (come rilevato da Istat, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di
bilancio).
E aggiunge: “Questi non fanno altro che condoni fiscali, ora in manovra hanno
infilato il quindicesimo condono. Ormai raccontano balle. Non avevano un
promesso che se vincevano le elezioni loro avrebbero cancellato la Fornero?
Bene, hanno aumentato l’età pensionabile, non hanno fatto la pensione di
garanzia per i giovani, addirittura hanno tolto “Opzione donna” e quelle forme
di flessibilità che possono aiutare coloro che fanno i lavori più gravosi.
Questi stanno facendo cassa, come sempre sui lavoratori dipendenti e sui
pensionati“.
Il sindacalista poi sottolinea: “Di fatto, l’unico investimento pubblico che
viene previsto nei prossimi tre anni è quello nelle armi. Se tu prendi la legge
di bilancio di quest’anno, alla voce ‘investimenti pubblici’ c’è zero. E infatti
l’Ilva sta per chiudere perché non vogliono intervenire. Cè una crisi
industriale nel nostro paese che sta andando avanti da 31 mesi. Capite perché
siamo arrivati alla proclamazione dello sciopero? Il governo Meloni vuole che
non si scioperi? Noi l’abbiamo proclamato un mese e mezzo prima, quindi c’è il
tempo per aprire una trattativa e per cambiare queste cose”.
Mieli obietta: “Non gettiamo lì le armi in questo modo demagogico. Si tratta di
partecipare a un progetto europeo di riarmo anche in funzione di una guerra che
è ancora in atto. Allora io faccio una domanda a Landini: alla precedente
manifestazione giustamente faceste sventolare bandiere palestinesi. Se non ci
sarà una pace, farete sventolare le bandiere dell’Ucraina? Anche lì muoiono
delle persone sotto le case, donne, bambini, da doppio del tempo”.
Immediata la risposta di Landini: “Noi siamo scesi in piazza perché vengano
fermate tutte le guerre“.
“Quindi farete sventolare bandiere ucraine?”, incalza Mieli.
“Ma certo – risponde il segretario della Cgil – Il 25 ottobre, quando abbiamo
riempito piazza San Giovanni a Roma, ha parlato il segretario del sindacato
mondiale. E la posizione del sindacato mondiale, non della Cgil, è quella di
bloccare il processo di di riarmo che si è avviato nel mondo, perché siamo di
fronte a un aumento delle spese per armi in tutto il mondo che non ha
precedenti”.
“L’Ucraina è il punto, segretario”, ribatte Mieli.
“Sì – risponde Landini, che cita lo scandalo corruzione a Kiev – sull’Ucraina
vediamo anche come vengono spesi i soldi che vengono dati“.
L'articolo Botta e risposta su La7. Mieli spinge sul riarmo, Landini si oppone:
“Vediamo prima come l’Ucraina spende i fondi inviati” proviene da Il Fatto
Quotidiano.