Scontro totale sul palco di Atreju tra Matteo Renzi e il resto del palco, dove
l’ex presidente del Consiglio era stato invitato per parlare di riforme: dopo
un’ora di bagarre, su temi come presidenzialismo e riforma elettorale per sedare
la rissa verbale tra Renzi e la ministra per le Riforme Maria Elisabetta Alberti
Casellati, è dovuto intervenire scherzosamente il Guido Crosetto – dall’alto del
suo metro e novantuno – a prendere “di peso” il leader di Italia viva per
portarlo lontano dal palco.
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di peso tra le risate – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Matteo Renzi show ad Atreju. Il leader di Italia viva sale sul palco “contro”
gli esponenti del centrodestra Roberto Calderoli, Maria Elisabetta Alberti
Casellati, Paolo Zangrillo e Fabio Rampelli, moderati – si fa per dire, visto
che il visto il pallino lo tiene sempre Renzi – da Bruno Vespa. L’ex presidente
del Consiglio litiga con Rampelli: “Se Meloni ha cambiato idea sull’autonomia e
ora vuole abolire le regione è segno di intelligenza, perché cambiare idea è
segno di intelligenza”. “Allora tu sei un fenomeno”. “Io sulla Nato, sull’euro e
sulle trivelle non ho mai cambiato idea” è la replica del leader di Iv,
“parliamo di futuro che vi faccio un favore”. A questo punto interviene
Calderoli: “Matteo, ma lo fai tu il moderatore o Vespa?”. “Ragazzi, relax. Se
volete che dica che va tutto bene è inutile che chiamate gli altri” risponde
Renzi. Poi cita lo stesso Calderoli e la sua legge elettorale, il Porcellum,
augurandosi che la riforma sull’autonomia non diventi “una porcata”. E così
battibecca col pubblico: “Ce l’hai con me? Ho citato il termine di Calderoli.
Roberto, spiegalo tu”.
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Bocchino da Gruber”. Poi litiga con Rampelli, Calderoli e il pubblico proviene
da Il Fatto Quotidiano.
Prove tecniche di “pace” a Otto e mezzo (La7) tra il M5s e Italia Viva: nella
trasmissione condotta da Lilli Gruber, il senatore Matteo Renzi e l’ex portavoce
di Giuseppe Conte, Rocco Casalino, dialogano sul futuro del centrosinistra
unito, non senza colpi di fioretto per il turbolento passato.
Pur essendo concordi sulla necessità di unire il centrosinistra contro la destra
e di scegliere il candidato premier attraverso le primarie, le scintille
avvengono quando Renzi rievoca gli attriti coi 5 Stelle: “Il passato vede una
divisione profonda tra la nostra esperienza e l’esperienza del M5s. Ed è inutile
stare a rivangarla, perché è scritta nell’esperienza di Mario Draghi“.
Casalino obietta: “Ma non è arrivato il momento che lei si possa pentire, visto
che quella esperienza da lei interrotta poi ci ha portato a 5 anni di governo
Meloni? Non crede che sia arrivato il momento di chiedere pubblicamente scusa e
di ammettere che ha sbagliato? Forse se non avesse fatto cadere Conte, avrebbe
rivinto il centrosinistra e non ci sarebbe stata la Meloni al governo. È
arrivato il momento di fare un’analisi anche di quegli errori”.
“A me scappa da ridere – ribatte Renzi – Mi piace la categoria del pentimento e
che la invochi il mio amico Rocco Casalino. Se c’è qualcuno che si deve pentire
è chi ha fatto il governo con la Lega, non io. Io non l’ho fatto il governo con
Salvini“.
“Abbiamo fatto il governo con la Lega perché lei, che era a capo del Pd, ha
detto di no – ricorda Casalino – Noi siamo venuti prima da lei e ha rifiutato la
nostra proposta”.
“Io non ho da pentirmi per il governo con la Lega. Io”, ripete Renzi.
“Ma ci ha mandato lei dalla Lega – ribadisce Casalino – Altrimenti saremmo
dovuti tornare al voto”.
“Effettivamente c’ho la bandiera verde sulla giacca – rilancia Renzi – Io non ho
da pentirmi di un bel niente. Io voglio ragionare del futuro perché c’è una
situazione devastante nel Paese. E di fronte a questo, il centrosinistra,
sondaggi o non sondaggi, se sta insieme vince. Se sta diviso perde. Allora, se
vogliamo ragionare del passato, perdiamo tempo”.
“Ma lei pensa di essere credibile in questa sua volontà adesso di unire il
centrosinistra?”, chiede Lilli Gruber.
“Assolutamente sì – risponde il leader di Italia Viva – perché lei ha visto che
quel successo quando i 5 Stelle hanno messo il veto su di noi: in Liguria
abbiamo perso. Quando hanno tolto il veto a Genova, abbiamo vinto. Dico Genova
ma potrei dire la Toscana e la Campania. Quando noi facciamo il 9% in Toscana e
il 6% in Campania o il 5% in Calabria, peraltro appoggiando un candidato 5
stelle, non sono numeri di sondaggi, sono numeri veri”.
E aggiunge: “Come si fa a stare insieme? Innanzitutto, i leader scelti con le
primarie se c’è una legge elettorale nuova, e qui Casalino ha ragione. Non vedo
alternative. Non credo che rimanga questa legge elettorale, perché la Meloni non
è molto brava a fare politica, ma sui conti è la numero uno. E sa benissimo che
con questa legge elettorale – conclude – se non parliamo del passato e non ci
mettiamo a rivendicare il passato, vinciamo noi. Perché da Firenze in giù,
quanti collegi prende il centrodestra? Magari qualcuno sì, ma non tanti. Il
terzo punto cruciale, sul quale penso che ci sia davvero la possibilità di
costruire una coalizione vera, sono i contenuti”.
L'articolo Battibecco Casalino-Renzi. “Chieda scusa per aver fatto cadere
Conte”. “Pentitevi voi per aver governato con Salvini”. Su La7 proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Firenze in tre clic. Primo, sabato 8 novembre, Forte di Belvedere. Una volta
Gianni Agnelli, estasiato dalla vista di Firenze che il Forte offre, commentò:
“Questa è la terrazza più bella del mondo”. La troviamo chiusa. Turisti
infuriati. “Ho fatto migliaia di chilometri per vedere il Forte, e ora che ci
sono, non posso entrare”, sbotta un americano di San Francisco. E pensare che la
città è piena come un uovo di turisti. Lo conferma il tassista Tommaso Frazzi:
“Quest’anno una stagione d’oro”. Secondo, il giorno dopo, stadio genovese di
Marassi: la Fiorentina del nuovo allenatore Paolo Vanoli racimola un grigio e
quasi inutile pareggio contro il Genoa. “Il brodino è servito”, commenta
Bernardo Brovarone, agente Fifa, gran tifoso viola. Fiorentina ultima in
classifica, dieci anni fa di questi tempi era prima e l’allora premier Matteo
Renzi scherzava: “Salutate la capolista”. E intanto si avvicina il centenario
della fondazione del club – agosto 2026 – e lo stadio è ancora un cantiere, e il
patron Rocco Commisso è infuriato con l’amministrazione comunale. Terzo clic,
protesta di “Salviamo Firenze” contro la trasformazione in resort dell’ex
ospedale militare di via San Gallo. Sotto accusa – spiega Massimo Torelli,
portavoce di Salviamo Firenze – soprattutto la costruzione di una torre alta 23
metri che, si teme, finirà per oscurare le case. “Noi siamo contro luoghi che
costano ventimila euro a metro quadro. La Firenze dei resort e degli alberghi”,
denuncia.
Una città, Firenze, per anni capitale politica d’Italia con Renzi a palazzo
Chigi e il Frecciarossa che ogni mattina trasportava a Roma i suoi fedelissimi,
all’economista Mauro Grassi all’ex sottosegretario e direttore dell’Unità Erasmo
D’Angelis. I tempi di Renzi e anche di Dario Nardella sindaco. Anni passati,
ricordi sgualciti. Quella che era considerata una roccaforte Pd si è quasi
sbriciolata, se si pensa che i dem a Firenze hanno conquistato alle regionali
del 12-13 ottobre scorsi poco più del 27% di consensi, dieci punti in meno
rispetto alle regionali del 2020. A tal punto che la sindaca Sara Funaro ha
accusato il colpo: “Occorre una seria e approfondita riflessione”. Gli fa eco il
giovane Simone Zetti, 22 anni, segretario dei giovani democratici, che mette
sotto accusa gli anni in cui sindaci sono stati Renzi e Nardella, sottolineando
l’esigenza di “radicali cambiamenti”. E lunedì 10 novembre, nominando la nuova
giunta regionale, il governatore Eugenio Giani a sorpresa non ha scelto alcun
leader dem fiorentino doc: la Firenze dem non è più al centro della Toscana.
Come sua vice, Giani (spinto da Elly Schlein) ha scelto una 23enne livornese di
origine senegalese, Mia Diop.
Cresce intanto l’insicurezza, a tal punto da costringere Palazzo Vecchio a
prevedere l’invio della polizia municipale in bus e tramvia, dopo uno stupro in
pieno centro di una turista, e l’aggressione dell’ex sindaco di Impruneta
Alessio Calamandrei, nella centrale via Martelli, sotto la Cupola del
Brunelleschi. Città bloccata dai lavori, soprattutto alla tramvia, overtourism,
invasione del cemento, affitti brevi, ormai una città di stranieri. E
soprattutto affitti cari. L’arcivescovo Gherardo Gambelli racconta che il
problema più sentito dai fiorentini è quello della casa: “I giovani soprattutto
sono afflitti dal problema di trovare un alloggio”.
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invasa dai turisti. Con la Viola ultima in classifica proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Non c’è alcuna violazione del segreto di Stato nell’aver rivelato l’ormai noto
incontro in un autogrill tra Matteo Renzi e l’ex 007 Marco Mancini. Lo ha deciso
il Gip di Roma Luca Battinieri, che con un’ordinanza depositata ieri ha
archiviato le posizioni dei giornalisti di Report Giorgio Mottola e Danilo
Procaccianti inizialmente iscritti per rivelazione di segreto di Stato.
Al centro della vicenda c’è il servizio dal titolo “Babbi e spie” andato in onda
il 3 maggio 2021 e che riguardava un incontro all’autogrill di Fiano Romano
risalente al 23 dicembre 2020: quel giorno Renzi vede Mancini. Lì si trova anche
una professoressa, che si era fermata perché il padre stava poco bene. La
docente vede il leader di Italia Viva e la sua scorta e poi un uomo che non
riconosce. Così registra due brevi video e scatta 13 fotografie, materiale
inviato a Report, che monta il servizio. Un incontro che nella versione di Renzi
era dovuto alla consegna da parte dell’agente segreto di doni natalizi, gli
ormai famosi babbi, i wafer romagnoli. Per questa ripresa, la professoressa, una
semplice cittadina, difesa dall’avvocato Giulio Vasaturo, è stata indagata per
il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente. La procura però a
dicembre 2023 ha chiesto di archiviare la sua posizione, ma ancora non è
arrivata la decisione di un Gip.
L’interlocutore di Renzi in quel dicembre 2020 all’autogrill era dunque un uomo
dei Servizi con una brillante carriera nell’ex Sismi (ora Aise) guidato da
Nicolò Pollari. Si tratta di Marco Mancini, noto fin dal 2005 da quando, il 5
marzo di quell’anno, viene fotografato a Ciampino mentre fa scendere dall’aereo
la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, liberata dopo il suo sequestro in
Iraq e dopo una corsa all’aeroporto di Baghdad che costa la vita al collega che
aveva ottenuto la sua liberazione, Nicola Calipari. Nel 2006 viene arrestato due
volte (poi rilasciato), per il sequestro dell’imam Abu Omar a Milano da parte
della Cia e per lo spionaggio alla Telecom, in cui fu coinvolto il suo amico
Giuliano Tavaroli che patteggiò: in entrambi i casi Mancini ne esce sempre
pulito, anche grazie al segreto di Stato.
Era stato dunque l’ex 007 a denunciare i giornalisti di Report per rivelazione
di segreto di Stato dopo la puntata “Babbi e spie”. “La persona offesa – scrive
il Gip – ritiene che l’identità degli appartenenti ai Servizi di Sicurezza
(Aise, Aisi e Dis) è coperta da segreto di Stato. Ne consegue che, nel momento
in cui ‘Report’ ha mandato in onda l’intervista in cui Parolisi (Carlo, fonte di
Report poi identificata nel corso delle indagini, ndr) riconosce nell’uomo che
si è incontrato con Renzi il dirigente del Dis Marco Mancini, già appartenente
al Sismi, si è consumata una rivelazione di segreto di Stato o, comunque, la
rivelazione di notizie di cui è vietata la divulgazione”.
Dopo aver analizzato le norme che disciplinano il segreto di Stato, il Gip
quindi conclude: “È da escludere la configurazione dei reati di cui agli artt.
261 e 262 c.p. (rivelazione di segreto di Stato, ndr) perché, come detto, aver
divulgato che Mancini era un appartenente del Dis e, ancor prima, del Sismi non
aveva idoneità concreta a nuocere agli interessi sottesi alla segretazione sol
considerando che il suo status era pressoché di dominio pubblico tanto da
risultare in una pluralità di fonti aperte. Irrilevante è, al riguardo, il
pregiudizio lamentato dall’opponente che la difesa ricollega alla vasta
esposizione mediatica procuratagli dalle puntate di ‘Report’ perché un conto è
il danno che la vicenda ha arrecato a Mancini sul piano personale (con tanto di
riferite e documentate minacce di morte ricevute via posta) altro e ben diverso
è il nocumento agli interessi pubblicistici dello Stato sottesi alla tutela del
segreto, unico aspetto rilevante ai fini della sussistenza dell’illecito”. Il
giudice quindi conclude: “Nonostante possa ritenersi pressoché certo che i dati
identificativi del personale dei servizi di sicurezza costituiscono informazioni
segretate, la loro divulgazione nel caso concreto non integra reato non avendo
messo a repentaglio la sicurezza nazionale.”
Di conseguenza nessun segreto di Stato violato.
Per il Gip, invece, per quel che riguarda la diffamazione, reato per il quale
sono stati iscritti il conduttore di Report Sigfrido Ranucci e altri, la
competenza non è Roma ma Ravenna, dove verranno inviati gli atti.
L'articolo Nessuna violazione del segreto di Stato, l’incontro in autogrill
Renzi-Mancini poteva essere pubblicato. Il Gip archivia i giornalisti di Report
proviene da Il Fatto Quotidiano.