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La soluzione di Vannacci contro chi non fa il presepe: la natività “portatile” inglobata in uno zaino militare – Video
Non c’è fine alle trovate di Roberto Vannacci. L’eurodeputato leghista ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video mentre “sponsorizza” una nuova invenzione natalizia: il presepe nello zaino. “Ci sono posti dove il presepe lo vogliono togliere – afferma il politico nella clip – o lo vogliono nascondere. Noi invece, ce lo portiamo dietro ovunque”. La natività non è proprio tascabile. Anzi, è inserita in un grande zaino militare, visibile grazie a un’apertura trasparente. L’invenzione, se così si può chiamare, nasce dopo le ultime polemiche riguardanti il presepe. Come per esempio quelle nate dopo la decisione della sindaca di Genova, Silvia Salis, che ha deciso di non mettere il tradizionale presepe nell’atrio comunale. L'articolo La soluzione di Vannacci contro chi non fa il presepe: la natività “portatile” inglobata in uno zaino militare – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Roberto Vannacci
Silvia Salis
Perché con questa opposizione Giorgia Meloni è destinata a vincere sempre
Sabato scorso, insieme a il Fatto, il Secolo XIX di Genova ha pubblicato il sondaggio di Youtrend secondo cui, in un’ipotetica primaria tra Conte, Schlein e Salis, finirebbe ultima proprio la neo-sindaca. Nel caso della testata locale, la notizia (ferale per i para-renziani in cerca di una pulzella dei Parioli che li rimetta in sella) suona a segnale che sotto la Lanterna la luna di miele della martellista olimpica è agli sgoccioli; un po’ per l’ossessiva, palese, attenzione al posizionamento d’immagine, molto per l’evidente traccheggiare davanti ai primi nodi amministrativi che incombono. A partire dalla crisi dello storico polo siderurgico, con la solita alternativa capestro tra ambiente e occupazione (l’installazione di un forno elettrico osteggiata dalla popolazione), che vede la pretesa leader civica schierata a favore del lavoro, per poi tentare di blandire gli abitanti dichiarando che la sua era una mossa per stanare le mire governative di liquidare l’acciaio nazionale. L’ennesimo fiasco sul campo della tipologia “migliore dei migliori” con cui la “sinistra neoliberale alla moda” (copy Sahra Wagenknecht), dedita a salmodiare il mantra “si vince presidiando il centro moderato” (vedi Lilli Gruber), si attarda a lanciare ipotetiche candidature patinate per la riconquista del campo politico. Il Mario Draghi di turno. Nel frattempo la “sinistra gattamorta” (cacicchi ex comunisti e reperti democristiani) immagina di liberarsi della tardo-sessantottina Schlein clonando il modello sconfittista Enrico Letta nell’avatar Ernesto Maria Ruffini (l’idea fantastica di entusiasmare l’elettorato proponendo un fu direttore della beneamata Agenzia delle Entrate), oppure traendo dal congelatore il rieccolo Paolo Gentiloni, benedetto dalla sponsorizzazione di Romano Prodi (sottospecie “mollacciona” della tipologia “gattamorta”). Dunque una terra desolata, abitata da tremuli lunari che ci assicurano una sola certezza: a queste condizioni e contesto dato, Giorgia Meloni è destinata a vincere sempre. Perché sono stati questi contesti e condizioni a renderla invincibile. Ma non solo. Vent’anni fa lo scienziato cognitivo di Berkeley George Lakoff aveva sintetizzato in un saggio le metafore ad ascendenza familistica di una politica transitata da discorso pubblico sul governo della società a paravento illusionistico di un ceto politico inadeguato quanto arrampicatore. Per la destra varrebbe il tipo “padre severo”, a sinistra troviamo quello “papà premuroso”. Fermo restando che in Italia ci si è mossi in anticipo rispetto agli armamentari comunicativi nordamericani, spingendo oltre ogni limite i frames che irreggimentano il sentire collettivo. Sicché papà premuroso qui diventa mamma pietosa (che fa la piaga cancrenosa) nella finzione assistenzialistica: la Dc dopo De Gasperi, da Fanfani ai dorotei (il cui ultimo sopravvissuto è proprio il presidente Mattarella. Stando alla solita Gruber, “il più amato dagli italiani”). Ben più profonda e antica l’evoluzione metaforica sul lato destro, alimentata da tratti caratteriali sedimentati da secoli nella mentalità nazionale: il servilismo radicato nel Paese dopo la duplice catastrofe della perdita dell’indipendenza (l’Italia sotto dominazione straniera) e della regressione economica (dopo la primazia finanziaria e manifatturiera, il ritorno a un’agricoltura di sussistenza; nel centro-sud al latifondo) che trasformò fierezze civiche in subalternità ai nuovi padroni. Quindi, invece del padre severo, l’uomo della provvidenza; nella cui ombra trova rifugio un popolo infantilizzato. Il Duce che avanza a gambe divaricate, mascella sporgente e pugni serrati sui fianchi ora ritorna attualizzato negli stilemi di Meloni, che all’impraticabilità fisica delle posture mussoliniane supplisce con la minacciosa voce baritonale da bambina posseduta, tipo serie cinematografica sull’esorcista. Un revival che tanto piace a questo italico spirito destrorso, sconvolgendo i promoter di un ritorno rassicurante del centrismo legge e ordine come nel lungo dopoguerra, tipo Gruber; che si ostinano a non capire. Non capire che il revival del Ventennio risponde all’esigenza di uomo forte al potere che già tentò di incarnare Bettino Craxi (che giustamente il vignettista Forattini disegnava con tanto di stivali duceschi). Operazione che fallì perché – oltre alla catastrofe dei conti pubblici causata dall’affarismo smascherato da Tangentopoli – l’onda lunga della liberazione antifascista ancora manteneva in campo antidoti resistenziali. Da tempo vanificati con lo scivolamento della sinistra in nuova destra. Che può offrire all’alternativa soltanto il piatto insapore di un centrismo conservatore (della rendita di potere lucrata da un ceto politico colluso: cane non mangia cane). L’uscita dall’oscurantismo meloniano richiede ben altro delle ricette Neo-Lib: oltrepassare il familismo declinato in retorica politica grazie all’uscita kantiana dalla minorità. Vaste programme o utopia velleitaria? Visto che le indispensabili energie morali e culturali ad oggi sono latitanti. L'articolo Perché con questa opposizione Giorgia Meloni è destinata a vincere sempre proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Genova, Salis sperimenta l’educazione sessuo-affettiva per quattro asili: “Dai territori possiamo scardinare il populismo”
Oltre trecento bambini e bambine di Genova dai tre ai sei anni che frequentano quattro asili comunali, grazie alla giunta di centrosinistra e al Centro antiviolenza “Mascherona”, faranno un’ora la settimana di educazione sessuale e affettiva. Una risposta concreta al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che ha concesso solo a superiori e medie (primaria e infanzia sono escluse) progetti su questo tema, previo consenso delle famiglie: “In questo Paese – ha detto la prima cittadina Silvia Salis presentando l’iniziativa – è impossibile pensare che non ci sia bisogno di educazione sessuo-affettiva nelle scuole ed è anche impossibile sostenere che debba essere una responsabilità a carico delle famiglie. Dicono che ci sono altri problemi: delegittimare questi temi è una forma di violenza che va combattuta”. LA SPERIMENTAZIONE DA GENNAIO Si parte, dal prossimo gennaio, con i primi incontri che vedranno coinvolte le famiglie, sotto la regia e l’organizzazione dei responsabili di ambito delle scuole infanzia “Firpo” e “Mazzini” di Sampierdarena, “Monticelli” del Lagaccio e “Santa Sofia” nel centro storico. “È un piccolo passo – ha sottolineato la sindaca – ma con l’aria che tira in Italia, è un molto rappresentativo. Dai territori può partire un movimento culturale che vada a scardinare il populismo becero che ha invaso questo Paese”. I progetti verranno realizzati in collaborazione, coprogettazione e, ovviamente, con il consenso dei genitori, come tutta l’offerta formativa e pedagogica per i bambini dell’infanzia. Le prime scuole comunali, che saranno coinvolte in questa fase sperimentale, hanno già avviato iniziative di inclusione, intercultura, valorizzazione delle diversità, anche confrontandosi con contesti complessi e che hanno visto la forte partecipazione dei genitori. LA RESPONSABILE: “FAREMO EDUCAZIONE ALLA NON VIOLENZA INSEGNANDO L’EMPATIA E LA GESTIONE DELLE EMOZIONI” Nelle scuole andranno alcuni volontari dei centri antiviolenza che si sono messi a disposizione gratuitamente. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Manuela Caccioni, la responsabile del centro antiviolenza “Mascherona” che gestirà la sperimentazione. Caccioni ha alle spalle venticinque anni di impegno a favore delle donne che hanno subito violenza ma anche ore ed ore di lezioni nelle scuole di ogni ordine e grado: “Siamo convinti, sia noi che l’amministrazione, che per interrompere la spirale di violenza sia necessario lavorare con i più piccoli. Alle superiori è già tardi. Lo testimonia il fatto che ai nostri centri, a differenza del passato, dopo il nostro lavoro nelle classi, arrivano 16-17enni che ancor prima di aver preso uno schiaffo si rivolgono a noi perché si sentono oppresse, controllate”. Ma di cosa parleranno i volontari? “Faremo educazione all’emozione, promozione all’empatia in forma giocosa con storie che valorizzano la non violenza. Se dici la parola ‘sesso’ tutti pensano a chissà cosa ma sappiamo che son bambini dai tre ai sei anni: servono giochi di gruppo, è utile parlare con loro della paura, della rabbia. La repressione delle emozioni porta ad un’aggressività che può essere contenuta”. Caccioni, che con il suo team incontra circa 600 donne l’anno e gestisce cinque “case rifugio”, ha un obiettivo: “Vogliamo coinvolgere non solo i bambini ma anche gli insegnanti e le famiglie per promuovere un’ azione da pari a pari senza gerarchie”. L'articolo Genova, Salis sperimenta l’educazione sessuo-affettiva per quattro asili: “Dai territori possiamo scardinare il populismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sciopero all’ex Ilva di Genova, Salis e Bucci raggiungono i lavoratori: “Urso venga qui”. E gli operai dormono in strada – Video “
Dopo la prima giornata di sciopero, occupazione della fabbrica e presidio e con blocco della viabilità di Genova per chiedere l’attivazione di un tavolo con il governo e salvare l’occupazione all’ex-Ilva di Cornigliano, questa mattina è arrivata la convocazione dal ministero per il 28 novembre. Ora i sindacati attendono conferma ufficiale e un piano concreto e i lavoratori mantengono il presidio. Sono 1.200 i posti di lavoro che Genova rischia di perdere, a detta dei sindacati, a causa del “piano Urso” per Taranto, che non prevederebbe l’invio del materiale normalmente lavorato nelle fabbriche ex-Ilva del nord con conseguente cassa integrazione e prospettiva di chiusura. Ieri sera al presidio degli operai, che hanno dormito in strada, la sindaca Silvia Salis e il presidente della Regione Marco Bucci, che hanno rilanciato e sostenuto pienamente la contestazione che i sindacati muovono al governo, impegnandosi nel cercare una soluzione per Genova, anche valutando alternative autonome dal destino di Taranto. L'articolo Sciopero all’ex Ilva di Genova, Salis e Bucci raggiungono i lavoratori: “Urso venga qui”. E gli operai dormono in strada – Video “ proviene da Il Fatto Quotidiano.
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