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Da padre adottivo dico: non è con l’oscurantismo dello slogan Dio-Patria-Famiglia che si trovano soluzioni
di Claudio Pirola Diventato nonno pochi giorni fa, con mia moglie (siciliana, io della provincia di Milano, sposati da 36 anni) abbiamo affrontato l’avventura di adottare due figli (uno proveniente in età già adulta dal Brasile, l’altro italiano con una forma di disabilità) prima della nascita di un terzo figlio biologico. Con fatiche e determinazione abbiamo cercato di offrir loro, in un contesto assai eterogeneo che per noi ha sempre rappresentato un valore arricchente, un impegno di grande respiro che potesse senza pregiudizi contribuire ad una crescita serena, favorendo un’educazione con punti di riferimento, mappe di conoscenza prima che obblighi e vincoli con la sola finalità di sostenerli per quanto possibile nel costruirsi un avvenire. Con grande senso di libertà e responsabilità, favorendo confronto, liberi da ogni pregiudizio. Una vita normale, fondata su valori nei quali crediamo e lontanissima da quel Dio-Patria-Famiglia che una cultura basata evidentemente su valori ben diversi dai nostri vorrebbe inculcarci. Come se un Dio sempre più sbandierato – e lo dico da cattolico che pur non avendo mai fatto parte di movimenti ha tratto ispirazione in particolare dal cardinal Martini e da Papa Francesco – sia il lasciapassare per creare condizioni assolutorie o, peggio ancora, di salvaguardia di presunte tradizioni. E c’è da chiedersi perché personaggi che hanno il compito istituzionale di essere inclusivi, nel pieno rispetto dei valori della Carta Costituzionale, si debbano arrogare il diritto – peraltro da pulpiti di dubbia coerenza – di impartire lezioni di moralità. In tale contesto appare non solo fuori luogo ma anche offensivo il proclama fatto da ultimo in Aula dall’on. Rossano Sasso, già sottosegretario all’Istruzione del “governo dei migliori”, secondo cui il valore del ddl Valditara per la scuola trova fondamento appunto in Dio-Patria-Famiglia. Non è peraltro con l’oscurantismo basato sempre più su repressione anziché su confronto e dialogo atti ad interpretare i complessi cambiamenti in atto che si possano trovare soluzioni ai numerosi problemi legati all’istruzione e all’educazione, compresa quella sessuo-affettiva rispetto a cui vari Ministri della Repubblica hanno avuto parole dal mio punto di vista orripilanti in queste ultime settimane. Anziché enunciare slogan risulterebbe più utile che i governanti si ponessero nella condizione di comprendere le ragioni per cui una famiglia vera fa sempre più fatica a formarsi e ad autosostenersi in un mondo dove il lavoro, la casa, le bollette, l’istruzione, l’assistenza medica sempre meno garantita dallo Stato, gli asili nido che mancano, gli stipendi proporzionalmente sempre più bassi, un vero piano casa che consideri i giovani studenti e non solo, i reiterati condoni che offendono chi paga le tasse e incentivano l’evasione, le mancate misure a fronte di una non più dilazionabile riconversione ecologica, il crescente incubo bellico a cui in particolare questo governo ci sta preparando rappresentano sempre più fattori di incertezza bloccanti. E così l’Italia, un Paese sempre più anestetizzato in un contesto economico stagnante – se non fosse per i fondi Pnrr ormai alla fine che hanno dato ossigeno al Pil – non trova di meglio che discutere di “casa nel bosco”, referendum sulla giustizia sì/no (con reiterate spaccature una volta di più nella cosiddetta sinistra, come già avvenne per quello sull’art. 18), ddl Delrio, armi sì/no con contrasti sempre più evidenti all’interno dello stesso maggior partito di opposizione, dando l’idea che si è ben lontani dal potere costruire una vera alternativa di governo. E non stupiamoci se poi tanti giovani perdono fiducia emigrando all’estero o sempre meno gente andrà a votare. In assenza di un Paese autorevole. Altro che sovranismo! IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Da padre adottivo dico: non è con l’oscurantismo dello slogan Dio-Patria-Famiglia che si trovano soluzioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Marchioni a La Confessione di Gomez (Rai 3): “L’educazione sessuale nelle scuole? Da padre dico: decida lo Stato, i nostri figli sono avanti”
Vinicio Marchioni, ospite a “La Confessione” di Peter Gomez su Rai 3 in onda sabato 6 dicembre alle 20.20, ha le idee chiare sul disegno di legge sul consenso informato passato alla Camera il 3 dicembre scorso. “Questa è Eugenia Roccella che esprime il suo parere sull’insegnamento dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole. Mercoledì è passato il disegno di legge che lascia alle famiglie la decisione se far frequentare ai figli questi corsi. Lei è d’accordo che decidano le famiglie?”, ha chiesto il conduttore dopo avergli mostrato un video in cui la ministra della Famiglia dichiara l’assenza di correlazione tra l’educazione sessuale nelle scuole e l’abbassamento del numero di femminicidi. “Io penso che dovrebbe decidere lo Stato su alcune cose. – ha premesso l’attore al cinema con “Ammazzare stanca” di Daniele Vicari – Penso che siamo indietro rispetto a dove sta andando il mondo e a dove stanno andando i nostri figli, perché i nostri figli sono anni luce avanti rispetto a queste cose qui. – ha proseguito uno dei protagonisti della serie cult “romanzo Criminale”, papà di due ragazzi di 12 e 14 anni – E non solo hanno un’assoluta necessità di essere indirizzati, ma soprattutto sono anni luce avanti rispetto alla sessualità, alla fluidità di genere, all’incontro con le diversità, all’incontro con altre razze e altre lingue”, ha concluso Marchioni. L'articolo Marchioni a La Confessione di Gomez (Rai 3): “L’educazione sessuale nelle scuole? Da padre dico: decida lo Stato, i nostri figli sono avanti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Preservativi a prezzo calmierato nelle scuole superiori in Liguria: il via libera della Regione
Il consiglio regionale della Liguria, a maggioranza di centrodestra, ha approvato l’installazione di distributori di preservativi a prezzo calmierato nelle scuole superiori. Nel corso della seduta del 2 dicembre è stato dato il via libera all’unanimità la proposta del consigliere Jan Casella (Avs) che, oltre ai distributori, prevede la diffusione di materiale informativo sulle malattie sessualmente trasmissibili. Come riferito da Repubblica, è stata invece bocciata la mozione “tampon box” di Selena Candia (Avs) che chiedeva la distribuzione gratuita degli assorbenti. Il Consiglio regionale ha sostenuto solo l’intervento sui preservativi, motivando la decisione con la mancanza di fondi per entrambe le iniziative. Casella si è detto soddisfatto per quella che ha definito “una misura concreta e praticabile per rispondere alle esigenze e alle vulnerabilità della popolazione giovanile”. Proprio la fascia di popolazione di età compresa tra i 15 e i 24 anni, infatti, è quella più esposta al rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili come sifilide, gonorrea e clamidia. Malattie che, come fa notare anche Casella, sono in aumento in Italia e in Europa. A ottobre di quest’anno, la Società interdisciplinare per lo studio delle malattie sessualmente trasmissibili (Simast) aveva dichiarato che, secondo i rilevamenti, in Italia i casi di gonorrea erano passati dai 70mila del 2022 ai 97mila del 2023. Per quanto riguarda l’HIV, invece, a fine novembre l’Istituto superiore di sanità (Iss) aveva pubblicato i dati relativi al 2024 in Italia: 2.379 nuove diagnosi di infezione, pari a 4 nuovi casi per 100.000 residenti. L’installazione di distributori di preservativi a prezzo calmierato, poi, cerca di contrastare il trend di calo nell’utilizzo del profilattico tra gli adolescenti nell’ultimo decennio. Casella ricorda che “circa un adolescente su tre riferisce di non ricorrere né al preservativo né ad altri metodi contraccettivi”. Sul fronte dell’educazione sessuo-affettiva, alle persone in età adolescenziale manca una formazione adeguata sul tema delle malattie sessualmente trasmissibili, una lacuna che riguarda sia le scuole che il contesto familiare. “Molti studenti”, ha chiuso, “non ricevono una formazione adeguata su contraccezione e prevenzione e una quota rilevante non affronta questi temi nel contesto familiare. Il profilattico è l’unico presidio in grado di proteggere simultaneamente da gravidanze indesiderate e dalle principali infezioni sessualmente trasmissibili”. L'articolo Preservativi a prezzo calmierato nelle scuole superiori in Liguria: il via libera della Regione proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Genova, Salis sperimenta l’educazione sessuo-affettiva per quattro asili: “Dai territori possiamo scardinare il populismo”
Oltre trecento bambini e bambine di Genova dai tre ai sei anni che frequentano quattro asili comunali, grazie alla giunta di centrosinistra e al Centro antiviolenza “Mascherona”, faranno un’ora la settimana di educazione sessuale e affettiva. Una risposta concreta al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che ha concesso solo a superiori e medie (primaria e infanzia sono escluse) progetti su questo tema, previo consenso delle famiglie: “In questo Paese – ha detto la prima cittadina Silvia Salis presentando l’iniziativa – è impossibile pensare che non ci sia bisogno di educazione sessuo-affettiva nelle scuole ed è anche impossibile sostenere che debba essere una responsabilità a carico delle famiglie. Dicono che ci sono altri problemi: delegittimare questi temi è una forma di violenza che va combattuta”. LA SPERIMENTAZIONE DA GENNAIO Si parte, dal prossimo gennaio, con i primi incontri che vedranno coinvolte le famiglie, sotto la regia e l’organizzazione dei responsabili di ambito delle scuole infanzia “Firpo” e “Mazzini” di Sampierdarena, “Monticelli” del Lagaccio e “Santa Sofia” nel centro storico. “È un piccolo passo – ha sottolineato la sindaca – ma con l’aria che tira in Italia, è un molto rappresentativo. Dai territori può partire un movimento culturale che vada a scardinare il populismo becero che ha invaso questo Paese”. I progetti verranno realizzati in collaborazione, coprogettazione e, ovviamente, con il consenso dei genitori, come tutta l’offerta formativa e pedagogica per i bambini dell’infanzia. Le prime scuole comunali, che saranno coinvolte in questa fase sperimentale, hanno già avviato iniziative di inclusione, intercultura, valorizzazione delle diversità, anche confrontandosi con contesti complessi e che hanno visto la forte partecipazione dei genitori. LA RESPONSABILE: “FAREMO EDUCAZIONE ALLA NON VIOLENZA INSEGNANDO L’EMPATIA E LA GESTIONE DELLE EMOZIONI” Nelle scuole andranno alcuni volontari dei centri antiviolenza che si sono messi a disposizione gratuitamente. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Manuela Caccioni, la responsabile del centro antiviolenza “Mascherona” che gestirà la sperimentazione. Caccioni ha alle spalle venticinque anni di impegno a favore delle donne che hanno subito violenza ma anche ore ed ore di lezioni nelle scuole di ogni ordine e grado: “Siamo convinti, sia noi che l’amministrazione, che per interrompere la spirale di violenza sia necessario lavorare con i più piccoli. Alle superiori è già tardi. Lo testimonia il fatto che ai nostri centri, a differenza del passato, dopo il nostro lavoro nelle classi, arrivano 16-17enni che ancor prima di aver preso uno schiaffo si rivolgono a noi perché si sentono oppresse, controllate”. Ma di cosa parleranno i volontari? “Faremo educazione all’emozione, promozione all’empatia in forma giocosa con storie che valorizzano la non violenza. Se dici la parola ‘sesso’ tutti pensano a chissà cosa ma sappiamo che son bambini dai tre ai sei anni: servono giochi di gruppo, è utile parlare con loro della paura, della rabbia. La repressione delle emozioni porta ad un’aggressività che può essere contenuta”. Caccioni, che con il suo team incontra circa 600 donne l’anno e gestisce cinque “case rifugio”, ha un obiettivo: “Vogliamo coinvolgere non solo i bambini ma anche gli insegnanti e le famiglie per promuovere un’ azione da pari a pari senza gerarchie”. L'articolo Genova, Salis sperimenta l’educazione sessuo-affettiva per quattro asili: “Dai territori possiamo scardinare il populismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La sessualità è una fetta enorme delle vite dei ragazzi: faccio fatica a capire chi vuole ignorare tutto questo
Quando si parla di violenza di genere, spunta sempre fuori la carta dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, dando il via a polemiche ormai cicliche: sì? No? Chi? Come? Quando? E mentre ci chiediamo se sia legittimo parlare con i minorenni di relazioni, sentimenti e rapporti – ovviamente in chiave diversa e con strumenti e linguaggi eterogenei tra scuola primaria e secondaria – loro si arrangiano come possono, navigando in solitaria uno sconfinato mare di informazioni e profili social che suggeriscono tutto e il contrario di tutto. So già che molti diranno: “Ai nostri tempi non esisteva l’educazione sessuale, eppure abbiamo costruito relazioni e famiglie!”. Beh, si può dire che la realtà prima degli anni 2000 fosse un mondo a parte rispetto a quella attuale; se è vero che permane un concetto comune di desiderio e di attrazione, è altrettanto vero che le relazioni, oggi, sono più complesse, intrecciate alla gestione non solo di sé, ma della propria immagine social, dell’accesso a informazioni, consigli, video e tutorial in rete, nonché di possibili contatti con forme di abusi e violenze sempre più subdole e meschine. Penso alla diffusione di materiale intimo senza consenso, alle dick pics, allo stalking digitale e alla manipolazione che ormai avviene tipicamente tra le chat di messaggistica istantanea. Faccio davvero fatica a comprendere il desiderio di molti genitori di ignorare tutti questi pericoli e di lasciare al coraggio dei propri figli un’eventuale richiesta di aiuto. Sembra ci sia una tendenza a ritrarsi quando si parla della sfera sessuale e desiderante dei minori, eppure è una fetta enorme della loro esistenza, soprattutto nella fase adolescenziale: la crush, le “seghe”, le troie (quelle delle canzoni trap), la depilazione, le foto hot da mandare in chat, l’essere gay o lesbiche, l’abitare un corpo non conforme agli standard, la gelosia che sembra renderti folle… e se ne parlano, va ancora bene, siamo fortunati. Tanti di loro, però, non riescono a portare fuori di sé tutte le domande e vi restano aggrovigliati, chiedono aiuto a ChatGpt. “Ehi chat, cosa mi consigli di fare se…?”; tanti studenti mi confessano di usare l’intelligenza artificiale per chiacchierare di problemi personali, un interlocutore che non giudica e non fa vergognare per eventuali errori o mancanze. Quasi un adolescente su due usa l’Ai per avere conforto e consigli: dovrebbe suonare un campanello d’allarme! Ci stiamo rifiutando di instaurare un dialogo su temi di cui sì, gli adolescenti hanno vergogna; gliela stiamo trasmettendo anche noi, moltiplicandola, e loro risolvono nel modo più semplice: eliminando il fattore umano. E se da una parte l’intelligenza artificiale può essere utile per gli aspetti pratici (es. sa spiegarti passo passo come indossare un preservativo), contemporaneamente svuota di significato il concetto stesso di educazione, intesa non come mera trasmissione di informazioni, ma come scambio reciproco di conoscenze ed esperienze, creazione di strumenti e nuove consapevolezze. Uno degli aspetti più faticosi da fronteggiare, ma anche tra i più efficaci, è la diversa percezione che ragazzi e ragazze hanno della vita nei panni dell’altro genere. Spesso i maschi adolescenti credono che per le ragazze la quotidianità delle relazioni sia più semplice (le persone tendono a trattarle con più gentilezza, non devono mai fare il primo passo e altri retaggi di una cultura che le dipinge come passive rispetto al contesto) e le ragazze sono convinte che per i maschi tutto fili più liscio (scarsa emotività, più talento nel mascherare gli stati d’animo, meno paura nelle situazioni pericolose e altre convinzioni basate non necessariamente su quello che i loro compagni di classe sono, ma su come ci si aspetta che siano). Nel mio ultimo libro dedicato agli adolescenti (Le cose come stanno, People) è presente un inserto dal titolo “perché il patriarcato danneggia anche gli uomini?”. È una parola spaventosa “patriarcato”, i più giovani non si sentono parte di questo problema e non gli sembra neanche una realtà così concreta, quanto piuttosto un fatto storico, un contesto superato. La fatica, dunque, diventa riconoscere le tracce di quel sistema nei nostri comportamenti quotidiani; e dico “nostri” non a caso: anche le donne possono essere maschiliste! (Lo fa emergere chiaramente Karen Ricci, fondatrice della community @caraseimaschilista). Così, gli adolescenti devono imparare a gestire i primi approcci con maggior cura e rispetto, a comunicare i propri limiti, a saper dire o ricevere un “no” facendo i conti con le sue conseguenze. Non è raro che a scuola si parli di notizie di attualità e se si sceglie di affrontare il tema della violenza di genere i fatti di cronaca non finiscono mai, ce ne sono mille per qualsiasi sfaccettatura: dalle molestie alle discriminazioni sul lavoro, dai femminicidi agli stupri di gruppo passando per la transfobia. Studenti e studentesse difficilmente si tirano indietro quando entrano in gioco queste tematiche, anche il più restìo ha qualcosa da dire, foss’anche accusare le ragazze di farsi offrire un cocktail per poi sparire. Riuscire a dialogare da un punto di partenza come questo non è mai facile, però la vera sfida è già superata: attirare la loro attenzione. L’interesse si accende perché sono coinvolti, perché molti di questi problemi “scottano” sulla loro pelle, sia come vittime che come carnefici che si sentono chiamati in causa. E quando la discussione si apre, il tempo non è mai abbastanza, mai. Ricordo le mie classi a seguito del femminicidio di Giulia Cecchettin: dopo averne parlato insieme, decidemmo di fare un minuto di rumore, anziché un minuto di silenzio. Eravamo commossi, arrabbiati e anche chi tra loro non avrebbe saputo fare un discorso sulla violenza sistemica o sull’importanza della prevenzione, percepiva il problema in modo lampante: ci sono persone che non sanno gestire il rifiuto. Filippo Turetta non è stato il primo, né l’ultimo; non crogioliamoci nell’illusione consolatoria che domani non possa essere nostro figlio, un nipote, uno studente. Facciamo l’operazione al contrario: non chiediamoci più “e se fosse mia/tua figlia ad aver subito ciò?” quando parliamo di violenza di genere; chiediamoci invece “e se fosse mio/tuo figlio ad aver commesso un abuso?”. Per quanto io creda profondamente nel valore dell’educazione affettiva e sessuale sin dai primi anni di scuola, non bisogna farsi ingannare: non si tratta della formula magica che risolve il problema della violenza maschile contro le donne. Immaginando che tra qualche anno possa entrare nei curricoli delle scuole (utopia, ahimè), prima che si vedano gli effetti a lungo termine sulla società dovrebbe passare almeno qualche decennio. E intanto? Non possiamo confidare nella scuola come unica ancora di salvezza. Noi adulti in primis dobbiamo riconoscere l’esigenza di cambiare rotta: l’educazione alle relazioni va portata nelle aziende, negli enti pubblici, tra i docenti, nei luoghi dello sport e nei presidi della cultura. La pedagogia dell’esempio, da Plutarco a oggi, ci affida grandi responsabilità: la testimonianza e l’imitazione sono strumenti insostituibili nello sviluppo delle capacità utili alla crescita e all’apprendimento, comprese quelle relazionali. Chiediamoci, a questo punto: stiamo facendo abbastanza? Checché ne dica la ministra Roccella (la quale non ha chiaro che più denunce per violenza non corrispondono in modo diretto a più violenza, ma a una maggiore capacità di riconoscerla e denunciarla), la risposta è no. L'articolo La sessualità è una fetta enorme delle vite dei ragazzi: faccio fatica a capire chi vuole ignorare tutto questo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Deepfake porn e abusi, la radice è culturale: si parta dall’educazione. La violenza nelle relazioni? In età sempre più giovane”
Centinaia di volti di donne sovrapposti a corpi nudi generati dall’intelligenza artificiale. È solo l’ultimo caso di deepfake pornografici emerso in rete. Non è un episodio isolato: negli ultimi mesi si sono moltiplicati i canali e i siti che diffondono immagini intime senza consenso, dal portale Phica.net, oscurato dopo aver raccolto foto rubate di centinaia di ragazze italiane, fino al gruppo Telegram “Mia moglie”, dove venivano condivisi contenuti privati e denigratori. Un fenomeno in espansione, che coinvolge sempre più anche adolescenti e giovani, dove la facilità di iscriversi, creare o far circolare materiale falso o privato accresce il rischio di violenza, abusi, emarginazione e ricatti. Ma dietro la cronaca c’è un problema più profondo: quello educativo. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Gloriana Rangone, psicologa, psicoterapeuta e co-direttrice della scuola di psicoterapia IRIS di Milano, già coordinatrice del gruppo di lavoro per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza per l’Ordine degli psicologi della Lombardia. La notizia di un forum di deepfake porn ha colpito molto l’opinione pubblica. Cosa ci dice la reazione collettiva a episodi del genere? La cosa che più mi ha colpito è la forza emotiva con cui questa notizia è stata accolta. Ho visto tristezza, rabbia, sconforto, ma anche disorientamento. Credo che in molti abbiano percepito che non si tratta di eventi isolati, ma di un fenomeno ampio, trasversale, che ci riguarda da vicino. È come se all’improvviso toccassimo con mano che valori che pensavamo consolidati – rispetto, uguaglianza, dignità – non lo sono affatto. Per questo penso che per affrontare davvero queste violazioni dobbiamo partire da lontano: da come stiamo crescendo bambini e adolescenti. È lì che si costruiscono le basi del rispetto dell’altro, dell’autonomia, della responsabilità. E invece oggi questi percorsi educativi sono sempre più fragili. Non basta indignarsi quando scoppia il caso: bisogna interrogarsi su cosa non stiamo facendo quotidianamente per sostenere una crescita sana. Molti osservatori dicono che non è solo una questione sessuale, ma anche di potere, di dimostrazione, di esibizione. Quanto pesa questa dinamica sugli adolescenti? L’adolescenza è una fase di transizione: i ragazzi e le ragazze cercano conferme, vogliono sentirsi grandi, esplorano. È fisiologico. Ma il punto è che oggi la ricerca di identità passa spesso da canali sbagliati. Il bisogno di apparire forti o “più avanti” degli altri si intreccia con un’insicurezza di fondo. Così la sfida o la violenza diventano mezzi per affermarsi. È un errore grave, ma comprensibile se guardiamo al contesto: l’adulto spesso non c’è, o non sa più orientare. Molti genitori, educatori, insegnanti minimizzano, liquidano certi comportamenti come “ragazzate”. Ma parliamo di atti che possono avere conseguenze devastanti, anche penali. E se gli adulti per primi non sono consapevoli della gravità, come possiamo aspettarci che lo siano i più giovani? Il caso dei deepfake dimostra che basta un software per creare un’immagine falsa. Quanto questo aumenta la violenza online? È un fattore di rischio enorme, e va preso molto sul serio. Ma non dobbiamo cadere nella trappola del “è colpa dell’intelligenza artificiale”. La tecnologia amplifica ciò che già esiste. Se una cultura è violenta, sessista, intrisa di disuguaglianza, l’IA non fa che renderla più visibile e più potente. Non è un rapporto di causa-effetto. La responsabilità resta nostra: di come educhiamo, di quali modelli di relazione trasmettiamo, di come trattiamo il corpo e il consenso. L’intelligenza artificiale e i social non inventano la violenza, la rendono soltanto più accessibile. Lei ha lavorato molto sul fenomeno della teen dating violence. In che modo oggi si manifesta tra gli adolescenti? Purtroppo si manifesta sempre prima. Oggi parliamo di relazioni che iniziano già a 12 o 13 anni, in cui la violenza assume forme subdole: non solo fisiche, ma psicologiche, di controllo, di isolamento. Capita spesso che una ragazza racconti: “Il mio fidanzato vuole che gli scriva appena esco da scuola, che gli mandi una foto quando arrivo a casa”. Quando le chiedi perché, risponde: “Perché lui mi vuole bene”. È l’errore più comune: confondere il possesso con l’amore. Dietro c’è un malinteso affettivo che poi può sfociare in atti più gravi: la diffusione di immagini intime, la condivisione forzata di foto o video, la perdita totale di autonomia. Ho seguito casi in cui tutto questo ha portato a gravi conseguenze psicologiche, fino a comportamenti autolesivi o suicidari. In Italia non esiste ancora un’educazione affettiva strutturata nelle scuole. Quanto pesa questa mancanza? Pesa moltissimo. L’educazione all’affettività e al rispetto dovrebbe iniziare molto prima, già nell’infanzia. La radice del problema è culturale: fin da piccoli trasmettiamo messaggi diversi a maschi e femmine: alle bambine diciamo “come sei carina”, ai bambini “come sei forte”. È da lì che si forma l’idea che il valore di una ragazza dipenda dal suo aspetto, e che il valore di un ragazzo si misuri nella forza o nel controllo. L’assenza di percorsi strutturati lascia i ragazzi soli a decifrare emozioni, relazioni e limiti, spesso attraverso modelli distorti che arrivano dai social o dalla rete. Le scuole dovrebbero diventare spazi in cui si impara anche a riconoscere e gestire i sentimenti, non solo a studiare. Ma serve un lavoro collettivo: famiglia, media e società civile devono contribuire a costruire una cultura del rispetto reciproco. Non è solo una questione di programmi scolastici, ma di civiltà condivisa. In attesa che la scuola faccia di più, cosa possono fare le famiglie? Prima di tutto, parlarsi. Sembra banale, ma non lo è. I genitori dovrebbero confrontarsi tra loro, costruire reti, chiedere aiuto. Troppo spesso si tende a minimizzare o a nascondere i segnali di disagio. E poi è fondamentale mantenere il dialogo con i figli. L’idea di poterli controllare è illusoria: i ragazzi conoscono la tecnologia meglio di noi, trovano sempre una via per sfuggire. Ma se si sentono ascoltati, non giudicati, allora si aprono. La protezione resta importante, ma deve andare di pari passo con la fiducia. Un figlio non si educa con la sorveglianza, ma con la presenza. Insieme al lavoro prioritario per educare i maschi alla non violenza, è necessario lavorare anche sulla consapevolezza delle ragazze? È altrettanto fondamentale. Le ragazze devono comprendere il loro valore e i loro diritti. Devono sapere che se subiscono un abuso, c’è sempre un aggressore, ma anche un contesto che lo permette. E che chi assiste, chi “guarda e non fa nulla”, è parte del problema. Serve una cultura del limite, che oggi manca non solo tra i ragazzi ma anche tra gli adulti. Dobbiamo aiutare i giovani a capire che alcune azioni non sono “errori”, ma reati. Rubare un’immagine, diffonderla, umiliare: sono tutti atti che violano la libertà dell’altro. Per cambiare davvero, serve una sensibilità nuova, diffusa, che coinvolga genitori, insegnanti, istituzioni e pari. Perché spesso sono proprio i coetanei, più degli adulti, a vedere per primi che qualcosa non va. L'articolo “Deepfake porn e abusi, la radice è culturale: si parta dall’educazione. La violenza nelle relazioni? In età sempre più giovane” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Per Nordio maschilismo e femminicidi hanno a che fare col codice genetico: conta semmai una cultura malata
di Enzo Boldi “Anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza“. Queste le parole del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel corso della Conferenza internazionale contro il femminicidio. Dunque, seguendo pedissequamente la teoria del Guardasigilli, la prevaricazione – fisica e psicologica – dell’uomo ai danni della donna deve essere ricercata all’interno del nostro codice genetico. Quindi: sei maschio? La natura ti spinge a non accettare la parità (in tutti gli ambiti della vita) con una donna. Colpa della genetica, secondo Nordio. Non c’entrano nulla gli aspetti culturali. Non c’entrano nulla quei retaggi storici che hanno spinto l’essere umano a fondare società basate su uno scevro e dannoso maschilismo. Tutta colpa di quel gene di darwiniana memoria difficile da estirpare. Eppure la realtà dei fatti racconta una storia – spesso tragica – molto differente rispetto a questa paradossale “giustificazione” data dal Ministro Nordio proprio nel corso di una conferenza contro i femminicidi, alla vigilia della settimana in cui si celebrerà la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Infatti, se si trattasse di mera genetica, tutto si potrebbe risolvere in modo molto più semplice, proprio seguendo i princìpi di Darwin (che lo stesso Ministro della Giustizia cita in altri passaggi del suo intervento). E, invece, è la cultura – e i suoi riflessi sociologici – che ha reso fenomeni come i femminicidi (nel nostro Paese e non solo) un’emergenza reale e tangibile. Donne vittime di uomini, a livello fisico e psicologico, che pagano a caro prezzo una deriva di dominazione e prevaricazione. Perché questi omicidi – la maggior parte avviene per “motivi sentimentali”, ovvero tra persone legate (anche in passato) da un legame – sono figli di una cultura del possesso che va ben oltre le dinamiche della gelosia. Il pensiero “la donna è mia” non è frutto di un gene, ma di una cultura maschilista e malata che pervade l’Italia. Anche da un punto di vista sociologico. Dare la colpa alla genetica è la cartina di tornasole di chi non vuole affrontare il problema alla radice, attraverso un’educazione che parta da quando si è piccoli. Far capire ai bambini, nella loro fase di sviluppo fisico ed emotivo, che la parità è un diritto inalienabile dovrebbe essere il faro in grado di guidare la civiltà. Far capire che “no” vuol dire “no”. Far capire che il rispetto è la base per la creazione di rapporti umani che, d’altro canto, sono la base di una società civile evoluta e non ancorata a reconditi racconti di un passato che, fortunatamente, è passato. Citare Darwin per parlare dei femminicidi in Italia è come parlare del fuorigioco quando si racconta una partita di tennis: non c’entra nulla. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Per Nordio maschilismo e femminicidi hanno a che fare col codice genetico: conta semmai una cultura malata proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Educazione Sessuale
Educazione sessuale, Nordio e Roccella liquidano decenni di lotte e pedagogia con una scrollata di spalle
di Francesco Valendino Siamo nel 2025, ma la Conferenza internazionale contro il femminicidio ci riporta in un salotto ottocentesco dove si discute di frenologia tra un brandy e l’altro. I protagonisti del teatro dell’assurdo sono il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e la Ministra Eugenia Roccella. Le loro parole non sono gaffe: sono un manifesto di rassegnazione travestito da pragmatismo. “Il maschio non accetta la parità, il suo codice genetico fa resistenza”, dichiara Nordio con la sicurezza di chi ha appena scoperto il fuoco. Ecco il Ministro della Giustizia trasformato in biologo evoluzionista della domenica, che offre su un piatto d’argento l’alibi perfetto a ogni uomo violento d’Italia: “Non sono stato io, Vostro Onore, è il cromosoma Y che è reazionario. Il mio Dna è di destra”. È determinismo biologico da osteria, quello che fa rabbrividire. Se la violenza è scritta nei geni, a che serve la Giustizia? A che serve il Codice Penale se siamo marionette di una doppia elica immutabile? È l’ammissione di una sconfitta totale: il maschio è una bestia programmata, rassegnatevi. Meglio risparmiare sui tribunali e investire in gabbie. Roccella chiude il cerchio: “Non c’è correlazione tra educazione sessuale e calo dei femminicidi”. Curioso. Se l’educazione non modifica i comportamenti, perché sprecare denaro pubblico nelle scuole? Dovremmo chiuderle tutte e affidarci al destino genetico di Nordio. La Ministra liquida decenni di pedagogia con una scrollata di spalle. Il messaggio è chiaro: non disturbate la famiglia tradizionale, come se ce ne fosse una o ce ne fosse stata mai una. Meglio che i ragazzi imparino l’affettività su Pornhub o dai video trap. L’educazione al consenso? Roba da radical chic. Il rispetto? Un vezzo progressista. Queste posizioni negano la radice del problema con l’eleganza di chi ha già deciso di non risolverlo. Quello che Nordio chiama “resistenza del Dna” si chiama potere consolidato che non vuole essere ceduto. Non è biologia, è cultura patriarcale tramandata per millenni. A volte con le parole, spesso con le clave. Se fosse tutto scritto nei geni, vivremmo ancora nelle caverne a tirarci pietre. L’evoluzione ci ha dato la corteccia prefrontale per inibire gli istinti primordiali, non per giustificarli davanti alle telecamere. I giovani che uccidono le ex fidanzate non hanno un gene impazzito: hanno un vuoto educativo dove “NO” non è mai stato insegnato come frase completa. L’educazione sessuale moderna non spiega solo “come nascono i bambini”, insegna il consenso, insegna che l’altro non è un oggetto, insegna a gestire il rifiuto senza trasformarlo in ossessione omicida. I paesi del Nord Europa che investono in educazione affettiva dall’asilo lavorano sulla prevenzione a lungo termine, decostruendo gli stereotipi prima che diventino violenza. Ma qui da noi preferiscono contare i cadaveri e dare la colpa al Dna. I ministri ci stanno dicendo che il problema è nella natura (quindi irrisolvibile) e che la cultura non serve. È la più comoda delle capitolazioni: se è colpa dei geni, nessuno è responsabile. Né lo Stato, né la famiglia, né la scuola. Possiamo continuare a fare convegni, stringerci le mani e tornare a casa con la coscienza a posto. Ma se loro hanno alzato bandiera bianca davanti a un nemico che chiamano “codice genetico”, la società civile non può permetterselo. La parità si impara, il rispetto si insegna. E il Dna è solo la scusa più elegante per chi non vuole fare la fatica di evolversi — o di governare davvero. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Educazione sessuale, Nordio e Roccella liquidano decenni di lotte e pedagogia con una scrollata di spalle proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Carlo Nordio
Educazione Sessuale
Eugenia Roccella
“Nordio e Roccella imbarazzanti”. Opposizioni all’attacco dopo le parole dei ministri sulla violenza di genere
Le dichiarazioni dei ministri Carlo Nordio e Eugenia Roccella, rilasciate durante la Conferenza internazionale contro il femminicidio a Roma, hanno scatenato un’ondata di reazioni critiche da parte delle opposizioni. Il dibattito si concentra sulla tesi del Guardasigilli secondo cui la prevaricazione maschile secolare ha a che fare con “codice genetico del maschio che resiste all’uguaglianza”, e sulla posizione della ministra Roccella, convinta che “non c’è una correlazione fra l’educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne”. Così facendo, dicono le opposizioni, “minimizza il ruolo dell’educazione sessuale nella prevenzione della violenza”. Le reazioni a Nordio – Il fronte delle opposizioni ha respinto in maniera univoca l’approccio che ricondurrebbe la violenza a una “sedimentazione genetica”. Le parlamentari del Movimento 5 Stelle in commissione bicamerale denunciano che dirlo “significa spostare l’attenzione dalle responsabilità umane, culturali e politiche a una sorta di destino inevitabile”. Per le deputate, il femminicidio “non è un retaggio biologico, ma il frutto avvelenato di scelte, silenzi, mancati investimenti”. Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino hanno poi sollecitato il ministro Nordio a smettere “di filosofeggiare sulla ‘legge del più forte'” e iniziare “a rafforzare la legge dello Stato”. La deputata M5S Chiara Appendino ha commentato sui social le parole sul codice genetico come “un’altra perla”, chiedendo polemicamente se “La prossima sarà propagandare Lombroso?”. Dure anche le critiche dal Pd. Chiara Gribaudo, vicepresidente del partito, ha etichettato le parole dei ministri come “gravissime” e “false”, dichiarando con decisione: “Non c’è nessun ‘codice genetico che fa resistenza’: è una questione culturale, di valori introiettati, di patriarcato”. Cecilia D’Elia, senatrice dem, ha definito il Guardasigilli “imbarazzante”: “parla di genetica maschile e inchioda così gli uomini ad essere violenti”. La deputata del Pd Ilenia Malavasi sostiene che ridurre millenni di oppressione a un “presunto retaggio muscolare inscritto nel codice genetico degli uomini significa banalizzare un fenomeno complesso e profondamente culturale”. La violenza, ha aggiunto, “nasce da rapporti di potere, da strutture sociali ingiuste”. Le reazioni a Roccella – Anche le dichiarazioni della ministra Roccella, che a margine della Conferenza ha negato la correlazione tra educazione sessuo-affettiva e il lieve calo della violenza rivendicato dal governo, hanno incontrato una ferma opposizione. Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd, ha giudicato le sue affermazioni “fuorvianti e non supportate da un’analisi seria dei dati”, specificando che “i percorsi di educazione alle relazioni, al rispetto e al consenso sono una parte essenziale delle strategie di prevenzione, non certo un orpello marginale”. Manzi ha inoltre criticato che richiamare la Svezia in modo isolato “significa ridurre un tema complesso a un argomento ideologico” e ha ribadito che “È sbagliato rappresentare l’educazione sessuo-affettiva come un’operazione ideologica”. Angelo Bonelli, parlamentare AVS e co-portavoce di Europa Verde, ha riassunto così: “Benvenuti nel Medioevo!”. Aggiungendo che con le posizioni governative “si deresponsabilizzano gli aggressori e si nega il carattere strutturale della violenza di genere”. Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, ha definito le parole dei ministri “Imbarazzanti”, concludendo che le donne “non hanno bisogno di teorie ottocentesche, ma di leggi applicate, fondi certi, centri antiviolenza sostenuti e una cultura del rispetto che si costruisce proprio a scuola”. La senatrice M5s Sabrina Licheri ricorda che l’educazione sessuo-affettiva che la ministra “ritiene inutile” è “raccomandata da OMS e UNESCO per eradicare la violenza di genere. Sembra di essere ripiombati in un racconto dell’Ancella, o nel peggior Medioevo”. L'articolo “Nordio e Roccella imbarazzanti”. Opposizioni all’attacco dopo le parole dei ministri sulla violenza di genere proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Carlo Nordio
Violenza sulle Donne
Educazione Sessuale
Violenza Sessuale
Violenza sulle donne, Roccella: “Lieve calo, ma l’educazione non c’entra”. E Nordio: “Dna dei maschi non accetta parità”
Gli interventi e le dichiarazioni rilasciate dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dalla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, in occasione della Conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio che si è tenuta a Roma, hanno riacceso il dibattito sul tema della violenza contro le donne e in particolare sul ruolo dell’educazione sessuale e affettiva, suscitando immediate reazioni da parte delle opposizioni. “Mi sono sempre chiesto, da modesto studioso anche di storia, come mai siamo arrivati a questa prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria, dell’uomo nei confronti della donna: è una risposta se vogliamo un po’ darwiniana della legge del più forte”, ha detto il Guardasigilli. “Nei primordi il solo criterio di superiorità era quello della forza fisica, muscolare, di cui la natura ha dotato i maschietti in misura maggiore rispetto alle femminucce”. Condizione che avrebbe portato a una “sedimentazione anche nella mentalità dell’uomo, intendo proprio del maschio, che è difficile da rimuovere”. Nonostante l’uomo oggi debba accettare “questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza”. Per Nordio serve intervenire “con le leggi, con la repressione, con la prevenzione. Ma è soprattutto sull’educazione, cercare di rimuovere dalla mentalità del maschio questa sedimentazione millenaria di superiorità che si è tradotta e continua a tradursi in atti di violenza”. Ha però precisato che “è necessaria l’educazione in famiglia, fatta con l’esempio, prima ancora che con le belle parole: serve un’educazione che cominci dall’infanzia e dalla famiglia”. A mettere più nettamente in discussione l’educazione sessuo-affettiva, a partire da quella di cui potrebbero occuparsi le scuole, è stata invece la ministra Roccella, per cui è possibile “parlare di educazione sessuo-affettiva, ma lateralmente” ha detto a margine della conferenza. “Se vediamo i Paesi dove da molti anni è un fatto assodato, come per esempio la Svezia, notiamo che non c’è correlazione con la diminuzione di femminicidi. La Svezia ha più violenze e più femminicidi”. Ha quindi concluso che “non c’è una correlazione fra l’educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne”. E invitato a concentrarsi su “strumenti veramente efficaci se non vogliamo essere ideologici nei confronti della violenza contro le donne”, per la quale, ha detto la ministra, “c’è stata una piccola diminuzione”, indice che la strada intrapresa dal governo “è quella giusta”. “Imbarazzanti. Solo così si possono definire le parole di Nordio e Roccella. Il ministro della Giustizia, che parla della violenza contro le donne come di una ‘tarà maschile, e la ministra per le Pari opportunità, che sostiene che l’educazione non serva a contrastare i femminicidi, stanno insultando tutte donne che ogni giorno chiedono rispetto e pari opportunità”, ha dichiarato la presidente dei deputati di Italia Viva, Maria Elena Boschi. “Il governo Meloni? Benvenuti nel Medioevo! Questi sono i ministri che governano l’Italia. Da chi (Nordio, ndr) difende Gelli, capo della loggia massonica eversiva P2 che proponeva la separazione delle carriere, alla ministra Roccella che non vuole educare i giovani a scuola. E se non lo fa la scuola, chi dovrebbe farlo? La strada?”, ha dichiarato Angelo Bonelli di AVS e co-portavoce di Europa Verde. Per il M5s è “gravissimo che Nordio riduca la violenza di genere alla sedimentazione genetica: è invece frutto di scelte tollerate”, hanno scritto in una nota le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino. Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd, ha contestato Roccella, giudicando le sue dichiarazioni “fuorvianti e non supportate da un’analisi seria dei dati”. Manzi ha ribadito che i percorsi di educazione al rispetto e al consenso sono “una parte essenziale delle strategie di prevenzione, non certo un orpello marginale”. Concludendo che “è sbagliato rappresentare l’educazione sessuo-affettiva come un’operazione ideologica”. Sempre alla Conferenza di Roma, sulle iniziative legislative è intervenuta la ministra per le Riforme Istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati. “Insieme al ministro Roccella e al presidente Semenzato stiamo lavorando a un testo unico sulla prevenzione e violenza di genere, per raccogliere in un documento di immediata accessibilità tutte le norme esistenti a tutela delle donne”. Casellati ha insistito poi sulla necessità di cambiare l’approccio comunicativo dei media sui casi di violenza: “Parlare di ‘amore malato‘ è un errore gravissimo, un’attenuante linguistica che diventa quasi una forma di resa culturale. Non possiamo più permetterla. Non c’è amore dove c’è dominio”. L'articolo Violenza sulle donne, Roccella: “Lieve calo, ma l’educazione non c’entra”. E Nordio: “Dna dei maschi non accetta parità” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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