Un attacco informatico della Nato, preventivo, nei confronti della Russia?
“Prenderebbe di mira la rete elettrica, i trasporti pubblici ma anche i voli
aerei, oppure la finanza con possibili blocchi ai prelievi dei contanti da parte
dei cittadini comuni, con bancomat e carte. I civili sono le prime vittime in
una guerra ibrida”. Michele Colajanni dipinge scenari in bilico sull’apocalisse,
analizzando il monito bellicoso affidato al Financial Times dall’ammiraglio
Giuseppe Cavo Dragone, il più alto ufficiale militare dell’Alleanza Atlantica.
La Nato sta valutando di essere “più aggressiva” contro la Russia, nel
rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello
spazio aereo: ovvero, l’intero arsenale della guerra ibrida. Secondo l’ufficiale
della Nato, neppure “l’attacco preventivo” contro Mosca è escluso, perché
sarebbe “un’azione difensiva”. Colajanni, tra i massimi esperti italiani di
sicurezza informatica, docente di scienze informatiche all’università di Bologna
e Reggio Emilia, è stupito dalle parole dell’Ammiraglio: “Di solito, queste cose
si fanno ma non si dicono, è così che agisce Putin. In una guerra ibrida, i
civili sono le prime vittime”.
Professor Colajanni, torna alla memoria la teoria della “guerra preventiva” con
cui Bush giustificò l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan dopo l’attentato di
Al Qaeda alle torri gemelle.
Quella era la guerra tradizionale ma oggi è sempre meno in voga, soppiantata
dalla guerra ibrida. Cavo Dragone evoca uno scenario distantissimo dal conflitto
tradizionale.
In cosa consiste la guerra ibrida?
Attacchi informatici, droni per invadere lo spazio aereo, disinformazione, ma
anche il sabotaggio fisico. Queste opzioni hanno una cosa in comune: la mano del
colpevole è sempre invisibile ed è quasi impossibile attribuire responsabilità
in modo certo. È una guerra che non si svolge in mimetica, sparando col fucile o
lanciando i missili: in questo caso non c’è il radar a svelare l’origine del
raid. I confini della guerra ibrida con le attività civili sono molto sfumati e
fluidi
Se non si può sapere chi ha commesso l’attacco ibrido, Nato ed Europa come
possono essere certe che il colpevole sia Putin?
Infatti non hanno prove definitive contro Mosca, né sugli attacchi informatici
né sui droni che violano lo spazio aereo. Anche per questo l’Occidente e la Nato
sono in difficoltà. Per il diritto internazionale – largamente in declino con
l’Onu ridotto a spettatore – puoi reagire solo se il responsabile è chiaramente
individuato. Invece in questi casi è sempre occulto, soprattutto per gli
attacchi informatici commessi da delinquenti esperti, presumibilmente manovrati
dagli Stati.
Eppure gli esperti sono concordi, nell’attribuire alla Russia un numero
sconfinato di attacchi cibernetici contro l’Occidente.
È dimostrata la responsabilità di gruppi criminali russi, in numerosissimi
attacchi informatici contro Paesi democratici. Però manca la prova della
connessione tra i colpevoli e gli apparati militari e statali del Cremlino.
L’Occidente come si adatta alla nuova guerra ibrida?
La Nato è rimasta alla guerra “guerreggiata” e alle teorie di von Clausewitz, ma
non funzionano nello scenario odierno. Infatti le parole di Cavo Dragone
annunciano un cambio di rotta e la volontà di attrezzarsi alla guerra ibrida,
abbandonando la tradizione. Il sabotaggio, ad esempio, non è più un’esclusiva
dei terroristi, ma anche degli Stati: ne sono un esempio gli attacchi ai
gasdotti Nord Stream e ai cavi nel Mar Baltico.
Dunque Cavo Dragone, per vincere la guerra contro la Russia, dice che dobbiamo
fare come la Russia?
Sì, in buona sintesi, almeno nel modo di fare la guerra dovremmo imitare il
Cremlino abbandonando lo scontro aperto. Del resto, la guerra ibrida è stata
teorizzata dalla Russia almeno dal 2013, già prima dell’invasione russa in
Crimea, con la dottrina Gerasimov.
In cosa consiste la dottrina elaborata dal generale russo Valerij Gerasimov?
Un conflitto asimmetrico e mai aperto, condotto in modo che l’aggressore abbia
sempre il vantaggio dell’anonimato, perché sarebbe impossibile risalire al
colpevole di un attacco informatico, oppure al pilota di un drone manovrato a
distanza. Per non parlare delle attività di disinformazione, quasi sempre
avvolte nel mistero.
Questa dottrina però non è in un documento ufficiale del Cremlino, bensì una
ricostruzione degli analisti occidentali.
È vero che non è un documento ufficiale, ma Gerasimov ne scrisse in un articolo
del 2013, dopo le primavere arabe. Lui attribuiva l’origine della guerra ibrida
all’intelligence americana. Nel frattempo, i russi si suppone l’abbiano messa in
pratica, gli americani meno. Ma forse ora anche la Nato e l’Occidente si stanno
adeguando.
Perché la Nato ha minacciato pubblicamente la Russia, invece di attaccarla senza
dirlo?
Le parole di Cavo Dragone sembrano anche un segnale di frustrazione occidentale,
per non riuscire a inchiodare Putin alle sue responsabilità. Ma forse è un
messaggio con diversi destinatari: alla Russia dice di stare attenta, alzando
l’asticella della deterrenza, perché l’Occidente potrebbe attaccare con una
strategia da guerra ibrida; ai cittadini e a chi si oppone, dice chiaramente che
anche la Nato può essere più aggressiva e attaccare per prima. Questa sembra la
direzione.
Ci sono segnali che l’Occidente stia abbracciando la guerra ibrida?
Certo e li possiamo osservare in casa nostra. Crosetto ha detto chiaramente che
“l’Italia è già in una guerra ibrida”. Infatti vuole assumere 1500 soldati da
scrivania, quelli che fanno la guerra con gli attacchi informatici. Il generale
Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, invece ha dichiarato: “chi non
possiede la superiorità tecnologica è destinato a soccombere. Il cyber non è più
un supporto, ma un dominio di manovra al pari di terra, mare e cielo”.
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guerra ibrida Nato-Russia evocata dall’ammiraglio Cavo Dragone” proviene da Il
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Tag - Cybersicurezza
Un problema di sicurezza che accomuna l’ufficio e lo stadio, i giovanissimi e
gli over 80: l’uso di password incredibilmente deboli e prevedibili. A
confermarlo è la ricerca annuale “Top 200 Most Common Passwords” di NordPass,
che svela un quadro allarmante sulle abitudini digitali degli italiani. In
Italia, la password più utilizzata nel 2025 è “admin“, un termine tecnico che
spesso è la chiave di accesso preimpostata per router, videocamere connesse e
pannelli di gestione. L’abitudine di lasciare inalterata questa chiave di
fabbrica, avvertono gli esperti, equivale a spalancare le porte ai criminali
informatici.
Ma non è solo la pigrizia a guidare le scelte. La classifica è un ritratto
fedele degli stereotipi italiani, includendo:
* Le bestemmie, che rientrano, seppur con un tono ironico, nel “calderone dei
grandi successi” annuali.
* Le squadre di calcio, con “Napoli1926” all’ottavo posto e “juventus” al
diciassettesimo.
* Nomi propri come Veronica, Lorena, Maria e Rodolfo.
* Sequenze semplici come “password” e la stringa “123456“, che scivola al
secondo posto dopo essere stata la più usata l’anno precedente.
La mancanza di consapevolezza sui rischi è un dato trasversale, che non fa
distinzione di età: “Tendiamo a dare per scontato che le generazioni più
giovani, nativi digitali, abbiano una comprensione più elevata della sicurezza
informatica e dei suoi rischi”, spiegano i ricercatori di NordPass. “Tuttavia,
le abitudini di un diciottenne in materia di password sono molto simili a quelle
di un ottantenne”. Insomma, passano gli anni ma sia tra gli utenti senior che
tra i giovani della Gen Z le sequenze numeriche elementari come “123456” e
“1234567890” continuano a dominare incontrastate. A nulla sono valsi i continui
avvertimenti degli esperti: per essere considerata “forte”, una password
dovrebbe contenere almeno otto caratteri, con una combinazione di maiuscole,
minuscole, numeri e simboli speciali. La semplicità delle chiavi d’accesso
rimane il principale tallone d’Achille della sicurezza online.
Come arginare il problema? Gli esperti sottolineano che per proteggersi dalla
compromissione di un singolo account (che può estendersi “a macchia d’olio” a
tutti gli altri), la soluzione è duplice:
* Doppia autenticazione: utilizzare sistemi che associano alla password un
codice monouso ricevuto via SMS o app.
* Passkey: adottare il futuro della sicurezza digitale, ovvero le passkey
basate sui dati biometrici (impronte digitali o riconoscimento facciale), che
permettono di accedere ai servizi sfruttando la stessa autenticazione
utilizzata per sbloccare lo smartphone, garantendo un’esperienza più sicura e
fluida.
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bestemmie e le squadre di calcio”: la classifica 2025 delle parole più usate
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